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In questo paragrafo saranno introdotte le principali caratteristiche della ricerca qualitativa alo scopo di rendere brevemente conto delle ragioni per cui è stato scelto di prediligere questo tipo di metodologia piuttosto che quella quantitativa. Si spiegherà inoltre quali tra gli strumenti caratteristici di questo tipo di ricerca siano stati ritenuti adatti per condurre l’indagine empirica nella prima fase di ricerca. Infine verrà

presentata la metodologia proposta da Gioia come strumento per superare le effettive mancanze dell’analisi qualitativa, prima fra tutte il discusso rigore nel giustificare le proprie asserzioni. Tramite una presentazione sistematica di più ordini di analisi, l’approccio di Gioia permette invece di integrare i vantaggi dell’osservazione diretta tipica delle ricerche qualitative con il rigore scientifico dell’analisi quantitativa.

In particolare si è scelto di utilizzare l’osservazione diretta, caratteristica dell’indagine qualitativa, che permette di comprendere un fenomeno sociale o umano tramite una visione olistica complessa, nonché di analizzare la posizione di soggetti in un contesto naturale [Creswell 1998]. Gli strumenti di indagine più utilizzati in questo tipo di ricerca sono le interviste, semi-strutturate o narrative, i gruppi di discussione, le analisi di archivio, ecc. Questo tipo di dati devono essere interpretati, organizzati ed eventualmente raggruppati in categorie omogenee, dalle quali, con procedimento induttivo, si può infine proporre una teoria interpretativa di uso più generale. In letteratura si è tentato di classificare le ricerche di tipo qualitativo in diversi modi. Una classificazione abbastanza accettata è quella proposta da Creswell [1998], riportata da Hancock e Algozzine [2006], che individua cinque tipologie principali di ricerche qualitative: (i) studi fenomenologici, che esplorano il significato e il vissuto di una certa situazione o di un certo fenomeno in un campione di individui coinvolti; (ii) studi etnografici, che analizzano credenze, valori e attitudini di gruppi culturali o sociali; (iii) ricerche basate su teorie, che tentano una modellizzazione teorica per interpretare situazioni, azioni o interazioni; (iv) studi biografici, in cui i ricercatori esplorano la storia e le esperienze di un singolo individuo; (v) studio di casi (Case Studies), che esaminano da vicino e in profondità singoli o piccoli insiemi di fenomeni (situazioni) nei propri limiti spazio-temporali e nel proprio contesto naturale, senza nessun tipo di manipolazione o intromissione. Esistono poi vari tentativi di classificazione dei Case Studies, tra cui uno dei più diffusi è dovuto a Yin [1994, 2003] che distingue tra Case Studies esplorativi, esplicativi e descrittivi. I primi (esplorativi) possono essere pensati come studi pilota, utili ad inquadrare fenomeni poco studiati, identificandone i parametri critici. I secondi (esplicativi) si propongono di inquadrare le relazioni causali tra i fenomeni osservati nell'ambito di una teoria esistente o che si intende proporre. Infine, i terzi (descrittivi) si

propongono di descrivere i fenomeni nel loro contesto reale. In letteratura esistono infine distinzioni più sottili tra Case Studies usati per sviluppare [Lijphart 1971, Eckstein 1975], per esplorare e raffinare [Eckstein 1975] o per mettere alla prova una teoria. L’approccio qualitativo non esclude tuttavia di essere supportato dagli strumenti dell’indagine quantitativa. In effetti, la popolarità del cosiddetto "approccio misto" [Creswell 2002] è in costante crescita perché la possibilità di usufruire dei vantaggi dei due metodi (ciascuno usato in opportune fasi della ricerca) permette di raggiungere una migliore e più completa comprensione del fenomeno che si sta studiando. La metodologia Gioia si inserisce nell’ambito di questo dibattito tentando di coniugare i vantaggi dell'approccio olistico-qualitativo-induttivo (apertura a nuovi concetti piuttosto che il perfezionamento di costrutti accettati) con quelli dell'approccio scientifico tradizionale (rigore delle prove). Per questo motivo tale metodologia gode di una maggiore accettazione da parte della comunità scientifica. Accanto all'assunzione di base che ogni organizzazione possiede una propria struttura sociale, si assume che gli informatori (intervistati) siano persone consapevoli e si tende a dar credito alle loro affermazioni senza cercare di imporre a priori una terminologia o una certa visione consolidata della teoria. Naturalmente si assume anche che i ricercatori siano persone ben coscienti, in grado di estrarre dai dati le caratteristiche fondamentali e le correlazioni che possono sfuggire alla consapevolezza degli informatori. L'obiettivo è mettere a punto procedure che conducano ad una ricerca qualitativamente rigorosa e ad una presentazione dei risultati che evidenzi le connessioni tra i dati, i concetti emergenti e la teoria che ne risulta. Grazie ad un approccio basato sulla proposizione sistematica di due ordini di analisi, la metodologia Gioia ha permesso di superare il caratteristico scetticismo degli esperti verso nuovi concetti e nuove teorie basate su di una impostazione e una presentazione qualitativa dei risultati. I rapporti diretti con gli informatori, quali ad esempio le interviste semi-strutturate, sono importanti e devono obbedire ad opportuni requisiti: (i) diplomazia; (ii) partecipazione dell'intervistato durante tutte le fasi di sviluppo della ricerca; (iii) discrezione; (iv) coinvolgimento del ricercatore, che deve comunque cercare di mantenere il distacco; (v) una particolare attenzione nell’evitare semplificazioni e nel considerare adeguatamente le

interpretazioni personali degli informatori. I protocolli delle interviste devono essere ben focalizzati, ma le domande non devono influenzare le risposte degli informatori. Inoltre i protocolli devono rimanere flessibili per adattarsi agli imprevedibili sviluppi della ricerca, anche fino alla possibilità di cambiare lo stesso quesito iniziale. I dati raccolti con le interviste vanno strutturati in categorie che raggruppano i concetti emergenti dalle risposte degli intervistati in tre ordini di analisi: la prima (analisi di primo ordine) usa la terminologia propria degli informatori; in seguito, nell’analisi di secondo ordine, il ricercatore usa i suoi strumenti di conoscenza per convertire le categorie risultanti dalle interviste in temi più generali e infine, nell'ultimo ordine di analisi, aggrega questi temi in concetti ulteriormente generalizzati. Questo porta ad una maggiore astrazione e al progressivo distacco dalla soggettiva visione degli informatori per approdare ad un abbozzo della formulazione teorica che deve, almeno in principio e per quanto ammissibile, prescindere anche dalla conoscenza della letteratura. I dati così ottenuti, per quanto ben strutturati grazie a questo procedimento, forniscono solo un'immagine istantanea della situazione. Il passo successivo consiste nel costruire induttivamente un modello che, stabilendo delle correlazioni tra i dati e i concetti generali, sia capace di interpretare dinamicamente il processo analizzato, immaginandone infine gli esiti.

Nell’ambito della presente ricerca, gli strumenti dell’analisi qualitativa si ritengono più adeguati rispetto a quelli dell’analisi quantitativa prima di tutto perché fin da subito è stato chiaro che non sarebbe stato possibile farsi un'idea precisa dei parametri importanti nel determinare i fenomeni analizzati né tantomeno avere un quadro completo delle diverse realtà coinvolte. In secondo luogo non è stato possibile rinvenire un campione esteso o un database che permettesse di usare strumenti di analisi statistica tentando eventualmente una modellizzazione teorica. Per comprendere e restituire un quadro rigoroso e sufficientemente dettagliato dei fenomeni e delle pratiche esistenti, è stata invece condotta un’analisi qualitativa tramite quattro casi di studio esplorativi. Nel condurre l’analisi si è scelto inoltre di rimanere abbastanza aderenti ai principi della metodologia Gioia e in particolare al frame proposto da Corley e Gioia [2004] e successivamente da Gioia, Corley e Hamilton [2012].

4.3 Programmi, attività e iniziative per l’accessibilità e l’inclusione culturale: