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La sentenza Rottmann: il diritto europeo e la revocabilità della

3.2. La cittadinanza europea come cittadinanza aggiuntiva

3.2.1. La sentenza Rottmann: il diritto europeo e la revocabilità della

della cittadinanza nazionale

La natura «ancillare»486 della cittadinanza europea rispetto alla

cittadinanza nazionale è stata al centro di una recente questione pregiudiziale decisa dalla Corte di Giustizia.

Si fa riferimento alla sentenza 2 marzo 2010, in causa C-135/08, nella quale la Corte ha affrontato la vicenda di un cittadino austriaco, il sig. Rottmann, che, dopo aver perso la cittadinanza austriaca in seguito all'acquisto di quella tedesca, ha subìto la revoca del provvedimento attributivo di quest'ultima487, a causa della scoperta, ad 485 Cfr. Conclusioni presentate il 30 settembre 2009, con riferimento alla

causa C-135/08, Janko Rottmann c. Freistaat Bayern.

486 Questa l'espressione usata da S. CASSESE, op. cit., p. 870.

487 Il provvedimento di revoca è stato adottato dall'amministrazione tedesca,

in assenza di disposizioni specifiche che lo prevedessero, in base alla legge generale sul procedimento amministrativo, e in particolare in base all'art. 48, n. 1 e 2, ai sensi

opera delle autorità tedesche, di pregressi procedimenti penali avviati in Austria, dei quali il soggetto in questione aveva celato fraudolentemente l'esistenza nella domanda volta ad ottenere la concessione della cittadinanza.

Poiché per effetto di questo provvedimento di revoca il cittadino in questione sarebbe divenuto apolide ed avrebbe quindi smarrito anche la cittadinanza europea, la Corte suprema amministrativa della Germania, adita con ricorso per cassazione, ha deciso di interpellare la Corte di Giustizia in ordine alla compatibilità con il diritto europeo di una simile conseguenza.

Le perplessità del giudice tedesco traevano origine, in particolare, dalla precedente sentenza Micheletti488, nella quale la

Corte di Giustizia, come è noto, aveva affermato il principio secondo cui, fermo restando che gli Stati membri hanno competenza esclusiva in materia di determinazione dei modi di acquisto e di perdita della cittadinanza, tale competenza deve, nondimeno, essere esercitata nel rispetto del diritto dell’Unione489. Sicché il giudice a quo ha chiesto

del quale «Un atto amministrativo illegittimo, quand’anche divenuto definitivo, può essere revocato in tutto o in parte con effetto ex nunc o ex tunc […]. Un atto amministrativo illegittimo che concede una prestazione in danaro unica o continuativa oppure una prestazione in natura divisibile, ovvero che costituisce un presupposto per tali prestazioni, non può essere revocato qualora il beneficiario abbia confidato nel mantenimento dell’atto stesso ed il suo affidamento, previo confronto con l’interesse pubblico alla revoca dell’atto in questione, appaia meritevole di tutela. […] Il beneficiario non può invocare il proprio legittimo affidamento qualora: 1. abbia ottenuto l’adozione dell’atto amministrativo mediante frode, minaccia o corruzione, 2. abbia ottenuto l’adozione dell’atto amministrativo fornendo indicazioni essenzialmente inesatte o incomplete». Si tratta, evidentemente, di una fattispecie del tutto assimilabile all'annullamento d'ufficio disciplinato dall'art. 21-nonies della legge italiana sul procedimento amministrativo.

488 Sentenza 7 luglio 1992, in causa C-369/90.

489 Il caso deciso dalla Corte riguardava un soggetto avente la doppia

cittadinanza italiana e argentina che, volendo stabilirsi in Spagna per esercitare la professione di odontoiatra, si era visto negare la tessera definitiva di residente comunitario dalle autorità spagnole, in quanto, ai sensi dell'art. 9 del codice civile spagnolo, in caso di doppia cittadinanza, che non sia quella spagnola, deve prevalere quella corrispondente alla residenza abituale dell'interessato prima del suo arrivo in Spagna, ossia, nel caso di specie, la cittadinanza argentina. Con la conseguenza della perdita, per il sig. Micheletti, della possibilità di far valere nei confronti della Spagna il possesso dello status di cittadino europeo legato alla cittadinanza italiana. Ebbene, la Corte di Giustizia ha risolto la questione nel senso che «le disposizioni di diritto comunitario in materia di libertà di stabilimento ostano a che uno Stato membro neghi ad un cittadino di un altro Stato membro, che è simultaneamente in possesso della cittadinanza di uno Stato terzo, il diritto di avvalersi di detta libertà per il solo motivo che la legislazione dello Stato ospitante lo considera come

alla Corte di Giustizia di precisare la portata di questa affermazione in relazione al caso di specie.

L'importanza del rinvio pregiudiziale, come osservato dall'Avvocato generale nelle sue conclusioni, dipende dalla circostanza che esso ha sollevato «per la prima volta la questione dell'ampiezza del potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri nel determinare i loro cittadini»490.

Nel rispondere al quesito sollevato, la Corte ha preliminarmente richiamato alcune costanti della sua giurisprudenza in materia di cittadinanza europea, a cominciare dall'ormai consueta affermazione secondo cui «lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo

status fondamentale dei cittadini degli Stati membri»491: ciò in quanto

l’art. 17, n. 2, CE (ora art. 20, comma 2, TFUE) ricollega a tale status i doveri e i diritti contemplati dal Trattato CE, tra cui quello di avvalersi dell’art. 12 CE (art. 18 TFUE) – che enuncia il divieto di discriminazioni basato sulla nazionalità – in tutte le situazioni che rientrano nel campo di applicazione ratione materiae del diritto dell’Unione europea.

A quest'ultimo proposito, cioè in ordine alla riconducibilità al diritto europeo della causa principale, la Corte ha fatto notare che «la situazione di un cittadino dell’Unione che [...] si trovi alle prese con una decisione di revoca della naturalizzazione adottata dalle autorità di uno Stato membro, la quale lo ponga, dopo la perdita della cittadinanza di un altro Stato membro da lui posseduta in origine, in una situazione idonea a cagionare il venir meno dello status conferito dall’art. 17 CE e dei diritti ad esso correlati, ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto dell’Unione».

Ne discende che la decisione delle autorità tedesche di revocare la cittadinanza concessa ad un individuo deve formare oggetto di un controllo di legittimità anche alla stregua del diritto europeo.

Ciò chiarito, la Corte è entrata nel merito della questione, evidenziando che la decisione di revocare la naturalizzazione a motivo di atti fraudolenti è, in linea di principio, legittima, in quanto

cittadino dello Stato terzo». Se così non fosse, infatti, si verificherebbe l'inaccettabile conseguenza per cui «il campo di applicazione ratione personae delle norme comunitarie sulla libertà di stabilimento potrebbe variare da uno Stato membro all'altro».

490 Cfr. il punto 1 delle conclusioni dell'Avv. Gen. Poiares Maduro, presentate

il 30 settembre 2009.

491 Cfr. sentenze 20 settembre 2001, causa C-184/99, Grzelczyk; 17 settembre

corrisponde ad un motivo di pubblico interesse: quello rappresentato dalla volontà dello Stato di proteggere il particolare rapporto di solidarietà e di lealtà che lo lega ai suoi cittadini. A conferma di questo assunto, vengono citate le convenzioni internazionali492 che

espressamente consentono la revocabilità di cittadinanze concesse per effetto di atti fraudolenti imputabili all'istante.

Nondimeno, vista l'importanza che il diritto europeo annette allo

status di cittadino, la Corte di Giustizia precisa che, nell’esaminare la

decisione di revoca della naturalizzazione, si deve «tener conto delle possibili conseguenze che tale decisione comporta per l’interessato e, eventualmente, per i suoi familiari sotto il profilo della perdita dei diritti di cui gode ogni cittadino dell’Unione»; in particolare, occorre verificare «se tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità

dell’infrazione commessa dall’interessato, al tempo trascorso tra la decisione di naturalizzazione e la decisione di revoca, nonché alla possibilità per l’interessato di recuperare la propria cittadinanza di origine» (c. a.).

Ne consegue, pertanto, che il parametro fondamentale alla stregua del quale deve essere condotto il sindacato giurisdizionale sulla legittimità comunitaria della revoca della cittadinanza nazionale è rappresentato dal principio di proporzionalità: per cui il giudice nazionale deve porre a confronto la gravità delle conseguenze che derivano dalla perdita della cittadinanza europea con il motivo per cui viene adottato il provvedimento di revoca della cittadinanza nazionale, al fine di verificare se sussista o meno un equilibrio fra i presupposti e gli effetti di una simile decisione.

Rispondendo, inoltre, ad una sollecitazione in tal senso del giudice del rinvio, la Corte ha aggiunto che è compito del giudice nazionale accertare anche se «il rispetto del principio di proporzionalità esiga che, prima che una [...] decisione di revoca della naturalizzazione divenga efficace, venga concesso all’interessato un termine ragionevole affinché egli possa tentare di recuperare la cittadinanza del suo Stato membro di origine».

Il recupero della cittadinanza dello Stato di origine, infatti, eviterebbe alla persona in questione sia la conseguenza dell'apolidia, sia la conseguenza della perdita della cittadinanza europea, con il

492 Si tratta della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia del 30

agosto 1961 (art. 82) e della Convenzione europea sulla cittadinanza del 6 novembre 1997 (art. 7). Vengono inoltre citate la CEDU e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che vietano non già la revoca tout court della cittadinanza, ma soltanto la revoca fondata su motivazioni arbitrarie.

risultato che la revoca della cittadinanza nazionale verrebbe ad essere sostanzialmente «neutra» per il diritto dell'Unione.

La sentenza qui esaminata, per la novità e per l'importanza della questione sulla quale si è espressa, è stata oggetto di numerosi commenti, alcuni dei quali non hanno nascosto una certa «delusione» per la decisione assunta dalla Corte. Si è sostenuto, in particolare, che la Corte abbia perso un'opportunità per meglio definire i rapporti tra cittadinanza nazionale e cittadinanza europea, nel senso di conferire a quest'ultima, in linea con i più recenti sviluppi del diritto primario dell'Unione, una maggiore autonomia493.

Altri autori, invece, pur senza disconoscere la comprensibile cautela con cui il giudice europeo ha affrontato una problematica – la cittadinanza – strettamente connessa alla sovranità degli Stati membri, hanno sottolineato la grande importanza della decisione adottata, con la quale, per la prima volta, «viene […] affermato, in termini assoluti, il rilievo europeo della disciplina nazionale sulla cittadinanza, per le conseguenze che la stessa esercita sulla cittadinanza dell'Unione, anche nei casi in cui non entrano immediatamente in gioco diritti o doveri connessi a quest'ultima»494.

Certamente, la portata della sentenza potrebbe sembrare a primo impatto modesta, in quanto essa si limita ad affermare la necessità che venga assicurato il rispetto del principio di proporzionalità da parte delle competenti autorità degli Stati membri.

Tuttavia, è solo considerando il notevole accrescimento che la cittadinanza europea determina nel patrimonio giuridico della persona che si può comprendere in che misura, esattamente, il principio di proporzionalità potrà venire a condizionare la decisione degli Stati di

493 Cfr. F. FABBRINI, La Corte di giustizia europea e la cittadinanza

dell'Unione, in Giorn. dir. amm., 2010, p. 709, il quale osserva che «Laddove il

diritto interno degli Stati membri (suffragato dalle regole di diritto internazionale) consente di privare un cittadino della nazionalità, l'interessato non dispone di rimedio dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea per tutelare il proprio

status di cittadino europeo».

494 Così L. MONTANARI, I limiti europei alla disciplina nazionale della

cittadinanza, in Diritto pubbl. comp. eur., 2010, p. 954. Cfr. anche E. PATAUT, Citoyenneté de l'Unione européenne et nationalité étatique, in RTDeur, 2010, p.

625, il quale osserva che «l'arrêt Rottmann est sans doute à la fois modeste et riche

de potentialités. Modeste, parce que'il est exclu qu'il conduise à l'émergence d'un véritable lien de nationalité européen, dont on voit mal, de tuot façon, qu'il puisse être simplement fulminé par le juge; riche de potentialités, néanmoins, parce qu'il implique un contrôle occasionnel sur une prérogative étatique qui, quoiqu'exclusive ne saurait conduire à porter une atteinte excessive à un statut juridique garanti à tout citoyen de l'Union».

revocare provvedimenti attributivi della cittadinanza nazionale. Così, se è vero che l'accessorio non può determinare il principale – nel senso che il mantenimento della cittadinanza dell’Unione non può esigere il mantenimento della cittadinanza di uno Stato membro495 – è anche

vero, tuttavia, che il principale finisce per essere notevolmente condizionato dall'accessorio: nel senso che più è importante la cittadinanza dell'Unione, più sarà difficile giustificare, in un'ottica di proporzionalità, la revoca della cittadinanza nazionale cui la prima si lega.

Va aggiunto, infine, che ulteriori sviluppi potrebbero altresì derivare, come sopra si è accennato, dalla modifica introdotta con il Trattato di Lisbona, che ha riqualificato la cittadinanza europea come

aggiuntiva anziché come complementare.

Poiché, infatti, la Corte di Giustizia non ha tenuto conto, per ragioni di ordine temporale, dell'innovazione introdotta, non è da escludere che la stessa possa essere interpretata, come suggerito da una parte della dottrina, nel senso che la cittadinanza europea, una volta acquisita, debba poter seguire un destino proprio, scindibile da quello della cittadinanza nazionale.