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Il principio di sostenibilità nella Costituzione italiana: i termini di una questione antica

L’equilibrio di bilancio quale “scudo” dello Stato sociale: una prospettiva di equità generazionale

1. Il principio di sostenibilità nella Costituzione italiana: i termini di una questione antica

successive al Fiscal compact. – 2.1. (segue) Il pareggio di bilancio nell’esperienza tedesca.

– 2.2. (segue) Il principio dell’estabilidad presupuestaria nell’art. 135 della Costituzione spagnola. – 3. Il governo dei conti pubblici nella Costituzione italiana del ’48 e la revisione costituzionale del 2012. – 3.1. (segue) La “tensione” tra le generazioni presenti e quelle future: in particolare, la sostenibilità del debito e l’aumento del deficit dinanzi alle emergenze. – 4. I principi di equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito quali parametro di costituzionalità e il ruolo della Corte dei conti. – 5. L’equilibrio di bilancio e le generazioni future nella giurisprudenza della Corte costituzionale: dalla previdenza sociale ai piani di riequilibrio. – 5.1. (segue) La tutela delle generazioni future nella sentenza n. 18 del 2019.

1. Il principio di sostenibilità nella Costituzione italiana: i termini di una questione antica

Al tempo della Convenzione di Filadelfia, Thomas Jefferson si chiedeva «se un padre avesse il diritto naturale di seppellire i figli sotto una montagna di debiti e, in termini più strettamente politici, se una generazione potesse giustificare il fatto di contrarre ingenti debiti prevedendo di farli pagare alle generazioni successive»1. Sul punto, James Madison sosteneva che, in realtà, «gli obblighi finanziari possono essere trasmessi da una generazione all’altra per il fatto che alcuni obiettivi nazionali

1 «T. Jefferson si chiedeva se un padre avesse il diritto naturale di seppellire i figli sotto una montagna di debiti e, in termini più strettamente politici, se una generazione potesse giustificare il fatto di contrarre ingenti debiti prevedendo di farli pagare alle generazioni successive. Se Jefferson rispondeva che i successori sono “per natura esenti dai debiti dei loro predecessori”, J. Madison, all’opposto, riteneva che gli obblighi finanziari possono essere trasmessi da una generazione all’altra per il fatto che alcuni obiettivi nazionali fondamentali possono essere raggiunti solo sulla base di una divisione intertemporale del lavoro». Cit. R. BIFULCO, Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell’Unione. A proposito della riforma costituzionale sull’equilibrio di bilancio, in Rivista Aic, 2/2012, p. 1.

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fondamentali possono essere raggiunti solo sulla base di una divisione intertemporale del lavoro»2.

Ebbene, le riflessioni dei due intellettuali americani, nonostante vadano naturalmente collocate in un contesto lontano da quello contemporaneo, sembrano riassumere perfettamente, quantomeno nei loro accenti problematici, l’oggetto delle pagine che seguono. Anche a dimostrazione, tra l’altro, di come le questioni attinenti alla produzione del debito, nonché la specifica prospettiva che qui rileva, abbiano da sempre occupato uno spazio nella riflessione costituzionalistica, oltre che nei testi delle costituzioni moderne. E non potrebbe essere altrimenti, essendo evidente, alla luce dello stretto rapporto che lega le decisioni di spesa alla tutela dei diritti, come l’aspetto economico delle politiche dello Stato (oltre che degli altri enti) costituisca un importante parametro tramite il quale verificare in che modo la generazione attuale possa incidere su quelle future, in termini sia positivi che negativi3; nello specifico, accanto a scelte virtuose, idonee a riflettere effetti benefici sui decenni successivi, possono collocarsi decisioni che, al contrario, circoscrivendo in un periodo di tempo limitato i vantaggi prodotti, ne trasferiscono le conseguenze negative su di un arco temporale più lungo4.

È per questa ragione che le decisioni di spesa costituiscono un ulteriore ambito in cui il decisore pubblico, oltre a potersi dimostrare «miope»5 rispetto alle esigenze

2 Cit. R. BIFULCO, Jefferson, Madison e il momento costituzionale dell’Unione. A proposito della riforma costituzionale sull’equilibrio di bilancio, in Rivista Aic, 2/2012, p. 1.

3 Si veda, in particolare, J. RAWLS, Una teoria, cit., 241 ss., dove, indagando su di un programma di «giusto risparmio», si evidenzia come la giustizia generazionale rintracci la sua origine proprio nelle questioni legate alla redistribuzione del reddito. L’Autore sottolinea come «ciascuna generazione deve non soltanto conservare le acquisizioni di cultura e civiltà, e mantenere intatte le istituzioni giuste già esistenti, ma deve anche accantonare, in ciascun periodo di tempo, un ammontare opportuno di capitale reale. Questo risparmio può assumere varie forme, dall’investimento netto in macchinari e altri mezzi di produzione, all’investimento nell’apprendimento e nell’educazione.

Assumendo per il momento un principio di giusto risparmio che ci dice quale dovrebbe essere l’entità dell’investimento, il livello del minimo sociale risulta determinato. Supponiamo per semplicità che il minimo sia regolato dai trasferimenti pagati per mezzo dell’imposta proporzionale sui consumi (o sul reddito). In questo caso, un aumento del minimo implica un aumento della proporzione in cui viene tassato il consumo (o il reddito). Probabilmente, nella crescita di questa percentuale, si raggiunge un punto oltre il quale accade una di queste due cose. O non è possibile fare i risparmi adeguati, o le maggiori tasse interferiscono a tal punto con l’efficienza economica che le prospettive dei meno avvantaggiati della presente generazione non vengono più migliorate, ma iniziano a diminuire. In entrambi i casi il minimo corretto è stato raggiunto. Il principio di differenza è rispettato, e non è più necessario alcun aumento. Queste osservazioni sul modo di specificare il minimo sociale si conducono al problema della giustizia tra le generazioni».

4 M. LUCIANI, Generazioni future, distribuzione temporale della spesa pubblica e vincoli costituzionali, in R. BIFULCO-A. D’ALOIA (a cura di), Un diritto, cit., p. 423-441.

5 Cfr. R. BIFULCO, Diritto, cit., pp. 184-185.

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delle generazioni future, talvolta rischi anche di recare danno alle stesse. Appare evidente, infatti, come i fondamenti dello Stato sociale, e più nello specifico quelle prestazioni essenziali che lo stesso è chiamato a garantire6, possano essere compromessi da manovre finanziarie squilibrate, dato che un ricorso eccessivo alle risorse finanziarie disponibili nel tempo presente, qualora generi un disavanzo nelle casse dello Stato e, di conseguenza, determini un aumento del debito pubblico, può compromettere le opportunità di crescita dei tempi avvenire7.

È proprio ragionando in questi termini che la “questione generazionale”

sembra aver occupato un suo specifico spazio nelle Costituzioni europee e, in particolare, in quella italiana. Sul punto, per quanto, in termini generali, si rinvengano indicazioni importanti in questo senso anche prima delle riforme attuate sulla scorta del processo di integrazione8, è sulla base di quest’ultimo che una testuale e specifica

6 Sulla configurazione dei diritti sociali quali diritti a prestazione, cfr. A. NAPOLITANO, Economia sociale di mercato e tutela dei diritti: servizi essenziali e forme di gestione, Torino, 2019, pp. 65 ss..

7 Cfr. M. LUCIANI, Generazioni, cit., p. 423-441.

8 Già prima del Trattato del 2012, tra le prime Costituzioni europee ad aver previsto meccanismi utili a prevenire ed annullare i rischi legati a politiche finanziarie squilibrate vi sono quella Polacca e quella Ungherese. All’interno delle rispettive «Costituzioni finanziarie», infatti, la Polonia e l’Ungheria prevedono principi volti a limitare la possibilità dello Stato di ricorrere all’indebitamento per finanziare la spesa pubblica. Nei rispettivi dettati costituzionali si rinvengono degli strumenti di programmazione delle decisioni di spesa sulla base delle previsioni di medio e lungo periodo che anticipano, in un certo senso, le revisioni costituzionali poi attuate nei paesi dell’Europa occidentale.

Per quanto riguarda la Polonia, tali vincoli finanziari sono previsti dal Titolo X della Legge fondamentale del 1997, il cui art. 216, co. 5, stabilisce che «non è ammessa la contrazione di prestiti né l’attribuzione di garanzie e avalli finanziari in conseguenza dei quali il debito pubblico statale superi i tre quinti del valore del prodotto interno lordo annuale». I limiti all’indebitamento, tuttavia, sono stati ulteriormente marcati nel 2009, anno in cui il legislatore ha previsto dei meccanismi di “allerta”

nel caso di mero avvicinamento del debito al 60% del PIL. Più nello specifico, sono previste tre soglie – al 50%, al 55% ed infine al 60% – al raggiungersi delle quali il Governo è tenuto ad adottare leggi di bilancio che correggano il disavanzo e, in ultimo, consentano il definitivo pareggio. Dello stesso tenore è l’art. 37 della Costituzione ungherese, il quale recita che «durante l’attuazione della legge Finanziaria, con le eccezioni stabilite nel comma 6 dell’art. 36, non possono essere chiesti prestiti e non possono essere assunti obblighi finanziari che possano causare il superamento della metà del prodotto interno lordo da parte del debito pubblico». A ben vedere, però, la Legge fondamentale ungherese offre, sul punto, un ulteriore e rilevante profilo di riflessione. Questo è direttamente collegato al modello di sindacato di legittimità costituzionale adottato dall’art. 24, il quale, prevedendo che la Corte costituzionale «esamina le leggi approvate ma non pubblicate dal punto di vista della compatibilità con la Legge fondamentale», si colloca tra quelli di tipo “preventivo”. Sulla scorta di quest’ultimo, l’art. 37, co. 4, dispone che la Corte costituzionale «può supervisionare l’armonia delle leggi di attuazione della legge finanziaria, sulle tasse centrali, sulle imposte, sui contributi, sulle imposte doganali, sulle condizioni centrali delle tasse locali, esclusivamente in rapporto al diritto alla vita e alla dignità umana, al diritto alla protezione dei dati personali, al diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione oppure in relazione ai diritti relativi alla cittadinanza ungherese e, in caso di violazione, le leggi supervisionate possono essere annullate». La norma, invero, prevede espressamente – e nel panorama europeo è l’unica disposizione costituzionale a farlo – che i limiti all’indebitamento pubblico non possano determinare una riduzione della sfera di garanzia

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declinazione del principio di sostenibilità è stata chiamata a comporre l’architettura della Carta repubblicana. Come è noto, ciò è avvenuto tramite il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria (il c.d. Fiscal compact), il quale ha dato inizio ad una “stagione” di revisioni costituzionali all’interno dei singoli Stati membri dell’UE e, nel caso italiano, ha condotto all’approvazione della legge costituzionale n. 1 del 2012, la quale ha introdotto, agli artt. 81 e 97 Cost., i principi dell’equilibrio di bilancio e, appunto, della sostenibilità del debito pubblico.

È proprio sulla base della revisione costituzionale del 2012 che nei seguenti paragrafi si rifletterà sul principio di equità generazionale adottando l’ulteriore prospettiva che discende dallo studio delle dinamiche che contraddistinguono l’adozione di decisioni di spesa da parte dello Stato (e degli altri enti) avendo riguardo al caso in cui ciò conduca alla contrazione di un debito, il quale è, per sua stessa natura, destinato a trasferirsi nei tempi futuri. Per far ciò, naturalmente, ci si muoverà lungo le evoluzioni registratesi nell’interpretazione degli articoli modificati in sede di revisione costituzionale nel 2012, ovvero alla luce di quanto affermato da parte della giurisprudenza costituzionale. Infatti, una volta accertata la giustiziabilità del vincolo di bilancio in sede di legittimità, proprio la Consulta ha rintracciato nel principio dell’equilibrio un modello di tutela rivolto anche (e forse soprattutto) alle generazioni future.

2. La crisi finanziaria del 2008 e le revisioni costituzionali successive al Fiscal

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