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Prima di tutto è utile specificare che nel presente lavoro per “pratiche museali” volte alla relazione con il pubblico, d’ora in avanti brevemente pratiche museali, si è voluto intendere l’insieme di tutte quelle iniziative che i musei mettono in pratica (appunto) per migliorare l’esperienza di visita dell’utente. Le pratiche museali dedicate alla relazione con il pubblico possono, ad esempio, essere volte a potenziare l’aspetto dei servizi sia quantitativamente che qualitativamente, al fine di raggiungere e coinvolgere nuovi pubblici, ma anche di fidelizzare il pubblico abituale e locale e di veicolare in questo modo i contenuti culturali di cui l’istituzione è portatrice. Tra queste si è scelto di distinguere e definire due categorie di pratiche museali: le pratiche people-based,

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Cfr. paragrafo 1.5 p. 35

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caratterizzate dal fatto che il servizio offerto per migliorare l’esperienza di visita del pubblico dipende in larga misura dall’apporto e dal coinvolgimento di personale specializzato; le pratiche equipment/technologies-based che consistono, invece, nello sviluppo e nella predisposizione di supporti e devices per abilitare il visitatore a svolgere un’attività77

. Si è scelto inoltre di considerare la gestione di tali pratiche come interna, se in fase di realizzazione sono prevalse le risorse e le competenze interne (make), esterna in caso contrario (buy).

5.2.1 Peolple-based vs equipment/technologies-based

Le pratiche museali people-based prevedono che l’apporto del personale specializzato sia maggiore rispetto a quello fornito dai supporti e dai devices. Dunque il ruolo dell’operatore museale spesso è essenziale allo svolgimento delle attività, poiché è lui che gestisce, accompagna o guida il visitatore durante le visite e i laboratori. Tendenzialmente quindi si tratta di pratiche intensamente assistite in quanto l’interazione78 tra persone è determinante per lo svolgimento dell’attività. Eppure la presenza dell’operatore non sempre è determinante per stabilire se si tratta di una pratica people-based o equipment/technologies-based. Ad esempio Palazzo Strozzi a Firenze, come parte delle iniziative che costituiscono il cosiddetto “approccio Palazzo Strozzi79”, negli ultimi anni ha sviluppato vari progetti basati su dei kit che permettono di esplorare il museo divertendosi e facendo varie attività in totale autonomia, rimanendo completamente svincolati dalle guide o dagli operatori. In questo caso, dunque, si parla di pratica people-based nonostante l’input fornito dal museo sia sostanzialmente un supporto, poiché questo è strumentale allo svolgimento di un’attività in cui l’interazione tra persone (in questo caso la famiglia) svolge un ruolo

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Sulla differenza tra people-based e equipment/technologies-based cfr. Meuter, Ostrom, Rundtree e Bitner [2000] Haksik, Yongki e Dogkeun [2000], Kotler [1994], Lovelock [1983]

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Per approfondimenti sul concetto di interazione tra cliente (visitatore) e fornitore del servizio (operatore museale per conto del museo) cfr. Tamma [1996, 592] e Chase e Aquilano [1995, 113]

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Si è già parlato del nuovo indirizzo strategico intrapreso dal museo fiorentino una decina d’anni fa. Per approfondimenti sull’esperienza dei kit si consiglia di consultare il sito web dell’istituzione al link diretto

determinante. Nei prossimi paragrafi le pratiche people-based saranno a loro volta distinte in base alla frequenza con qui vengono offerte: si definiscono perciò regolari quelle disponibili su base regolare, ossia tutti i giorni, tutte le settimane (ad esempio durante il weekend), una volta al mese ecc.; sono invece classificate come speciali tutte le iniziative e gli eventi realizzati una tantum, ossia che non sono previsti periodicamente oppure che vengono “testati” per valutare la possibilità di renderli regolari.

Saranno invece classificate come pratiche equipment/technologies-based tutti quei processi che, predisponendo supporti e devices abilitanti, permettono all’utente di svolgere un’attività in modo spesso indipendente dall’interazione con gli operatori museali o con altri visitatori. In questo caso dunque, gli input forniti dal museo vengono utilizzati in un contesto di visita abbastanza tradizionale, senza svolgere attività che prevedono l’interazione con altre persone. Certe volte i supporti e i devices messi a disposizione dalla struttura permettono una fruizione scarsamente personalizzabile e i contenuti culturali possono essere unicamente recepiti in modo passivo, leggendo, ascoltando o seguendo un percorso prestabilito. Sono considerati supporti di questo tipo le video guide in LIS, le guide e le didascalie in Braille ecc. Altre volte, invece, il supporto o il device permette un’esperienza di visita attiva e partecipata: è questo il caso delle riproduzioni di opere d’arte messe a disposizione per l’esplorazione tattile da parte dei non vedenti o di alcuni dispositivi interattivi che sono in grado di fornire informazioni personalizzate in base agli interessi dell’utente.

5.2.2 Make or buy?

Infine è utile specificare che, nell’analizzare le pratiche messe in atto dai quattro musei selezionati, si è ritenuto interessante capire quali sono realizzate utilizzando prevalentemente risorse interne e quali invece derivano da processi di outsourcing. Nonostante ciò la classificazione in pratiche realizzate con risorse e competenze interne e pratiche realizzate in outsourcing, non rileva in alcun modo sui risultati della presente ricerca. Si è scelto di riportare questo tipo di informazioni unicamente perché si ritiene

che potranno risultare interessanti ai fini di ricerche future, che approfondiscano o sviluppino la medesima tematica.

Per stabilire l’appartenenza all’una o all’altra tipologia si sono utilizzati i criteri di prevalenza e salienza. Il criterio di prevalenza o, in senso oggettivo, del lavoro sulla fornitura della materia, stabilisce che un bene o un servizio è realizzato in outsourcing quando la percentuale di valore creata dai fornitori è superiore al 50% del valore totale del bene o servizio. Secondo la giurisprudenza italiana80, «occorre stabilire se nel caso concreto, l'attività lavorativa e realizzativa volta alla produzione della cosa sia prevalente rispetto alla fornitura del materiale ovvero se, al contrario, sia quest'ultima a costituire l'oggetto principale del negozio, rispetto al quale l'attività lavorativa e realizzativa, di adattamento della cosa alle specifiche esigenze della controparte, assuma un ruolo accessorio e strumentale [Pototschnig e Capecchi 2016]». Il criterio di salienza invece è stato ricostruito a partire dalla letteratura sui criteri per la determinazione e la classificazione degli stakeholders e in particolare da Mitchell, Agle e Wood [1997], che riprendono alcune definizioni precedenti [Freeman 1984; Jones 1995; Kreiner e Bhambri 1988] definendo come stakeholder «Any group or individual who can affect or is affected by the achievements of the organization’s objectives». Dunque anche le associazioni e le agenzie che forniscono servizi di interpretariato o software per dispositivi digitali (video guide in LIS) possono essere considerate a tutti gli effetti come stakeholders. È necessario a questo punto chiarire che la nozione di salienza si basa sui tre concetti chiave81

di potere [Dahl 1957, Pferrer 1981, Weber 1947], legittimazione [Suchman 1995, Weber 1947] e urgenza [Mitchell, Agle e Wood 1997] e viene definita «the degree to which managers give priority to competing stakeholders claims [Mitchell, Agle e Wood, 1997]». Naturalmente questa definizione deve essere adattata al contesto della produzione in outsourcing, poiché in questo caso gli stakeholders non sono in contrasto con la gestione dell’organizzazione ma, al contrario, collaborano alla produzione dei servizi che creano valore aggiunto per i consumatori finali o, nel caso

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Disciplina in materia di Contratti d’Impresa

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delle organizzazioni culturali, per i visitatori. Tale rapporto influisce comunque notevolmente sulle prestazioni dell’organizzazione poiché queste, naturalmente, dipendono dalla qualità dei servizi acquisiti.

Nelle prossime pagine, dunque, le pratiche museali saranno definite interne quando alternativamente la percentuale di valore creata con risorse e competenze interne è superiore al 50% del valore totale oppure se, nell’ambito della realizzazione del bene o servizio, le posizioni del museo contano di più di quelle dell’organizzazione che fornisce il bene o servizio in termini di potere, legittimazione e urgenza.