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2.2 La situazione italiana

3.1.3 Disabilità e accessibilità: le misure attuate dal Consiglio d’Europa

Come già discusso nel capitolo precedente, il Consiglio d’Europa è sempre stato impegnato dal punto di vista dell’accessibilità e dell’inclusione culturale. Questo atteggiamento naturalmente comprende anche le questioni legate all’accessibilità e all’inclusione culturale dei pubblici con esigenze specifiche e disabilità. Si è già avuto modo di sottolineare come la necessità di un metodo operativo che integri alla prospettiva culturale, quella sociale e sanitaria sia ormai riconosciuta e assodata a livello internazionale. Tuttavia non sembra che questo approccio integrato sia passato dalla teoria all’effettiva realizzazione pratica. Infatti, almeno a livello delle politiche europee, comunitarie e nazionali, i vari organi e dipartimenti tendono ancora ad affrontare il problema in modo indipendente, senza un’effettiva coordinazione con gli altri settori coinvolti. Questo accade per esempio al Consiglio d’Europa, dove due Direzioni Generali differenti si occupano delle questioni legate all’accessibilità e all’inclusione dei pubblici con disabilità.

La Direzione generale dell’educazione, cultura e patrimonio, sport e gioventù (DGIV) non ha ancora dedicato uno studio specifico alle esigenze culturali delle categorie con esigenze specifiche e disabilità. Nonostante ciò si possono rintracciare indicazioni ed affermazioni molto utili da vari studi che trattano la più generale questione dell’esclusione sociale. Ad esempio nelle conclusioni della conferenza Diritti umani e politiche culturali in un’Europa in cambiamento, organizzata dal Consiglio d’Europa nel 1993, viene sottolineato che «la partecipazione in attività creative è un diritto essenziale di quelle persone che per disabilità o circostanze varie sono isolate dall’offerta artistica esistente, così come è accettato il fatto che le persone con disabilità costituiscono il 10% della popolazione europea». Di maggior interesse è però l’affermazione seguente: «Il pubblico di persone disabili non cerca necessariamente un’offerta culturale “speciale”; piuttosto vorrebbe che l’offerta culturale “normale” venisse resa accessibile

[…]». Il Consiglio d’Europa, ponendo enfasi sull’importanza di rendere accessibile l’offerta culturale ordinaria anche ai pubblici con disabilità, sembra decisamente orientato verso un approccio inclusivo. La stessa prospettiva emerge con evidenza nel già citato rapporto In from the margins41 [1998] dove, nel capitolo “Liberati dalla disabilità”, si afferma che «la partecipazione nell’attività creativa è un diritto di quelle persone isolate dall’offerta esistente per via della propria disabilità o a causa di circostanze particolari. Ciò non vuol necessariamente dire che debba esistere un’offerta “speciale” ma, piuttosto, che si renda veramente accessibile l’offerta “normale”». Infine si ricorda l’essenziale contributo fornito dalla Convezione di Faro del 2005 (Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società) al tema dell’accessibilità al patrimonio culturale. La Convenzione infatti stabilisce che «ogni persona ha il diritto di accesso al patrimonio culturale» e gli Stati parte della Convezione devono avviare «iniziative per migliorare l’accesso al patrimonio, specialmente tra i giovani e gli svantaggiati […]»42.

La Direzione Generale della coesione sociale (DGIII) invece, si occupa principalmente della promozione dei diritti delle persone disabili e di garantire loro una piena partecipazione nella società. In alcuni casi, ovviamente, questo ha significato trattare questioni legate all’accessibilità, alla partecipazione e all’inclusione culturale. Nel 1992 l’Assemblea Parlamentare sulle politiche di riabilitazione per disabili, con la Raccomandazione 1185, esorta i governi a «garantire il riconoscimento e l’esercizio attivo di tutti i diritti civili, politici, sociali, economici e culturali (delle persone disabili)». Nello stesso anno viene pubblicata la Raccomandazione R(92)6 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri, riguardo una politica coerente per persone disabili. La raccomandazione include un’Appendice dove sono stabiliti alcuni principi generali, come quello di offrire alle persone disabili la possibilità di «assumere un ruolo pieno nella società e di prendere parte alle attività economiche, sociali, di svago, ricreative e culturali». Infine la sezione VIII è interamente dedicata alla questione dell’integrazione

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Cfr. nota 24

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sociale e contiene alcune indicazioni specifiche su come implementare l’accessibilità alle attività di svago e culturali. In particolare si esortano gli Stati a pubblicare linee guida per offrire maggiori possibilità alle persone disabili, ad esempio tramite l’utilizzo dell’audio descrizione, di modelli e mappe tattili, ecc. Nel 1996 la Carta sociale europea viene rivista includendo, tra le altre cose, il diritto all’indipendenza, all’integrazione e alla partecipazione sociale dei disabili tramite l’applicazione di misure per «eliminare le barriere comunicative e […] favorire l’accesso al trasporto, all’abitazione e alle attività culturali». La Risoluzione ResAp del 2001 invece, riguarda l’utilizzo delle ICT come strumento utile per favorire l’integrazione di determinate categorie di pubblico e contribuire all’abbattimento di certe barriere che ostacolano la partecipazione culturale. L’Assemblea Parlamentare emana la Raccomandazione 1592 (2003) con cui si stabiliscono misure in supporto di una totale inclusione sociale delle persone disabili garantendo «l’accesso ugualitario ai diritti politici, sociali, economici e culturali». Nel 2006 il Consiglio d'Europa adotta inoltre il Piano d’azione per persone disabili 2006- 201543

, che comprende quindici linee d'azione tra cui la “partecipazione alla vita politica, pubblica e culturale, l'educazione, l'informazione e la comunicazione, l'occupazione, l'accessibilità dell'ambiente edificato e dei trasporti”. Il punto 2, in particolare, è interamente dedicato alla Partecipazione nella vita culturale.

Infine un’importante indicazione si trova nella Carta urbana europea emanata dal CLRAE (Congress of Local and Regional Authorities of Europe) nel 1992, che definisce i diritti dei cittadini nelle città europee. La carta include un capitolo che tratta le problematiche delle “persone svantaggiate e disabili”, dove si specifica che «le politiche […] dovrebbero essere orientate a integrare e non a proteggere», sottolineando ancora una volta la necessità di pratiche che tendando ad includere queste categorie, piuttosto che a rendere accessibili servizi e attività dedicati esclusivamente a loro.

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