• Non ci sono risultati.

5.1.1 Statuto e natura dell’ente

Come già brevemente accennato, una prima e fondamentale differenza tra le istituzioni analizzate riguarda la natura pubblica o privata dell’ente, ossia se si tratta di un’organizzazione no profit o di un ente commerciale come una S.p.a., una S.r.l ecc. Ad esempio nel caso del MuSe lo Statuto73 stabilisce che il Museo è un ente pubblico non economico, senza fini di lucro, istituito per operare con gli strumenti e i metodi della ricerca scientifica con lo scopo di indagare, informare, dialogare e ispirare sui temi della natura, della scienza e del futuro sostenibile.

Analogamente nello Statuto74 del MaRT, Art.2 Funzioni e finalità, si legge che Il Museo è ente pubblico non economico, senza fini di lucro, istituito allo scopo di custodire,

73

Decreto del Presidente della Provincia 11 marzo 2011, n. 4-62/Leg: Regolamento concernente "Disciplina del Museo delle scienze" (articolo 25 della L.P. 3 ottobre 2007 n. 15 (legge provinciale sulle attività culturali). Consultabile direttamente dal sito del museo all’indirizzo http://www.muse.it/it/il-muse/Chi-Siamo/Statuto/Pagine/Home.aspx

74

Decreto del Presidente della Provincia del 11 marzo 2011, n. 6-64/Leg: Regolamento concernente "Disciplina del Museo d'arte moderna e contemporanea - MART" (articolo 25 della L.P. 3 ottobre 2007 n. 15 (legge provinciale sulle attività culturali). Scaricabile all’indirizzo http://www.mart.tn.it/statuto (statuto s.d.)

conservare, valorizzare e promuovere lo studio e la conoscenza dell’arte moderna e contemporanea.

Passiamo ora ad analizzare i due enti privati, ossia la Fondazione Solomon R. Guggenheim Venezia (da ora in poi Guggenheim V.) e la Collezione Pinault Palazzo Grassi – Punta della Dogana (o Pinault Collection da ora in poi Pinault C.). Si tratta in verità di due situazioni molto particolari, che si distinguono dalla generalità dei musei italiani per ragioni diverse nell’uno e nell’altro caso.

In questo frangente sarà trattato in particolare il Guggenheim V. poiché, grazie al contributo di Ferrarese [2015], sono disponibili maggiori informazioni riguardo alla gestione economica e finanziaria dell’ente. La classificazione fiscale del Guggenheim V., ramo italiano dell’omonima Fondazione con sede a New York, è dunque quella di “ente non commerciale”, la cui natura non profit è riconosciuta sia in America che in Italia. Eppure diversi aspetti distinguono la realtà e la missione del Guggenheim V. rispetto alla maggioranza dei musei d’Arte italiani. Prima di tutto questa collezione si inserisce nel contesto di un «network mondiale di musei, e lavora sia per contribuire alla missione internazionale della Fondazione nel suo insieme che per promuovere il marchio Guggenheim […]. In secondo luogo, la Collezione celebra la vita e i traguardi della sua fondatrice […]. In terzo luogo, la presenza della Collezione Peggy Guggenheim sul territorio italiano ha importanti conseguenze per il management stesso del museo: sia la collezione che il Palazzo sono vincolati dal governo italiano; i contratti lavorativi seguono le leggi italiane sul lavoro; il museo è soggetto al regime fiscale italiano e osserva il Codice Civile italiano [Ferrarese 2015]». Tutte queste caratteristiche rendono la situazione del Guggenheim V. anomala, se non unica, in ambito italiano. Prima di tutto dunque questo museo è un ente privato, non profit, che non gode di finanziamenti statali; tuttavia è soggetto a tassazione diretta, con imposte che raggiungevano l’80% del reddito nel 2015, compresa l’imposizione IRAP. Nonostante questa condizione sfavorevole, la Collezione è sempre stata in grado di pareggiare le entrate e la spesa complessiva prima della tassazione (before tax) ma purtroppo va sistematicamente in perdita after tax, principalmente perché le autorità fiscali non permettono di classificare gli introiti dei biglietti come “entrate istituzionali”, quindi

esenti dalle tasse. La principale finalità dell’attività non-profit è legata all’esigenza di acquisire risorse umane, artistiche, edili e finanziarie necessarie a perseguire la mission istituzionale. Questi quattro tipi di risorse sono mutuamente dipendenti e in costante espansione: ad esempio la disponibilità di nuovi spazi per ospitare recenti acquisizioni e attività, oltre a determinare l’assunzione di personale che gestisca i programmi e le strutture ampliate, influirà sicuramente anche sui costi amministrativi e di gestione generando infine più entrate, che tuttavia arriveranno unicamente a coprire i costi aumentati, senza generare profitto. Ferrarese infine sostiene che il successo dell’intera operazione sia determinato dalla qualità superlativa della collezione permanente che «porta grandi numeri di visitatori […]; permette al museo di essere lodato nelle guide, che sono la forma principale di comunicazione in un'economia dominata dal turismo come quella di Venezia; fa guadagnare l’attenzione della stampa; mette il museo nella posizione di poter ottenere prestiti per altre opere d'arte, per il suo programma di mostre temporanee, secondo il principio do ut des; catalizza donazioni e lasciti di altre opere d’arte [2015]». Inoltre, il sempre alto numero di visitatori della collezione permanente si ripercuote positivamente anche sulle mostre temporanee, che sono sempre comprese nella tariffa d’ingresso. Questo aspetto rende possibile fare scelte curatoriali e tematiche che restano svincolate dall’esigenza di essere popolari e dunque “fare botteghino”. Infatti, sebbene faccia parte a tutti gli effetti della categoria di enti privati, il Guggenheim V. costituisce uno tra i pochi esempi di musei italiani che riescono ad attrarre moltissimi visitatori all’anno e possiedono un cospicuo budget per la programmazione delle attività e dei servizi, generando ingenti entrate commerciali e dunque tassabili. Inoltre questo museo possiede una notevole “valenza pubblica” poiché offre importanti servizi non solo ai visitatori, ma anche alla comunità di appartenenza: «ad esempio la manutenzione degli edifici e della collezione, vincolata dal Ministero italiano dei Beni Culturali; la produzione di mostre e di programmi educativi che sostengono la cultura della comunità locale e il turismo internazionale; il collezionismo d'arte per l'arricchimento del patrimonio culturale lo- cale e nazionale. […] Inoltre, il museo stabilisce relazioni con la comunità locale offrendo l'accesso alla membership, con la possibilità di godere dei programmi di attività, quali concerti, film

e conferenze [Ferrarese 2015]». Non solo, il Museo organizza da qualche anno la “Settimana gratuita dei veneziani”, occasione in cui i residenti della Provincia di Venezia possono visitare la collezione permanente e le mostre temporanee senza pagare la tariffa d’entrata, oltre che partecipare a visite guidate e laboratori didattici. Proprio in ragione di questa valenza pubblica, il Museo è spesso riuscito ad aggiudicarsi finanziamenti da parte della Regione Veneto, principalmente destinati a programmi educativi per le scuole, all’attività di catalogazione della biblioteca d’arte interna al Museo, allo scopo di renderla fruibile per studenti, ricercatori e studiosi e a contribuire in parte alla programmazione delle mostre temporanee. I progetti speciali sono invece generalmente resi possibili grazi a finanziamenti privati, come vedremo in seguito nel caso di Doppio Senso, a cura di Valeria Bottalico. È bene comunque specificare che la valenza pubblica non rappresenta una ragione sufficiente per classificare questo museo come ente pubblico, poiché la proprietà e la governance rimangono appunto private. Per quanto riguarda la Collezione Pinault Palazzo Grassi – Punta della Dogana, si tratta essenzialmente di una collezione di opere d’Arte Contemporanea aperta al pubblico e visitabile a fronte di una tassa d’ingresso. Come già accennato in precedenza, l’attività commerciale dell’ente è classificata come S.p.a., dunque non gode di finanziamenti pubblici e neanche delle agevolazioni fiscali previste per le erogazioni liberali a sostegno della cultura (ad esempio non è soggetta al regime dell’Art Bonus), applicabili soltanto nel caso di donazioni monetarie elargite in favore degli enti che tutelano e valorizzano beni culturali pubblici.

5.1.2 Specializzazione e diversificazione dell’offerta

Come già detto nei precedenti capitoli, il cosiddetto “sbarrieramento” consiste nella rimozione di ogni barriera architettonica che impedisca l’accesso e la fruizione degli spazi ai disabili motori e, in definitiva, a chiunque. Partendo dal presupposto che questo principio, oltre ad essere previsto obbligatoriamente dalla legge, è un dovere morale che qualsiasi istituzione deve fare proprio, si presume che ognuno degli enti selezionati abbia già fatto il possibile in questo senso. In questa ricerca si è scelto di analizzare

soltanto le pratiche volte a rendere i contenuti museali accessibili ed inclusivi mediante l’abbattimento di barriere percettive e cognitive.

Durante la fase di ricerca sul campo è emerso che le quattro istituzioni selezionate hanno sviluppato due diverse modalità di approccio alla tematica in analisi: le due realtà veneziane sembrano orientate verso la specializzazione dell’offerta, proponendo attività e materiali didattici studiati per il pubblico con una particolare disabilità, mentre i due enti pubblici trentini offrono una gamma diversificata di iniziative per rispondere alle esigenze di una varietà di pubblici con differenti disabilità. Nei prossimi paragrafi si parlerà dunque di offerta specializzata nel caso in cui i musei abbiano sviluppato un programma vasto e complesso di iniziative, costituto da diversi tipi di servizi, attività, attrezzature o supporti destinati a garantire l’accessibilità e a sviluppare l’inclusione culturale del pubblico con una determinata disabilità. In merito alle istituzioni oggetto di analisi si è riscontrato questo tipo di tendenza nel caso del Guggenheim V. e in Pinaut C.: il primo ha investito molto nel rendere la collezione permanente e alcune mostre temporanee disponibili per l’esplorazione tattile, specializzandosi così in progetti adatti al pubblico cieco e ipovedente, ma aperti a chiunque; il secondo ha sperimentato vari eventi, attività e laboratori didattici dedicati al bilinguismo italiano – LIS, offrendo anche in questo caso un’offerta specializzata che, oltre a rendere accessibile la collezione alla comunità di sordi segnanti, diffonde conoscenze e competenze legate a questa tematica, sviluppando di fatto l’inclusione culturale della suddetta comunità. Si parlerà invece di offerta diversificata quando l’obiettivo del museo è rendere la collezione e il programma di attività accessibili e inclusive nei confronti dei vari tipi e/o livelli di disabilità, proponendo un’ampia gamma di servizi, attività, attrezzature o supporti destinati a rispondere ad esigenze molto diverse le une dalle altre. Questo tipo di approccio è stato adottato da entrambe le istituzioni trentine: l’offerta del MaRT infatti, oltre a comprendere un programma ormai collaudato di iniziative destinate al pubblico con disabilità o difficoltà cognitive, prevede anche attività e supporti didattici pensati per le disabilità sensoriali; allo stesso modo il MuSe offre servizi dedicati all’accessibilità e all’inclusione per disabili sensoriali ma, grazie alle competenze sviluppate in collaborazione con varie associazioni del territorio, ha adottato diverse strategie per

semplificare l’esperienza di visita dei propri visitatori (ad esempio con la comunicazione easy to read), migliorando così la comprensione dei contenuti da parte delle persone con difficoltà cognitive lievi o moderate, ma anche dei bambini, di a chi ha poco tempo ma vuole comunque capire i concetti fondamentali, dei visitatori stranieri ecc. Nel caso dei due enti pubblici, questo tipo di vocazione sociale nel rispondere alle esigenze del maggior numero possibile di utenti è sicuramente auspicabile. Infatti, trattandosi di istituzioni che utilizzano fondi pubblici per conservare, valorizzare e rendere fruibile il patrimonio culturale collettivo, sarebbe corretto che queste dimostrassero sempre il proprio impegno nel rivolgersi alla totalità dei cittadini e non solamente ad alcune categorie. Inoltre questo comportamento è previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paeseaggio75 oltre che da norme di diritto internazionale e comunitario76.

Dunque le quattro istituzioni analizzate rappresentano due trend opposti: verso la specializzazione a Venezia, verso la diversificazione in Trentino. La tendenza generale sembra comunque essere verso la diversificazione poiché si vedrà più avanti come, proprio negli ultimi mesi, anche i due musei veneziani stiano sperimentando un programma di iniziative più diversificato.