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Parita` formale o regolamentazione speciale?

Nel documento Marco Biagi (pagine 157-162)

DIRITTO DEL LAVORO

EXTRACOMUNITARI E MERCATO DEL LAVORO:

2. Parita` formale o regolamentazione speciale?

Il principio della parita` di trattamento e di opportunita` discende per gli Stati firmatari dalla Convenzione OIL del 24 giugno 1975, n.

143, entrata in vigore il 9 settembre 1978. Tale Convenzione fu resa esecutiva dall’Italia con la legge 10 aprile 1981, n. 158 ma in realta` e`

stata attuata soltanto con la legge 30 dicembre 1986, n. 943, il primo intervento del legislatore davvero finalizzato a dettare regole in mate-ria di collocamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine. In particolare l’art. 8, comma 3, dispone che per gli extracomunitari il « trattamento non potra` essere inferiore a quello stabilito per i lavoratori italiani dai contratti collettivi di cate-goria ».

Certo si tratta di normativa di ordine pubblico (quindi non de-rogabile in sede convenzionale) finalizzata ad evitare una concorrenza fra i due gruppi di prestatori (10) che tuttavia non e` sempre in grado di scongiurare una spiccata preferenza imprenditoriale per i lavoratori nazionali, salvo nei casi di carenza di manodopera. Non solo ma an-che sul piano istituzionale occorre tener presente an-che l’extracomunita-rio non puo` essere considerato, al pari dell’italiano, titolare di un di-ritto al lavoro ai sensi dell’art. 4 Cost. Non a caso il nuovo sistema di contingentamento dei flussi di ingresso disciplinato dalla c.d. legge Martelli (legge 28 febbraio 1990, n. 39) non ha abrogato il gia` citato art. 8, comma 3, legge n. 943/1986 in virtu` del quale l’autorizzazione al lavoro e` possibile « previo accertamento di indisponibilita` di lavo-ratori italiani e comunitari aventi qualifiche professionali per le quali e`

stata richiesta l’autorizzazione al lavoro ... ».

Questa clausola di indisponibilita` (senza quindi richiedere l’ine-sistenza) di manodopera locale e comunitaria e` assai eloquente nell’in-dicare che la parita` di trattamento da osservarsi nell’applicazione della normativa di tutela del lavoro subordinato non esclude la legittimita` di differenziazioni per quanto concerne la loro collocazione all’interno

(10) Cfr. GAROFALO, Lavoratori stranieri e tutela del mercato del lavoro, in l’Unita` (rubrica Leggi e contratti) del 30 dicembre 1991.

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del mercato del lavoro. Cio` e` rilevabile innanzitutto per la fase costi-tutiva del rapporto. Infatti i lavoratori extracomunitari legalmente re-sidenti ed iscritti alle liste di collocamento hanno diritto a concorrere a tutte le varie forme di avviamento al lavoro (secondo le stesse pro-cedure e modalita`) previste per i lavoratori italiani (art. 6, comma 1, legge n. 943/1986) (11). E quindi anche ad essi si riferira` il nuovo re-gime di liberalizzazione della richiesta nominativa introdotto dall’art.

25, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (12).

Tuttavia e` assai piu` rilevante che al modello « debole » di pro-grammazione del mercato del lavoro della legge n. 943/1986 (l’art. 7 attribuiva alle Commissioni Regionali per l’Impiego la programma-zione della utilizzaprogramma-zione della manodopera straniera « sulla base delle accertate esigenze del mercato del lavoro ») si sia sovrapposto il di-verso sistema di determinazione preventiva dei flussi di ingresso nello Stato per motivi di lavoro (art. 2, comma 3 e 4, legge n. 39/1990) (13).

Ev questa attivita` di decretazione amministrativa con cadenza an-nuale il cuore del sistema italiano. Il regime attualmente in vigore li-mita infatti l’ingresso a tre categorie di soggetti: richiedenti lo status di rifugiato; familiari di extracomunitari legalmente residenti ed occu-pati; extracomunitari chiamati ed autorizzati nominativamente a sog-giornare per motivi di lavoro purche´ il datore offra disponibilita` di un alloggio adeguato e non vi sia possibilita` di occupare altro extracomu-nitario gia` regolarmente residente in Italia. Non a caso il cumulo di questi criteri ha realizzato di fatto un blocco all’accesso al mercato del lavoro (14). Dunque la prospettiva di mercato del lavoro non e` con-templata direttamente nella legge, ma quest’ultima rinvia con flessibi-lita` alla determinazione discrezionale dell’autorita` amministrativa se-condo un modello presente anche in Germania (15).

(11) Cfr. BISATTI, DALLAMURA, La disciplina del lavoro per i cittadini extracomu-nitari, in DPL, 1991, inserto, 7.

(12) Perdurando invece l’inconfigurabilita` dell’assunzione diretta in quanto l’art. 6, comma 1, della legge n. 39/1990 dichiara applicabile agli extracomunitari la disciplina per i lavoratori italiani con espresso riferimento alla chiamata nominativa e al passaggio diretto. Cfr. in tal senso MINISTERO DEL LAVORO— Lettera circolare prot.

n. VII/5333 del 18 novembre 1991, in DPL, 1991, 3246.

(13) Cfr. VISCOMI, Immigrati extracomunitari e lavoro subordinato, ESI, Napoli, 1991, 148-149.

(14) Cfr. BRUNI, PINTO, SCIORTINO, Tra carenza di offerta e pregiudizio razziale. I lavoratori extracomunitari a Bologna, in PE, 1991, n. 11.

(15) Cfr. WEISS, La politica dell’immigrazione e il mercato del lavoro in

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Particolare attenzione ha fin qui suscitato la condizione davvero non marginale secondo la quale il datore di lavoro richiedente deve offrire la disponibilita` di un alloggio adeguato. Il rigore di questa pre-visione, frequentemente addolcito da (peraltro generiche) dichiara-zioni pubbliche ministeriali, sembra aver di recente suscitato proposte piu` precise per evitare che costituisca un ostacolo insuperabile. Sem-bra infatti prospettarsi una disponibilita` imprenditoriale a realizzare su aree pubbliche (eventualmente messe a disposizione dalle autorita` co-munali) case prefabbricate da dare in locazione ai lavoratori extraco-munitari. Questi ultimi potrebbero pagare l’affitto con una quota parte del salario da contrattare con le organizzazioni sindacali (16). Del pari interessante la proposta sindacale (17) di erogare all’extracomuni-tario anticipi della retribuzione differita a fronte della stipulazione di un contratto di locazione che preveda un deposito cauzionale o il ver-samento anticipato di piu` rate di canone. Si tratterebbe in altri termini di utilizzare in sede di contrattazione collettiva la derogabilita` dell’art.

2120 c.c. in materia di corresponsione anticipata del trattamento di fine rapporto.

Ev evidente come quest’ ultima prospettazione gia` implichi l’affer-mazione di una specialita` di trattamento per il prestatore extracomu-nitario. Rectius che per la piena ed effettiva affermazione del principio di parita` appare imprescindibile introdurre adeguati correttivi alla di-sciplina generale del rapporto di lavoro, tali da realizzare una regola-mentazione speciale (almeno sotto certi profili) che scongiuri la sua emarginazione (o finanche l’impossibilita` di accesso) al mercato del la-voro.

Questo rilievo non contrasta con il principio affermato dall’art. 9, comma 3, della legge n. 39/1990, secondo cui l’extracomunitario, re-golarmente iscritto nelle liste di collocamento, puo` stipulare qualsiasi contratto di lavoro « ivi compreso quello di formazione e lavoro, escluso soltanto il pubblico impiego, salvo i casi di cui all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 », cioe` mansioni per le quali non sia previsto titolo professionale e da inquadrare nei livelli per i quali e` ri-chiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo (precludendo loro

nia; in BIAGI(a cura di), Politiche per l’immigrazione e mercato del lavoro nell’Europa degli anni ’90, cit., 127.

(16) Cosı` secondo PLATEROTI, Immigrazione, gli industriali criticano il piano go-vernativo, in Il Sole 24 Ore del 7 dicembre 1991.

(17) Riferita da VISCOMI, op. cit., 241.

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l’esercizio di potesta` pubbliche). Semmai si tratterebbe di utilizzare ancora una volta spazi di derogabilita` alla normativa non sempre spe-rimentati a sufficienza dalle parti sociali. In sede di contrattazione col-lettiva potrebbero infatti prevedersi per tali soggetti ipotesi ad hoc di stipulazione di contratti a termine che consentano a loro volta di rea-lizzare una sorta di immigrazione temporanea (in virtu` di una sempli-ficazione procedurale ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno provvisorio per occupazione di breve durata), cioe` per periodi assai li-mitati (pochi mesi) al fine di disincentivare il trasferimento del nucleo familiare del prestatore. Una soluzione utile ad ottenere il reddito in-dispensabile per intraprendere una qualche attivita` nel paese d’origine o comunque per alleviare la precedente condizione di indigenza alla base dell’opzione migratoria.

Si tratta in altri termini di sperimentare forme nuove di integra-zione di manodopera extracomunitaria nei mercati del lavoro nazio-nali. L’autorizzazione al lavoro rilasciata ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 943/1986 « riguarda le mansioni per le quali viene ri-chiesta l’assunzione » e quindi in buona sostanza si riferisce ad una ben individuata posizione lavorativa cosı` da precludere, almeno nel breve periodo, ogni mobilita` professionale. Parrebbe necessario in proposito superare questa dimensione individualistica, collocandosi nella piu` moderna prospettiva di governo dei flussi introdotta dalla legge n. 39/1990, prevedendo un’autorizzazione a lavorare nel territo-rio dello Stato (18). Analogamente a quanto avviene in Germania (19) dove, a discrezione dell’ufficio del lavoro competente, il permesso

« generale » e` rilasciato talvolta per una particolare impresa, talaltra per la specifica area geografica su cui si esercita la giurisdizione di quell’ufficio ».

Forse l’autentica innovazione sarebbe quella di superare il duali-smo permesso di soggiorno-autorizzazione al lavoro, come e` avvenuto nel caso francese con la riforma del 1984 (20). Vero e` che la perdita del posto di lavoro (anche a seguito di licenziamento) non costituisce va-lido motivo per la revoca del permesso di soggiorno al lavoratore ex-tracomunitario ed ai suoi familiari legalmente residenti (art. 11,

(18) Cfr. MISTRI, Immigrazione? Meglio se a quote, in Il Sole 24 Ore del 25 lu-glio 1991.

(19) Cfr. WEISS, La politica dell’immigrazione e il mercato del lavoro in Germa-nia; cit., 127.

(20) Cfr. MIALON, op. cit., 8.

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comma 3, legge n. 943/1986). Tuttavia questo principio, adottato in attuazione della Convenzione OIL n. 143/1975 (art. 8) (21), deve pur convivere con la regola secondo cui il rilascio del primo rinnovo del permesso di soggiorno « e` subordinato all’accertamento che lo stra-niero disponga di un reddito minimo pari all’importo della pensione sociale », provenendo « da lavoro dipendente anche a tempo parziale, da lavoro autonomo, oppure da altra fonte legittima » (art. 4, comma 8, legge n. 39/1990).

Oppure converrebbe sperimentare altre forme di lavoro tempo-raneo svolto nel Paese ospitante da prestatori stranieri che rimangono pur sempre alle dipendenze delle imprese extracomunitarie. In Ger-mania questa soluzione, denominata Werkvertrag, consiste nello svol-gimento di un progetto specifico, concordato di norma con un’im-presa tedesca, nel quadro di accordi bilaterali fra Stati (22) che dispon-gono su base annuale circa le quote di lavoratori extracomunitari che vengono cosı` ospitati. Un’ipotesi di lavoro in appalto (o subappalto) dai contorni tuttavia incerti visto che rimane alquanto indeterminato il regime applicabile. Infatti le condizioni di lavoro alle quali operano tali soggetti sono in linea di principio quelle esistenti nel Paese d’ori-gine, salvo inevitabili adattamenti alle regole locali. Qualcosa di ana-logo sembra in corso di sperimentazione anche in Italia, nella cantie-ristica navale e nelle piattaforme petrolifere al largo di Ravenna.

Purche´ convenientemente regolata sulla base di accordi bilaterali che evitino il prodursi di fenomeni di dumping sociale anche questo ap-pare un sistema di immigrazione temporanea da esplorare.

La ricerca di regole speciali per disciplinare il lavoro extracomu-nitario non deve significare in alcun modo rinuncia ad un’evidente esigenza di protezione contro fenomeni di sfruttamento. In tal senso sembrano condivisibili le cautele in proposito previste dall’ordina-mento francese che dispone la conclusione in forma scritta anche nella

(21) Cfr. HETHY, Politiche dell’immigrazione e mercato del lavoro in Europa Centrale; in BIAGI(a cura di), Politiche per l’immigrazione e mercato del lavoro nell’Eu-ropa degli anni ’90, 151. Fra Ungheria e Germania si e` passati da una quota annua di 2.500 (gennaio 1989) fino a 14.000 (fine 1991). L’Ungheria ha stretto accordi anche con il Belgio e l’Irlanda mentre non sono finora approdate a risultati concreti le trat-tative con altri Paesi fra cui L’Italia.

(22) Cfr. SAMODOROV, Labour mobility in Europe as a Result of Changes in Cen-tral and Eastern Europe, paper presentato alla Conferenza Internazionale sulla Migra-zione, cit., 5 (del datt..); WEISS, op. cit., 13.

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lingua d’origine del contratto di lavoro concluso con stranieri (art.

L 121-1 cod. travail), escludendoli nel contempo da ogni utilizzazione in termini di travail temporaire (art. L 341-3 cod. travail).

Anche in materia di apparato sanzionatorio occorre intervenire con rigore. L’art. 12, legge n. 943/1986 punisce l’intermediazione di movimenti clandestini di lavoratori extracomunitari migranti (23). Si tratta di un reato a forma libera che si realizza nel momento in cui viene posta in essere una qualsiasi attivita` diretta alle migrazioni clan-destine di lavoratori anche solo in transito sul territorio nazionale (24).

Non si richiede quindi l’esistenza del rapporto tra l’intermediario ed il datore di lavoro in quanto l’assunzione illegale costituisce un post-reato.

L’assenza di autorizzazione a stipulare un contratto di lavoro con l’extracomunitario produce nullita` ex art. 1418 c.c., anche se inter-viene la tutela predisposta dall’art. 2126 c.c. per il periodo in cui il rapporto ha comunque avuto esecuzione. Non solo ma nei confronti di questi soggetti sono triplicate le sanzioni per i datori di lavoro che agiscono in violazione delle regole sull’assunzione tramite gli uffici di collocamento (art. 9, comma 11, legge n. 39/1990) (25). Piu` efficace appare pero` la soluzione francese che in caso di assunzione illegale, oltre alle sanzioni di carattere amministrativo, considera lo straniero ad ogni effetto alle dipendenze del datore di lavoro, fin dal momento in cui ha avuto inizio l’esecuzione dell’attivita` lavorativa e secondo il regime di tutela in generale previsto per tutti i prestatori (art. L 341-6-1 cod. travail).

3. Per una politica attiva del lavoro extracomunitario: profili

Nel documento Marco Biagi (pagine 157-162)

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