1.8. Modalità di acquisto della cittadinanza: aspetti generali
1.8.3. Revocabilità e annullabilità della concessione della
cittadinanza
Come si è visto nel paragrafo precedente, fra gli argomenti utilizzati dalla giurisprudenza per giustificare l'ampia discrezionalità che circonda la decisione di concedere la cittadinanza vi è quello che, sottolineando l'irrevocabilità del provvedimento attributivo di quest'ultima, ne desume che l'amministrazione deve essere «assolutamente certa»262 della propria valutazione.
L'irrevocabilità della cittadinanza si spiega con la necessità di evitare l'esistenza di cittadini precari accanto a cittadini stabili: non vi è una norma specifica che vieti l'esercizio del potere di revoca da parte dell'amministrazione, ma discende dai principi generali – in primis dal principio di uguaglianza di tutti i cittadini – che gli stessi debbano avere tutti la medesima garanzia, indipendentemente dal modo con cui l'hanno acquisito lo status civitatis, di poterlo conservare.
D'altra parte, se fosse ammissibile la revoca della cittadinanza concessa, coloro che, essendo stati naturalizzati, si rendessero successivamente colpevoli di delitti più o meno gravi, potrebbero andare incontro, oltre che alla sanzione penale, anche alla perdita della
avviene solo mediante procedimenti concessori; anzi la sua maggior parte è regolata da procedimenti dichiarativi, e in questo senso è la tendenza contemporanea, per diffidenza verso il potere politico (liste elettorali, registri di popolazione, delle imprese, delle persone giuridiche, anagrafe tributaria, e così via)».
261 Ibidem, p. 663.
cittadinanza per sopravvenuti motivi di interesse pubblico ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge sul procedimento amministrativo. Con il risultato che l'esercizio del potere di autotutela sub specie di revoca diverrebbe un formidabile strumento in mano al potere esecutivo per estromettere soggetti indesiderati dalla comunità nazionale.
Orbene, poiché non è difficile immaginare a quale rischio di pericolosissime degenerazioni si presterebbe un simile potere, è senz'altro da considerare come un fatto positivo che la giurisprudenza affermi senza remore l'irrevocabilità della cittadinanza concessa.
Non è certo, tuttavia, che analoghe considerazioni debbano valere anche per l'esercizio del potere di autotutela sub specie di annullamento d'ufficio. Questo perché, essendovi tra i presupposti dell'annullamento, come è noto, oltre alla sussistenza di uno specifico interesse pubblico, anche l'illegittimità dell'atto sul quale l'annullamento incide, il soggetto si troverebbe ad essere privato di un bene – la cittadinanza – che non gli sarebbe dovuto spettare.
Si pensi, per comprendere bene i termini della questione, ad un individuo che abbia presentato – magari con la compiacenza dei funzionari amministrativi – un certificato di residenza falso, ovvero una falsa certificazione dei propri precedenti penali.
Che cosa accadrebbe se, dopo che questo soggetto abbia ottenuto la cittadinanza, si scoprisse la falsità degli atti da lui prodotti?
Escludere, in questo caso, in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso, che l'amministrazione possa intervenire in autotutela annullando il provvedimento di concessione della cittadinanza, non sembra una soluzione condivisibile. Essa premierebbe, infatti, comportamenti fraudolenti, imprimendo ad una conclamata ingiustizia, in spregio di chi invece rispetta le regole, il carattere della definitività. Ripugna, inoltre, l'idea che l'attribuzione dello status di cittadino, che si basa anzitutto su una prognosi di lealtà della persona alla comunità e alle regole che essa esprime, possa essere viziata fin dall'origine da un comportamento che di tali regole si mostra sprezzante.
Nel senso dell'annullabilità d'ufficio della concessione della cittadinanza militano, inoltre, significativi argomenti di diritto internazionale: l'art. 8 della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia263, dopo aver affermato il principio secondo cui «Gli Stati 263 Conclusa a New York il 30 agosto 1961 ed entrata in vigore il 13 dicembre
contraenti non priveranno alcuna persona della sua cittadinanza qualora ciò abbia l’effetto di renderla apolide», aggiunge che si può derogare a questo principio «qualora l’interessato abbia ottenuto tale cittadinanza mediante una falsa dichiarazione o qualsiasi altro atto fraudolento»; analogamente, l'art. 7 della Convenzione europea sulla cittadinanza264 stabilisce che «Uno Stato contraente non può prevedere
nella propria normativa nazionale la perdita della cittadinanza ipso
iure o per sua iniziativa, tranne nei seguenti casi: […] b) acquisizione
della cittadinanza dello Stato contraente a seguito di atti fraudolenti, false dichiarazioni o dissimulazione di fatti rilevanti da parte del richiedente».
Ammessa, dunque, l'annullabilità d'ufficio del provvedimento di concessione della cittadinanza, ci si deve soffermare sui limiti che questo potere dovrebbe incontrare: alla luce delle riflessioni svolte, sembrerebbe coerente, anzitutto, ritenere che l'interesse pubblico all'annullamento – quanto meno nelle ipotesi di falsità della documentazione presentata – possa ravvisarsi in re ipsa, cioè nella mera illegittimità del provvedimento di primo grado. Questo non, si badi, perché si intenda con ciò tutelare la legittimità dell'azione amministrativa mediante il ripristino della legalità violata, ma perché il fatto in sé di aver esibito una documentazione mendace denota la scarsa affidabilità della persona e dunque la sua pericolosità per la comunità che l'accoglie.
L'alternativa a questa soluzione, che invero può sembrare eccessiva, consiste nel richiedere che la valutazione circa la sussistenza dell'interesse pubblico all'annullamento tenga conto di elementi ulteriori che, in aggiunta alla falsa attestazione dei requisiti, denotino la sussistenza di un concreto pericolo del soggetto per la sicurezza nazionale. In questo modo verrebbero annullate soltanto le cittadinanze concesse a individui che, mediante la falsa documentazione presentata, abbiano voluto nascondere episodi ed elementi sufficientemente gravi da testimoniare la loro effettiva pericolosità sociale.
Una particolare importanza deve essere poi riconosciuta all'elemento del termine ragionevole richiesto per l'annullamento dall'art. 21-nonies della legge sul procedimento amministrativo, in quanto è evidente che il decorso del tempo svolge un ruolo essenziale nel consolidare il rapporto fra la persona e lo Stato di cittadinanza:
264 Adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa in data 6 novembre 1997, ed
pertanto, dovrà escludersi che possano essere annullate cittadinanze concesse molto tempo prima, magari a distanza di alcuni anni.
La questione della revocabilità/annullabilità della cittadinanza concessa è stata esaminata da una recente sentenza265 della Corte di
Giustizia UE in relazione ad un episodio accaduto in Germania. Questa sentenza, che verrà analizzata nell'ambito del terzo capitolo, dimostra come la questione qui esaminata, ancorché priva di casistica in Italia, sia tutt'altro che teorica.
265 Sentenza 2 marzo 2010, in causa C-135/08, Janko Rottmann c. Freistaat
CAPITOLO II
L’appartenenza agli enti sub-statali.
L’accresciuta rilevanza giuridica della residenza
Sommario: 2.1. La rilevanza giuridica della residenza. – 2.2. La