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ANALISI VARIANZA

A. G: “Molte di queste strutture sono ehm…eh sono rottami inutilizzati, sono inutili insomma”.

2.4 Prime riflession

In conclusione del capitolo 1, ci eravamo lasciati chiedendoci se il percorso teorico “unitario” nello studio della metafora ipotizzato in ambito internazionale da Gibbs e Tendahl (2006) e nazionale da Mazzone (2009), potesse essere valido e percorribile per la nostra osservazione del fenomeno-metafora in ambito di comunicazione politica. Il contributo creato per il Convegno di Comunicazione Parlata di Napoli del 2009 che, per certi versi, è ancora oggetto di riflessione e passibile di integrazioni, ha cercato di analizzare la co-occorrenza di alcuni fattori tipici dell‟elaborazione metaforica, al fine di determinare “quanto” e attraverso “quali” modalità la presenza o meno di alcuni elementi (in particolare contesto, grado di convenzionalità e presenza del mapping fra domini concettuali) potesse giocare a favore di un‟ipotetica via integrativa della metafora ed, in questo caso, in presenza di linguaggio politico. Qui, ho dovuto confrontarmi con l‟analisi di items metaforici non creati in “laboratorio” e, di conseguenza, privi delle facilitazioni del caso (ad esempio l‟uso di metafore esclusivamente nominali), ma con le difficoltà tipiche di un qualunque cittadino che si trovi a dover interpretare un messaggio politico. Di fatto, durante le prime osservazioni sperimentali mi sono immediatamente resa conto di quanto possano essere numerose ed eterogenee le variabili coinvolte nel fenomeno metaforico. Gli obiettivi principali della ricerca non hanno potuto rendere giustizia di

59 Gli spazi mentali, infatti, sono strutture “a lungo termine” basati su schemi di conoscenze

generali e specifiche. Ad esempio: i miei ricordi e le mie conoscenze generali in materia di COSTRUZIONI contribuirà a mettere in relazione gli spazi mentali della “casa” e della “famiglia”, in modo da creare "on line" un concetto ad hoc più ampio dei singoli schemi specifici, che mi permetta di comprendere ed interpretare un problema, una metafora o qualsiasi altra espressione creativa più o meno complessa.

tutta la complessità del fenomeno; tuttavia, sono spontaneamente emerse delle considerazioni “di massima” su alcuni temi dibattuti nell‟attuale panorama scientifico. Alla luce delle evidenze ottenute, ritengo quindi che la via integrativa della metafora sia una strada decisamente percorribile e che, anzi, ricerche future e con possibilità di analisi empiriche molto più sofisticate di quanto i “mezzi” di cui mi sono potuta avvalere abbiano permesso; nella speranza di generalizzazioni, possibilmente multidisciplinari, su una teoria “unitaria” della metafora concettuale.

Sintetizzando, le prime riflessioni sui risultati che riporto e che saranno propedeutiche al capitolo IV (lasciamo al capitolo V il compito di una sintesi che possa dirsi “conclusiva”); ben evidenziano come sia il contesto che il mapping siano ben presenti nel processo di comprensione metaforica. Tuttavia è significativo che, tali aspetti, differiscano nella loro portata a seconda di una variabile della metafora molto importante: il grado di convenzionalità. Se ricerche passate hanno dimostrato come fra un decoding di linguaggio letterale e metaforico non sembrano sussistere differenze significative nella loro elaborazione (Gibbs e Tendahl, 2006) stessa cosa, seppur per mezzo di lievi differenze, non può dirsi per il confronto interno alla metafora stessa. Di fatti, i dispositivi metaforici non sono tutti uguali ed ogni soggetto, intuitivamente, se ne rende conto (vd. le evidenze nei compiti di rating). Questo ci induce a pensare che la discordanza dei risultati ottenuti in precedenti studi sulla metafora, si possano spiegare in base allo studio del fenomeno-metafora come elemento “indifferenziato”. In realtà esso è estremamente disuguale nelle sue forme convenzionali e non convenzionali.

Date queste premesse, la relazione fra mapping e peculiarità contestuali, fra processo associativo e processo inferenziale, troverebbe una sua “unificazione” proprio nell‟analisi della metafora inserita in porzioni di testo. In linea con le considerazioni di carattere cognitivo di Bambini et al. (2008), il contesto è un elemento fondamentale. Nell‟analisi delle aspettative linguistiche di Wilson e Carston (2006), abbiamo che i parlanti sono già in grado di reperire parte dell‟informazione dal contesto per l‟elaborazione del significato di un‟espressione linguistica. Quindi un parlante saprebbe già, in parte, cosa aspettarsi da un‟espressione linguistica, solamente perché essa viene effettuata in un certo contesto. Effettivamente, i risultati riportati da alcuni soggetti hanno confermato tale condizione: come abbiamo visto nei compiti di parafrasi, infatti, la lettura contestualizzata di una metafora facilita la

comprensione della stessa, soprattutto nei casi di MNC60. Ma è proprio qui che interviene anche un altro elemento a supporto della comprensione metaforica, il mapping, che in presenza di MC è in qualche modo “disattivato”. Ecco allora che l‟ipotesi di Gibbs e Tendahl (2006), attraverso cui tentano di inserire uno dei concetti più rilevanti della TMC lakoffiana all‟interno della teoria pertinentista, nello sforzo di un “colloquio” costruttivo fra i due importanti modelli dichiaratamente alternativi, troverebbe nell‟evidenza del mapping nelle MNC la sua ragion d‟essere. Nella loro ipotesi, infatti, il mapping concettuale si porrebbe elemento contestuale (contesto cognitivo condiviso) che agevola la comprensione di un‟espressione verso l‟interpretazione più pertinente. Non credo che vi possa essere alcuna difficoltà nell‟agire parallelo di un processo associativo, all‟interno di un processo inferenziale. Nei casi di MNC, l‟appello dei soggetti a spazi mentali diversi nella mappatura fra pensiero e linguaggio per la creazione di concetti più ampi di significato, rivelerebbe come la comprensione di un‟informazione creativa sia sostenuta da processi concettuali da prodursi ex-novo. L‟ipotesi che, effettivamente, il mapping supporti la comprensione come un dato contestuale cui il soggetto fa appello, è stata tratta dalla sua manifestazione nella sola fase di contestualizzazione del compito di parafrasi di MNC (si rimanda alle evidenze del compito 3). L‟appello a domini semantici diversi e preesistenti, al fine di rappresentarsi il più rapidamente possibile il nuovo senso da interpretare, è maggiormente evidente nei casi in cui la metafora non è di uso comune. Al diminuire del grado di convenzionalità, infatti, la nostra mente attiva anche altri processi, come ad esempio l‟aumento del percorso iconico del linguaggio61 (Balconi e Tutino, 2007), evidenziando “associazioni mentali” fra immagini diverse e, di conseguenza, links fra domini concettuali differenti.

Di fatto una lettura di questo tipo sarebbe tuttavia di natura puramente qualitativa. Volendo invece ragionare in termini di costi/benefici cognitivi, così come proposto dai teorici della pertinenza, ci siamo ben presto resi conto delle difficoltà esistenti. Se ricerche passate hanno dimostrato come fra un decoding di linguaggio letterale e metaforico non sembrano sussistere differenze significative nella loro elaborazione (Glucksberg, 2003; Gibbs e Tendahl, 2006) stessa cosa non può dirsi per il confronto interno alla metafora stessa, fra comprensione di MC e di MNC. Il nostro test ha

60 A conferma di ciò, nei risultati dei nostri test sperimentali, si legga il successo dei compiti di

parafrasi di espressioni metaforiche in misura maggiore di items decontestualizzati.

61 Questa sottolinea una differenziazione del carico semantico delle parole, dove alcune possono avere

misurato gli sforzi cognitivi in termini di risposte comportali (TR), ipotizzando che una possibile variante della loro complessità fosse il grado di convenzionalità delle espressioni metaforiche. L‟ANOVA test ha confermato che tale fattore potrebbe effettivamente influenzare i tempi di elaborazione fra MC e MNC. In accordo con Gibbs, Tendahl (2006) e Mazzone (2009), è difficile ritenere che l‟aumento degli sforzi cognitivi possa riguardare solamente la soddisfazione di pertinenza, al fine di prodursi i più ricchi effetti cognitivi attesi. Se così fosse sarebbe corretta l‟ipotesi di Carston (2002) per cui nelle MNC l‟aumento degli sforzi cognitivi, corrisponderebbe a maggiori effetti cognitivi. Infatti, è soprattutto in questo caso che la ricerca di informazioni “nuove” che guida un soggetto nell‟interpretazione di un senso metaforico che amplifichi e/o modifichi le sue conoscenze pregresse; troverebbe le sue maggiori potenzialità. Tuttavia, i teorici della pertinenza non hanno chiarito in modo compiuto quale sia l‟esatta modalità di “calcolo” del processo di selezione degli input più pertinenti che soddisfino le attese del soggetto che interpreta, ad esempio, una metafora. Non è possibile, quindi, asserire con certezza che sia proprio uno sforzo cognitivo più intenso a restituire benefici altrettanto significativi per il soggetto. In ulteriori studi su corpus di linguaggio politico (La Mura, 2008), ad esempio, i compiti di scelta sull‟efficacia percepita fra una sequenza di quattro items metaforici che si riferivano allo stesso target domain, ha fatto emergere come non tutte le espressioni siano giudicate “efficaci” dalle persone; ma solamente quelle che in un ipotetico continuum del grado di convenzionalità, si posizionano in una fascia 6 - 3 (che metaforicamente chiameremo “terra di mezzo”) della scala Likert. Tali fasce sono in genere costituite da parole prototipiche di livello base, non troppo settoriali, che possono realizzare più possibilità inferenziali. Le metafore al di sotto e al di sopra di tale scala, vengono scartate come non efficaci. Intuitivamente, alla luce delle considerazioni di Carston (2002), questo potrebbe far pensare che se le MNC comportano maggiori sforzi di comprensione, allora, saranno anche più efficaci per un soggetto, partendo dal presupposto che le metafore considerate “efficaci” possano a buon diritto rientrare nella macrocategoria delle informazioni che il sistema ha selezionato come “più pertinenti” rispetto agli altri items metaforici proposti. Tuttavia, abbiamo visto come, in realtà, i soggetti tendono a giudicare “efficaci” o di

“maggior effetto” solamente una certa tipologia di espressioni, che non sono né quelle altamente convenzionali, né fortemente creative (La Mura, 2008)62.

Anche se l‟efficacia di una metafora non può essere assunta a cartina di tornasole per la misurazione dei benefici ricercati nell‟espressione metaforica in base al principio di pertinenza, è possibile rileggere i suoi risultati riallineandoli all‟idea di fondo della Teoria Integrativa della Metafora. È ammissibile, infatti, ipotizzare che maggiori sforzi cognitivi non sottendono necessariamente all‟elaborazione di dati “più pertinenti” (come suggerito del resto da Gibbs e Tendahl, 2006). Di conseguenza, il fattore di economia cognitiva, non sarebbe l‟unico che agisce nella comprensione del senso metaforico. Nel caso delle nostre MNC la presenza di elementi contestuali è fondamentale63, ma tale processo potrebbe giustificare i suoi sforzi non per la sola ricerca della pertinenza, ma per la co-occorrenza di altri fattori, come ad esempio, il maggior ricorso ad aree deputate all‟immaginazione, alla teoria della mente e, non ultimo, l‟operazione che in TMC è definita di mapping concettuale fra domini differenti, la cui azione, più o meno intensa, definisce il grado di convenzionalità di una metafora, per cui L‟ANOVA test ci ha confermato l‟influenza che esso effettivamente detiene sui tempi di elaborazione riguardanti la comprensione MC e

62

L‟informatività utile quindi sta nel mezzo, ma non solo: i partecipanti dichiaravano, inoltre, che le metafore sentite come più d‟impatto permettono una lettura contestualizzata che inquadri l‟evento in frameworks immediatamente riconoscibili. Infine, nonostante non si fosse evidenziata alcuna sostanziale differenza d‟efficacia fra MC e MNC, è pur vero, del resto, che nelle metafore accolte come più “efficaci” gli ascoltatori rivelerebbero una certa attenzione verso un uso metaforico “creativo” nella misura in cui il rapporto fra i domini diversi che caratterizzano il target e il vehicle della metafora sia caratterizzato da un livello di salienza caratteristico. Si leggano, in tal senso, gli esempi in La Mura (2008): una metafora che nei giudizi di “efficacia” veniva stimata “positivamente” era, ad esempio, il periodo:

“[…] La prima cosa che faremo, nel primo Consiglio dei Ministri, è quello che avevamo proposto nel 2006: abolizione totale dell‟ ICI sulla prima casa. È importantissima perché la casa è il pilastro del futuro per ogni famiglia. […]”. (Fonte: Silvio Berlusconi, 2008)

Viceversa, il sistema metaforico complesso: “[…] Il rappresentante degli artigiani e il rappresentante

dei professionisti fungeranno da canali di collettori di informazioni dalla diretta trincea del lavoro con le categorie che rappresentano[…]” (Fonte: Silvio Berlusconi, 2008); risultava assolutamente

non efficace.

Nel primo caso abbiamo un termine metaforico vehicle “pilastro”, sta per il target “obiettivo

fondamentale per ogni famiglia”. Oltre al fatto che, come dicevamo prima, i termini della porzione di

testo in cui è inserita la metafora, fungono da validi elementi contestuali da cui reperire il contenuto dell‟argomento (politiche fiscali in materia di prima casa), la salienza del termine vehicle, in questo caso è estremamente forte e ben reperibile con il concetto di “casa” che ognuno di noi può recuperare nelle proprie conoscenze enciclopediche. Questo è un termine altamente familiare, tanto che è fra i primi termini che hanno i più alti valori sia del parametro di “familiarità” (FAM = 7 media), che di “immaginabilità” (IMM = 6.44 media) nello studio di Burani C., Barca L., Arduino L.S. (2001). Il Sistema Metaforico Complesso del secondo caso, invece, realizza una salienza del termine vehicle molto bassa. Oltre tutto questo è un caso di metafora dove, gli elementi del contesto, non sono sufficienti a reperire l‟informazione adeguata per una corretta comprensione del significato espresso.

63 Si pensi ai soggetti che rinunciavano a portare avanti il compito di parafrasi in caso di metafore

MNC. In Gibbs e Tendahl (2006), infatti, il mapping concettuale viene pensato come elemento di contesto, il cui ruolo è quello di indirizzare il soggetto verso la comprensione dei significati più pertinenti analizzando gli schemi del comune terreno cognitivo fra i parlanti, a partire dalle rappresentazione evocate dal materiale lessicale presente nel contesto verbale della frase. Se da una parte tale ipotesi spiegherebbe il perché gli individui scartino come “poco efficaci” metafore “troppo” creative e poco contestualizzate, dall‟altra mal si presta invece a risolvere la bassa efficacia delle metafore altamente convenzionali. Qui, in realtà, giocherebbe più un fattore di minore informatività “nuova”, che fa relegare le espressioni come poco interessanti. Inoltre, si è potuto empiricamente verificare come il mapping ha una certa evidenza soprattutto in contesti di MNC piuttosto che di MC, permettendo di ipotizzare che la loro lessicalizzazione abbia determinato un impoverimento delle azioni di mapping (Keysar et al. 2000) o una loro non necessità. Infatti, la lessicalizzazione della metafora, inibisce in qualche modo il mapping, ma come giustamente nota Mazzone (2009), il senso metaforico anche nelle MC viene risvegliato se riportato alla “coscienza” dell‟individuo e di conseguenza riattivare il mapping cognitivo sottostante. Di conseguenza, più un concetto è facilmente reperibile, più sarà agevole associarlo ad un altro, al fine di creare un concetto ad hoc più ampio di quelli di partenza e, possibilmente, interessante per il suo destinatario.

In conclusione, riteniamo che i dati ottenuti possano confermare l‟ipotesi di una teoria integrazionalista della metafora, dato l‟evidente apporto sia dei dispositivi contestualizzanti della metafora che del processo di creazione di mappature fra domini concettuali diversi. Essi si potrebbero allineare anche con l‟idea di Gibbs e Tendahlal (2006) per cui il mapping (ossia il riconoscimento e l‟associazione da parte dei parlanti di schemi cognitivi condivisi), aggiungerebbe ulteriori dati informativi per l‟interpretazione di pertinenza di una metafora, con la differenza che tale contributo si manifesta in modo più evidente proprio in contesti di MNC (cosa che gli autori non evidenziano nei loro lavori), in linea con quegli studi (Gentili, 2006) che hanno mostrato un‟intensificazione di attività cognitiva in presenza di espressioni non familiari.

Il parlante che fa ricorso ad uno schema (ad mapping concettuale) preesistente per produrre una metafora, lo fa in quanto presuppone che lo stesso schema sia a disposizione dell‟ascoltatore, che perciò potrà comprendere la metafora realizzata. […] In pratica, avere nel proprio repertorio

l‟appropriato mapping concettuale facilita (rende meno costosa) l‟attivazione del significato pertinente e consente così di produrre i ricchi effetti cognitivi desiderati (Mazzone, 2009).

Se questo è vero, è attendibile anche che le mappature fra domini fanno parte del contesto condiviso fra le persone, che preesistono ed sono convenzionali (ossia particolarmente utilizzato): in casi di MC dove, seppur presente, non necessiteranno di attivazione del meccanismo di mapping, poiché l‟effetto priming del materiale lessicale sarà sufficiente ad evocare schemi cognitivi già ampiamente familiari e ad attivarli secondo la più corretta interpretazione (si legga in tal senso il risultato di parafrasi letterali corrette nel 72% dei casi di MC, al contrario dei casi di MNC). Infatti, mentre nelle MC si gioca su contesti cognitivi già ampiamente condivisi fra i parlanti, nelle MNC questi vanno creati ex novo sulla base di quelli già preesistenti, attivando il dispositivo mappante.

Credo che ci si possa avvalere, quindi, del modello unitario della metafora come “lente” attraverso cui operare una lettura dei sistemi metaforici e dei relativi frames messi in atto dalla comunicazione politica in ambito delle campagne elettorali italiane del 2008. Sarà così possibile operare una descrizione qualitativa che tenga conto sia dei sistemi concettuali impiegati dalle metafore, siano essi convenzionali che non, che degli aspetti contestuali contingenti; operando un‟esposizione completa e corretta dei significati espressi da una “narrazione” (quale, ad esempio, quella messa in atto dai leader politici del nostro paese) attraverso l‟uso di linguaggio figurato. Inoltre, come vedremo, tale metodo sarà in grado di rendere giustizia di due fenomeni particolarmente importanti dei linguaggi che utilizzano dispositivi simbolici, come quello politico: la condivisione e la ricorrenza di schemi concettuali, al fine del raggiungimento dell‟accordo con l‟uditorio, sia esso privilegiato o polarizzato64.

64 Con audience privilegiato si intende un pubblico per il quale il parlante formula un enunciato in

modo che le informazioni necessarie per comprendere l‟intento del parlante siano conosciute solo da una parte degli ascoltatori, ossia quelli che condividono con il parlante un preciso contesto esperienziale che gli altri non hanno condiviso.