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Un passo avanti: il dialogo sociale sui problemi dell’occupa- dell’occupa-zione

Nel documento Marco Biagi (pagine 85-89)

DIRITTO DEL LAVORO

L’IMPATTO DELLA EMPLOYMENT EUROPEAN STRATEGY SUL RUOLO DEL DIRITTO DEL LAVORO

6. Un passo avanti: il dialogo sociale sui problemi dell’occupa- dell’occupa-zione

La panoramica del paragrafo precedente ha chiaramente messo in evidenza come la EES abbia cominciato ad esercitare una influenza sulle politiche occupazionali degli Stati Membri, sebbene con diversi livelli di intensita`. Le misure sperimentali in materia di diritto del la-voro sono state introdotte proprio allo scopo di esplorare il suo po-tenziale promozionale (e non soltanto protettivo). Il ruolo delle parti

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sociali nel contesto del processo di Lussemburgo non e` stato, pero`, ef-ficace nella stessa misura. Il dialogo sociale sui problemi dell’occupa-zione dovrebbe essere fortemente promosso dalla Commissione e dalle autorita` nazionali, facendo delle varie guidelines materia obbligatoria di contrattazione a tutti i livelli, da quello Comunitario a quello terri-toriale e locale.

La contrattazione collettiva ha un grande potenziale in termini di job creation, gia` sperimentato in alcune esperienze nazionali e gia` visi-bile nei primi accordi quadro europei, come quello divenuto Direttiva 97/81/EC, sul part-time, non limitato soltanto alla protezione dei lavo-ratori gia` occupati, ma teso anche alla creazione di nuove opportunita`

di lavoro part-time (21). La domanda cruciale da porsi e` ora quella di quale potrebbe essere il ruolo della contrattazione collettiva. Quello di evitare semplicemente o di contribuire a ridurre la perdita di posti di lavoro o forse anche quello di incrementare il livello di occupazione?

Sicuramente la relazione tra cornice legale, politiche pubbliche sull’oc-cupazione e sul mercato del lavoro, da un lato, e gli accordi collettivi sull’occupazione, dall’altro, necessita di piu` attenzione. In molti paesi, e a vari livelli, l’occupazione sta emergendo come un oggetto impor-tante per la contrattazione collettiva, anche se non e` ancora del tutto chiaro fino a che punto questo obiettivo abbia la possibilita` di diven-tare fondamentale.

Forse si avvicina un cambiamento nella relazione tra contratta-zione collettiva e acontratta-zione governativa nelle politiche di promocontratta-zione dell’occupazione. Come hanno dimostrato alcuni studi recenti (22), l’ampiezza dell’intervento degli standards pubblici e` stata progressiva-mente ridotta dall’allargamento dell’area della responsabilita` della contrattazione collettiva. Comunque, anziche´ essere obbligatori, sono sempre piu` considerati come suppletivi, il che significa o che la legge si limita a porre delle previsioni da applicarsi soltanto in assenza di una disciplina di origine collettiva, oppure ancora che la legge prevede chiaramente per un accordo collettivo di essere escluso dai requisiti di legge. Piu` in generale spesso la legge si limita ad alcune previsioni che

(21) KENNER, op. cit.

(22) FREYSSINET, KRIEGER, O’KELLY, SCHNABEL, SEIFERT, SISSON, Investigating em-ployment pacts, European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, Dublin, 1999.

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necessitano dell’implementazione da parte della contrattazione collet-tiva.

I patti sociali, trilaterali, e quelli per l’occupazione, bilaterali, hanno inaugurato de facto un nuovo tipo di relazioni tra politiche pubbliche e contrattazione collettiva. L’azione del Governo richiede la cooperazione del mondo del lavoro e di quello degli imprenditori, mentre la contrattazione collettiva tra le parti sociali e` influenzata in maniera molto forte dalle scelte avanzate dal Governo. Soprattutto in Germania, in Italia e in Portogallo i « patti per il lavoro » hanno ap-prontato una serie di misure ad ampio raggio di tipo economico, so-ciale, di politica del mercato del lavoro con l’esplicito obiettivo di creare nuova occupazione. C’e` una convergenza di interessi che rende promettenti questo tipo di pratiche. Il management ha interesse a ri-durre il costo del lavoro, ad aumentare la flessibilita`, ad aumentare le motivazioni dei lavoratori e l’identificazione nell’impresa, mentre i rappresentanti dei lavoratori contrattano nella speranza di salvare i posti di lavoro, allo stesso tempo mantenendo credibile l’attivita` di negoziazione e rafforzando il loro ruolo di decision making all’interno delle imprese. L’ambizione del Governo e` quella di incoraggiare le parti sociali ad assumersi maggiori responsabilita` negli obiettivi occu-pazionali, anche stimolando un processo di dialogo sociale a livello meso e micro.

Attualmente i livelli di negoziazione influiscono sulle materie og-getto dei patti, sia che essi siano patti sociali o patti per l’occupazione.

Mentre al livello nazionale/regionale l’attenzione e` tutta per la ridu-zione della disoccuparidu-zione, a livello settoriale o a livello aziendale si tenta di evitare esuberi e riduzioni di personale, e solo in pochi casi si guarda alla job creation (23). Comunque le migliori innovazioni si tro-vano proprio negli accordi e nei contratti collettivi employment-orien-ted, come le clausole di scorrimento (« opening/hardship clauses »), in Germania e in Austria, il « job pool » olandese, e gli accordi di parte-cipazione (« partnership agreements ») sperimentati nel Regno Unito.

La risposta alla domanda se la contrattazione collettiva possa avere un ruolo piu` evidente nelle politiche di job creation e` offerta dalle Employment Guidelines per il 2000 dove si legge al Pilastro 1 (incoraggiare un approccio partecipativo) che « l’azione degli Stati

(23) ZAGELMEYER, Collective Bargaining on Employment in the European Union and Norway, cit.

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Membri da sola non e` sufficiente per raggiungere il risultato deside-rato di promozione dell’occupazione ». Conseguentemente le guideli-nes 5 e 6 sottolineano il contributo delle parti sociali ai vari livelli nel-l’incrementare le misure di formazione, e principalmente lo sviluppo dell’apprendimento lungo tutto il corso della propria vita (lifelong learning projects) nel campo della tecnologia dell’informazione e della comunicazione. « Le parti sociali sono esortate ... » dice la guideline 5.

« Sia gli Stati Membri che le parti sociali contribuiranno allo svilup-po » aggiunge la guideline 6, mentre nel contesto del Pilastro 2 (im-prenditorialita`), alla guideline 12 il « ruolo specifico delle parti socia-li ... deve essere riconosciuto e supportato adeguatamente ». Infine al Pilastro 4 (parita` di trattamento tra i sessi) « gli Stati Membri e le parti sociali dovranno trasferire il loro desiderio di promuovere l’ugua-glianza delle opportunita` nel concreto incremento del tasso di occupa-zione femminile » e in relaoccupa-zione al « ricongiungimento tra lavoro e vita familiare » la raccomandazione e` nel senso « dell’implementazione ac-celerata e regolarmente controllata delle varie direttive e degli accordi tra parti sociali ». Per non parlare, ovviamente, del Pilastro 3 diretta-mente riferito al ruolo del mondo imprenditoriale e del mondo del la-voro nella negoziazione di nuove forme di lala-voro piu` flessibili e mo-derne.

Il gradimento per una cooperazione tra l’azione del Governo, da un lato, e, dall’altro le organizzazioni dei lavoratori e degli imprendi-tori non poteva essere piu` esplicito. Ci si potrebbe domandare se que-sta sia una semplice indicazione di gradimento oppure qualcosa di piu`.

Il risultato finale e` ben chiaro: potenzialmente tutte le politiche occu-pazionali potrebbero essere contrattate. Gli Stati Membri devono as-sicurare che il ruolo delle parti sociali non rimanga marginale. Le parti sociali hanno ricevuto mandato per ampliare il campo di applicazione oggettivo della loro attivita` contrattuale, che non deve diventare un modello di contrattazione ‘concessiva’, perche´ gli scambi devono ba-sarsi su un alto tasso di reciprocita`, senza possibilita` di ricatto.

Le formule adottate dalle Employment Guidelines per il 2000 non sono riferite semplicemente agli accordi « difensivi », ma soprat-tutto agli accordi « promozionali ». Non e`, quindi, semplicemente il problema di evitare o ritardare gli esuberi di personale e quel che ne segue, ma quello di creare una struttura normativa che possa influen-zare indirettamente l’attitudine delle imprese a creare nuovi posti di lavoro.

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