“commento” su testi politic
4.2 La ricerca nella ricerca
4.2.6 Per un “nuovo” sviluppo del leitmotive
Riassumendo, possiamo dire che al discorso dialogico tendente, talvolta, al didattico di Veltroni si oppone dall‟altra, il discorso monologico (anche se molto più attenuato rispetto al passato) e tendente al polemico di Berlusconi. Da una visione più globale però, il sistema verbale di Berlusconi e, soprattutto alcuni usi dei modali e della prima persona plurale, “attenuano” l‟impegno dell‟oratore aprendolo ad una maggiore inclusività. Quest‟ultima, però, non è totale ma frammentata soprattutto in relazione ad alcuni temi che sconfinano nel coinvolgimento patetico dell‟uditorio. Fra questi l‟esortazione ad un “unico sentire” nei confronti dei problemi “tutti italiani” della situazione contingente del paese, per cui viene costantemente paventato lo spettro di un proseguo della “causa” di tale congiuntura nella rielezione del governo di sinistra e, soprattutto, di centro-sinistra. In Veltroni, invece, lo stile didattico e impersonale viene compensato dalla tendenza ad utilizzare valenze inclusive della prima persona plurale in ambito etico (si veda l‟uso dei modali, quali dobbiamo), coinvolgendo l‟uditorio nel sistema dell‟azione (comune). Veltroni è stato definito a più riprese dal giornalista Edmondo Berselli come un comunicatore che punta sulle aspettative, sulle speranze e sulle emozioni, al fine di porre la sua alternatività al “berlusconismo” (Berselli, 2005). L‟ex sindaco di Roma fa della leggerezza, della souplesse il suo carattere principale (Berselli, 2007). E tale connotazione ben sottolinea anche la narrazione evocata dai discorsi di Veltroni nel
2008, confacendosi perfettamente allo schema dell‟unione e dell‟armonia. La presentazione della sua immagine come “fresca” in campo politico112
contestualmente alla neonata compagine unificante di centro-sinistra, dà vita al leitmotive del “nuovo” di tutta la campagna.
La dicotomia vecchio/nuovo non è un espediente innovativo in politica. Spesso il soggetto politico tende ad enfatizzare l‟evoluzione che la propria candidatura potrà portare al Paese, in termini di sviluppo, progresso e cambiamento. Nella costruzione dell‟accordo, infatti, il concetto di “nuovo” si associa con una certa facilità a quello di cambiamento e, quindi, di sviluppo. Di fatto in questo modo il politico antepone la propria visione del mondo (la “nuova”, tendente allo sviluppo, dunque positiva), con quella dell‟avversario politico (con presupposizione che sia la “vecchia”). È pur vero, tuttavia, che il leit-motive del “nuovo” in questa tornata elettorale ha assunto un‟importanza quasi esasperata ed esasperante: sia Veltroni che Berlusconi sfruttano tale sistema con estrema frequenza, agganciandola senza sforzo alla situazione storico-politica da cui emerge la figura del leader che vuole dare un nuovo corso al paese, tramite la nuova compagine centrista. Il desiderio di cambiamento è diffuso e evidente anche se meno certa è la direzione da prendere per produrlo (si pensi alle metafore mediche nel leader di centro-destra). È evidente, poi, che attraverso la dicotomia vecchio/nuovo il politico può giustificare anche scelte che non nascono da principi universali, ma sono piuttosto conseguenza dell‟adesione ad una certa visione del mondo, propria di un uditorio particolare (Santulli, 2005: 86). L‟abilità di un oratore politico risiede nella sua capacità di mantenere un equilibrio fra le opinioni espresse nel suo sistema ideologico con quelle recepite e interpretate dall‟ascoltatore e dal suo sistema di valori. A tal fine, sfruttando sia forme esplicite, ma soprattutto, strutture implicite che permettano di proporre giudizi in modi apparentemente neutri e tuttavia carichi di elementi che richiedono una decodifica e una classificazione valutativa nel sistema del ricevente. Dal punto di vista linguistico, per restare implicito, il giudizio si esprime frequentemente attraverso il ricorso ad un lessico valutativo. Quest‟ultimo è, in genere, finalizzato a descrivere se stesso e gli avversari: in Silvio Berlusconi, ad esempio, i termini che storicamente racchiudono la contrapposizione tra lui e gli avversari sono: liberale e comunista, parole ormai
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L‟immagine del leader viene infatti, dal suo team di marketing, comunicata come “nuova” nonostante Veltroni fosse già stato segretario del partito e vice-premier nel primo governo Prodi del „96.
sganciate dalle loro origini ideologiche e trasformate in etichette che classificano “buoni e cattivi, gli amici e i nemici” (Santulli, 2005: 87). Da qui parte la polarizzazione fondamentale tra vecchio e nuovo, attraverso cui creare dei riferimenti che entrano così a far parte delle premesse non argomentate e dunque non confutabili. I dati del leader del PdL riportano l‟aggettivo <vecchio> [21] (vecchio [9], vecchie [7], vecchi [3], vecchia [2]) in modo decisamente meno frequente rispetto a <nuovo> [89] (nuovo [34] nuove [17], nuovi[14], nuova [24]), che corrisponde ad una frequenza dello 0,06% rispetto a quella di <vecchio> che è del 0,03%. Se per Berlusconi, il vecchio contrapposto al nuovo rimane, come nel passato, la controparte avversaria (un tempo il PCI, oggi la Sinistra), ciò che stupisce è che nell‟analisi delle co-occorrenze della parola <vecchio> [11] (nonché vecchia, vecchi e vecchie) anche in Veltroni notiamo come la maggior frequenza ha come referente ultimo la compagine di sinistra. Se per il primo è un confermare lo spettro comunista del passato nella “nuova” sinistra, anche Veltroni sembra comunque volersene distaccare per dare maggiore spazio al “nuovo corso” del centro-sinistra che amplia le sue vedute e, soprattutto, il suo uditorio. Ecco alcuni esempi, tratti dal sottocorpus 2, con fonte Walter Veltroni:
[…] è un‟idea di superamento dei vecchi schemi, anche dal punto di vista sociale.
Io so bene che la vecchia alleanza di centro-sinistra faceva fatica ad avere questo rapporto […]. […] credo sia positivo per la democrazia, ma il fatto che sia caduto un muro che divideva il vecchio centro-sinistra dal nord-est […].
Credo sia caduto un muro, un muro che per una parte era colpa del centro-sinistra, il vecchio centro- sinistra non aveva capito l‟enormità di questo paese.
Se Berlusconi enfatizza la negatività del vecchio nell‟antagonista, nella presentazione di se stesso (non certo soggetto politico “nuovo”) per contro ripiega sulla dimensione positiva del termine nella sua accezione di “saggezza”, seppur non ricondotta all‟angusta casella del vecchio. Dinanzi a un candidato più giovane, il leader recupera il valore dell‟esperienza, dell‟età avanzata (Prospero, in corso di pubblicazione: 15, pagina provvisoria), in formule di lakoffiana memoria del frame del buon padre di famiglia, dove la differenza di età si tramuta in un vantaggio in termini di affidabilità:
[…] dobbiamo andare lì e con il buon senso del buon padre di famiglia tagliare tutto ciò che non è indispensabile.
[…] (Piersilvio) ha il senso della protezione sul vecchio genitore, che non è poi così vecchio e malandato, però a me piace, dato che lui è mostruosamente forte.
Se ne veda la differenza nelle analisi delle co-occorrenze del termine vecchio in altri contesti del corpus di Berlusconi, soprattutto se riferiti all‟avversario politico (attraverso riprese anaforiche in un accentuarsi di climax) che non esita a demolire:
[…] e dentro ci sono tutti i ministri, viceministri, i sottosegretari che stanno ancora a Palazzo Chigi a fare danni, e tutti i vecchi protagonisti del vecchio PCI.
[…] anche qui è venuta fuori l‟abitudine mistificatoria secondo i vecchi sistemi che conosciamo di tutta la sinistra.
Abbiamo trovato tutti i soliti vecchi protagonisti della nomenclatura comunista che sono anche i ministri.
[…] è l‟ultima mimetizzazione di quello che è stato e che è ancora il vecchio PCI, che via via ha voluto cambiarsi nome, che via via si è chiamato PD.
Si sterilizza la sfida veltroniana riconducendo il suo avversario nei luoghi del vecchio “professionismo politico” (Giansante, in corso di pubblicazione). La presentazione esplicita negativa del vecchio come sequenza di fatti si rafforza però con elementi di valutazione impliciti, come il racconto della storia incentrata sulla tragedia (dei rifiuti a Napoli, ad esempio), ulteriore modalità berlusconiana atta a drammatizzare la dimensione del vecchio inteso come controparte politica. A differenza della comunicazione del passato, il termine è utilizzato per lo più con l‟esplicitazione dell‟avversario, di ieri, come di oggi.
Nell‟ultimo esempio compare anche un tratto ricorrente, il ricorso dimostrativo, che occorre nella forma di allontanamento (quello), con frequenza significativa, permettendo di sfruttare le potenzialità enfatizzanti di questo strumento deittico del linguaggio. Anche altre scelte espressive sono di un certo interesse: si noti ad esempio la valutazione negativa implicita nella parola <mimetizzazione> [2], una tendenza tipica del leader del centro-destra per la costruzione del contratto fiduciario con gli elettori, nel passato come ora, è quella di esibire costantemente la nota polemica contro i “politicanti di professione”, che non hanno mai dimostrato di “saper fare” altro se non la politica, a fronte di chi, invece, ha dimostrato, come lui, di “saper fare”, come imprenditore prima e come uomo politico poi. Anche in questa tornata elettorale cambia il lessico ma non la sostanza: commenterò, nei paragrafi successivi, come tale materiale lessicale possa essere attivatore di sistemi metaforici della messinscena/teatralità e, di conseguenza, del frame del vincere/perdere
relazionato all‟avversario politico. Dai politicanti ai mestieranti della politica, dunque, che non agiscono ma recitano e delle cui istanze Veltroni ne è il comunicatore, l‟affabulatore, il bugiardo:
Poi c‟è stato il fuoco d‟artificio del bravissimo affabulatore Veltroni ed io ho dovuto anch‟io mettermi a fare la campagna elettorale perché per un momento ho pensato che potesse fare presa sulle persone meno accorte.
Le dirò che io sono deluso, molto deluso perché quando ho incontrato Veltroni, l‟ho sentito parlare, è un comunicatore bravissimo, un affabulatore straordinario […].
Purtroppo, tutti noi siamo convinti che il Partito Democratico sia l‟ultimo trasformismo e l‟ultima mimetizzazione del Partito Comunista Italiano che ha cambiato il nome da PCI a PDS a DS adesso in PD, ma è rimasto con gli stessi uomini, con le stesse ideologie di campagna elettorale, con la stessa avversità verso il privato e ciò che non può controllare […].
In Veltroni, invece, il concetto dominante del nuovo attrae consensi, soprattutto in una prima fase, grazie al suo modo di stare al centro della scena, di sollecitare emozioni, risvegliare sogni e speranze, su di un piano volto alla sollecitazione della sfera emotiva del destinatario. Qualità essenziali queste, soprattutto se la sfida da affrontare è quella di voler cambiare lo “stile e il formato della politica”, legittimare la “bella politica”, come lui stesso ama definirla. Seppur l‟intento risulti condivisibile dai più, abbiamo visto come nella sua contro-costruzione di frames improntati al conflitto, ciò si dimostra più complesso del previsto di fronte al clima di campagna elettorale. In Ruggiero (in corso di pubblicazione), si sostiene:
L‟idea infatti di presentare il “rinnovamento della vita pubblica” come una issue della comunicazione elettorale e di organizzare la sua strategia comunicativa attorno a temi di così ampio raggio, ha anche prodotto alcune problematicità impreviste. Innanzitutto una scarsa empatia tra il messaggio (“rinnovamento …”) e il clima d‟opinione del Paese; poi una disomogeneità tra lo stesso messaggio e gli strumenti attraverso cui comunicarlo (i mass media in campagna elettorale), e infine un‟oggettiva difficoltà nel veicolare obiettivi di tale portata in un contesto temporale così limitato. A differenza del leader di centro-destra, il messaggio di “aria fresca” che Veltroni tenta di lanciare, passa più attraverso l‟aspetto immaginifico della parola che non nell‟esplicitazione pura. Se ne legga in tal senso il confronto lessicale nell‟uso dei termini: l‟aggettivo <vecchio> [11] (vecchio [6], vecchiezza [1], vecchi [2], vecchia [1], vecchie [1]) è meno frequente (l‟indice di frequenza è 0,01) che in Berlusconi, così come l‟uso di <nuovo> [42] (nuovo [9], nuov> [6], nuova [27]), che corrisponde ad una frequenza di 0,08%. Dopo un‟iniziale polarizzazione vecchio/nuovo, è plausibile pensare che l‟oratore insista sul secondo, con la presentazione del proprio ramo politico di rinnovamento attraverso però strategie diverse rispetto all‟avversario politico che, come avrò successivamente modo di osservare, ben si incorniciano nel
sistema metaforico principale (SMp) dell‟unione/armonia, organizzato dal leader. Strategie, però, che non si riveleranno totalmente adatte a contrastare l‟avversario politico, anche per via di alcune scelte comunicative non del tutto riuscite. Veltroni non rinuncia infatti all‟emotività ed alla leggerezza del parlato, capace di miscelare sul piano tecnico Baricco e Berlusconi. Purtroppo però, spesso le espressioni verbali che accompagnano la sua comunicazione risultano equivoche (con ricadute in nessi polisensi come accade con il suo racconto sull‟imprenditore che è il vero lavoratore, che non dorme di notte per pagare i mutui), e sprovviste del rigore semantico di un linguaggio connotativo. Infatti il nuovo corso del PD, in ultima analisi, si caratterizzerà come un tentativo di trasformazione delle regole e degli schemi del gioco più formale che sostanziale (Morcellini, Genga, Laurano, Ruggiero, 2009:122). A tal proposito merita sicuramente di essere citata un‟interessante osservazione di Prospero (in corso di pubblicazione: 43, pagina provvisoria):
In questa prospettiva vanno considerati infatti una serie di elementi: la selezione degli argomenti e delle issues su cui puntare, le candidature-immagine, il richiamo a proposte vagamente populiste (riduzione delle tasse, mille euro al mese), e, soprattutto, l‟eccesso di fiducia nelle doti della comunicazione e del marketing. A ben vedere, infatti, nella prova elettorale del PD molto si è giocato “sul piano della comunicazione”, intesa però come scorciatoia magica e non come scienza difficile.