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tempo, diritto e principio di equità generazionale

2. Il diritto nel tempo

Con il termine “tempo”7 si fa qui riferimento al fattore cronologico inteso sia nella sua accezione “statica” che in quella “dinamica”, dove la prima corrisponde al momento esatto in cui si è verificato o prodotto un determinato evento, mentre la seconda rappresenta un “movimento”, ovvero, detto altrimenti, si riferisce al tempo osservato secondo la prospettiva del suo “scorrere”. Ebbene, si sottolinei sin da subito come il diritto vanti un legame inscindibile con il tempo che lo si intenda nell’uno o nell’altro senso8.

In linea del tutto generica, infatti, può affermarsi come il tempo rappresenti la dimensione in cui si manifesta qualsiasi tipo di fenomeno, ossia quale “non luogo” in cui i “fatti” accadono e che sul tempo, in un certo senso, si giustificano. Ciò, ovviamente, sembra riscontrare più solide ragioni nella fenomenologia della natura, dove ogni cosa appare scritta secondo un ordine preciso che rispetta, appunto, la scansione cronologica dettata dal tempo; a tal proposito, si pensi all’alternanza del dì alla notte o a quella delle stagioni. In questo caso, il fattore cronologico non solo è conseguenza del fenomeno ma è anche unità di misura dello stesso, nel senso che la sua manifestazione risulta calcolabile o comunque prevedibile proprio facendo riferimento ad una precisa “quantità” di tempo9.

Questo sta a significare che “in natura” è talvolta possibile stabilire, con una certa approssimazione, la manifestazione di un evento futuro, non solo nell’an e nel quomodo, ma anche nel quando10. In tal senso, oltre agli esempi già proposti, si rifletta sul fenomeno che può osservarsi avvicinando dell’acqua allo stato liquido ad una fonte di calore: in un lasso di tempo calcolabile, l’acqua, acquisita una data temperatura,

6 Cfr. F. CIARAMELLI-F. G. MENGA, Responsabilità verso le generazioni future. Una sfida al diritto all’etica e alla politica, Napoli, 2017; Cfr. F. G. MENGA, Lo scandalo del futuro. Per una giustizia intergenerazionale, Roma, 2016.

7 Sul punto, cfr. M.DORATO, Che cos’è il tempo?, Roma, 2013.

8 Cfr. T. MARTINES, Prime osservazioni sul tempo nel diritto costituzionale, in AA.VV., Scritti in onore di S. Pugliatti, III, Milano, 1978, p. 810. Cfr. anche M. HEIDEGGER, Essere e tempo, Napoli, 1998.

9 Cfr. C.ROVELLI, L’ordine del tempo, Milano, 2017.

10 In generale, si rinvia agli studi sulla teoria della relatività. Su tutti, cfr. A.EINSTEIN, Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie, in Annalen der Physik, 49, 1916, 769-822.

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giungerà ad ebollizione ovvero passerà allo stato aeriforme11.Questa prevedibilità è la conseguenza dell’“esattezza” che contraddistingue i metodi di alcune scienze (la matematica, in particolare, o la fisica, come nell’ultimo esempio proposto) o che si rinviene in altre scienze (quelle astronomiche, per esempio) al momento di spiegare alcuni fenomeni ricorrendo proprio ai metodi che discendono dalle scienze esatte.

Tutto cambia, evidentemente, se da queste ultime si passa alle scienze sociali.

L’esattezza con cui è possibile calcolare e verificare determinati fenomeni naturali non è riproducibile nell’ambito di una riflessione che assuma come termine di riferimento le vicende e i comportamenti umani, ovvero l’individuo inteso non solo quale essere vivente ma anche come «animale sociale»12. Per quanto la natura (cui ci si rivolge in senso generico) eserciti un’influenza sull’uomo e sia a sua volta influenzata dalle attitudini e abitudini di quest’ultimo, è chiaro che uno studio di qualsiasi tipo volto ad analizzare, in senso ampio, la “società” obblighi a ricorrere a criteri o conoscenze di vario tipo, come per esempio quelli di carattere economico, culturale o politico13. In altri termini, l’“esattezza” che contraddistingue l’analisi di alcuni fenomeni viene sostituita dagli impulsi e dalle passioni dell’individuo oppure, collocando la riflessione nell’ambito giuridico, dalle scelte assunte da un soggetto privato al momento di regolare i propri interessi o da un’entità pubblica dinanzi all’adozione di una decisione che rivolga i propri effetti alla comunità su cui esercita i propri poteri.

Ciò non significa, naturalmente, che i “moti” umani siano determinati da una totale irrazionalità, ma rappresenta, al contrario, l’impossibilità di calcolarne l’andamento e soprattutto prevederne in maniera esatta le evoluzioni nel corso di un arco temporale più o meno esteso. Secondo questa prospettiva, il tempo finisce con l’adempiere una funzione diversa o comunque “spiegare” e “giustificare” i fenomeni strettamente sociali (e appunto umani) in maniera alternativa. In questo ambito, infatti, il fattore cronologico acquisisce un valore specifico nella sua dimensione

“passata”, nella misura in cui quanto già è accaduto aiuta (o potrebbe aiutare) a

11 Cfr. C.ROVELLI, Sette brevi lezioni di fisica, Milano, 2014.

12 La nozione di «animale sociale» si rinviene ne La Politica di Aristotele. Sul tema, tra gli altri, cfr. J.RITTER, Metafisica e politica. Studi su Aristotele e Hegel, trad. it., Marietti, Genova, 1983; E.BERTI, Il pensiero politico di Aristotele, Roma-Bari, 1997; W.KULLMAN, Il pensiero politico di Aristotele, trad. it., Guerini, Milano, 1992; G.BIEN, La filosofia politica di Aristotele, trad. it., Bologna, 1985.

13 Cfr. J. E. GREEN-A. H. ROBERTS, Time orientation and social class: a correction, in Journal of Abnormal and Social Psychology, vol. 62, 1961, p. 141; cfr. W. GROSSIN, Le travail et le temps: horaires, durées, rythmes, Parigi, 1969; cfr. ID., Le temps de la vie quotidienne, Parigi, 1974; cfr. M. HEIRICH, The use of time in the study of social change, in American Sociological Review, vol. 29, n. 3, 1964, pp. 386-397.

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comprendere quanto avviene nel tempo presente o a supporre cosa potrebbe accadere nell’avvenire14.

Ebbene, la riflessione giuridica si colloca in questo contesto ma con una peculiarità, giacché all’“esattezza” della scienza sostituisce la “certezza” del diritto. E per quanto sembrerebbe esserci una parziale sovrapposizione tra i due concetti,

“certezza” ed “esattezza” si distinguono in realtà proprio sulla base di un criterio per così dire cronologico: mentre il primo poggia esclusivamente sull’esistenza di una regola preesistente, il secondo, pur conoscendo e rispettando una regola, ne garantisce la prevedibilità, ovvero la futura e, appunto, “esatta” riproduzione. Detto in altri termini, l’“esattezza” sembra proseguire lì dove la “certezza”, non rinvenendo un sostegno idoneo ad assicurare la sopravvivenza della regola, sembra venire meno15.

2.1. (segue) La inter-temporalità del sistema delle fonti: il futuro come dimensione della norma e la rilevanza giuridica dello scorrere del tempo

Sulla scorta di queste considerazioni, il legame tra diritto e tempo dimostra (almeno in linea di principio) delle criticità al momento di rivolgere l’attenzione all’avvenire. «Del doman non v’è certezza»16 e le categorie del diritto, normalmente

“calibrate” per dare un ordine a ciò che è certo, sembrano fornire deboli strumenti dinanzi a ciò che è “incerto”, ovvero (per quanto qui rileva) il futuro. Tuttavia, nonostante ciò che “ancora” non esiste sembri costituire un elemento estraneo al diritto e quindi fuori dalla portata degli strumenti di cui questo dispone, la scienza giuridica sembra dirigere il suo sguardo principalmente al futuro, il quale finisce con il costituire la principale dimensione in cui il diritto opera17.

Per affermare ciò, si inizi con il ricordare come alcune teorie giuridiche riconducano la ragione principale della nascita degli ordinamenti alla funzione di

14 In questo senso, in H. JONAS, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, ed. it. a cura di P.P.PORTINARO, Torino, 2009, 143, si legge che «la teoria marxista, in quanto teoria globale della storia, di quella precedente e di quella avvenire, definisce il futuro all’unisono con la spiegazione del passato sulla base di un principio omnicomprensivo, vale a dire come quella parte del tutto che, dopo quanto è già accaduto, deve ancora venire».

15 In merito a queste riflessioni, e in particolare al concetto di certeza del diritto, si rinvia a J.

ESTEVE PARDO, El desconcierto del Leviatán. Política y derecho ante las incertidumbres de la ciencia, seconda edizione, Madrid-Barcelona-Buenos Aires-Sao Paulo, 2013.

16 Come è noto, così recitava Lorenzo de’ Medici nel 1490.

17 Cfr. F.OST, Le temps du droit, cit., 39 ss.

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questi ultimi di garantire la sopravvivenza dell’individuo18. Infatti, in una società primordiale e “disordinata”, in cui ciascuno tende ad imporre le proprie esigenze senza tener conto di quelle altrui, il sopraggiungere del diritto serve proprio a disporre un ordine capace di garantire una pacifica convivenza tra tutti i consociati. E ciò grazie al meccanismo del bilanciamento, in forza del quale nessun interesse individuale prevale sugli altri a meno che non sia ritenuto in concreto prevalente da una norma o da un organo a ciò deputato19.

La sopravvivenza, appunto, ossia la “vita futura” è ciò che il diritto tende a garantire o comunque ciò per cui il diritto opera all’interno della società: dettare un ordine lì dove non c’era, ponendo le basi utili a promuovere una pacifica convivenza tra coloro che sono chiamati a rispettarlo. Infatti, pur poggiandosi su un’esigenza preesistente, quindi riconducibile ad un tempo già trascorso o ancora attuale, la norma giuridica opera nel futuro, rispondendo a quell’esigenza tramite una regola che possa soddisfarla producendo i suoi effetti nel tempo, ovvero a partire dal momento in cui la norma entra in vigore.

A tal riguardo, si ricordi quanto disposto dall’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, dove si afferma espressamente che «la legge non dispone che per l’avvenire» e «non ha effetto retroattivo»20. L’evoluzione (e in un certo senso la costruzione) dell’ordinamento giuridico è quindi tutta proiettata al futuro ed è nel futuro che il diritto detta e disegna un ordine. La “certezza” non costituisce, pertanto, un limite alla tensione del diritto verso l’avvenire, bensì una conferma di questa tensione. E nonostante la sua origine si rinvenga in un momento preciso, destinato quindi ad arrestarsi ed esaurirsi in un tempo passato, la norma giuridica opera nell’avvenire perché è lì che la sua applicazione è destinata a verificarsi21.

È proprio ragionando in questi termini che autorevole dottrina afferma come il legislatore rappresenti l’«uomo del futuro», da contrapporre al giudice, «uomo del

18 La principale suggestione di queste considerazioni è costituita dalla lettura del Leviatano di HOBBES.Sulpunto, per un commento critico, si rinvia aF.M.DE SANCTIS,“Luoghi” e “tempi” del pensiero giuridico, Napoli, 2010, 88 ss.

19 In generale, G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, 1992; cfr. ID., La

“costituzionalizzazione” dell’ordinamento italiano, in Ragion pratica, 11, 1998; R.BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Milano, Giuffrè, 1992; K.LARENZ, Storia del metodo nella scienza giuridica, Milano, 1970, 65-82.

20 Si rinvia, in generale, alla manualistica di diritto costituzionale.

21 In generale, cfr. J. F. SÁNCHEZ BARRILAO, De la ley al reglamento delegado. Deslegalización, acto delegado y transformaciones del sistema de fuentes, Cizur Menor, 2015.

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passato», e al potere esecutivo, «uomo del presente»22. Infatti, mentre il potere esecutivo rappresenta un «costruttore che produce idee per l’esecuzione» e il giudice è chiamato a svolgere la sua funzione «secondo disposizioni giuridiche create prima della sua decisione»23, l’opera del legislatore, pur stando sul «terreno del presente»,

«riguarda il futuro e lo anticipa»24.

Tuttavia, nonostante rivolga la sua efficacia all’avvenire, la norma si fonda su un’esigenza che in futuro potrebbe non risultare più attuale; o meglio, detto in altri termini, l’ordine dettato da una norma potrebbe risultare in futuro incapace di rispondere in maniera efficace ad una nuova necessità o a quella medesima esigenza, che, mutando nel corso del tempo, non fa che sollecitare nuovi interventi legislativi volti ad aggiornarne il contenuto.

A ben vedere, però, è proprio nelle tecniche adottate dai sistemi normativi per garantire la dinamicità degli ordinamenti giuridici che si rinviene un ulteriore elemento capace di confermare la tensione al futuro del diritto25. Si pensi, in particolare, al criterio cronologico quale strumento di risoluzione delle antinomie e, di conseguenza, all’abrogazione come effetto della sua applicazione26. L’efficacia ex nunc di quest’ultima, infatti, garantendo un “ricambio” delle norme vigenti in un dato ordinamento giuridico, fa sì che il potere legislativo, qualora esercitato da una nuova composizione parlamentare, non sia indissolubilmente legato alla volontà di un Parlamento precedente e possa, pertanto, legiferare nuovamente su una data materia anche adottando scelte diametralmente opposte rispetto a quelle di chi aveva legiferato in precedenza27; la prevalenza della norma più recente, infatti, è «la

22 «L’uomo del futuro è rappresentato dal legislatore. E poiché il legislatore moderno non si accontenta di dare alle norme non scritte di comportamento la forma e la validità del diritto scritto ma vuole produrre nuovo diritto, ecco che crede nella forza propria della ragione umana di padroneggiare il futuro all’interno di confini ben determinati. Egli crede nel progresso sociale per mezzo del diritto (…) il legislatore sta sul terreno del presente, ma la sua opera riguarda il futuro e lo anticipa» cit. T. MARTINES, Prime osservazioni sul tempo nel diritto costituzionale, cit., 810.

23 Rispetto alla funzione del giudice, in realtà, vuole sottolinearsi sin da subito come sia mutevole la sua connessione rispetto al decorso del tempo. Sul punto, tuttavia, ci si soffermerà in seguito.

24 T. MARTINES, Prime osservazioni sul tempo, cit., p. 810.

25 La bibliografia sul tema delle fonti del diritto è particolarmente ampia. Qui si rinvia, su tutti, a V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, L’ordinamento costituzionale italiano (Le fonti normative), Padova, 1993.

26 Cfr. F. BALAGUER CALLEJÓN (a cura di), Manual de Derecho Constitucional, Madrid, 2019, p.

81 ss; cfr. M. AZPITARTE, Cambiar el pasado. Posibilidades y límites de la ley retroactiva. Un intento di interpretación del articulo 9.3 de la Constitución, Madrid, 2008.

27 Oltre che nelle c.d. preleggi, il principio della irretroattività delle leggi trova cittadinanza anche nell’art. 25, co. 2, della Costituzione italiana, il quale afferma che «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».

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conseguenza di un principio fondamentale in un sistema rappresentativo, quello per cui la volontà di un Parlamento (e della generazione che esso rappresenta) non può vincolare la volontà dei parlamenti (e delle generazioni) futuri»28.

Sempre con riferimento alla produzione del diritto, in realtà, il valore giuridico dello scorrere del tempo lo si nota in maniera ancora più evidente nelle vicende di produzione, per così dire, “spontanea”29. Lì dove, cioè, non si registra, almeno in una fase iniziale, l’intervento del legislatore e quindi la “formalizzazione” della regola sotto forma di norma. Ci si riferisce, naturalmente, alle fonti fatto e, più nello specifico, alla consuetudine. Quest’ultima, infatti, «si risolve in una serie di atti (o più esattamente, di comportamenti) posti in essere da una molteplicità di soggetti sparsi nello spazio e nel tempo: ciascuno dei quali ha pur voluto il comportamento puntuale, dal cui ripetersi generalizzato nasce la consuetudine (e la norma)»30.

Si ricordi, infatti, come la consuetudine si componga di un duplice elemento costitutivo, uno di natura “soggettiva” o “spirituale” e l’altro di natura “materiale”. Il primo corrisponde con la c.d. opinio iuris, ovvero il convincimento, da parte di una determinata comunità, che un dato comportamento sia giuridicamente obbligatorio.

Ma ciò non vale per qualsiasi comportamento, bensì solo per quello ripetuto in un tempo sufficientemente lungo e diffuso da “giustificare” il convincimento dei consociati. È quest’ultimo l’elemento “materiale” (la cosiddetta diuturnitas) che consiste nella ripetizione costante ed uniforme di una condotta durante un determinato periodo. In altri termini, proprio lo scorrere del tempo è elemento imprescindibile perché una consuetudine venga a configurarsi31.

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