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La cura del futuro nello spazio europeo: in particolare, le politiche dell’Unione e il principio di sostenibilità

Le generazioni future nel dibattito giuridico

3. La cura del futuro nello spazio europeo: in particolare, le politiche dell’Unione e il principio di sostenibilità

Gli attori politici europei non sono rimasti indifferenti alla costruzione di una governance globale in materia di salvaguardia dell’ambiente e alla conseguente adozione, a livello normativo, del principio di sostenibilità. Per quanto riguarda il Consiglio d’Europa, ciò è avvenuto, da un lato, tramite l’approvazione di specifici strumenti38 e, dall’altro lato, grazie agli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo39. Soprattutto prendendo spunto dai c.d. obblighi sostanziali sanciti all’interno della CEDU, i Giudici di Strasburgo hanno fatto derivare l’esigenza di dar luogo ad una tutela dell’ambiente sulla base della protezione dei diritti cui gli stessi rivolgono la loro funzione di garanzia. Ed è proprio in questa prospettiva che la Corte ha configurato il diritto umano ad un ambiente salubre, ovvero la protezione di una situazione soggettiva che si riflette intrinsecamente alla tutela di altri diritti tutelati dalla CEDU, a dimostrazione di come il benessere ambientale costituisca un prerequisito degli altri diritti fondamentali40.

38 Si pensi, per esempio, alla Convenzione di Berna del 1981, la quale individua criteri di prevenzione per la flora e la fauna del continente europeo, tra l’altro istituendo un Comitato deputato al controllo circa il rispetto degli stessi; si ricordi la Convenzione n. 172 del 1988 che ha configurato una comune politica di repressione anche dei crimini perpetrati contro l’ambiente; e infine una menzione merita anche la Convenzione europea sul paesaggio del 2000, dove il concetto di paesaggio, anche alla luce dell’evoluzione registratasi in materia a livello internazionale, acquisisce un’accezione più ampia, che va oltre la sua componente visiva e corrisponde a qualsiasi spazio che si caratterizzi per la coesistenza di fattori umani e naturali.

39 Cfr. A. BULTRINI, Il meccanismo di protezione dei diritti fondamentali della Convenzione europea dei dritti dell’uomo. Cenni introduttivi, in B. NASCIMBENE, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Profili ed effetti nell’ordinamento italiano, Milano, 2002, p. 4-53; Cfr. DE SALVIA, M., Ambiente e Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Rivista internazionale dei diritti umani, 1997, 246-257; M. DE SALVIA, Tutela dell’ambiente e Convenzione europea dei diritti dell’uomo: verso una ecologia del diritto?, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo, 1989, 432-438.

40 Sul punto, è inevitabile che tra questi sia soprattutto il diritto alla vita, sancito dall’articolo 2, ad attirare l’attenzione dell’interprete. Tuttavia, nonostante appaia suggestiva l’idea di fondare la costruzione di un diritto all’ambiente salubre tramite questa disposizione, è opportuno evidenziare sin da subito come siano pochi i casi in cui la Corte ha fatto discendere dall’art. 2 le sue decisioni in materia. La estrema rilevanza del bene protetto – la vita, appunto – ha da sempre condotto i giudici di Strasburgo ad un controllo giurisdizionale particolarmente intenso, elemento che ha determinato un’interpretazione restrittiva del diritto in parola. È per questa ragione che la lesione di quest’ultimo è stata generalmente accertata solo quando un danno ambientale abbia effettivamente determinato la privazione della vita. Ne è un esempio la sentenza S. c. Repubblica Federale Tedesca, dove la Corte non ha condiviso la configurazione prospettata dal ricorrente, il quale sosteneva di essere stato leso nel suo diritto alla vita a causa della presenza nel Mare del Nord di rifiuti radioattivi. I Giudici, in questo caso, non hanno ritenuto essersi configurata una lesione dell’art. 2 in mancanza dell’accertamento, anche in assenza di dati scientifici attendibili, di un danno concreto alla vita dell’individuo, non potendosi quest’ultimo dimostrare in astratto in assenza di elementi idonei a verificare la sussistenza

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Anche l’Unione europea si è resa promotrice della sempre maggiore attenzione dedicata, a livello internazionale, alla salvaguardia dell’ambiente41, potendosi tracciare

di un fattore di pericolo. Argomentazione differente si legge nella sentenza Oneryildiz c. Turchia, dove i ricorrenti rimproveravano la negligenza del Governo rispetto ad una esplosione di gas verificatasi in una discarica di rifiuti. Più nello specifico, la questione sorgeva perché in quella medesima zona era stata consentita la costruzione di abitazioni senza rispettare norme igienico-sanitarie. La Corte ha ritenuto che in questo caso non vi fossero ragioni ostative al riconoscimento della violazione del diritto alla vita, quest’ultimo potendosi verificare anche dinanzi ad atti omissivi. Inoltre, nella sentenza si legge come il diritto alla vita possa, talvolta, interpretarsi nella sua dimensione più ampia, ovvero in funzione di un atto che conduca al deterioramento della generale qualità della vita, e ciò, nel caso di specie, soprattutto in funzione delle condizioni di degrado dell’abitazione (i giudici parlano di

“abitazione decente”). Uno scenario differente è quello che emerge nella vicenda Guerra c. Italia. In questo caso il ricorrente denunciava i rischi connessi all’inquinamento prodotto da uno stabilimento industriale della Enichem posizionato nei pressi di un centro abitato (la città di Manfredonia). Secondo quanto affermato dal decreto presidenziale di attuazione della direttiva “Seveso”, lo stabilimento rappresentava un pericolo per la comunità civile a causa della massiccia emissione di gas infiammabili.

Ebbene, la Corte ha riconosciuto la sua giurisdizione alla luce del combinato disposto degli artt. 2 e 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) CEDU. Più nello specifico, è interessante notare come, pur poggiando la sua decisione essenzialmente sull’art. 8 e soprattutto alla luce dei danni recati al domicilio del ricorrente, i giudici abbiano riconosciuto la lesione del diritto alla vita in assenza di un’attività informativa cui le autorità avrebbero dovuto dar luogo in merito ai rischi legati all’impatto ambientale generato dalla fabbrica. L’ultima sentenza menzionata introduce nella presente analisi lo studio dell’art. 8 CEDU. In realtà, è proprio ricorrendo al diritto al rispetto della vita privata e familiare che la Corte ha spesso configurato forme di salvaguardia dell’ambiente. Ciò dipende dalla formulazione dell’articolo in parola, la quale permette di individuare in maniera ampia sia gli atti potenzialmente lesivi del diritto sancito che le obbligazioni positive idonee ad integrarne la protezione. La vasta gamma di ipotesi cui i giudici di Strasburgo riconducono l’applicazione dell’art.

8, infatti, emerge in varie sentenze, soprattutto con riferimento al rispetto del domicilio, lì dove gli atti considerati dannosi corrispondono non solo a pregiudizi “fisici” in senso stretto ma anche di altra natura, come odori e rumori. In questa prospettiva, emerge quanto dichiarato nel caso López Ostra c.

Spagna. Dinanzi al ricorso della ricorrente, la quale sosteneva di aver patito un danno al suo diritto al domicilio a causa di una discarica di rifiuti ubicata nei pressi della sua abitazione, la Corte ha affermato che le condizioni ambientali non solo ledessero la sua salute ma anche il generale benessere della donna, tenuto conto del suo diritto a godere della vita familiare all’interno dello stesso domicilio.

Tuttavia, la giurisprudenza di Strasburgo ha anche evidenziato come non si possa ricorrere dinanzi alla Corte ogniqualvolta le condizioni del domicilio cambino in maniera imprevedibile. Nella vicenda Kyrtatos c. Grecia, per esempio, i ricorrenti hanno invocato il rispetto dell’art. 8 per contestare la costruzione di nuovi edifici nella zona attigua alle loro abitazioni, ritenendo che il processo di urbanizzazione avesse trasformato significativamente l’ambiente circostante rendendolo un’area turistica. In questo caso la Corte non ha accolto il ricorso sostenendo che la lesione può essere accertata solo dinanzi ad una violazione patita direttamente dal ricorrente e non in presenza di un generico danno ambientale. In questa direzione, la sentenza permette di rintracciare nuovamente l’approccio antropocentrico adottato nella configurazione del bene “ambiente” e non potrebbe essere così considerato che la Corte EDU dirige la sua funzione di garanzia alla tutela dei diritti umani della persona sanciti nella Convenzione, non essendo autonomamente attivabile la tutela dell’ambiente naturale. Cfr. A. MOWBRAY, Cases and materials on the European Convention on Human Rights, Oxford, 2007.

41Cfr. B.CARAVITA-L.CASSETTI, Unione Europea e ambiente, in B.CARAVITA-L.CASSETTI-A.

MORRONE (a cura di), Diritto dell’ambiente, cit., 83.

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una linea evolutiva che ha condotto il principio dello sviluppo sostenibile al centro delle politiche europee42.

Il Trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE), non conteneva alcun riferimento alla protezione dell’ambiente. D’altronde, in linea con le tendenze internazionali registratesi a partire dagli anni Settanta, il Primo Programma d’azione approvato nel 1973 ha affermato che lo sviluppo delle attività economiche (richiamato dall’art. 2 del Trattato quale uno dei principali compiti della CEE) non poteva più essere programmato in assenza di una lotta efficace all’inquinamento e senza il miglioramento delle generali condizioni ambientali.

Questa evoluzione verso la costruzione di politiche volte alla salvaguardia dell’ambiente è poi confluita nell’Atto unico europeo (AUE) del 1986, il quale ha formalmente integrato il Trattato di Roma nel senso di dichiarare espressamente gli obiettivi della Comunità in questo senso. Questi ultimi, insieme ai principi che avrebbero guidato la successiva attività delle Istituzioni, comprendevano la lotta all’inquinamento, la salvaguardia del paesaggio europeo43, la tutela della salute umana, tutto ciò da doversi integrare, chiaramente, con gli altri principi già stabiliti dai trattati istitutivi, in particolare quello di sussidiarietà. L’AUE, inoltre, affidava il potere decisionale in tema ambientale al Consiglio, il quale, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento e del Comitato economico e sociale, doveva deliberare all’unanimità circa l’azione da intraprendere.

È però con il Trattato di Maastricht che, parallelamente a quanto stabilito dalla comunità internazionale in occasione della Conferenza di Rio, si assiste ad una piena legittimazione della politica ambientale tra gli obiettivi della Comunità. Il testo revisionato del Trattato CE, all’art. 2, ha indicato quale obiettivo prioritario delle politiche comunitarie la delineazione di una crescita sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Proprio in tema di sviluppo sostenibile, d’altro canto, è con il Quinto programma comunitario del 1993 che la Comunità riconosce pienamente l’interdipendenza tra salvaguardia dell’ambiente e sviluppo economico, evoluzione accompagnata da una costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale da tempo riteneva la salvaguardia dell’ambiente un elemento essenziale delle politiche comunitarie.

42 P. DELL’ANNO, Principi del diritto ambientale europeo e nazionale, Milano, 2004, p. 75-76.

43 R. ARDOLINO, Pluralità di trattati internazionali e protezione del paesaggio, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2008, 1043-1054.

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Una maggiore integrazione di queste ultime con la politica ambientale si registra con il Trattato di Amsterdam del 1997, il quale ha apportato modifiche sostanziali anche rispetto ai processi decisionali in materia. Più nello specifico, da un lato il Trattato ha introdotto una maggiore partecipazione del Parlamento europeo in quanto istituzione di rappresentanza dei popoli europei e, dall’altro lato, ha previsto meccanismi di coordinamento con i singoli Stati membri qualora gli stessi si determinassero ad intervenire sul piano normativo in materie oggetto di provvedimenti di armonizzazione a livello europeo.

Particolare attenzione alla centralità delle politiche ambientali era prevista anche nella parte III del Trattato-Costituzione, del quale tuttavia, come è noto, venne interrotto il processo di ratifica in seguito all’esito negativo delle consultazioni referendarie tenutesi in Francia e Olanda44. Lo sviluppo sostenibile è stato però individuato quale obiettivo prioritario dell’Unione dall’art. 3 del Trattato sull’Unione europea, dove si formalizza l’impegno «per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su di un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente». Allo stesso modo, anche il Trattato sul funzionamento dimostra come lo sviluppo sostenibile sia stato ampiamente assorbito dalle dinamiche che caratterizzano le politiche dell’Unione. Si leggano, in particolare, gli articoli 11 e 191 del TFUE, dove si promuove l’integrazione tra fattori economici, sociali e produttivi e, appunto, l’instaurazione di un alto livello di protezione dell’ambiente. Anche l’art.

37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione consacra l’impegno di quest’ultima in merito alla salvaguardia ambientale e rispetto alla promozione di uno sviluppo economico sostenibile. La disposizione, tuttavia, non dichiara un diritto autonomamente azionabile bensì un principio-obiettivo che si rivolge, essenzialmente, agli organi legislativi dell’Unione e degli Stati membri45.

Ed è anche in funzione di questo principio-obiettivo che agli inizi del 2020 la Commissione europea ha dato un significativo impulso allo sviluppo della politica ambientale dell’Unione tramite l’approvazione del c.d. Green New Deal. Si tratta di un progetto ambizioso volto a determinare una conversione “verde” dell’economia del

44 Cfr. G. CÁMARA VILLAR, Los Derechos Fundamentales en el proceso histórico de construcción de la Unión Europea y su valor en el Tratado Constitucional, en ReDCE, núm. 4, 2005, en http://www.ugr.es/~redce/; in generale, cfr. anche P.BILANCIA-F.G.PIZZETTI, Testi e progetti del sistema costituzionale italiano ed europeo, Torino, 2019.

45 Cfr. J. H. JANS-H. H. B. VEDDER, European Environmental Law, Groningen, 2008.

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vecchio continente. Sono molteplici, in realtà, gli ambiti menzionati dall’accordo in cui l’Unione si propone di intervenire al fine di promuovere un’economia sostenibile:

i processi produttivi; la mobilità dei cittadini e l’implementazione dei servizi pubblici in questo senso; il ricorso alle energie rinnovabili; la preservazione degli ecosistemi e della biodiversità; la promozione di un sistema alimentare eco-friendly. La principale ambizione del Patto verde, tuttavia, è quella di raggiungere la c.d. climate neutrality entro il 2050. È proprio in tema di cambiamenti climatici, infatti, che la presidenza von der Leyen si è proposta di affrontare la sfida più complessa individuando un primo obiettivo di breve scadenza, ovvero quello di registrare una riduzione nella emissione di gas del 50% entro il 203046.

3.1. (segue) Il popolo europeo, una comunità “atemporale”: in particolare, il valore interpretativo del Preambolo della Carta di Nizza e il divieto dell’abuso di diritto

I Trattati dell’UE, in realtà, offrono più elementi utili a riflettere sulla dimensione giuridica della tutela delle generazioni future. Oltre alla declinazione in materia ambientale e alla sua traduzione nel principio di sostenibilità, infatti, la tensione al futuro delle politiche europee si registra anche in disposizioni di portata, per così dire, generale, le quali aiutano a riflettere sulla possibilità di intendere la comunità cui i Trattati riferiscono la loro efficacia composta anche dalle generazioni future47.

In questo senso, si legga l’art. 3 TUE, dove, nella sfera della solidarietà tra i popoli, dopo aver sancito l’impegno nella promozione della pace, la «solidarietà tra le generazioni» è individuata quale causa per cui l’Unione si prefigge di «combattere». Il significato di questo impegno, in realtà, sembra esprimersi in un’altra disposizione, che per questo motivo si presenta complementare, contenuta nel Preambolo della Carta di Nizza48. Ci si riferisce, in particolare, al paragrafo in cui si legge che il

46 Cfr. S. CAVALIERE, Il progetto Green New Deal e gli incentivi verdi: è tutto oro quello che luccica?, in Diritto Pubblico Europeo Rassegna online, 1/2020.

47 In generale, cfr. E. BROWN WEISS, In fairness to future generations: international law, common patrimony and intergenerational equity, The United Nations University, Tokyo, 1989; E. Brown WEISS -D.B. MAGRAW-P. C. SZASZ, International Environmental Law: Basic Instruments and References, Leida, 1992;

E. BROWN WEISS, Intergenerational equity, in Max Planck Encyclopedia of Public International Law, 2013.

48 Cfr. A. BARBERA, La Carta europea dei diritti: una fonte di ri-cognizione?, in Il diritto dell’Unione europea, 2001, 241-259.

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godimento dei diritti sanciti all’interno della Carta «fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti della comunità umana e delle generazioni future».

Ebbene, se da un lato una disposizione dai confini tanto ampi sembra destinata ad assumere le vesti di una mera dichiarazione di principio, dall’altro lato si rinvengono elementi sufficienti a considerarla dotata di una propria forza applicativa e dunque riconducibile ad un’autonoma dimensione di giustiziabilità. A fare da contorno alle due soluzioni alternative circa la natura della disposizione in oggetto, vi è la riflessione relativa alla collocazione che a quest’ultima viene concessa all’interno della Carta. Al fine di intendere quale sia la portata applicativa della “cura”

dell’avvenire a cui la stessa fa riferimento, pertanto, bisogna chiedersi quale sia il

“significato” giuridico da attribuire al Preambolo, ovvero, detto altrimenti, quale sia la funzione che lo stesso, nell’ambito di un’architettura più ampia, è chiamato ad adempiere.

Sul punto, è stato tradizionalmente osservato come dai preamboli degli accordi internazionali non discendano effetti vincolanti per le parti. È opinione condivisa, infatti, quella in base alla quale il preambolo sia espressione della «narratio», e non della

«dispositio», di un trattato, e quindi non sia idoneo, di per sé, a dare vita a vere e proprie obbligazioni giuridiche.

Tuttavia, i preamboli assolvono ad altre funzioni che, nell’ambito delle più ampie dinamiche che contraddistinguono l’applicazione di un trattato, sono destinate comunque a produrre effetti vincolanti, non (o almeno non direttamente) in capo alle parti, bensì in capo all’interprete49. Quest’ultimo è tenuto, infatti, a tener conto anche di quelle dichiarazioni di carattere generale che, definendo le intenzioni e gli scopi prefissati dalle parti al momento di stipulare un trattato, non potrebbero non contribuire alla individuazione degli specifici significati da attribuire alle disposizioni che si è chiamati ad applicare. Proprio in questa prospettiva, è ampiamente condiviso che i preamboli svolgano un ruolo centrale nell’interpretazione degli accordi

49 Cfr. C.VARGA, The Preamble: a Question of Jurisprudence, in Acta Juridica Academiae Scientiarum Hungaricae, n. 13, 1971, 101-128.

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internazionali, funzione espressamente riconosciuta, tra l’altro, dalla Convenzione di Vienna del 196950 sul diritto dei trattati nell’ambito del c.d. criterio sistematico51.

D’altra parte, non potrebbe essere diversamente. L’interpretazione di un testo giuridico, e nello specifico ci si riferisce alla Carta di Nizza, non può realizzarsi a

“compartimenti stagni”, in quanto una lettura armonica è richiesta dalla stessa opera di “cristallizzazione” di un complesso di principi e diritti, tanto da obbligare a tener conto, al momento della loro concreta applicazione, del complessivo disposto52. Ciò sembra dimostrato, d’accordo con i termini cui ricorre l’art. 3 TUE, dai “significati”

del principio di solidarietà, laddove la tecnica del bilanciamento (che da quel principio discende), conducendo alla prevalenza di un diritto o interesse rispetto all’esercizio di altra situazione giuridica “concorrente”, risulta una conseguenza dell’“armonia” che deve caratterizzare l’interpretazione della Carta. Anche il Preambolo, quindi, contribuisce al disegno di questa armonia e le sue disposizioni non possono escludersi, almeno sul piano strettamente interpretativo, dal novero dei principi che ordinano la convivenza (anche “a-temporale”) all’interno della comunità cui la Carta dirige le sue garanzie53.

Per questi motivi, quindi, l’impegno a garantire un futuro di pace e di democrazia, ispirato alla sostenibilità e al rispetto di “tutti”, a prescindere, cioè, dalla rispettiva collocazione geografica («comunità umana») o temporale («generazioni future»), non corrisponde ad un corpo estraneo rispetto a quanto sancito nell’articolato; al contrario, quanto dichiarato nel Preambolo fornisce una chiave interpretativa, e cioè dei valori e dei principi che sono chiamati a dirigere l’interpretazione della Carta, ispirarne l’attuazione e, dunque, condizionare (nel senso di “responsabilizzare”) il godimento dei diritti che ne discende.

50 Si rinvia, in particolare, all’art. 31 della Convenzione. Sul punto si rinvia a M.M.MBENGUE, Preamble, in Max Planck Encyclopedia of Public International Law, 2006, dove si afferma che «it is widely accepted that a preamble has a very important role in the interpretation of treaties (…). For instance, the motives and aims mentioned in a preamble can be used to help to understand and interpret the provisions contained in the operative part of a treaty (…). The interpretative function of a preamble is also recognized in the Vienna Convention on the Law of Treaties (1969) (‘VCLT’) which notes that, along with the text and other components of a treaty, the preamble may be relied upon for interpretative purposes».

51 Sul punto, si rinvia a F.M.PALOMBINO, Introduzione al diritto internazionale, Bari-Roma, Laterza, 2019, 98.

52 In generale, cfr. P.HÄBERLE, Präambeln im Text und Kontext von Verfassungen, in J.LISTL-H.

SCHAMBECK (a cura di), Demokratie in Anfechtung und Bewahrung: Festschrift fur Johannes Broermann, Berlin, 1982, 211-249.

53 In materia, cfr. J.TAJADURA TEJADA, Funzioni e valore dei preamboli costituzionali, in Quaderni

53 In materia, cfr. J.TAJADURA TEJADA, Funzioni e valore dei preamboli costituzionali, in Quaderni

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