• Non ci sono risultati.

La disciplina generale dei servizi della società dell’informazione tra libertà di impresa e ordine pubblico.

Il diritto dell’Unione e la responsabilità del provider

3. La disciplina generale dei servizi della società dell’informazione tra libertà di impresa e ordine pubblico.

Prima di analizzare la disciplina della responsabilità degli intermediari, è opportuno porre l’attenzione sulle regole di carattere pubblicistico che governano la prestazione dei cosiddetti servizi della società dell’informazione, perlopiù collocate nelle Sezioni Prima e Seconda del capitolo Secondo della Direttiva e-commerce.

D’altra parte, l’effettività della tutela risarcitoria apprestata dalla Sezione Quarta presuppone a monte che i soggetti che prestano servizi della società dell’informazione siano riconoscibili agli utenti e rintracciabili in termini strettamente geografici: un’esigenza, questa, che – è intuitivo – è avvertita in modo ancora più forte quando si tratta di attività destinate ad essere esercitate in un contesto immateriale quale è appunto la rete.

In questa prospettiva, gli artt. 4 e 5 della Direttiva mettono a punto una soluzione di compromesso, bilanciando la generale libertà di impresa – sia a livello di diritto di stabilimento sia a livello di libera prestazione dei servizi, dunque a prescindere dal carattere occasionale o permanente dell’attività svolta – con la necessità di evitare un esercizio incontrollato di servizi che, come si è visto, possono impattare in misura significativa su diritti fondamentali o in ogni caso su interessi – individuali o collettivi – meritevoli di protezione giuridica.

CGUE), il cui orientamento appare consolidato nel senso di correlare la nozione di stabilimento all’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata (da riferirsi all’attività, con la conseguenza che un tale requisito non è pregiudicato dall’eventuale previsione di una durata determinato nell’atto costitutivo della società che presta il servizio) mediante l’insediamento in pianta stabile; b) che il luogo di stabilimento, per le società che forniscono servizi tramite Internet, “non è là dove si trova la tecnologia del supporto del sito né là dove esso è accessibile, bensì il luogo in cui tali società esercitano la loro attività economica”; c) che, se uno stesso prestatore ha più luoghi di stabilimento, “è importante determinare da quale luogo di stabilimento è prestato il servizio in questione” e, per l’ipotesi in cui una tale operazione sia “difficile” (il che è assai verosimile per servizi prestati mediante la rete), occorre fare riferimento al luogo “in cui il prestatore ha il centro delle sue attività per quanto concerne tale servizio specifico”.

44

Il compromesso è rappresentato dalla assenza di un regime autorizzatorio e dalla contestuale previsione di un onere – a carico del prestatore del servizio online – di rendersi identificabile e rintracciabile.

Infatti, da un lato l’art. 4, par. 1, impone agli Stati membri di garantire “che l’accesso all’attività di un prestatore di un servizio della società dell’informazione ed il suo esercizio non siano soggetti ad autorizzazione preventiva o ad altri requisiti di effetto equivalente”. Al contempo, l’art. 5 impone agli Stati membri di regolare l’attività del prestatore di servizi online mediante una dettagliata catalogazione delle informazioni che il medesimo deve fornire (con la precisazione che tali informazioni devono essere rese accessibili, sia ai destinatari del servizio che alle autorità competenti, in modo diretto, permanente e agevole).

Tra le informazioni da fornire – oltre al nome del prestatore e a dati inerenti alla peculiare attività esercitata50 – rivestono un certo rilievo “l’indirizzo geografico in cui il prestatore è stabilito” e “gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lui, compreso l’indirizzo di posta elettronica”. La contemporanea indicazione del luogo di stabilimento e dell’indirizzo di posta elettronica, il fatto cioè che la disciplina europea prescriva sia un’indicazione topografica di carattere fisico sia un’indicazione topografica di natura virtuale (non ammettendo un nesso di alternatività tra le due), rispondono all’esigenza di evitare che la presenza in rete in un determinato “dominio” sottragga il prestatore del servizio dal “fornirsi di una sede fisica e geografica, la quale non può neppure limitarsi al luogo di

50

Ad esempio, se si tratta di attività soggetta ad autorizzazione, gli estremi della competente autorità di controllo; se si tratta di professione regolamentata, l’ordine professionale (o istituzione analoga) presso cui il prestatore del servizio è iscritto nonché il titolo professionale e lo Stato membro di rilascio.

45

trasmissione o ricevimento delle informazioni telematiche, bensì deve essere il sito giuridico della propria attività professionale51”.

Sembra evidente la soluzione di compromesso realizzata dalla Direttiva: lo smantellamento di vincoli autorizzatori, in linea con il generale favor accordato dal diritto europeo alle attività produttive destinate a svolgersi negli Stati membri, è compensato da una dettagliata disclosure del prestatore del servizio in ordine a elementi essenziali ai fini della sua “localizzazione”.

Sempre nell’orbita della disciplina pubblicistica che fa da sfondo alle regole in tema di responsabilità è possibile collocare – nella seconda Sezione della Direttiva – le regole in materia di “comunicazioni commerciali”, ossia tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di una persona che esercita un’attività commerciale, industriale, artigianale o di libera professione, con l’esclusione delle comunicazioni relative a beni, servizi o all’immagine di tale impresa, organizzazione o persona elaborate in modo da essa indipendente, e in particolare a titolo gratuito.

Anche qui la ragione di una specifica disciplina è agevolmente intuibile: infatti, se è certamente vero che non mancano regole all’interno degli Stati membri idonee a reprimere comunicazioni commerciali scorrette, è altrettanto vero che la comunicazione online ha una sua specificità che sembra imporre la necessità di una previsione ad hoc.

Di qui la previsione di tre ordini di regole.

In primo luogo, la Direttiva prevede requisiti di trasparenza.

In secondo luogo, la Direttiva appronta uno specifico trattamento (seppure minimale) del fenomeno dello spamming.

51

46

In terzo luogo, viene affrontato il problema del rapporto tra comunicazioni commerciali ed esercizio di una professione protetta. Più nel dettaglio, i requisiti di trasparenza sono previsti dall’art. 6: tra gli altri, ad esempio, il fatto che le offerte promozionali (ribassi, premi, omaggi, giochi promozionali), se autorizzate dallo Stato membro in cui è stabilito il prestatore, devono essere chiaramente identificabili come tali e devono palesare in modo chiaro le condizioni per beneficiarne. Previsione, questa, che, se da un lato può apparire superflua, dall’altro lato sconta tuttavia una naturale diffidenza verso il mezzo elettronico, ritenuto più di altri capace di “opacizzare” informazioni rilevanti e comunque utili ad orientare i fruitori di un determinato servizio.

In riferimento allo spamming o – più precisamente – alle cosiddette “comunicazioni commerciali non sollecitate” (cioè quei messaggi di posta elettronica che contengono informazioni – relative a servizi – delle quali il destinatario non aveva fatto richiesta), l’atteggiamento adottato dalla Direttiva è prudente: l’invio in blocco di una stessa comunicazione tramite posta elettronica a centinaia o migliaia di indirizzi non è vietato a due condizioni: i) la prima è che un tale comportamento sia identificato in modo chiaro e inequivocabile come comunicazione non sollecitata sin dal momento in cui il destinatario riceve il messaggio; ii) la seconda è che i prestatori che inviano per posta elettronica comunicazioni commerciali non sollecitate consultino regolarmente – così da rispettarne la volontà – i registri in cui possono iscriversi le persone fisiche che non desiderano ricevere tali comunicazioni commerciali. Ed è cura del singolo Stato membro adottare opportuni provvedimenti e cautele funzionali ad evitare che le indicazioni di cui ai registri in esame vengano disattese.

Il terzo profilo – quello inerenti ai rapporti tra professioni protette e comunicazioni commerciali online – viene in realtà regolato per relationem. Nel senso che la correttezza della comunicazione viene

47

affidata alle leggi professionali e ai codici deontologici della singola categoria: in tal senso, l’art. 8, par. 1, dispone che “gli Stati membri provvedono affinché l’impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell’informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, siano autorizzate nel rispetto delle regole professionali relative, in particolare, all’indipendenza, alla dignità, all’onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi”.

Già da queste prime indicazioni sembra emergere la sensazione che la prospettiva della disciplina europea è quella di incoraggiare un mercato libero per la circolazione dei servizi informativi online: il “valore” centrale è la libertà, e i pochi “paletti” fissati all’esercizio di questa libertà – tra cui, appunto, come si è visto, il dovere di rendersi rintracciabili, non solo in rete ma anche “fisicamente”, come pure il dovere di rendere chiaramente identificabili le comunicazioni commerciali trasmesse o di rispettare la volontà di chi non intenda ricevere messaggi spam – non hanno una reale portata restrittiva. Servono solo a procedimentalizzare l’operato dei prestatori di servizi online, dettando condizioni minime di esercizio che intendono tutelare le concorrenti libertà e gli ulteriori interessi in gioco.

Esattamente questa, come si vedrà nei prossimi paragrafi, è l’impostazione che emerge dalla Sezione Quarta in materia di responsabilità dei prestatori intermediari.

4. Le singole attività del prestatore di servizi della società

Documenti correlati