DIRITTO DEL LAVORO
1. L’istruzione universitaria in Italia nel doporiforma: un sistema in evoluzione
Non puo` sorprendere che la riforma dei percorsi di istruzione c.d.superioreoterziaria,alungoinvocataperfarfronteaevidentidisfunzio-ni e a talune anomalie rispetto alla esperienza di altri Paesi (1), sia potu-ta giungere a compimento nel contesto di quella che, a torto o a ra-gione, e` stata enfaticamente definita come la « Seconda Repubbli-ca » (2).
(*) Pubblicato in Diritto delle Relazioni Industriali, 2002, n. 2, 343-356.
Prolusione in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2001-2002 dell’Universita` degli Studi di Modena e Reggio Emilia (Modena, 6 ottobre 2001).
(1) Si ricordi, in proposito, la dichiarazione congiunta di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia su L’armonizzazione dell’architettura dei sistemi di istruzione su-periore in Europa, Parigi, 25 maggio 1998. Cfr. STAROPOLI, KEHM, TEICHLER, WILLIAMS, SORACE, MERLONI, MOSCATI, Modelli di Universita` in Europa e la questione dell’autono-mia, in collana Contributi di ricerca, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1996.
(2) L’espressione « Seconda Repubblica », per quanto inflazionata e riduttiva, e` l’unica che consenta di valutare le modificazioni introdotte nella legislazione univer-sitaria nell’ottica della riforma complessiva dell’assetto istituzionale della Repubblica.
I processi di profondo rinnovamento — politico, economico e sociale — che hanno caratterizzato il nostro Paese nel corso dell’ul-timo decennio non potevano infatti non incidere anche sulla evolu-zione del sistema universitario e, piu` in generale, dei sistemi di istru-zione e formaistru-zione professionale nel loro complesso. Cio` ha contri-buito in maniera decisiva ad accelerare la definizione e, soprattutto, la progressiva attuazione di un ambizioso percorso riformatore il quale, pur trovando origine in alcuni provvedimenti normativi adottati nel decennio che precede, sino a quel momento era stato segnato da evi-denti contraddizioni e da una preoccupante lentezza (3).
Vero e` semmai che, con sensibile mutamento di prospettiva ri-spetto a una radicata impostazione culturale di sostanziale diffidenza
— e talvolta indifferenza — verso il « mondo esterno » (4), l’universita`
ha accolto con particolare dinamismo e forza propositiva le sollecita-zioni provenienti dalla attuale evoluzione dei rapporti economici e so-ciali; non fosse altro perche´ tale evoluzione si caratterizza per il pro-gressivo passaggio da un sistema economico e sociale di tipo « indu-strialista », di dominio (quasi) esclusivo dell’apparato tecnico-produt-tivo di impresa, ad uno nuovo fondato sulle « conoscenze » e, in quanto tale, maggiormente consono al ruolo storicamente assunto dalla Universita` nell’ambito delle societa` occidentali (5).
Cfr., in questa prospettiva, MARIUCCI, Ragionamenti sul diritto del lavoro della seconda Repubblica, in Scritti in onore di Gino Giugni, Cacucci, Bari, 1999, tomo I, 661.
(3) Per questi profili cfr. SORACE, L’autonomia delle Universita` italiane nel nuovo quadro normativo: una lettura critica, in STAROPOLI, KEHM, TEICHLER, WILLIAMS, SORACE, MERLONI, MOSCATI, op. cit., 219, 268, nonche´ piu` in generale, e con riferimento alla situazione di « profonda crisi » degli studi universitari, BALANDI, Problemi e pro-spettive della didattica giuridica: l’insegnamento e il manuale di diritto del lavoro, in Scritti in onore di Gino Giugni, cit., spec. 75-81.
(4) La tradizionale chiusura verso il mondo esterno e` in realta` una caratteri-stica negativa propria non solo delle Universita` italiane, ma di tutti i sistemi di istru-zione e formaistru-zione in generale. Cfr., in proposito, il preambolo della Risoluistru-zione del Consiglio della Unione Europea del 13 luglio 2001 su Il ruolo dell’istruzione e della formazione nelle politiche connesse all’occupazione (2001/C 204/01).
(5) Sulla economia dell’apprendimento cfr., recentemente, LUNDVALL, JOHNSON, The Learning Economy, in Journal of Industry Studies, 1994; LUNDVALL, BORRA`S, The Globalizing Learning Economy: Implication for Innovation Policy, Bruxelles, European Commission, 1999 e, nella letteratura italiana, ISFOL, Ict e « New Economy » — Orien-tamenti della letteratura e primi elementi per la costruzione di un percorso critico, Mo-nografie sul mercato del lavoro e le politiche per l’impiego, Roma, giugno 2001, spec.
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Questo cambiamento di prospettiva ha contribuito ad alimentare un fecondo e rinnovato dialogo tra le ragioni della innovazione e quelle della tradizione, incrinando per la prima volta in modo signifi-cativo la condizione di sostanziale autoreferenzialita` in cui sino ad oggi ha vissuto il sistema universitario del nostro Paese. Al di la` delle di-verse linee di politica del diritto e delle singole soluzioni tecnicistiche, di volta in volta proposte e recepite in un testo di legge, e` infatti pro-prio nel menzionato mutamento di atteggiamento culturale che e` pos-sibile rinvenire non solo le ragioni piu` profonde, ma anche le conse-guenze piu` immediate della riforma del sistema italiano di istruzione universitaria. La svolta verso l’autonomia — non solo didattica ma an-che finanziaria e statutaria — delle Universita`, in quanto accompa-gnata da un sostanziale arretramento dello Stato a favore del mercato, impone ora di ripensare complessivamente il rapporto con la societa`
civile, le istituzioni e il tessuto produttivo locale per evitare, come giu-stamente avvertito gia` agli albori della riforma, che il « rischio della autonomia » si trasformi nel « rischio della senescenza » di questa in-dispensabile istituzione (6).
Avviata nel corso della passata legislatura — attraverso una plu-ralita` di provvedimenti legislativi e amministrativi di cui non e` possi-bile dare conto in questa sede (7) — la riforma della Universita` italiana e` stata oggetto di una approfondita riflessione, almeno per quel che concerne i suoi profili piu` propriamente politico-istituzionali, pari alla importanza delle modifiche introdotte in punto di autonomia didattica delle Universita`, delegificazione dell’ordinamento universitario, pro-grammazione dello sviluppo del sistema universitario, politiche per il diritto allo studio, reclutamento del corpo docenti, formazione dei ri-cercatori e formazione specialistica, innovazione qualitativa della di-dattica e della ricerca, internazionalizzazione del sistema di istruzione universitaria, ecc. (8).
(6) Cfr. FONDAZIONEGIOVANNIAGNELLI, Nota introduttiva, in STAROPOLI, KEHM, TEICHLER, WILLIAMS, SORACE, MERLONI, MOSCATI, op. cit., XI.
(7) Per un quadro di sintesi cfr., per tutti, GUERZONI(a cura di), La riforma dell’istruzione superiore in Italia (1996-1999), in http://www.miur.it/progprop/riforma/
riforma2.htm,1999.
(8) Il nuovo quadro normativo relativo alla autonomia didattica e alla innova-zione dei corsi di studio di livello universitario e post-universitario, contenente indi-cazioni relative alla fase progettuale e alla attuazione della riforma, e` reperibile inte-gralmente al sito internet del MIUR — Autonomia didattica:
http://www.miur.it/pro-UNIVERSITA` E ORIENTAMENTO AL LAVORO NEL DOPORIFORMA 15
Le innovazioni introdotte nei corsi di studio e nella costruzione della architettura complessiva del sistema universitario, in particolare, hanno registrato un ampio coinvolgimento degli organismi didattici delle Universita`, dell’intero corpo docente e degli stessi studenti, con-tribuendo a incanalare nella giusta direzione il processo di attuazione della autonomia universitaria nella definizione degli obiettivi forma-tivi, dei contenuti e delle metodologie dei corsi di studio. Fermo re-stando che non potra` mai essere una singola riforma, per quanto ben congegnata, a incidere sulla qualita` complessiva del sistema di istru-zione universitaria, in mancanza di un processo parallelo di riqualifi-cazione dell’impegno di tutti i soggetti coinvolti e, in particolare, dei due principali protagonisti degli studi universitari: il docente e lo stu-dente. Le riforme, da questo punto di vista, possono infatti risultare efficaci soltanto nella misura in cui garantiscono ai soggetti coinvolti le condizioni per « esprimere... il meglio di se´ » (9).
Nell’arco di un solo decennio sono comunque state poste le premesse per una completa attuazione del principio costituzionale — solennemente sancito nell’oramai lontano 1948 (art. 33, ult. comma, Cost.) — della autonomia universitaria: autonomia che, ora, non e`
piu` solo statutaria e finanziaria, ma anche didattica. Il nuovo quadro giuridico-istituzionale apre, in particolare, nuovi spazi per la defini-zione di percorsi di alta formadefini-zione calibrati in fundefini-zione delle esi-genze specifiche dei diversi tessuti produttivi locali, responsabiliz-zando i singoli atenei rispetto alle sollecitazioni e alle opportunita`
provenienti dal mercato del lavoro circostante. Sono stati ora defini-tivamente eliminati quei pesanti vincoli burocratici che riducevano drasticamente la possibilita` di adeguare costantemente la struttura dei corsi di studio alla evoluzione degli assetti produttivi e ai radicali mutamenti che, da qualche anno a questa parte, hanno investito il mondo del lavoro.
gprop/autonomi/autonomi.html. Per questi profili cfr. CRUI, Il valore dell’autonomia.
L’autonomia didattica per una nuova Universita`, collana Documenti, n. 6/1998; CRUI, Documento approvato all’unanimita` dall’assemblea della Conferenza dei Rettori, 14 di-cembre 2000, in http://www.crui.it/docvari/14didi-cembre.html.
(9) In questa prospettiva cfr. le giuste notazioni critiche sulla riforma recente-mente formulate da PERA, Sulla cosiddetta riforma degli studi universitari, in RIDL, 2001, I, 87-93.
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2. Verso la piena occupabilita`: il ruolo delle Universita` nella