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Discorsi politici a confronto: breve analisi linguistica

“commento” su testi politic

4.2 La ricerca nella ricerca

4.2.5 Discorsi politici a confronto: breve analisi linguistica

Il Corpus 1 e Corpus 2 sono sottocorpus del più ampio corpus “Politiche 2008”. Entrambe sono corpora di piccola ampiezza: il Corpus 1 consta di circa 58.000 parole, a fronte di 48.000 circa del Corpus 2. Sono stati strutturati con lo scopo di documentare la variazione sociolinguistica del linguaggio specialistico in ambito politico. Anch‟essi raccolgono i discorsi pronunciati nel corso di undici partecipazioni a trasmissioni televisive di informazione elettorale, nei quaranta giorni antecedenti il voto del 13 aprile 2008, delle fonti delle due principali forze politiche in campo nel 2008: Silvio Berlusconi (referente del PdL - Corpus 1) e Walter Veltroni, (esponente del PD - Corpus 2).

CORPUS - 1 (fonte: Berlusconi) 57.749 parole

CORPUS - 2 (fonte: Veltroni) 47.778 parole

Gli interventi sono così suddivisi: tre su RaiUno (due a Porta a Porta e una a Tv7), tre su RaiDue (Tg2 Punto di vista, Conferenza Stampa e L‟intervista), una a Primo Piano su RaiTre, una sulle reti Mediaste (Matrix, su Canale 5) e due su La7 (Omnibus e Otto e mezzo). Quest‟ultima ha anche trasmesso, all‟interno di uno spazio dedicato all‟approfondimento, il discorso di apertura della campagna elettorale al Palalido di Milano di Silvio Berlusconi.

Molti degli studi sulla comunicazione politica di Silvio Berlusconi, in passato, hanno individuato la forte tendenza del leader al racconto autodiegetico101 ed

101 Un racconto si dice autodiegetico quando il narratore coincide con il protagonista (Genette, 1983).

La distinzione è operata a partire dalle due principali posizioni del narratore individuate per i testi narrativi: dentro la storia (omodiegetico) e fuori della storia (eterodiegetico).

autobiografico. Linguisticamente, ciò si traduceva nell‟uso predominante della prima persona singolare combinata in modo decisamente “marcato” alle forme del passato remoto, tipiche del carattere autenticamente narrativo assieme a quelle dell‟imperfetto, del trapassato remoto e del condizionale. Al contrario, presente, passato prossimo e futuro, quelle del commento (Weinrich, 1971, 1978).

Inoltre, in Desideri avremo che:

Il discorso politico non è quindi, o lo è solo parzialmente, un discorso rappresentativo, mimetico rispetto al mondo dei fatti: non può cioè essere descritto unicamente come un insieme di enunciati in rapporto cognitivo-referenziale con il reale, perché, invece, quest‟ultimo subisce processi di narrativizzazione propri del racconto e di conseguenza della manipolazione discorsiva. (Desideri P.

in Gensini S., 1999:68)

Questa interpretazione evidenzia il fatto che la politica è agire linguistico e questo crea un‟evidente vicinanza tra l‟ambito del fattuale - lo spazio politico - e l‟ambito del discorso; questa vicinanza è quella per cui:

[…] si può sempre individuare una radice narrativa del potere politico. Per stabilire la sua

legittimità, qualunque potere ha bisogno di essere raccontato, sia secondo una modalità naturale (per esempio, con la storia delle sue origini, col giornalismo), che in maniera artificiale (il mito della fondazione, l‟epica degli eroi).

(Volli U., 2000:280)

Il discorso politico, dunque, rientra in una delle forme di narrazione naturale102 tipici della disciplina semiotica, ma non solo, poiché il discorso politico viene inteso prima di tutto come evento nell‟accezione di fatto essenzialmente pragmatico, di atto linguistico, che contiene:

imprescindibilmente questa componente eventiva; è la lingua effettivamente utilizzata in situazioni concrete per il raggiungimento di scopi, è struttura, e al tempo stesso, processo, sicché è possibile da un lato concentrarsi sull‟analisi degli enunciati per studiarne l‟articolazione, i modelli e la loro regolarità e prevedibilità, dall‟altro privilegiare le funzioni, considerando gli enunciati stessi come azioni finalizzate al raggiungimento di scopi specifici, sociali e culturali. (Santulli, 2005:12)

Già a partire dalla teoria dei tempi verbali di Weinrich (1971, 1978)103, infatti, sappiamo che l‟alto indice di frequenza e la ricorrenza ostinata delle forme temporali104, in un dato un testo, non è casuale e la loro distribuzione obbedisce ad

102

Cfr., per questa distinzione, il già citato Ugo Volli, Manuale di semiotica, p. 175: “Le narrative

naturali sono racconti che si riferiscono a eventi che si suppongono essere avvenuti all‟interno del mondo reale o mondo di riferimento”.

103 La prima edizione del saggio, del 1964, in cui tale teoria è esposta è, significativamente, intitolata

Tempus: qui si individuava la contrapposizione fra il mondo narrato e il mondo commentato, a partire

dai testi letterari.

104

un “principio di ordine” (Weinrich, 1971, 1978: 22). Se in un testo narrativo questa strategia di utilizzo delle forme temporali corrisponde ad un tentativo di riprodurre una dimensione cronologica, nell‟analisi di un testo di linguaggio politico, in realtà, essa può sottendere all‟esigenza di costruire una particolare modalità di rappresentazione cui, naturalmente, corrisponde la possibilità di manovrare l‟atteggiamento ricettivo dell‟ascoltatore.

“Il ruolo dei tempi verbali non è dunque soltanto, e forse neppure primariamente, quello di fornire indicazioni cronologiche, ma piuttosto quello di indicare l‟atteggiamento comunicativo che si intende adottare in una particolare situazione” (Santulli, 2005: 76).

Opposta alla modalità della narrazione è il commento, dove si mettono in gioco l‟atteggiamento del parlante e le sue intenzioni pragmatiche: non a caso le forme narrative si combinano spesso con la terza persona e quelle comunicative con la prima. Infatti, un soggetto può “narrare” gli eventi mantenendoli lontani da sé sviluppando fenomeni di distacco dall‟argomento che sta trattando (débrayage), oppure “commentarli” avvicinandoli alla situazione comunicativa (embrayage). Ciò produce un particolare effetto sull‟ascoltatore: i tempi del commento indicano come ciò che il parlante dice vada fruito in uno stato di tensione partecipativa; mentre quelli della narrazione richiedono la distensione (omologo al distacco del narratore stesso)105. Nella comunicazione del leader del PdL si assiste ad una prevalenza dello stile del commento, anche se qui l‟Io narrante ha lasciato posto ad un sempre più sfruttato “noi”, linguisticamente connotato da un indice di frequenza maggiore per le forme della prima persona plurale che sottendono ai compagni d‟avventura politica (si veda più avanti la tabella dell‟uso della prima persona, singolare e plurale, all‟interno delle forme verbali). Di fatto le forme di comunicazione di Berlusconi sono cambiate e, seppur intrise di una certa personalizzazione, il discorso nel 2008 è meno autobiografico e più tecnicalizzato, in alcuni tratti distaccato con forme di débrayage attanziale. La motivazione è forse la crisi economica che negli scenari cupi e preoccupanti paventati costantemente dal leader (come vedremo in particolare nell‟uso di precisi schemi metaforici), inducono ad un minor impegno in prima persona e, di conseguenza, una sua deresponsabilizzazione a favore di una più equa distribuzione di condivisione delle responsabilità di governo sia con la sua coalizione, sia con gli Italiani stessi, cui viene costantemente richiesto <sacrificio>

105 La differenza fra narrazione e commento non ha nulla a che fare con la verità: un commento può

essere falso, una narrazione riferirsi a fatti effettivamente accaduti, e viceversa. I tempi, secondo Weinrich (1971, 1978: 119-120), non informano sulla verità o sulla menzogna.

[9] e impegno (vedremo più avanti la funzionalità in tal senso del SMC medico) per l‟uscita dalla critica congiuntura economica nazionale (e mondiale). Tale logica è rintracciabile anche nell‟ambito della contrapposizione fra atteggiamento monologico e dialogico, attraverso cui lo stile di un candidato contribuisce ad accentuare o attenuare il suo impegno106. Lo stile dei due candidati, infatti, è evidentemente diverso: monologico da sempre in Berlusconi, dialogico in Veltroni. Osserviamo, dall‟analisi quali-quantitativa dei due corpus, se le cose stanno effettivamente così: credere e pensare sono tra i principali verbi che in italiano sono finalizzati all‟espressione della modalità epistemica (Santulli, 2005: 97). In particolare la prima, in unione a forme di congiuntivo o modali107, può essere espressa in contesti che aprono ad una maggiore negoziabilità. Nel discorso di Berlusconi il congiuntivo in dipendenza da credere è molto più frequente rispetto al passato. Se infatti nella sua comunicazione, per esempio del 2004, si assisteva all‟uso di questa forma solo in corrispondenza di un congiuntivo imperfetto (credevamo che bastasse), che implicava come le convinzioni del passato si fossero rivelate sbagliate (a dispetto di quelle presenti); ora invece si assiste ad una maggiore apertura anche verso il presente e verso un futuro quanto mai incerto. Se ne leggano gli esempi:

Può essere…si potrebbe essere certi che si risparmia addirittura il 30%. Io non credo che si possa fare questo in un‟azienda pubblica.

Io credo che si debba partire dalla scuola e dalla ricerca e che perciò bisogna procedere in questa direzione anche con incentivi alle aziende per andare nella direzione dell‟innovazione.

Con i verbi modali il senso epistemico viene legato ancora di più alla valutazione obiettiva di un fatto presentato, nel primo caso, come non possibile/ non adeguato, ma aperto ad un margine di incertezza (e di conseguenza meno monologico rispetto al caso successivo), mentre nel secondo viene posto una sorta di “obbligo” e, di conseguenza, un valore ritenuto altamente condiviso e poco contestabile. Ritengo che la monologia di Berlusconi, in alcuni frangenti di questa campagna elettorale, abbia subito un certo contraccolpo. Altri studiosi, infatti, hanno notato come l‟immagine

106 L‟impegno è in genere l‟atteggiamento assunto dal parlante nei confronti dell‟enunciato. Esso si

riferisce alla disponibilità a negoziare le proprie affermazioni con l‟uditorio, attraverso un atteggiamento “aperto” in tal senso (definito dialogico, appunto, che si manifesta attrverso forme di

hedging, modalità) o “chiuso” (monologico), attrverso l‟uso di forme dichiarative semplici, che

segnalano appunto come il parlante non riconosca la possibilità di negoziare la sua posizione (Santulli, 2005).

107 Seguendo Skytte (1983) i verbi servili (o modali) considerati saranno potere, volere, dovere e, con

“nuova” del leader di centro-destra non sia scontata e richieda anzi l‟adozione di un‟accorta strategia di comunicazione politica: la diversità di paradigmi, toni, tecniche e lessico non può più essere simile a quella della prima contesa nel lontano 1994, quella così densa dell‟evocatività funzionale ad un sistema politico ormai destrutturato e pronto, perché ormai privo dei tradizionali referenti identitari, a farsi sedurre dalla favola dell‟uomo nuovo chiamato misticamente a salvare il paese da un‟imminente catastrofe (Prospero, in corso di pubblicazione: 12, pagina provvisoria). In queste politiche il futuro premier indossa così “maschere” diverse, dosando continuità di richiami, differenze di toni e contenuti della sua offerta comunicativa. Le “variopinte promesse di miracoli” hanno lasciato il passo ad un tono più dimesso, sebbene ancora parli di grandi missioni da compiere che contribuiscono a “rispolverare” l‟indiscutibilità monologica. Tuttavia, aumentano le forme di attenuazione108, anche se il discorso non diviene mai totalmente dialogico come dimostra, ad esempio, l‟uso della forma verbale pensare.

Tutto questo comporta una situazione di enorme difficoltà che impegnerà chi sarà al governo del paese, noi pensiamo che saremo noi e quindi siamo pronti ad affrontare questo impegno con la dovuta preoccupazione, con la necessaria umiltà, con tanta concretezza e anche con ottimismo perché siamo tra coloro che pensano che da ogni male, e qua i mali sono tanti… bisogna saper trarre un bene […].

La combinazione del verbo pensare con l‟indicativo futuro è un bell‟esempio di limitazione della soggettività e un fenomeno di distacco dall‟uditorio (nonostante le necessarie attenuazioni con l‟espressione “la necessaria umiltà” per smorzare i toni troppo imperativi dell‟enunciato): l‟assenza di congiuntivo limita la negoziazione del destinatario, dando alla frase nel suo insieme un tono fortemente perentorio.

Noi pensiamo che la politica debba essere al servizio dei cittadini, non i cittadini al servizio della politica. Noi pensiamo che la politica debba essere fondata più sui valori che sugli interessi. Noi crediamo che la persona, con i suoi valori e con i suoi principi, con la sua morale e la sua ragione di esistere e di migliorarsi, sia il principio e il fine di ogni comunità politica, la sola fonte della sua legittimità e che non possano esistere un‟autentica giustizia e un‟autentica solidarietà se la libertà di ogni singola persona non viene riconosciuta come condizione essenziale dello Stato.

In questo caso, l‟uso anaforico del verbo pensare, anche se in concordanza con il congiuntivo, associato all‟esplicitazione della prima persona plurale, indica la necessità di focalizzare l‟attenzione del destinatario su valori ampiamente condivisi e

108 Oltre alla presenza di modali e congiuntivi dalla dipendente, ad esempio, si può sottolineare il

non opinabili. Le figure di ripetizione e di accumulazione che qui si susseguono sono tecniche di amplificazione del discorso:

i vari tipi di ripetizione non hanno funzione descrittiva, ma persuasiva, servono infatti non a spiegare meglio, ma a imprimere con insistenza i concetti via via formulati. Esse producono ridondanza e soprattutto ritmo, efficace per gli effetti fonici di ornamento del discorso, tanto più nell‟esecuzione orale dove sono accompagnate da opportune variazioni del tono e della voce. Dal punto di vista testuale, inoltre, la ripetizione può essere considerata come una delle relazioni sintattiche e semantiche cui è affidata la coesione del discorso. (Cedroni, 2002:56)

Le stesse forme, in Veltroni, presentano delle occorrenze che aprono verso un discorso maggiormente dialogico ed emotivamente connotato, rispetto a quello del leader di centro-destra109, nonostante l‟impersonalità di gran parte delle sue forme, talvolta si assiste allo strutturarsi del discorso secondo intenti prettamente didattici.

I discorsi politici didattici […] nei quali è cancellata la presenza stessa del soggetto parlante, sostituita dalla terza persona, o addirittura dalla forma impersonale. In pratica, l‟emittente dà per scontata l‟avvenuta persuasione dell‟uditorio cui si rivolge e configura un impianto discorsivo che si presenta come oggettivamente vero, e dunque del tutto credibile: la valorizzazione che il soggetto politico fa del proprio dire come il solo attendibile, l‟unico possibile, è infatti, legata alla costruzione di percorsi di senso che non necessitano di dimostrazione e di verifica e che quindi si innestano saldamente sugli atteggiamenti epistemici ed assiologici collettivi, dati come presupposti.

(Desideri, 1999: 179)

Se ne veda la conferma nell‟uso della terza persona del congiuntivo presente, dalla dichiarata funzione esplicativa e dalla volontà di far acquisire informazioni ritenute importanti al destinatario, la cui oggettività si manifesta, nel primo esempio, nella domanda retorica finale.

E tra l‟altro questo ci può consentire anche di fare delle operazioni patrimonialmente interessanti, perché si possono spostare dal centro delle città…lei pensi a Roma Regina Coeli, ha un senso che i carcerati siano a Regina Coeli?

[…] pensi alla questione dei bambini nel carcere.

Lei pensi solo al vantaggio che la nostra scelta di andare da soli ha prodotto nella vita politica italiana e cioè: se noi vinceremo le elezioni non ci sarà più quella parola che fa venire male al fegato a tutti gli Italiani che è il “vertice di maggioranza”, la “riunione di coalizione”, tutte quelle cose che sono foriere di brutte notizie, invece ci potrà essere, come in altri paesi europei un programma, una leadership, un gruppo parlamentare.

La retorica piuttosto aulica di Veltroni (si noti il termine <foriere> [1]) che ricalca gli stilemmi di tradizione classica con strategie che spesso ricorrono nei comizi per richiamare l‟attenzione, sollecitare le riflessione, creare partecipazione verso il già noto e il familiare attraverso forme di ripetizione (anafore, reiterazioni, epifore,

109 Si guardi anche al maggior utilizzo della prima persona singolare del verbo, penso [120], rispetto a

diafore, etc.), scansione ritmica che garantisce l‟attenzione, uso di climax, etc. Questo imprime una sorta di ritmo incalzante al ragionamento, dove spesso gli argomenti sono tra loro collegati secondo nessi causali (ad esempio nel periodo: poche donne lavorano nel mezzogiorno perché la struttura della società carica sulle donne prevalentemente il lavoro di cura sia nei confronti dei figli, sia nei confronti dei genitori), tipici di una narrazione oggettiva, pur lasciandosi andare, spesso in questa tornata elettorale, all‟adozione di strategie più empatiche.

Tuttavia, fra le spie della dialogicità del discorso veltroniano risiedono numerose forme di hedging110. Il carattere composito e sfuggente di questa categoria che investe l‟intero ambito testuale si può esprimere attraverso varie forme. Ad esempio, nel Corpus 2, in avverbi come <forse> [15], <probabilmente> [8], <effettivamente>[1] (in Berlusconi <forse> [9], <probabilmente> [4], <effettivamente>[0]), etc., oppure attraverso incisi meta-discorsivi (ci tengo a dirlo, guardi, non faccio polemiche, etc.), talvolta con le citate forme di ripetizione (come la parola maggioranze nel primo esempio, o taglio nel secondo che risponde ad una tensione sia nel presente che nel futuro, nell‟intento rassicurante dell‟elettore su un tema di grande interesse):

Io penso, intanto che in tante città ci sono maggioranze diverse. Ci sono maggioranze diverse a Torino, a Firenze… ci sono maggioranze in cui c‟è il partito democratico con altre forse, e… ma sono tutte realtà locali.

[…] così come, e ci tengo a dirlo, noi abbiamo quantificato il taglio ai costi della politica e che sarà un miliardo di lire all‟anno, ed è un taglio consistente, sarà un taglio consistente.

È chiaro che, seppur le forme di hedging hanno una funzione mitigante nel discorso politico e, di conseguenza, confermano lo stile dialogico tipico del centro-sinistra, dall‟altra risultano di scarso appeal sull‟uditorio.

Si riportano inoltre, schematicamente, alcune delle liste di frequenza e delle key words restituite dall‟analisi quantitativa del Corpus 1 e Corpus 2:

110

Il concetto di hedging, nasce con riferimento alle proprietà logiche di alcuni elementi linguistici (Lakoff, 1972). In un primo tempo è utilizzato per indicare i mezzi di modulazione della forza illocutiva di un performativo, estendendosi poi a comprendere quei modificatori che determinano una variazione nell‟impegno del parlante rispetto al valore di verità di un‟intera proposizione. Si rilevano due tipi di atti di hedges, o almeno due tipi della “incertezza” (fuzziness) di cui parlava Lakoff: una relativa al contenuto preposizionale e l‟altra invece riguardante il rapporto tra questo e il parlante. “Si

è introdotto il termine affine di hedging per indicare una strategia comunicativa globale, che riguarda la responsabilità del parlante nei confronti del valore di verità dei suoi enunciati, ma anche il suo atteggiamento nei confronti degli stessi”(Santulli, 2005: 97).

<Governo> <Paese> <Italia> <Italiani> Berlusconi 188 (Freq. 0,32%) 70 (Freq. 0,11%) 107 (Freq. 0,18%) 71 (Freq. 0,13% Veltroni 128 (Freq. 0,26%) 337 (Freq. 0,68%) 164 (Freq. 0,33%) 61 (Freq. 0,12% Berlusconi Veltroni

N Key word Freq. %* Key word Freq. %

1 SINISTRA 246 0,41 PAESE 337 0,68

2 FARE 146 0,25 QUINDI 84 0,17

3 PAESE 70 0,11 SINISTRA 27 0,05

*Pesi percentuali sulla totalità delle parole del corpus.

Come si vede le percentuali di frequenza non sono molto diverse nei due leader, fatta eccezione per la forte variazione d‟uso del termine “paese” e “Italia”, dove si assiste alla tendenza di Veltroni di parlarne nei termini di un‟entità astratta, collettiva e impersonale (il Paese, appunto), coerentemente con la scelta di molte delle sue configurazioni impersonali, spesso privilegiate rispetto all‟esposizione dei soggetti nelle forme verbali. Questo atteggiamento si scontra però con la volontà di non descrivere la sua missione politica solo in termini “astratti” (si contestualizzi anche con il “viaggio in pulmann” per conoscere e capire tutte le facce dell‟Italia e degli Italiani), ma di tentare una sua personalizzazione, ad esempio, attraverso slittamenti verso occorrenze del lemma italian* utilizzato come sostantivo, non troppo dissimile dall‟utilizzo dell‟avversario politico, la cui comunicazione è da sempre dichiaratamente tesa alla personalizzazione del discorso politico. Veltroni, gioca in questo modo tutta la sua immagine sul modello del “dover/voler fare”, cioè sull‟ambito dell‟affidabilità. Questo modello si attiva con una serie di frasi impersonali, espresse con infiniti iussivi111 come riunire l‟Italia, ridare speranza agli italiani; e ancora, dare pari opportunità, superare le contrapposizioni, etc. Una serie di espressioni con sfumatura iussiva, poi, coniugate al presente (pro futuro) o al futuro come:

111 Quando l‟infinito presente si trova in frasi affermative e negative di carattere impersonale. Si tratta

Il Paese deve crescere e che solo crescendo potrà ridistribuire ricchezze e d occupazione. […] questo tema della disabilità dovrà diventare molto più centrale nella politica del governo.

tendono alla costruzione di un‟immagine affidabile, più coerente con quella politica che si avvale di uomini di apparato che, in quanto tali, si propongono come politici competenti e capaci; al contrario dell‟“esperto imprenditore”, del “prestato alla politica”, tipologia della quale Berlusconi è l‟esempio più evidente, che gioca la propria immagine privilegiando l‟aspetto del “saper fare” e del “poter fare”, fin dal primigenio discorso della “discesa in campo” del Cavaliere che, ancora oggi, riprende uno dei suoi argomenti costanti per la costruzione del contratto fiduciario