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La responsabilità degli ISP nel quadro del diritto civile nazionale.

Il rapporto con l’ordinamento italiano.

2. La responsabilità degli ISP nel quadro del diritto civile nazionale.

2.1. L’ingiustizia del danno: gli interessi protetti.

L’esame dell’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 70/2003 ha consentito di introdurre un concetto di primaria importanza nella definizione del perimetro di responsabilità degli intermediari, e cioè la nozione di danno ingiusto.

Il danno ingiusto rappresenta il baricentro della disciplina italiana sulla responsabilità aquiliana (e più in generale sulla responsabilità civile, anche contrattuale, dove però è la legge stessa a tipizzare i danni ingiusti meritevoli di tutela risarcitoria: cfr. art. 1223 c.c.). D’altra parte, quando si parla di responsabilità degli intermediari per omesso controllo su illeciti che si verificano in rete, il modello di riferimento è senza dubbio l’art. 2043 c.c.: manca infatti un obbligo preesistente che leghi l’intermediario a uno specifico soggetto o a una serie di soggetti. I soli doveri che la disciplina, italiana ed europea, pone in capo all’intermediario, lungi dal riferirsi ad un soggetto (che possa dirsi creditore di una prestazione), sono doveri che circondano un’attività suscettibile di interferire nella vita e nella sfera giuridica di una platea vastissima, indeterminata e indeterminabile di soggetti:

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sono, in qualche modo, doveri (impersonali) di organizzazione e di gestione di un rischio imprenditoriale86.

Ne consegue che il modello di riferimento è senza dubbio l’art. 2043 c.c.: pertanto occorre tener presente l’applicazione giurisprudenziale di tale precetto per comprendere quanti e quali danni possono assumere rilievo in un giudizio risarcitorio intentato dal danneggiato contro (l’autore dell’illecito, è ovvio, ma poi anche contro) l’intermediario che non ha vigilato o che non ha effettuato la segnalazione, rendendosi così responsabile di quello che in dottrina è stato denominato un “illecito plurisoggettivo permanente87” (o,

secondo altri, “ a formazione progressiva88”).

In proposito è sufficiente ricordare che, a partire dalla nota sentenza n. 500/1999, la Corte di Cassazione ha inaugurato una nuova chiave di lettura dell’intero sistema della responsabilità civile, il quale – per effetto di tale pronuncia – si è allontanato definitivamente dal canone di tipicità degli interessi meritevoli di tutela e, accanto al diritto di proprietà e al diritto di credito, ha annoverato molte altre situazioni soggettive e più in generale molti altri interessi degni di protezione, perlopiù agganciandoli ai valori della Carta Costituzionale e alla connessa tutela della dignità individuale.

Si è assistito, negli anni successivi, a una vera e propria proliferazione giurisprudenziale degli interessi meritevoli di accedere alla tutela risarcitoria, con la creazione di figure inedite – spesso ricondotte alla nozione di danno alla persona – che ampliano a dismisura i confini della responsabilità civile primaria (di un utente verso un terzo) e – di

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Cfr. al riguardo E.TOSI, Le responsabilità civili, in I problemi giuridici di internet. Dall’e-commerce all’e-business, a cura di E.TOSI, Milano, 2003, pp. 516 ss.; sempre del medesimo Autore, Responsabilità civile per il fatto illecito degli internet service provider tra tipizzazione normativa ed evoluzione tecnologica: peculiarità e criticità del regime applicabile alle nuove figure soggettive dei motori di ricerca, network e aggregatori di contenuti di terzi, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, Torino, 2016, pp. 688 ss.

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Cfr. R. BOCCHINI, La responsabilità civile degli intermediari del commercio elettronico. Contributo allo studio dell’illecito plurisoggettivo permanente, Napoli, 2003, pp. 123 ss.

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riflesso – della responsabilità, da omesso controllo o da omessa segnalazione, del prestatore del servizio informatico. Si pensi, a titolo di esempio:

i) al diritto all’onore; ii) al diritto all’oblio;

iii) al diritto alla serenità familiare; iv) al diritto alla riservatezza;

v) al diritto al libero esercizio della propria autonomia negoziale. Il tema, poi, si lega inevitabilmente alla crescente rilevanza del danno non patrimoniale nella giurisprudenza italiana, che da più di quindici anni ha ormai abbandonato l’impostazione parapenalistica che ravvisava nell’art. 2059 c.c. un ostacolo invalicabile alla risarcibilità di danni non patrimoniali (biologici, ma soprattutto morali ed esistenziali) che non fossero cagionati da reati.

Il binomio “atipicità del danno risarcibile-risarcibilità del danno non patrimoniale da reato” ha aperto nuove tendenze alla giurisprudenza civile italiana, al punto che si è reso necessario un intervento della Cassazione per precisare che i cosiddetti “danni immaginari”, comprensivi di disagi, fastidi, ansie e ogni altro tipo d’insoddisfazione che riguardi la vita quotidiana, non possono essere risarciti89.

Anche la dottrina si è inserita nello stesso solco, affermando in particolare che la perdita di chance (una delle figure maggiormente invocate nella prassi giurisprudenziale) «non è una figura peculiare di danno ingiusto, giacché presuppone la lesione di una situazione soggettiva che non può essere la chance medesima»90.

Ma resta il fatto che, a partire dal 1999, si è consumata una rottura irreversibile con la tradizionale impostazione della responsabilità aquiliana: la dignità, l’onore, l’integrità psichica (anche e soprattutto nella sua dimensione relazionale, familiare e sociale), in quanto valori

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Così Cass., 19 agosto 2011, n. 17427.

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della persona umana, sono stati definitivamente assunti al rango di interessi protetti e quindi risarcibili a titolo extracontrattuale.

2.2. Il nesso di causa.

Nel paragrafo precedente si è fatto notare che gli interessi protetti dall’ordinamento nazionale ed europeo coprono un perimetro vastissimo e, sotto certi profili, in continua espansione. Ciò significa che i rischi che il prestatore del servizio è tenuto a mettere in conto nella pianificazione della propria attività sono molti e diversificati. Ciò però, al contempo, induce l’interprete a evitare approcci sommari e di stampo giustizialista al tema della responsabilità del provider. Cosa, questa, che l’interprete può fare percorrendo congiuntamente due strade.

La prima strada consiste nel fissare paletti ben precisi al dovere di sorveglianza e di segnalazione al quale è tenuto il prestatore del servizio: e di ciò si è già parlato nella Seconda Sezione del presente capitolo, e si tornerà a parlare alla fine della presente Sezione, nell’ottica – in particolare – del rilievo assunto dagli assetti organizzativi interni al prestatore del servizio e del ruolo scriminante che tali assetti devono poter assumere ai fini dell’esenzione da responsabilità.

La seconda strada – di cui si occupa questo paragrafo – consiste in un uso prudente e consapevole del nesso di causa, in funzione di filtro deputato a selezionare i danni ragionevolmente addebitabili alla culpa in vigilando del provider.

Sotto questo profilo, è interessante notare che, se da un lato la dottrina civilistica degli ultimi anni ha contribuito a delineare una nozione di danno quale «annientamento o alterazione di una situazione favorevole» (nozione, questa, pressoché priva di confini), dall’altro lato si è rilevato che «è rispetto al concetto di situazione favorevole

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che deve interpretarsi la nozione di perdita dell’art. 1223 c.c., con la conseguenza che è su questa che va ripensata la griglia selettiva per la risarcibilità del danno alla persona»91.

3. La responsabilità di secondo grado degli ISP in relazione

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