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Il diritto di circolazione e di soggiorno nella legislazione e nella

nella giurisprudenza

Se è vero che, come si è visto nel primo capitolo, il nocciolo duro della cittadinanza nazionale deve rinvenirsi nell'incondizionato diritto di risiedere sul territorio dello Stato, analogamente, il diritto tradizionalmente considerato come il più importante fra quelli connessi alla cittadinanza europea, è il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri dell'Unione

496.

Il diritto in questione è oggi collocato in cima alla lista non tassativa dei diritti di cui godono i cittadini dell'Unione europea ai

495 Cfr. ancora le conclusioni dell'Avv. Poiares Maduro, cit., punto 24. 496 M. CONDINANZI, A. LANG e B. NASCIMBENE, Cittadinanza dell'Unione, cit., p.

24, osservano che «La previsione di una libertà di circolazione tout court, quale connotato essenziale della nozione di cittadinanza dell'Unione, evoca inevitabilmente il diritto di incolato, da sempre considerato un diritto proprio dello

status di cittadino, trovando giustificazione nell'appartenenza dell'individuo alla

sensi dell'art. 20, comma 2, TFUE, ed è poi ripreso specificamente nel successivo art. 21, ai sensi del quale «Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».

Il riconoscimento di questo diritto in capo ad ogni cittadino europeo per il solo fatto di essere tale è la prima fra le innovazioni determinate dall'introduzione della cittadinanza dell'Unione.

Prima che venisse istituita tale cittadinanza, infatti, la libertà di circolazione e di soggiorno – che pure appartiene fin dall'origine al novero delle cosiddette libertà comunitarie fondamentali –, lungi dall'essere configurata come un attributo di qualsiasi cittadino degli Stati membri, era garantita soltanto in connessione con lo svolgimento di un'attività economicamente rilevante, quale poteva essere l'esercizio di un'attività lavorativa salariata497, autonoma498 o di prestazione di

servizi499, sul territorio di uno Stato membro diverso da quello di

appartenenza.

La libertà di circolazione e di soggiorno veniva quindi tutelata non come un valore in sé, ma in ragione della sua natura strumentale rispetto all'obiettivo principale della Comunità, rappresentato dall'integrazione fra le economie degli Stati membri.

É noto, tuttavia, che la giurisprudenza della Corte di Giustizia, interpretando estensivamente le norme del Trattato, ha incluso fra i beneficiari della libertà in parola, in aggiunta ai soggetti espressamente contemplati da tali norme – cioè i lavoratori subordinati, i lavoratori autonomi e i prestatori di servizi –, ulteriori categorie di soggetti, come coloro che soggiornano in un Paese in

497 Cfr. l'art. 48 CEE, in seguito art. 39 CE, ed oggi art. 45 TFUE, ai sensi del

quale «La libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione è assicurata».

498 Cfr. l'art. 52 CEE, in seguito art. 43 CE, ed oggi art. 49 TFUE, ai sensi del

quale «Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate».

499 Cfr. l'art. 59 CEE, in seguito art. 49 CE, ed oggi art. 56 TFUE, ai sensi del

quale «Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione».

cerca di un lavoro500, i destinatari, e non solo i fornitori, di servizi, fino

ad arrivare ai turisti.

Così, nella nota sentenza Luisi e Carboni501, la Corte di Giustizia

ha affermato che «per consentire l'esecuzione delle prestazioni di servizi, può aversi uno spostamento sia del prestatore che si reca nello Stato membro in cui il destinatario è stabilito, sia del destinatario che si reca nello Stato di stabilimento del prestatore. Mentre il primo caso è espressamente menzionato nell'art. 60, 3° comma, che ammette l'esercizio, a titolo temporaneo, dell'attività di prestatore di servizi nello Stato membro in cui la prestazione viene erogata, il secondo ne costituisce il necessario complemento [...]».

Ad ulteriori categorie di soggetti, poi, la libertà di circolazione e di soggiorno è stata estesa per via normativa: oltre che ai familiari, anche extracomunitari, del lavoratore, presi in considerazione già dal regolamento CEE n. 1612/68, tre direttive adottate a partire dagli anni '90 hanno esteso tale libertà agli studenti502, ai pensionati503 e a

chiunque altro non ne godesse ad altro titolo, a condizione che tutti questi soggetti disponessero di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione contro il rischio di malattie504, in modo tale da non

divenire un peso per l'assistenza sociale dello Stato ospitante.

La base giuridica per l'adozione di questi atti fu rappresentata dall'art. 235 CEE (in seguito 308 CE ed oggi 352 TFUE), avente ad oggetto i cosiddetti «poteri impliciti», che legittimano la Comunità ad intervenire in materie non espressamente attribuite alla sua competenza quando ciò sia necessario per il raggiungimento, nel funzionamento del mercato comune, di uno dei suoi scopi.

500 Cfr. la sentenza 26 febbraio 1991, causa C-292/89, Antonissen, nella quale

la Corte ha ritenuto che «La libertà di circolazione dei lavoratori istituita dall'art. 48 del Trattato implica il diritto per i cittadini degli Stati membri di circolare liberamente sul territorio degli altri Stati membri e di prendervi dimora al fine di cercarvi un lavoro. La durata del soggiorno della persona in cerca di occupazione può essere limitata, ma, affinché sia garantito l'effetto utile dell'art. 48, occorre che sia accordato all'interessato un termine ragionevole che gli consenta di prendere conoscenza, sul territorio dello Stato membro in cui si è recato, delle offerte di lavoro corrispondenti alla sua qualifica professionale e di adottare, se del caso, le misure necessarie per essere assunto».

501 Sentenza 31 gennaio 1984, cause riunite C-286/82 e C-26/83. V. anche la

sentenza 2 febbraio 1989, causa C-186/87, Cowan.

502 Direttiva n. 93/16/CEE, che ha sostituito la direttiva n. 90/366/CEE,

annullata dalla Corte di Giustizia con la sentenza 7 luglio 1992, causa C-295/90.

503 Direttiva n. 90/365/CEE. 504 Direttiva n. 90/364/CEE.

Da quanto fin qui esposto emerge che anche prima dell'introduzione della cittadinanza europea la platea di coloro che erano ammessi a beneficiare del diritto di circolazione e di soggiorno sul territorio degli Stati membri dell'Unione era così estesa da risultare, nei fatti, onnicomprensiva.

Per questo, l'aver legato il diritto in questione direttamente alla cittadinanza dell'Unione ha avuto rilevanza, più che dal punto di vista pratico, dal punto di vista teorico, anche perché è stata in tal modo fornita una copertura di diritto primario agli atti normativi che danno concreta attuazione a questo diritto505.

La giurisprudenza europea ha peraltro chiarito che l'art. 18 CE (oggi art. 21 TFUE) è una norma direttamente applicabile, come tale suscettibile di essere invocata dinanzi ai giudici nazionali anche a prescindere da un atto secondario che ne specifichi il contenuto506.

Così, nella sentenza Baumbast, la Corte ha chiarito che «un cittadino dell'Unione europea che non benefici più nello Stato membro ospitante del diritto di soggiorno in qualità di lavoratore migrante può, in qualità di cittadino dell'Unione europea, ivi beneficiare del diritto di soggiorno in virtù dell'efficacia diretta dell'art. 18, n. 1, CE».

La diretta applicabilità della norma, tuttavia, non dev'essere confusa con il carattere incondizionato del diritto da essa conferito. Al contrario, la stessa Corte di Giustizia507 ha sottolineato come il diritto

di circolazione e di soggiorno da parte dei cittadini europei sia subordinato alle condizioni previste dal Trattato e dalla normativa di attuazione dello stesso. Sicché è proprio sui limiti all'esercizio di questo diritto che ci si soffermerà nei prossimi paragrafi.