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La riserva di legge come meccanismo di “adattamento” della Carta costituzionale allo scorrere del tempo

L’equità generazionale nella Costituzione italiana

3. Il carattere rigido della Carta costituzionale: un limite al futuro?

3.2. La riserva di legge come meccanismo di “adattamento” della Carta costituzionale allo scorrere del tempo

Elementi utili ad affermare la dinamicità della Legge fondamentale e la sua tensione all’avvenire possono misurarsi anche tenendo conto della prima parte della Carta. Tra questi sembra possibile includere, per esempio, la riserva di legge nella misura in cui si traduce in un meccanismo idoneo a garantire il successivo

“adattamento” di specifiche materie sulla base dello scorrere del tempo33. Come è noto, infatti, la riserva è lo strumento tramite il quale la Carta attribuisce specifiche materie alla esclusiva regolazione della fonte legislativa o di atti ad essa equiparati.

Avendo riguardo alle regole che governano il sistema delle fonti, tra l’altro, quello

32 C. PINELLI, Diritti costituzionali condizionati, argomento delle risorse disponibili, principio di equilibrio finanziario, cit., 551.

33 In linea del tutto generica, si rinvia alla manualistica di diritto costituzionale.

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della riserva è stato normalmente considerato uno strumento diretto a sottrarre alla discrezionalità amministrativa la disciplina di materie per cui la Costituzione ritiene più idonea una regolazione dettata dalla legge.

D’altronde, che ci si riferisca a quest’ultima nel suo senso formale o sostanziale, non può che sottolinearsi come le ragioni poste alla base della riserva si fondino anche sul c.d. «concetto politico» della legge, da intendersi, cioè, quale manifestazione di volontà della rappresentanza34. Detto in altri termini, la “preferenza” della Carta per la legge dinanzi alla regolazione di specifiche materie si traduce in una garanzia della sovranità popolare proprio in funzione dell’organo deputato ad adottare la fonte in oggetto35.

Pertanto, pur richiamando la fonte di competenza o comunque il rango della fonte destinata a regolare una data materia, lo strumento della riserva si rivolge anche all’organo che pone in essere o contribuisce a dar vita a tale fonte36, e cioè il Parlamento, la cui volontà si presume corrispondere a quella del corpo elettorale, ovvero espressa nell’adempimento di un interesse generale. In altri termini, individuando la legge e quindi il Parlamento quali destinatari della riserva, la Costituzione garantisce che, in determinate materie, le decisioni siano assunte nel rispetto del processo democratico e così rispondano alla logica della rappresentanza37.

In questo senso, la riserva di legge è una formula destinata ad assolvere una funzione di garanzia che si rivolge a molteplici aspetti dell’assetto repubblicano38. È stato affermato, per esempio, come la riserva assuma talvolta un aspetto

“organizzativo” e finisca così per garantire la tenuta stessa del sistema delle fonti, come nel caso della riserva di legge costituzionale, che sostanzialmente mira a conservare la rigidità della Carta. Nello stesso senso, inoltre, l’ordinamento assicura la sua “tenuta” anche tramite le riserve di statuto o di legge regionale, essenzialmente

34 Cfr. V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, L’ordinamento costituzionale italiano (Le fonti normative), Padova, Cedam, 1993, 64.

35 Cfr. M. FIORAVANTI, Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno, Bologna, 2004.

36 Ci si riferisce all’adozione degli atti aventi forza di legge, per la cui adozione, pur essendo affidata al potere esecutivo, la Costituzione richiede sempre il “passaggio” per le Camere, in sede di delega o di conversione.

37 Cfr. G.PICCIRILLI, La “riserva di legge”. Evoluzioni costituzionali, influenze sovrastatali, Torino, 2019.

38 Per uno studio approfondito, cfr. I.PELLIZZONE, Profli costituzionali della riserva di legge in materia penale, Milano, 2016.

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volte a garantire il potere legislativo e le rispettive competenze delle autonomie locali39.

In questa sede, però, è un’altra la garanzia legata alla riserva di legge su cui ci si vuole concentrare, ovvero quella attinente ai diritti di libertà. La prima parte della Costituzione, infatti, è quasi interamente costruita all’insegna della riserva di legge, laddove quest’ultima fa sempre seguito al riconoscimento di un diritto, talvolta accompagnata anche da riserva di giurisdizione. E si badi bene come alla legge sia riservata la disciplina dell’aspetto più “sensibile” dei diritti sanciti, ovvero i loro limiti40.

Questa scelta del Costituente risponde evidentemente a varie esigenze. Per quanto sia condivisa l’opinione in base alla quale nessun diritto, seppure fondamentale, possa considerarsi “assoluto” nella sua titolarità, “costringere” i suoi limiti nelle forme della rigidità costituzionale avrebbe significato sottrarlo al gioco del bilanciamento e ciò soprattutto dinanzi a quegli interessi generali che solo il legislatore, rivolgendo la sua opera proprio alla cura degli stessi, può definire.

Ci si domanda, allora, perché la riserva di legge svolga una funzione riconducibile alla dimensione del futuro nell’ambito del disposto costituzionale.

Ebbene, ciò risiede proprio nella scelta del Costituente di non cristallizzare i limiti ai diritti fondamentali. Se da un lato il riconoscimento e la tutela di questi ultimi vengono custoditi tramite i criteri della rigidità, dall’altro lato i limiti a quegli stessi diritti sono riservati alle scelte della rappresentanza politica e così, indirettamente, di coloro che la eleggeranno. Il contenuto del “limite”, in altre parole, sarà espressione dell’interesse generale che emana da un determinato momento storico (e quindi da una determinata generazione), fermo restando, naturalmente, il rispetto dei principi e dei valori su cui si fonda la Costituzione.

In questa prospettiva, si noti come la riserva di legge svolga una funzione di apertura al futuro in materia di tutela dei diritti anche grazie alla consapevole vaghezza delle categorie assunte quali parametri destinati ad ispirare i limiti che il legislatore è chiamato ad individuare. Si pensi, per esempio, al concetto di «sicurezza pubblica» o

«incolumità pubblica», dei quali non si ha una definizione specifica ma la cui configurazione è legata alle trasformazioni cui la società è esposta nel corso del

39 Sul punto, cfr. ancora V. CRISAFULLI,Lezioni di diritto costituzionale, cit., 64.

40 In questo, come noto, si legga il testo degli artt. 13 («(…) nei soli casi e modi previsti dalla legge»), 14 («(…) se non nei casi e modi stabiliti dalla legge (…)»), 15 («(…) con le garanzie stabilite dalla legge»), solo per fare degli esempi.

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tempo41. E lo stesso può affermarsi, soprattutto, per il concetto di «buon costume»42. A tal riguardo, è sufficiente analizzare la giurisprudenza costituzionale relativa all’art.

21 Cost. per individuare la evidente evoluzione di cui lo stesso è stato oggetto dal 1948 ad oggi43.

È in questi termini, pertanto, che la riserva di legge sembra rappresentare uno degli “anticorpi” sviluppati dalla Costituzione per far fronte al decorso del tempo o comunque a tutte quelle inevitabili evoluzioni che coinvolgono i molteplici aspetti che contraddistinguono una società in continuo movimento. Ed è sempre in questo modo che il Costituente garantisce la dinamicità dell’ordinamento, lasciando spazio alle comuni regole della successione delle leggi nel tempo44.

41 Cfr. A.PACE, Il concetto di ordine pubblico nella Costituzione italiana, in Arch. giur., CLXI, 1963, 111 ss.; A.PACE, La sicurezza pubblica nella legalità costituzionale, in Rivista Aic, 1, 2015; C.LAVAGNA, Il concetto di ordine pubblico alla luce delle norme costituzionali, in Dem. dir., 1967, 367 ss., 372; A.CERRI, voce Ordine pubblico, in Enc. giur., 1990; ID., voce Ordine pubblico, in Enc. giur., Aggiornamento, ivi, XXV, Roma 2007; G.CORSO, L’ordine pubblico, Bologna, 1979, 133 ss.

42 Cfr. A. DI GIOVINE, I confini della libertà di manifestazione del pensiero, Padova, 1988; A.

PIZZORUSSO, Limiti alla manifestazione del pensiero derivanti dall’incompatibilità del pensiero espresso con principi costituzionali, in AA.VV., Diritti, nuove tecnologie, trasformazioni sociali. Scritti in memoria di Paolo Barile, Padova, 2003.

43 L’indeterminatezza della nozione di “buon costume” è evidenziata, da tempo, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, in particolare quella costituzionale. Fino a tempi relativamente recenti, la dottrina maggioritaria riteneva che il significato di “buon costume” a cui si riferisce la Carta costituzionale fosse del tutto coincidente con la sua dimensione penalistica. In questa prospettiva, il

“buon costume” veniva inteso quale concetto fondato sul significato di comune senso del pudore e di pubblica decenza, essenzialmente in relazione alla sfera della morale sessuale. Tuttavia, l’interpretazione che riconduce la nozione di “buon costume” alla sola dimensione penalistica è stata in parte abbandonata. È stato sottolineato, in particolare, come la stessa non risultasse adeguata a circoscrivere la genericità del limite sancito dall’art. 21 Cost. Sul punto, la giurisprudenza della Corte costituzionale, nonostante non offra un quadro omogeneo, ha definito in maniera più precisa il perimetro della nozione di “buon costume”. Pur accogliendo, almeno in origine, il collegamento con la morale sessuale, l’orientamento della Consulta ha subito una vera e propria evoluzione che, nel tempo, l’ha vista sganciarsi dalla restrittiva nozione penalistica attribuita al limite di cui all’art. 21, comma 6, Cost.. I Giudici delle leggi hanno infatti rilevato come il contenuto del buon costume si riferisca al concetto stesso di dignità umana, dovendosi quindi ricollegare al generale «rispetto della persona umana, valore che anima l’art. 2 Cost.» (cit. sentenza della Corte costituzionale n. 293 del 2000). La nozione di “buon costume”, invero, è stata interpretata dalla Corte costituzionale in senso evolutivo, riconducendola «non soltanto a ciò che è comune alle diverse morali del nostro tempo, ma anche alla pluralità delle concezioni etiche che convivono nella società contemporanea» (cit. sentenza della Corte costituzionale n. 293 del 2000). Su questi presupposti, la legge fondamentale sembra ammettere una limitazione della libertà di manifestazione del pensiero ogniqualvolta «la comunità si senta colpita o danneggiata» (cit. A.PAPA, Espressione e diffusione del pensiero in internet. Tutela dei diritti e progresso tecnologico, Torino, 2009, 63) da un contenuto diffuso in funzione dell’esercizio di quella stessa libertà. Si consenta un rinvio a G.PALOMBINO, Libertà di espressione e bilanciamento tra diritti: i reati di opinione, in A.PAPA, Il diritto dell’informazione e della comunicazione nell’era digitale, II ed., Torino, 2021, 171-187.

44 Quanto appena osservato conduce a conclusioni ulteriori se si fa riferimento a quelle che la dottrina definisce «riserve programmatiche», ovvero i casi in cui la Costituzione affida alla riserva

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3.3. L’apertura al futuro della Carta costituzionale tramite il sindacato di

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