• Non ci sono risultati.

La residenza tra diritto soggettivo, mero fatto e interesse

legittimo

Una questione di notevole interesse, che fin qui si è lasciata sullo sfondo, è quella del riparto di giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti dell’ufficiale d’anagrafe, ad esempio in materia di mancata iscrizione, ovvero di cancellazione d’ufficio dal registro della popolazione residente.

Affrontare tale questione significa interrogarsi sulla natura delle situazioni soggettive connesse alla funzione anagrafica in quanto, non rinvenendosi sul punto disposizioni volte ad istituire segmenti di giurisdizione esclusiva, il riparto di giurisdizione seguirà la regola generale della corrispondenza biunivoca tra diritto soggettivo – giudice ordinario e interesse legittimo – giudice amministrativo.

343 Tale disposizione, tuttavia, risulta in parte superata per effetto della

disciplina sul trasferimento della residenza introdotta dal regolamento anagrafico, in quanto la giurisprudenza (cfr. Cass. civ., Sez. I, ord. 12 ottobre 2006, n. 21916) ritiene che il soggetto possa ottenere l’effetto dell’opponibilità ai terzi del trasferimento mediante la sola dichiarazione effettuata nei confronti del comune di nuova residenza, essendo compito di quest’ultimo trasmettere entro venti giorni la dichiarazione stessa al comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione. Per la disciplina dei trasferimenti v. O. VERCELLI, I trasferimenti di residenza da un Comune all’altro: i compiti dei Comuni interessati secondo le norme del Regolamento anagrafico e le istruzioni ISTAT, in Lo stato civ. it., 2003, p. 121 ss.

Dall’analisi della giurisprudenza, compresa quella più datata, formatasi al riguardo, si può desumere l’esistenza di tre orientamenti:

a) il primo, ampiamente maggioritario, afferma la giurisdizione del

giudice ordinario, sul presupposto che la residenza costituisca l’oggetto di un diritto soggettivo; b) il secondo afferma la giurisdizione del giudice amministrativo, sul presupposto contrario che si faccia in realtà questione di interessi legittimi; c) il terzo, ormai a dir poco marginale, ritiene che la residenza, corrispondendo ad una situazione di mero fatto del tutto strumentale rispetto ad altri diritti e interessi, non sia suscettibile, in quanto tale, di tutela giurisdizionale autonoma.

Le argomentazioni sulle quali poggia il primo consolidato orientamento sono state ultimamente ribadite dal giudice amministrativo nei seguenti termini: «Le controversie in materia di iscrizione e cancellazione nei registri anagrafici della popolazione coinvolgono situazioni di diritto soggettivo considerato che l’ordinamento anagrafico della popolazione residente è predisposto

nell’interesse sia della pubblica Amministrazione, sia dei singoli individui (così che non sussiste solo l’interesse pubblico alla certezza

sulla composizione ed i movimenti della popolazione, ma anche l’interesse dei privati ad ottenere le certificazioni anagrafiche ad essi necessarie per l’esercizio dei diritti civili e politici), che tutta l’attività

dell’ufficiale d’anagrafe è disciplinata in modo vincolato, essendo

rigidamente definiti i presupposti per le iscrizioni, mutazioni e cancellazioni anagrafiche e che, di conseguenza, la suddetta regolamentazione non contiene norme sull’azione amministrativa, ma

norme di relazione a disciplina di rapporti intersoggettivi, senza alcun

potere per l’Amministrazione di degradare i diritti soggettivi così attribuiti ai singoli individui (corsivi aggiunti)»344.

Come si può constatare, l’impianto concettuale che fa da sfondo alla motivazione qui riprodotta coincide senza residui con la nota elaborazione teorica345 in forza della quale, in caso di attività 344 Così T.R.G.A., Bolzano, 31 luglio 2008, n. 272, riprende quanto

letteralmente già affermato da Tar Marche, Ancona, Sez. I, 13 marzo 2008, n. 187, nonché le argomentazioni già sviluppate in numerose altre sentenze, tra cui: Cassazione civile, Sez. Un., 19 giugno 2000, n. 449; Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 gennaio 1990, n. 14; ord. 16 maggio 2000, n. 2399; TRGA Bolzano, 20 marzo 1996, n. 72; 13 dicembre 2004, n. 534 e 14 marzo 2005, n. 95; TAR Toscana, Sez. I, 24 febbraio 2003, n. 665; TAR Lombardia, Sez. Brescia, 17 dicembre 2003, n. 1698 e TAR Liguria, Genova, 25 giugno 2007, n. 1231.

345 Risalente a E. GUICCIARDI, Norme di relazione e norme d’azione: giudice

amministrativa vincolata, il riparto di giurisdizione deve operarsi facendo applicazione del criterio che guarda alla direzione soggettiva della norma violata, con la distinzione che ne consegue tra norme di azione e norme di relazione: alle prime, poste a tutela dell’interesse pubblico, corrispondono situazioni di interesse legittimo; alle seconde, poste a tutela dell’interesse privato, corrispondono situazioni di diritto soggettivo.

In altre sentenze l’accento viene posto, oltre che sulla natura vincolata dell’attività affidata all’ufficiale d’anagrafe, anche sul fatto che le controversie in materia di iscrizione nei registri anagrafici «investono l’accertamento di status costituenti, a loro volta, la base per il riconoscimento di diritti soggettivi dei consociati»346. Altre volte

ancora, poi, si ritiene sufficiente la sola circostanza che si tratti di attività «rigidamente vincolata»347.

Agli antipodi di questa ricostruzione si colloca il terzo orientamento, quello che nega l’idoneità della residenza a formare oggetto di una qualsiasi situazione giuridica soggettiva, in quanto la considera alla stregua di un mero fatto. Si tratta di una posizione che in giurisprudenza ha conosciuto qualche consenso fino all’inizio degli anni Novanta348, e che, in maniera abbastanza sorprendente, è stata

recentemente recuperata da un giudice ordinario di primo grado349.

Quest’ultimo ha infatti affermato che «la residenza non pare configurabile come status o addirittura diritto fondamentale ed essenziale della persona, garantito dall’art. 2 Cost., bensì come mera

situazione di fatto, caratterizzata dalla relazione della persona con un

determinato luogo scelto come propria dimora abituale, idonea di volta in volta a produrre effetti giuridici se ed in quanto riferita ad altri rapporti o situazioni giuridicamente rilevanti in virtù di specifiche norme dell’ordinamento; sicché deve dichiararsi inammissibile per difetto di interesse ad agire la domanda di autonomo accertamento giudiziale della relazione di fatto dell’attore col territorio comunale».

Questa interpretazione muove da un elemento di verità: l’essere la residenza, come sopra si è detto, essenzialmente un fatto giuridico, sprovvisto di connotazioni volontaristiche endogene alla struttura

346 Cfr. Tar Piemonte, Torino, Sez. I, 17 gennaio 2007, n. 48; nello stesso

senso v. Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, Sez. I, 9 marzo 2006, n. 179.

347 Cfr. Tar Toscana, Firenze, Sez. I, 14 dicembre 2005, n. 8349.

348 cfr., Trib. Rieti, 11 maggio 1990, in Foro it. 1990, I, p. 2611; App. Roma,

18 giugno 1979, e Trib. Milano 21 giugno 1979, in Foro it., 1981, I, p. 260; Trib. Roma, 23 gennaio 1979.

della fattispecie normativa. Questo non significa, però (ed è qui che si annida l’aporia), che a questo fatto non possa legarsi un interesse della persona suscettibile, in quanto tale, di protezione giurisdizionale autonoma. E d’altra parte, quando l’ordinamento anagrafico prefigura il ricorso amministrativo gerarchico quale strumento di tutela contro i provvedimenti dell’ufficiale d’anagrafe, non fa altro che mettere in evidenza come si ponga un’indefettibile esigenza di protezione, la quale certo non esclude, ma postula semmai, la possibilità di coltivare in alternativa la via giurisdizionale. Né si comprende, del resto, per quale motivo l’interesse a vedersi iscritto come residente nel registro della popolazione di un determinato comune dovrebbe rimanere privo di tutela giurisdizionale, nonostante le conseguenze che ne derivano siano, come si è visto, di primaria importanza.

L’esistenza di due orientamenti tanto contrastanti dà il senso della complessità della questione qui affrontata. A ciò bisogna aggiungere la soluzione, sopra indicata con la lett. b), secondo cui la situazione soggettiva connessa alla residenza anagrafica avrebbe la consistenza dell’interesse legittimo. Si tratta di un orientamento intermedio rispetto a quelli fin qui descritti, ormai quasi350 del tutto

abbandonato dalla giurisprudenza, sia del giudice ordinario che di quello amministrativo. Quest’ultimo, in particolare, costante nel declinare la propria giurisdizione sulle controversie anagrafiche frequentemente instaurate dinanzi a lui351, si limita a ribadire

meccanicamente gli argomenti sopra indicati a favore della qualificazione in termini di diritto soggettivo della situazione azionata. Sostenere la tesi dell’interesse legittimo richiede anzitutto la dimostrazione per cui le funzioni anagrafiche sono munite di contenuto autoritativo.

350 Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 17 ottobre 2005, n. 5816, ha

deciso nel merito l’appello proposto dal Sig. F.G. contro la sentenza Tar Liguria, Sez. II, 16 giugno 1999, n. 305, con la quale il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso proposto avverso un provvedimento prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico già proposto contro un provvedimento del Sindaco del Comune di Sassello, che aveva rigettato la richiesta di F.G. di iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente. In tal caso, tuttavia, il Consiglio di Stato non si è posto, almeno non in termini espliciti, il problema della giurisdizione, ma ha deciso direttamente il merito della causa.

351 Per limitarci agli ultimi anni, v. Trga, Bolzano, 31 luglio 2008, n. 272; Tar

Liguria, Genova, Sez. II, 1 febbraio 2008, n. 154; Tar Toscana, Firenze, Sez. I, 18 gennaio 2007, n. 31; Tar Piemonte, Torino, Sez. I, 17 gennaio 2007, n. 48; Tar Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Sez. I, 09 marzo 2006, n. 179; Tar Toscana, Firenze, Sez. I, 14 dicembre 2005, n. 8349.

A tal fine, bisogna preliminarmente stabilire cosa debba intendersi per «autoritatività».

É noto, al riguardo, che esistono in dottrina essenzialmente due posizioni: quella che rinviene il carattere della autoritatività nella struttura unilaterale dell’atto amministrativo352, che è idoneo a

produrre effetti nella sfera giuridica del destinatario a prescindere dalla (e anche contro la) sua volontà, e quella che, invece, riconnette l’autoritatività alla discrezionalità che fa capo all’amministrazione353.

Aderendo alla prima impostazione, si deve senz’altro giungere alla conclusione per cui gli atti dell’ufficiale di anagrafe hanno carattere autoritativo: nessun dubbio, infatti, circonda il loro essere unilaterali (si pensi, ad esempio, alla cancellazione d’ufficio dal registro anagrafico).

La questione si complica, invece, se si aderisce alla seconda impostazione, attesa la difficoltà che, come è noto, caratterizza sempre il tentativo di distinguere fra attività discrezionale e attività vincolata

354.

In dottrina vi è chi sostiene, in questo senso, che l’atto amministrativo unilaterale con il quale si conclude il procedimento anagrafico non abbia natura vincolata, bensì discrezionale, in quanto discrezionali sono i poteri di valutazione facenti capo all’ufficiale

352 In tal senso, anzitutto, F.G. SCOCA, La teoria del provvedimento dalla sua

formulazione alla legge sul procedimento, in Le trasformazioni del diritto amministrativo. Studi degli allievi per gli ottanta anni di Massimo Severo Giannini,

a cura di S. Amorosino, Milano, 1995, p. 282 ss. Analoga posizione è stata recentemente assunta anche da G. ROSSI, Principi, cit., p. 266, secondo il quale «La

nozione di “atto autoritativo” che si è formata nella dialettica autorità-libertà va diversamente configurata e intesa come atto nel quale si concretizza l’esercizio di un potere volto a soddisfare interessi a protezione necessaria, non soddisfacibili da parte del singolo e che perciò non ne richiede il consenso per produrre effetti. In questo senso hanno natura “autoritativa” anche gli atti vincolati, nei quali l’amministrazione non ha alcun potere di scelta discrezionale (come l’assegnazione di un contributo a chi ne abbia i requisiti o l’iscrizione a una scuola pubblica a chi ne abbia fatta domanda)».

353 Cfr., per tutti, A. ORSI BATTAGLINI, Attività vincolata e situazioni soggettive,

in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1988, p. 3 ss.

354 Autorevole dottrina ritiene che quella di attività vincolata sia una nozione

astratta, assai difficile da riscontrare in concreto. In tal senso, cfr. M.S. GIANNINI, L’interpretazione dell’atto amministrativo e la teoria giuridica generale dell’interpretazione, Milano, 1939, p. 209 ss.; S. CASSESE, Le basi del diritto amministrativo, Milano, 1995, p. 443 s.

d’anagrafe in ordine alla sussistenza degli elementi posti a fondamento della richiesta di iscrizione proposta dal privato355.

In effetti non si può negare, a questo proposito, che la complessità dell’accertamento prescritto dalla legge con riferimento all’effettività dell’abituale dimora implichi momenti valutativi caratterizzati da un ampio grado di soggettività, tale per cui, se, da una parte, non è esatto affermare che il provvedimento abbia carattere

discrezionale nel significato tradizionale che si attribuisce a questo

termine (quello che presuppone un contemperamento di interessi primari e secondari, in tal caso assente), non lo è neppure, dall’altra, l’affermazione contraria secondo cui si verserebbe in ipotesi di attività rigidamente vincolata. Si è piuttosto in presenza di un classico concetto giuridico indeterminato (l’abitualità della dimora), lo scioglimento del quale viene considerato da una parte della dottrina come indice dell’esistenza di un potere non avulso da connotati di discrezionalità, intesa quest’ultima come la possibilità di scegliere tra più opzioni possibili356.

Ma pur ammettendo che ci si trovi dinanzi ad attività propriamente vincolata, si deve rilevare come non vi sia affatto consenso unanime, né in dottrina né in giurisprudenza, in ordine alle conseguenze da trarne sul piano del riparto di giurisdizione.

Si è sottolineato come la giurisprudenza richiamata faccia riferimento al criterio che usa distinguere, nei casi di attività vincolata, fra norme di azione e norme di relazione, affermando che le norme dell’ordinamento anagrafico appartengono a questo secundum genus, in quanto sono finalizzate a tutelare non solo l’interesse pubblico, ma anche quello degli individui. Da ciò si ricava l’esistenza di diritti soggettivi attribuiti alla cognizione del giudice ordinario.

Sennonché tale criterio è stato in generale e da più parti criticato, soprattutto in ragione dell’incertezza cui ha dato luogo e che ha fatto sì che entrassero nella valutazione del giudice elementi

355 Si allude ad A. COSCIA, L’abitualità della dimora (residenza) tra atto

amministrativo e negozio unilaterale privatistico, in Lo stato civ. it., 2006, p. 837.

356 G. ROSSI, Atti dichiarativi e discrezionalità nell’amministrazione dei beni

culturali, in La cultura e i suoi beni giuridici. Atti del convegno di studi di Bari, Castello normanno-svevo, 29-30 maggio 1997, a cura di V. CAPUTI JAMBRENGHI,

Milano, 1999, sostiene che «è discrezionale l’attività dell’Amministrazione con cui si esce dal concetto giuridico indeterminato e si compie una scelta tra una pluralità di scelte possibili: questo è bene culturale, questo no. Il giudice non potrà poi che rispettare questa scelta».

metatragiuridici per lo più legati ad impostazioni ideologiche357.

D’altra parte, l’arbitrarietà di un criterio che obbliga ad eseguire una valutazione di priorità tra gli interessi pubblici e privati coabitanti all’interno della ratio di una stessa fattispecie normativa trova in materia anagrafica una rappresentazione icastica. Come si può infatti affermare che le disposizioni anagrafiche siano prevalentemente funzionali alla tutela dell’interesse dei privati, quando la loro violazione da parte di questi è addirittura sanzionata358? Questo senza

considerare che un individuo potrebbe benissimo avere, per varie ragioni, tutto l’interesse a non risultare iscritto nel registro anagrafico del comune nel quale abitualmente risiede, eppure essere costretto dall’ordinamento, anche in questo caso, a regolarizzare la propria situazione denunciando la circostanza presso l’apposito ufficio.

Alla luce di questi dati, si può ragionevolmente concludere nel senso che «ragion pubblica» e «ragion privata» appaiono così strettamente intrecciate nel contesto delle disposizioni disciplinanti l’anagrafe, che è praticamente impossibile prendere posizione per la prevalenza dell’una o dell’altra sulla base di valutazioni oggettive359.

357 La più importante e convincente critica di questa teoria si deve, come è

noto, ad A. ORSI BATTAGLINI, op. cit., p. 3 ss., il quale definisce il criterio fondato

sulla corrispondenza biunivoca tra norme di relazione-diritti soggettivi e norme di azione-interessi legittimi come una regola «teoricamente oscura e praticamente incerta». Egli dimostra, ricorrendo a numerosi esempi, come l’applicazione di questo criterio abbia prodotto notevole incertezza ed abbia sostanzialmente consegnato all’arbitrio del giudice la decisione sulla natura della situazione soggettiva privata posta dinanzi all’attività vincolata dell’amministrazione.

Alla critica di Orsi Battaglini, si aggiungono quelle più recenti di A. PIOGGIA, Giudice e funzione amministrativa. Giudice ordinario e potere privato dell’amministrazione datore di lavoro, Milano, 2004, p. 108, S. CIVITARESE

MATTEUCCI, La forma presa sul serio. Formalismo pratico, azione amministrativa ed illegalità utile, Torino, 2006, p. 337, e D. PAPPANO, Potere amministrativo e responsabilità civile. La riconsiderazione delle categorie dogmatiche, Napoli, 2008,

p. 25. Pioggia e Pappano, in particolare, traggono dall’affermata risarcibilità dell’interesse legittimo la conseguenza per cui le norme di azione non possono essere poste solo a tutela dell’interesse pubblico, ma anche a tutela dell’interesse privato. Non si spiegherebbe, diversamente, la possibilità che alla loro violazione possa far seguito il risarcimento del privato danneggiato dall’illegittimo esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione.

358 V. art. 11 della legge anagrafica. All’originaria sanzione penale

dell’ammenda, è stata sostituita la sanzione amministrativa per effetto dell’art. 32 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

359 Il discorso sulla natura degli interessi sottesi alla predisposizione del

servizio anagrafico dovrebbe allargarsi fino a comprendere la tematica della funzione propria degli svariati istituti di pubblicità conosciuti dal nostro

Ma anche l’idea360 secondo cui sarebbe determinante la natura

vincolata dell’attività amministrativa per la sussistenza di diritti soggettivi in capo ai privati, oltre ad essere rimasta minoritaria in giurisprudenza e in dottrina, è stata anche di recente sottoposta a critica361. Si sottolinea, così, come essa sia nata in un contesto in cui,

per la notevole distanza che separava il diritto soggettivo dall’interesse legittimo362, si avvertiva come prioritaria, da parte di alcuni, la

necessità di estendere l’area del diritto soggettivo di fronte all’azione amministrativa, in modo da offrire un maggior grado di tutela ai soggetti privati363. E si osserva, ancora, che vi sono elementi di diritto

positivo, su tutti l’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990,

ordinamento. Lo studioso che più di ogni altro ha contribuito, in termini di teoria generale, alla comprensione di tale fenomeno, è sicuramente S. PUGLIATTI, La trascrizione, in Trattato di diritto civile e commerciale, XIV, I, tomo I, 1957, p. 220

ss., il quale ha dimostrato come il minimo comune denominatore della pubblicità sia nell’interesse pubblico alla conoscenza di determinati atti, fatti od eventi, interesse che della pubblicità «rappresenta costantemente il fine immediato, mentre ogni altro fine, di natura pubblica o privata, avrà carattere mediato». Anche sulla base di queste osservazioni, appare forzato il tentativo di estrarre dalle norme dell’ordinamento anagrafico una prevalenza di interessi privati tale da determinare la sicura riconduzione al diritto soggettivo delle situazioni soggettive a tale ordinamento connesse.

360 Per cui cfr. E. CAPACCIOLI, Manuale di diritto amministrativo, I, Padova,

1983, p. 279 ss. e A. ORSI BATTAGLINI, Attività vincolata e situazioni soggettive, cit.,

p. 3 ss. V. anche L. FERRARA, Diritti soggettivi ad accertamento amministrativo,

Padova, 1996; D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche, Bologna, 2005, p.

385 ss.; S. CIVITARESE MATTEUCCI, La forma presa sul serio, cit.; C. CUDIA, Funzione amministrativa e soggettività della tutela. Dall’eccesso di potere alle regole del rapporto, Milano, 2008, p. 90.

361 Ci si riferisce a D. PAPPANO, Potere amministrativo e responsabilità civile.

La riconsiderazione delle categorie dogmatiche, cit.

362 Soprattutto per la costante negazione giurisprudenziale della risarcibilità

dell’interesse legittimo.

363 Per contro, si osserva che, in un contesto come quello attuale, radicalmente

mutato sotto questo aspetto, «risulta fortemente depauperato il fondamento motivazionale (…) della costruzione dottrinaria che ha postulato la presenza di diritti soggettivi in corrispondenza di atti vincolati dell’amministrazione. Non è più così dirimente in termini di tutela del cittadino stabilire se egli sia titolare di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo (…)». Così D. PAPPANO, op. cit., p. 42.

Già A. ROMANO, Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti soggettivi, in Dir. amm., 1998, p. 24, del resto, aveva

avvertito che l’affermazione della risarcibilità dell’interesse legittimo avrebbe snaturato i caratteri essenziali di questa situazione soggettiva, assimilandola tout

court al diritto soggettivo. Cfr. anche il commento di F. LEDDA alla sentenza Cass.,

Sez. Un., n. 500/1999, suggestivamente intitolato Agonia e Morte ingloriosa

ove implicitamente si afferma la giurisdizione del giudice amministrativo sui provvedimenti vincolati364.

Paradossalmente, poi, il riconoscimento che il privato è portatore di un diritto soggettivo può talvolta risolversi in uno svantaggio per lo stesso: ciò si verifica con singolare evidenza nei casi di c.d. silenzio-inadempimento dell’amministrazione, dove il privato che fosse titolare di un diritto soggettivo non potrebbe avvalersi, secondo l’orientamento unanime della giurisprudenza365, dell’apposito

ed efficace rito disciplinato dall’art. 117 del c.p.a.366(parte della

dottrina sembra dare per scontato, peraltro, che l’utilizzazione di questo rimedio sia consentita in caso di inerzia dell’ufficiale d’anagrafe sulle richieste di iscrizione367).

Un argomento a favore dell’appartenenza alla giurisdizione amministrativa delle controversie in materia di residenza può essere rinvenuto, inoltre, direttamente nel diritto positivo: l’art. 13, comma 6-

364 D. PAPPANO, op. cit., p. 42.

365 Cfr. Cass., Sez. Un., ord. 28 novembre 2008, n. 28346, ove si rileva «la

natura meramente processuale del rimedio previsto dalla L. n. 1034 del 1971, art. 21

bis, che non fonda ma presuppone la giurisdizione del Giudice amministrativo sulla

pretesa sostanziale cui si riferisce la dedotta inerzia della pubblica amministrazione