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tempo, diritto e principio di equità generazionale

3. Perché (allora) preoccuparsi delle generazioni future?

La risposta al “perché” preoccuparsi delle generazioni future risiede in queste riflessioni sul rapporto tra tempo e diritto, o meglio, sulla dimensione del diritto nel tempo. Dal constatare che tale dimensione corrisponda con il futuro (perché è al futuro che la produzione del diritto si rivolge ed è nel futuro che il diritto normalmente opera), infatti, non può che farsi discendere un obbligo di tener conto di, e dunque

28 Cit. R. BIN-G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, 2020, p. 343.

29 Cfr. G.MIELE, Profilo della consuetudine nel sistema delle fonti del diritto interno, in Stato e diritto, 1943.

30 Cfr. V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., 180.

31 Cfr. N.BOBBIO, La consuetudine come fatto normativo, Torino, 2010.

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tutelare, anche coloro che ancora non esistono al momento di adottare decisioni pubbliche32. E tale obbligo, pertanto, assume i connotati di un principio non solo morale, ma anche giuridico33.

Per quanto la riflessione sulla configurabilità dei «diritti di domani»34 (su cui ci si soffermerà in seguito) continui a caratterizzarsi per evidenti elementi di criticità, non c’è dubbio che la norma, operando appunto nel futuro, già incida (positivamente o negativamente) sui diritti e gli interessi delle generazioni future35. Di conseguenza, il problema della titolarità di queste situazioni soggettive in capo a chi ancora non esiste sembra venir meno nel momento in cui si ragiona dalla prospettiva dei meccanismi che governano il sistema delle fonti in relazione al tempo. Anzi, si potrebbe affermare che la necessità di configurare in termini giuridici la situazione soggettiva degli individui che comporranno le future generazioni sia proprio una conseguenza di ciò, considerato che i loro diritti e i loro interessi acquisiscono rilevanza giuridica nel momento in cui sono già destinatari delle (e dunque “soggetti”

alle) leggi del presente.

Rispondendo al “perché”, inoltre, sembra darsi una parziale risposta anche al

“come” tutelare il futuro. Ciò vale, infatti, perlomeno per quanto riguarda lo strumento, sempre considerando che il diritto, per sua stessa natura, già opera nel futuro. Questione distinta, tuttavia, è comprendere come il diritto possa operare per il futuro, ovvero, partendo dal presupposto che la norma giuridica si rivolge all’avvenire, ci si domanda come orientare la produzione giuridica in modo tale che, pur trovando la sua origine nel tempo presente, possa generare benefici anche a vantaggio delle generazioni future.

32 Infra si avrà modo di evidenziare come questa considerazione corrisponda ad orientamenti espressi dalla giurisprudenza costituzionale.

33 Cfr. F.OST, Le temps du droit, cit., 45 ss.

34 Così C. PINELLI, Diritti costituzionali condizionati, argomento delle risorse disponibili, principio di equilibrio finanziario, in A. RUGGERI (a cura di), La motivazione delle decisioni della Corte costituzionale, Torino, 1994, p. 551.

35 Nel corso della trattazione si avrà modo di riflettere sulla possibilità di considerare le generazioni future titolari di diritti. Ciononostante, vuole sottolinearsi sin da subito come la questione che qui rileva prescinda dall’esistenza attuale di situazioni soggettive ma vuole esclusivamente affermarsi come la norma giuridica, per sua stessa natura, si presenti idonea ad incidere sui diritti di chi ancora non esiste, e quindi al di là del fatto che possano definirsi già propriamente diritti.

34 4. Il tempo nel diritto

La questione appena posta sembra invertire i termini della riflessione circa il rapporto tra diritto e tempo. Infatti, se fino ad ora si è ragionato sulla dimensione del diritto nel tempo, adesso ci si vuole interrogare su quale sia la dimensione del tempo nel diritto, ovvero in che modo il tempo (e nello specifico il futuro) possa considerarsi un “contenuto” del diritto.

Anche in questa prospettiva, in realtà, non mancano esempi utili a dimostrare come il tempo (e quindi la sua dimensione futura) vanti una stretta connessione con le dinamiche dell’ordinamento giuridico. Più nello specifico, tenendo conto dell’intenzione della presente indagine, rileva come il far discendere l’acquisizione della titolarità di un diritto dallo “scorrere del tempo” si presenti come un’ipotesi praticabile, in quanto il “decorso” del tempo può incidere sulla conservazione, modificazione o acquisizione di un diritto, così come sulla decadenza di una pretesa o sulla validità di una norma. Tale considerazione può dimostrarsi alla luce di elementi che discendono da tutte le branche dell’ordinamento.

Nell’ambito del diritto costituzionale36, per esempio, si pensi ai sessanta giorni previsti dalla Costituzione italiana per la conversione di un decreto legge, oppure al

“semestre bianco”, in cui l’elemento temporale è assunto quale limite al potere del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere37. In diritto penale, invece, la connessione con il fattore cronologico si rinviene nella prescrizione e nel venir meno dell’interesse pubblico rispetto alla commissione di un reato38, così come, in diritto amministrativo, nel c.d. silenzio-assenso, l’effetto che consegue alla mancata risposta di una pubblica amministrazione rispetto alla richiesta di un privato in un determinato lasso temporale39.

36 Non può che rinviarsi ancora, in generale, a T. MARTINES, Prime osservazioni sul tempo nel diritto costituzionale, cit. Cfr. anche L.CUOCOLO, Tempo e potere nel diritto costituzionale, Milano, 2009.

37 Sui temi in oggetto si rinvia, in generale, alla manualistica di Diritto costituzionale.

38 Cfr. F. MENCARELLI, Tempo e processo. Profili sistematici, in Giust. pen., 1975, c. 1-4; cfr. S.

SILVANI, Lineamenti per una storia della prescrizione, in Materiali per una storia del pensiero giuridico, 2003, p.

429; cfr. ID., Il giudizio del tempo. Uno studio sulla prescrizione del reato, Bologna, 2009, p. 13.

39 Cfr. F.DE LEONARDIS, Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni critiche sull’art.

17bis introdotto dalla cd. riforma Madia, in federalismi.it, n. 20/2015; cfr. S. AMOROSINO, La Valutazione Ambientale Strategica dei piani territoriali ed urbanistici e il silenzio assenso di cui al nuovo art. 17 bis L. n.

241/1990, in Urb. app., n. 12/2015, pp. 1245 ss.; cfr. G. CORSO, La riorganizzazione della P.A. nella legge Madia: a survay, in federalismi.it, n. 20/2015; cfr. F. SCALIA, Il silenzio assenso nelle c.d. materie sensibili alla luce della riforma Madia, in Urb. app., 1, 2016, pp. 11 ss.; cfr. E. SCOTTI, Silenzio assenso tra amministrazioni, in A. ROMANO (a cura di), L’azione amministrativa, Torino, 2016, pp. 566 ss..

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È tuttavia soprattutto il diritto privato a dimostrare, oltre che una generica connessione con il dato temporale, anche una propensione alla regolazione di eventi futuri così come alla salvaguardia dei diritti e/o interessi di chi “verrà dopo” 40; ciò soprattutto in materia di successione testamentaria41, istituto che evidenzia come l’ordinamento giuridico già conosca (anzi, riconosca) forme di tutela delle generazioni future nell’ambito delle dinamiche che caratterizzano la famiglia, la più antica formazione sociale tutelata dalla Costituzione repubblicana42.

Ed è proprio in questa prospettiva che ci si interroga circa la possibilità di far assurgere a livello generale quello che nei rapporti privati già opera quale vero e proprio principio: nella comunità, così come nella famiglia, adottare (o più semplicemente accettare) meccanismi di tutela del futuro inteso non come “spazio”

estraneo, ma come naturale “continuazione” di sé43.

40 L’usucapione, per esempio, descrive la proiezione nel futuro di un comportamento, ovvero ha la funzione di prevedere una conseguenza giuridica ad un fatto ripetuto nel tempo, costituendo, così, un diritto di proprietà.

41 Il testamento, infatti, è l’atto tramite cui un soggetto – il de cuius – dispone per il futuro, stabilendo, per esempio, chi acquisterà la proprietà di un dato bene, proiettando nel presente la costituzione di un diritto che avverrà in un tempo “incerto” e più o meno lontano al verificarsi di un determinato evento – la morte. Nel diritto testamentario, fra l’altro, gli eredi necessari sono tali anche qualora non siano stati indicati dal de cuius nel suo testamento o – e ciò sembra avvalorare maggiormente l’esempio proposto – qualora non siano ancora nati al momento della compilazione dell’atto testamentario. Per tutti, v. C. M. BIANCA, Le successioni, in Diritto civile, vol. 2, Milano, 2005.

42 Già Tocqueville rilevava come le norme in materia successoria detenessero una estrema centralità nel dibattito giuridico e sociologico. L’A. affermava, infatti, di stupirsi per come «i pubblicisti antichi e moderni non abbiano attribuito alle leggi sulle successioni una maggiore influenza sull’andamento delle vicende umane. È pur vero che queste leggi appartengono al diritto civile;

tuttavia esse dovrebbero essere collocate in testa a tutte le istituzioni politiche, poiché influiscono incredibilmente sull’assetto dei popoli, di cui le leggi politiche sono espressione. Esse operano inoltre in modo sicuro e uniforme sulla società, agendo sulle generazioni ancora prima della loro nascita.

Tramite loro l’uomo è armato di un potere quasi divino sull’avvenire dei suoi simili. Il legislatore regola una volta per tutte la successione dei cittadini; poi riposa per secoli: impartito il movimento alla sua opera, egli può ritrarne la mano; la macchina agisce con le proprie forze e si dirige autonomamente verso un fine stabilito in precedenza. Costituita in un certo modo, essa riunisce, concentra, raggruppa intorno ad alcune teste la proprietà e, poco dopo, il potere; in qualche maniera essa fa scaturire l’aristocrazia dalla terra», cit. A. De TOCQUEVILLE, La démocratie, cit., p. 55.

43 In merito all’analisi della dicotomia che si configura tra diritto pubblico e diritto privato – nei termini di «norme di condotta» e «norme di organizzazione» – si veda, anche per la bibliografia ivi contenuta, S. STAIANO, La rappresentanza, in Rivista AIC, n. 3/2017. Su questo tema, si rinvia anche a H. KELSEN, Lineamenti, cit., 132.

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5. Il principio di equità generazionale: nozione e suoi ambiti di applicazione

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