Fatta eccezione per le sepolture primarie, è molto complicato discutere sulla presenza o meno di particolari pratiche funerarie durante il Musteriano. Considerando però il basso numero di inumazioni, la presenza costante di resti ossei isolati, la durata e l’estensione geografica del neanderthal, è lecito immaginarci uno scenario che presenta pratiche alternative alla sepoltura di corpi interi38. La questione sui crani manipolati, o di eventuali gesti particolari concernenti i resti cefalici dal mondo neanderthaliano, rimane comunque da analizzare per via della ristrettezza dei dati o della scarsa conoscenza dei singoli contesti dei siti. Un certo numero di ossa, inoltre, presenta segni di manipolazione antropica intenzionale. Se il cannibalismo è stato ipotizzato per giustificare queste attestazioni, raramente si è dimostrato che questa pratica rappresenti l’ipotesi più semplice per spiegare sia l’esistenza dei resti che la loro presenza in contesti abitativi. In questo senso, di notevole controversia sono i siti croati di Vindja39 e Krapina: al primo lo scopritore Malez40 lega un possibile culto del cranio visti i numerosi frammenti ossei, al secondo sono state imputate le più disparate interpretazioni, tra cui cannibalismo41, sepolture di secondo grado42, culto delle reliquie43 e danneggiamento dovuto a processi tafonomici44. Specialmente Krapinasi presenta particolarmente interessante.
33
Vandermeersch 1976 pp. 284-286
34 Smirnov 1989 35 Heim 1976 pag. 582 36 Heim 1976 op. cit.
37 In realtà la maggior parte dei crani di Qafzeh non sarebbe isolata ma accompagnata da alcune
ossa del post-cranio in relazione a sepolture andate distrutte. Comunicazione personale Bar- Yosef 38 Vandermeersch et al. 2008 39 Ahern 1993 40 Malez 1984 pag. 238 41 Smith 1976, 1978 pp. 103-118 42 Russel 1987 pp. 381-385 43 Ullrich 1982 pp. 253-262, 2006 pp. 503-516 44 Trinkaus 1985 pp. 203-216
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Vi si ritroverebbero più di 600 resti umani dispersi, craniali e postcraniali, di almeno 30 individui nel riparo sotto roccia. Quasi tutti i reperti sono fratturati e mostrano modificazioni risultanti da manipolazioni sui cadaveri: segni di taglio nel 30% dei postcraniali e 14,4% nei craniali45.
Allo stato attuale, la grande maggioranza dei resti scheletrici provenienti dai siti neandertaliani si compone di ossa del distretto cranio-dentale e non sempre è dimostrabile se rappresenti il riflesso di una deliberata pratica selettiva o se sia conseguenza di un problema di conservazione46. In sensu stricto, per il Paleolitico medio non si conoscono molti esempi di teste manipolate anche se resta verosimile supporre che i crani siano stati oggetto di attenzione quanto meno particolare. Nel corso del 900’, di “culto dei crani” di epoca preistorica si iniziò a parlarne all’indomani della scoperta avvenuta nel sito mesolitico di Ofnet, in Baviera, di due fosse funerarie contenenti almeno 33 crani umani associati a ocra rossa e a circoli di conchiglie47. L’esempio più tipico di un famigerato culto del cranio in epoca musteriana è stato per molto tempo il cranio di Grotta Guattari, presso il Monte Circeo, Lazio. Scoperto nel 1931 da Blanc, fu descritto come collocato all’interno di un circolo di pietre su una paleosuperficie con più di 600 resti faunistici48. Il reperto, inoltre, presentava una lesione sul temporale destro e una mutilazione con allargamento del foro occipitale che Blanc49 definiva come cannibalismo rituale. Tuttavia Piperno e Schichilone50, smentendo la manipolazione antropica, hanno evidenziato che le fratture della base del cranio del Circeo sarebbero dovute a carnivori, in particolar modo alla iena, della quale si trova ampia traccia di una frequentazione nella grotta.
Negli anni 70’ del secolo scorso, oltre alla testa si iniziò a parlare anche di un presunto culto delle mandibole. Alciati, Drusini e Tommaseo51 riportano di uno studio effettuato su 364 individui del Paleolitico dal quale evincono che nei corpi ritrovati senza indizi di sepolture, è fortemente privilegiata la conservazione di mandibole, con o senza la presenza del cranio, mentre in quelli sepolti si rinvengono elevate percentuali di resti post-craniali, soprattutto ossa lunghe
45 Ullrich 2006 op. cit.
46
Mussini-Mureille 2012 pp. 48
47 May 1986 pag. 164
48 White-Toth 1991 pp. 118-120; Giacobini 2006 pag. 178 49 Blanc 1945, 1971
50
Piperno-Schichilone 1991
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come omeri e femori. Secondo gli autori, la statistica sembra quindi un mezzo idoneo per evidenziare la fondatezza del culto delle mandibole. Nonostante ciò, Leroi-Gourhan52 criticò questo approccio chiedendosi in quali condizioni le diverse parti dello scheletro umano e animale si dissolvono nelle paleosuperfici dei siti preistorici. L’autore francese ci riporta a riguardo un’analisi statistica basata su 474 reperti ossei di Homo neanderthalensis, lupo e iena provenienti dalle grotte di Arcy-Sur-Cure e da altri siti del Musteriano francese, aggiungendo infine resti di volpe da tane dei giorni nostri come mezzo di controllo. Le percentuali di rinvenimento di particolari distretti scheletrici nelle diverse specie europee analizzate, sono le seguenti:
Tra i tre diversi carnivori si evince che esistono rapporti molto simili e nonostante la conformazione scheletrica differente per ciascuna specie, la media ottenuta si discosta di poco da quelle di Homo neanderthalensis. Alla luce di questi dati, Leroi-Gourhan53 affermava che occorreva ammettere che i neandertaliani abbiano subito lo stesso processo di disintegrazione dei carnivori, oppure attribuire alle volpi attuali una devozione particolare per le mandibole dei loro antenati. Un culto delle mandibole risulta dunque essere indimostrabile54, a meno che queste non siano depositate in contesti speciali o non abbiano subito manipolazioni particolari. Secondo Smirnov55, sulla scia di Alciati, Drusini e Tommaseo56, nonostante i processi tafonomici e la maggior resistenza delle mandibole ad attacchi fisico-chimico, risulta difficile negare invece una certa
52 Leroi-Gourhan 1970
53
Leroi-Gourhan 1970 op. cit.
54 Occorre tenere in considerazione anche la diversa conservazione differenziale delle singole
componenti scheletriche. La mandibola, infatti, risulta una delle parti anatomiche più compatte e resistenti alla distruzione naturale. Vedi Giacobini-Mallegni 1986; Giacobini 2006
55
Smirnov 1989 op. cit.
56 Alciati et al. 1979 op. cit. Specie
Resti
Lupo Iena Volpe Lupo,
iena, volpe Neanderthal europeo Denti 62 % 82 % 35 % 60 % 60 % Mandibole 19 % 10 % 15 % 15 % 20 % Mascellari 10 % 4 % 9 % 7 % 5.8 % Ossa lunghe 7 % 2 % 39 % 17 % 13 %
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intenzionalità di conservazione57. Mandibole isolate, ad esempio, sono state rinvenute a Naulette, nel 1866, da Dupont sotto 11 metri di sedimento, a Malarnaud nel 1888, a Isturitz nel 189558 o ancora Chateuneuf-sur-Charente59 e dal Riparo del Molare in una sorta di nicchia60. Inoltre, per il solo Paleolitico medio, a differenza del successivo periodo, sembrerebbe che la pratica di conservare o comunque manipolare resti crani e mandibole di individui giovani sia molto più comune di quella sugli adulti. Le mandibole infantili sotto i 14 anni sarebbero, infatti, il 30% più comuni di quelle di adulti e il 20% più comuni dei resti craniali di adulti61.