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La tensione al futuro della Costituzione nelle norme di “indirizzo politico”

L’equità generazionale nella Costituzione italiana

2. La tensione al futuro della Costituzione nelle norme di “indirizzo politico”

In questa prospettiva, non può che ribadirsi quanto già affermato al momento di analizzare la dimensione temporale delle fonti del diritto, e cioè che anche la Costituzione, sulla base di quelle stesse considerazioni, sembra dirigere la sua efficacia all’avvenire5. Nel caso della Legge fondamentale, tuttavia, si rinviene un ulteriore elemento a conferma di questa tensione al futuro. Se in merito alle fonti primarie, infatti, si è affermato che le stesse conservano la loro efficacia fin quando un altro legislatore, abrogandole, non disponga diversamente, ciò, naturalmente, non vale per

2 C. PINELLI, Diritti costituzionali condizionati, argomento delle risorse disponibili, principio di equilibrio finanziario, cit., 551.

3 In effetti, avendo sottolineato come i criteri della sostenibilità e, più in generale, le modalità tramite cui realizzare una cura del futuro trovino potenzialmente spazio in tutti i settori dell’ordinamento, declinarne la portata per uno in particolare (come spesso avviene, in materia di salvaguardia dell’ambiente) potrebbe circoscrivere, paradossalmente, la visione dell’interprete.

4 In altri termini, si vuole dimostrare come le considerazioni già proposte in merito a quelle Carte che, soprattutto riferendosi al futuro all’interno dei propri preamboli, esprimono l’esigenza di essere interpretate nell’ottica di fornire garanzie “intertemporali”, siano intrinseche alla stessa natura, e quindi alle caratteristiche, della Costituzione italiana. Sul punto, si consenta ancora un rinvio anche a G. PALOMBINO, La configuración jurídica del principio de equidad generacional: ¿hacia una democracia sostenible?, in Revista de Derecho Constitucional Europeo, n. 33, 2020.

5 In generale, cfr. T. MARTINES, Prime osservazioni sul tempo nel diritto costituzionale, cit., 810.

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la Carta costituzionale. Quest’ultima nasce all’insegna di una «pretesa di durata»6, in quanto il processo costituente che le dà forma si manifesta nell’intento di fondare l’ordinamento giuridico per un periodo di tempo indefinito. In tal senso, la Carta è da considerarsi la fonte che legittima (e in un certo senso giustifica) tutti gli atti normativi che, a partire dal momento della sua emanazione, entreranno in vigore7.

È proprio ragionando in questi termini, e tenendo conto delle ragioni che tradizionalmente conducono alla scelta di emanare una Legge fondamentale, nonché della funzione che la stessa è chiamata ad assolvere, che è possibile individuare ulteriori elementi di tensione al futuro. Se è vero, infatti, che l’adozione di una Carta costituzionale segna una rottura con il passato, ovvero con quanto ha preceduto la manifestazione della volontà costituente da cui emana, è anche vero che la funzione della Legge fondamentale è proprio quella di garantire il futuro rispetto e adempimento dei diritti e dei doveri sanciti al suo interno. In questo senso, l’esempio della Costituzione italiana è paradigmatico.

È noto, infatti, come la Repubblica democratica sia nata sulle ceneri del regime fascista e del secondo conflitto mondiale e come nel testo entrato in vigore nel ’48 sia evidente la volontà di dar vita ad un assetto politico, economico e sociale in contrasto con il regime totalitario che ne aveva preceduto la formulazione. In questa prospettiva, il termine “ricostruzione” assume un valore centrale, laddove sottende l’idea di un processo e cioè di un’opera che non si esaurisce in un momento definito ma è destinata a ripetersi nel tempo, tramandandosi, quindi, alle generazioni future8.

In altri termini, per quanto sia opinione condivisa l’idea in base alla quale l’adozione di una Costituzione rappresenti un momento di rottura valoriale con il passato, risulta come solo tale “rottura” possa collocarsi cronologicamente in un momento esatto, mentre ciò, al contrario, non vale per l’attuazione di quanto dichiarato dalla Carta. Una transizione democratica necessita di una progressiva

6 «Ogni costituzione porta in sé una superba pretesa, per la quale essa si differenzia dalle altre disposizioni del potere statuale: la pretesa della durata», cit. O. KIRCHHEIMER, Costituzione senza sovrano. Saggi di teoria politica e costituzionale, Bari, 1982, 33.

7 In generale, cfr. A.BARBERA (a cura di), Le basi filosofiche del costituzionalismo, Roma-Bari, 1998.

8 Questo è il significato che sembra emergere anche dal messaggio alla Nazione pronunciato da Enrico De Nicola il 15 luglio 1946, durante il quale lo Statista affermò che la Costituzione

«assicurerà alle generazioni future un regime di sana e forte democrazia, nel quale i diritti dei cittadini ed i poteri dello Stato siano egualmente garantiti, trarrà dal passato salutari insegnamenti, consacrerà per i rapporti economico-sociali i principi fondamentali, che la legislazione ordinaria – attribuendo al lavoro il posto che gli spetta nella produzione e nella distribuzione della ricchezza nazionale – dovrà in seguito svolgere e disciplinare (…)»

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concretizzazione9, così come la stessa democrazia ha bisogno di una continua manutenzione10, considerato che i principi e i diritti sanciti all’interno della Legge fondamentale sono il risultato di «una battaglia vinta», ma allo stesso tempo aprono

«la questione del loro rispetto, della loro efficacia, del loro radicamento»11. Pertanto, se per alcuni aspetti la Costituzione sembra disegnare un assetto definito o definitivo, rispetto ad altri finisce con il consacrare impegni la cui realizzazione è inevitabilmente affidata ai tempi avvenire12.

La tensione al futuro della Carta costituzionale sembra allora potersi dedurre in quegli articoli in cui la Repubblica promuove il suo compito circa il raggiungimento di un determinato obiettivo tracciando le basi di quello che autorevole dottrina ha definito «indirizzo politico costituzionale»13. In questo senso, si legga, per esempio, l’art. 3 Cost., dove si afferma che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale (…)»; l’art. 4 Cost., in base al quale la Repubblica

«promuove le condizioni che rendano effettivo» il diritto al lavoro; l’art. 5 Cost., in virtù del quale la Repubblica si impegna a «promuovere» le autonomie locali; l’art. 9 Cost., in cui si dichiara l’impegno della Repubblica a promuovere «lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»14. Ebbene, tutte le volte in cui i Costituenti delineano norme capaci di suggerire un vero e proprio indirizzo politico, soprattutto ricorrendo ai termini “promozione” e “sviluppo”, non fanno altro che sancire la tensione al futuro della Carta e dimostrare, in questo modo, come il potere costituente non solo si diriga alla dichiarazione di valori, principi e diritti destinati a garantire l’individuo anche nei tempi avvenire ma, inoltre, ne consegni al futuro l’attuazione.

9 Cfr. F.BIAGI, Corti costituzionali e transizioni democratiche. Tre generazioni a confronto, Bologna, Il Mulino, 2016, 61 ss.

10 Si consente un rinvio a G.PALOMBINO, La “manutenzione” della democrazia tramite il divieto dell’abuso di diritto, in Giurisprudenza italiana, n. 12, 2020, 2610.

11 Cit. S.RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, 2012, Bari, 32. Ed è sulla base della qualificazione della Carta costituzionale quale “programma” che autorevole dottrina afferma come dal disposto della Legge fondamentale discenda un vero e proprio «indirizzo politico costituzionale», la cui realizzazione e “sorveglianza” sono affidati agli organi costituzionali di garanzia, ovvero il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. Sul punto, si rinvia a P.BARILE, Relazione di sintesi, in La figura e il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano, Atti di un Convegno (Messina-Taormina, 25, 26 e 27 ottobre 1984), a cura di G.SILVESTRI, Milano, 1985, 258 ss.

12 Ciò è dimostrato sul piano strettamente giuridico, se si pensa, per esempio, che le prime sentenze della Corte costituzionale dichiararono l’illegittimità di norme precedenti all’entrata in vigore della Carta e incompatibili con la stessa. Sul punto, cfr. sentenze della Corte costituzionale, n. 1 e 2 del 1956.

13 Infatti, nonostante il potere costituente si manifesti in un preciso momento storico e si esaurisca con l’adozione della Costituzione, quanto da quest’ultima disposto necessita di attuazione.

14 Cfr. G.BRANCA (a cura di), Commentario alla Costituzione. Principi fondamentali: art. 1-12, Bologna, 1975.

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Tali “espressioni” di indirizzo, inoltre, nonostante si caratterizzino per i termini estremamente generali che le compongono, godono comunque di una loro vincolatività, soprattutto per quanto riguarda l’obbligo dell’interprete di tenerne conto. L’interpretazione della Carta, infatti, non può realizzarsi a “compartimenti stagni”, in quanto la lettura armonica richiesta dalla stessa opera di “codificazione”

obbliga a tener conto, al momento di applicare una disposizione costituzionale, del complessivo disposto della stessa. In questa prospettiva, non può che sottolinearsi come la tecnica del bilanciamento, che, come è noto, può condurre alla prevalenza di un diritto rispetto all’esercizio di un diritto “concorrente” nel caso concreto, sia una conseguenza dell’“armonia” che deve caratterizzare l’interpretazione della Legge fondamentale. Anche le norme di indirizzo, invero, disegnano questa armonia e sono essenziali alla sua conservazione, non potendosi quindi escludere le stesse dal novero dei parametri interpretativi di legittimità15.

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