Benché il decesso di un individuo costituisca una rottura importante per la società al quale appartiene, i costumi funerari non implicano sempre una netta separazione tra il defunto e il mondo dei viventi. Le necropoli situate nelle vicinanze degli abitati non costituiscono l’unico luogo di riposo e vi sarebbero numerosi comportamenti volti alla dislocazione di resti ossei e alla loro “utilizzazione” nella vita quotidiana. Tra queste testimonianze antropologiche che rappresentano centinaia di individui, gli scheletri completi o sub-completi sono relativamente rari, mentre le ossa frammentarie, specialmente appartenenti
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La teoria però non spiega perché alcune sepolture fossero così ricche se riflettessero solamente individui ai margini della società.
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al distretto cefalico, dominano quantitativamente. Il primo gruppo, che corrispondente a individui di tutte le classi di età e di sesso, è da legare in larga misura a depositi primari della fase mediana e finale del Paleolitico superiore, dunque durante il Gravettiano e Maddaleniano36. Il secondo gruppo è di più difficile attribuzione e sono state effettuate diverse ipotesi. Alcuni resti isolati sono stati considerati come il risultato dell’abbandono di corpi o sepolture primarie andate distrutte37. La frequenza elevata di parti craniali è stata invece spiegata come processo di conservazione differenziale che ha favorito la sopravvivenza degli elementi ossei del cranio o di mandibole. In altri casi, quando l’intenzionalità dei gesti è confermata, la deposizione e la manipolazione di alcuni distretti ossei sono imputabili all’azione deliberata dell’uomo per particolari interessi del cranio, o di altri resti post craniali, nel quadro di pratiche di comportamento diverse. Analizzando i dati riportati sui cataloghi di resti umani38, si denota che circa 826 individui rinvenuti in almeno 320 siti europei nel Paleolitico inferiore, medio e superiore siano rappresentati solamente da poche ossa disarticolate. Da una revisione di dati di Ullrich39, pressappoco confermata anche da cataloghi successivi, dal Paleolitico inferiore si registrano i resti di almeno 43 individui, 258 per il medio e 525 per il superiore. Un’analisi dettagliata delle frequenze delle parti scheletriche rinvenute nei vari siti ha evidenziato che la maggior parte dei resti è costituita da ossa disarticolate come crani isolati, ossa cefaliche, denti, mandibole e post-cranio40. Per i tre periodi del Paleolitico, le frequenze scheletriche risultano le seguenti:
1) Durante il Paleolitico inferiore Homo erectus è rappresentato nella sua totalità solo da ossa disarticolate.
2) Nel Paleolitico medio il 94% degli individui di Homo neanderthalensis è costituito soltanto da poche ossa isolate e il restante 6% da sepolture di corpi interi.
36 Henry-Gambier – Faucheux 2012 pp. 53-54 37 Ullrich 1994 pp. 257-258, 2006 pag. 503
38 Binant 1982, 1991a; Day 1988; Gambier 1991; Giacobini – Mallegni 1986; Mallegni
1986; Amedei – Navari – Mallegni 1986; May 1986; Mussi 2009; Oakley et al. 1972; Orban 1988; Ullrich 1999, 2004, 2006.
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Ullrich 1982, 1995
40 Molto spesso l’opinione che l’uomo paleolitico seppellisse sempre l’intero corpo dei propri
defunti è generalmente ampiamente accettata. I risultati di nuove analisi antropologiche non confermano questa conclusione. L’approccio è basato su tre tipi modelli: rappresentazione scheletrica dei più di 800 individui del Paleolitico europeo, resti umani con manipolazione antropica, ricostruzione dei rapporti biologici. Da Ullrich 1999 pag. 534
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3) Nel Paleolitico superiore con Homo sapiens le stime si aggirano intorno al 90% per le ossa disarticolate e al 10% per le inumazioni di corpi più o meno completi.
4) Occorre infine precisare che il 94% dei resti disarticolati nel Paleolitico inferiore, il 76% nel medio e il 73% nel superiore sono rappresentati soltanto da una o due ossa isolate.
I resti craniali, insieme a denti e mandibole, sono predominanti rispetto al resto del corpo. Per il neanderthal i resti cefalici costituiscono l’83% dei casi e il 95% per il sapiens. Le percentuali dei resti postcraniali sono invece nettamente inferiori: 33% per Homo di neanderthal e 45% per Homo sapiens, mentre gli scheletri completi sono tra il 3 e il 6% per il primo e tra il 12 e il 13% per il secondo. Nella totalità dei tre periodi paleolitici si può quindi affermare che i crani isolati, o parti di esso, compongono circa il 90% dei resti mentre i post- craniali circa il 40% o poco più41. Non ci sono grandi differenze nel modello di rappresentazione delle parti scheletriche in adulti e sub-adulti o in maschi e femmine42. La percentuale delle parti scheletriche rappresentate all’interno del gruppo delle sepolture è più alta: 80-90% per il cranio e 70-80% per il post- cranio. Si può supporre che il cadavere intero per il 95% dei neanderthal e per l’83% dei sapiens non fu mai sepolto nei siti dove furono trovati i resti isolati43. Le spiegazioni fornite per questa altissima frammentazione dei corpi nel Paleolitico, ovvero l’azione di carnivori, frane, radici e dissoluzione chimico- fisica, non sempre sono soddisfacenti. Secondo un vasto elenco di autori non è possibile credere che i processi tafonomici siano l’unica causa del fatto che circa 700 individui rinvenuti in almeno 300 siti siano rappresentati da poche ossa disarticolate. Se poi consideriamo che lo scheletro umano è composto da circa 206 ossa, risulta chiaro che i processi di distruzione naturali non siano l’unica causa imputabile di una tale frammentazione, soprattutto per il fatto che tra le ossa isolate si ritrovano in predominanza resti craniali. Processi geologici, fisici e chimici potrebbero comportare disturbi post-deposizionali di scheletri interi oppure la distruzione parziale o completa di intere deposizioni. Un’altra percentuale di distruzione ossea potrebbe essere imputata a disturbi pre-
41 Facchini – Magnani 2000; Pettitt 2011; Ullrich 2004 op. cit., 2006 op. cit.
42 Nel Paleolitico medio si denota però una maggioranza di resti umani appartenenti a sub-adulti.
Smirnov 1989
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deposizionali come l’azione di carnivori, orsi e iene tra tutti, o post-deposizionali come le radici o l’attività dei roditori. Sicuramente vi è una forte componente naturale nella dissoluzione di alcune parti scheletriche e nella frammentazione e conservazione di altre, ciò però non spiega la presenza assolutamente predominante dei resti craniali, a meno che non si accetti l’idea di una selezione intenzionale di crani e mandibole da parte di carnivori, roditori e radici. La sola possibile spiegazione per il fatto che nei siti paleolitici si rinvengano solo poche ossa per individuo, in particolar modo quelle afferenti al distretto cefalico, non può che dimostrare che la loro presenza sia, almeno in parte, il frutto di attività umane intenzionali44. Defleur45 in particolare, evidenziando il fatto che più del 60% dei resti umani del Musteriano europeo è rappresentato da parti craniali46, dimostra che in normali condizioni di distruzione, in ambiente chiuso e senza intervento umano, il tasso di conservazione dei crani è simile a quello delle ossa del bacino e significativamente più basso di quello degli arti (13%). In definitiva, o si ammette che il cranio, sia integro che frammentario, oltre ad aver subito l’azione di processi tafonomici sia stato anche oggetto di possibili attenzioni particolari da parte dell’uomo, oppure dobbiamo necessariamente considerare errati tutti i dati raccolti fino ad ora dai vari autori. Inoltre, non sappiamo con precisione se gli individui “manipolati” siano stati scelti per motivi particolari come ad esempio la morte violenta o naturale. Il problema rimane poiché non sembra vi siano molte differenze selettive legate al sesso o all’età del defunto. Non solo, pur mantenendo una sorta di omogeneità del “rito”, sembra che le differenti comunità umane abbiano riadattato le varie pratiche con piccole varianti locali, come dimostra il caso dell’alta presenza di resti umani isolati del Paleolitico superiore francese e spagnolo che differisce dalla scarsità della penisola italiana. Credo sia invece lecito pensare a differenziazioni dovute a un qualche tipo di status sociale, posizione geografica e ruolo all’interno della comunità. Secondo Gambier47, la forte rappresentazione di ossa craniche e il trattamento di particolare interesse per il cranio dimostrano un chiaro valore simbolico, ma non vi è alcuna prova diretta per affermare che questa particolarità sia legata a un rito funebre o a pratiche riguardanti azioni violenti di guerrieri. La
44 Facchini 2000, 2009; Giacobini 2004, 2005 pag. 177 45 Defleur 1993
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Esclusi i resti dentali
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maggior parte dei resti umani disarticolati si ritrova mischiata insieme a resti di pasto e ossa faunistiche nelle paleo superfici di grotte e cavità. Ancora una volta, inoltre, sembra che tra i rinvenimenti di ossa apparentemente disperse vi sia una sovra-rappresentazione di resti craniali. In ogni caso, sia che l’abbandono sia casuale o deliberato, non è possibile negare una maggiore rappresentazione del cranio rispetto al post-cranio.
In molti casi si registrano anche pratiche comprovanti l’intenzionalità del gesto, come deposizioni di ossa isolate in particolari locazioni all’interno di aree occupazionali dei vari siti del Paleolitico medio e superiore. Crani, frammenti cranici, mandibole, ossa lunghe, resti umani con manipolazioni peri e post-
mortem, furono depositati lungo le pareti della grotta, all’interno di nicchie, sotto
le pietre, nelle vicinanze di focolari o più in generale all’interno dei siti abitativi. Spesso capita che questo tipo di deposizioni vengono giustificate come risultato del caso, eppure il numero delle testimonianze è talmente alto e le evidenze così forti che risulta semplicistico non affermare una certa intenzionalità antropica. Al contrario di ossa disarticolate abbandonate, le deposizioni intenzionali includono non solo frammenti cranici ma più spesso crani completi (calvarium, calva, calvaria). L’analisi dei resti umani isolati ci permette di ricostruire una parte dei gesti applicati, di comprendere in qual modo il corpo sia stato preparato e talvolta di evidenziarne i simboli48, tuttavia l’ideologia ci sfugge al pari del senso dei simboli che noi crediamo di decifrare. Anche se i criteri di un interesse particolare verso il cranio sono attualmente inaccessibili, si può supporre che la maggior parte delle persone non abbia ricevuto sepolture primarie. Il basso numero di sepolture farebbe pensare a una pratica d’eccezione49, quasi di privilegio, ma si potrebbe anche parlare di pratica negativa rispetto al trattamento abituale concesso alla maggioranza. Sembra però improbabile che i gruppi paleolitici, specialmente i maddaleniani la cui organizzazione e ideologia si dimostrano complesse, abbiano abbandonato i loro morti senza alcun rito. Inumazione e selezione ossea possono dunque essere inserite in un insieme di pratiche non esclusive che rientrano in un sistema rituale allargato a più strategie funerarie. Il corpo di un defunto, infatti, può essere sepolto immediatamente e poi riesumato in un secondo momento per appropriarsi di una reliquia per il
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Duday – Sellier 1990 pp. 12-14; Vandermeersch 1991
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mondo dei vivi, e ancora può essere deposto temporaneamente e aspettare che le varie componenti del corpo si disarticolino naturalmente o attraverso una scarnificazione attiva per inumare i resti o trattenerne crani e mandibole.
Alla luce dei dati fino ad ora evidenziati è possibile riportare le seguenti considerazioni:
1) In tutte le fasi del Paleolitico la sepoltura dell’intero corpo non sembra riguardare la totalità dei defunti.
2) Tra i resti umani isolati risulta una predominanza netta di reperti craniali piuttosto che post-craniali.
3) Le strategie mortuarie basate sullo smaltimento del corpo non sembrano omogenee in tutta Europa, ma piuttosto il frutto ragionato e riadattato di ogni singola comunità umana.
4) Solo alcune ossa sembrerebbero introdotte intenzionalmente nel sito insediativo e qui depositate. Non vi è certezza però su ciò che facevano i paleolitici con i propri morti e soprattutto dove li smaltissero. E’ probabile che la maggior parte degli individui morisse distante dal campo base e si riportasse, in taluni casi, solo alcuni reperti ossei dopo un’azione di disarticolazione passiva o attiva con strumenti litici. Sappiamo che alcune pratiche di manipolazione sul cadavere venivano certamente effettuate, ma non possiamo sapere se avvenissero nelle grotte, nei ripari o nei siti all’aria aperta. In molti casi, inoltre, abbiamo evidenze che i reperti umani disarticolati fosseroselezionati con cura e portati intenzionalmente in grotte. 5) Successivamente alla traslazione e alla manipolazione, le ossa potevano seguire due distinte vie: la prima porta a deposizioni intenzionali ben definite, la seconda invece ad abbandoni, casuali o deliberati.