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7.4 Presentazione e discussione dei dati invertiti

7.4.3 Discussione ed interpretazione mappe di conducibilità ottenute

Paragonando le mappe di conducibilità corrispondenti alle stessa profondità e le sezioni ottenute con i metodi diversi di inversione è possibile comunque notare una certa analogia tra le forme e le posizioni delle features significative riscontrate, ne sono testimonianza ad esempio la forma della regione ricurva riscontrata in tutte le mappe corrispondenti ad 1 metro di profondità, oppure l’ampia regione resistiva che si ripete nelle mappe a 2 e 3 metri. I valori di conducibilità presenti all’interno delle mappe ottenute con i differenti algoritmi risultano essere invece abbastanza differenti tra loro. Una differenza sostanziale tra i risultati ottenuti può essere inoltre la comparsa dell’anomalia lineare resistiva che caratterizza le mappe a 2 e 3 metri a seguito del forward modeling CF (Figure 7.3, 7.4).

Per quanto riguarda il confronto tra mappe non invertite e mappe invertite, sembra che le anomalie riscontrate nelle mappe invertite seguano più o meno lo stesso andamento anche se più smooth4 di quelle presenti nelle mappe grezze alla stessa profondità.

Dal momento che le quattro combinazioni tra algoritmi di inversione e forward modeling hanno fornito risultati pressoché similari, affermare con certezza quale sia il risultato migliore risulta un’impresa ardua. L’osservazione delle sezioni ha inoltre permesso di ottenere una visione più dettagliata dell’andamento delle features con la profondità ed eventualmente di avere una idea generale sulla morfostratigrafia del sottosuolo.

Un metodo per verificare quanto un modello ottenuto si avvicini alla realtà poterebbe essere, la dove è possibile, quello di confrontare i dati ottenuti dal processo di inversione, con le conoscenze stratigrafiche del sito esaminato provenienti ad esempio da analisi dirette del terreno (carotaggi, scavi,

4 a causa delle diminuzione del fattore di roughness, dei processi di filtraggio passa basso ed in quanto le mappe racchiudono

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ecc..)5. Tuttavia tali informazioni sono purtroppo ancora scarsi, e l’unico confronto possibile è quello con carotaggi superficiali eseguiti nelle vicinanze (mostrati più avanti).

Per questo motivo un ulteriore confronto per valutare la qualità dei dati di conducibilità ricostruiti è quello con i dati GPR acquisiti nella stessa area ed elaborati in questa Tesi.

Per il momento è sufficiente ricordare che, come mostrato nel Capitolo 5, l’area maggiormente interessata da riflessioni GPR significative è quella direzione posta a NE del settore indagato, mentre la profondità in cui si registrano varia tra 0.60 e 2.20 m. Questo significa che all’interno del volume di dati invertiti si dovrebbero riscontrare alcune features riconducibili a quelle ottenute nei dati GPR. In effetti, sia nelle mappe, che nelle sezioni DUALEM invertite è possibile riconoscere alcune anomalie collocate nelle posizioni e alle profondità attese. Esse non sono altro che le aree resistive discusse in precedenza e riscontrate in direzione NE nelle mappe relative alla profondità di circa 2 metri.

In base alle al confronto effettuato, si ritiene che i risultati ottenuti mediante la combinazione dell’algoritmo S1 con il forward modeling di tipo full solution (FS), siano leggermente migliori rispetto a quelli in uscita dalle altre combinazioni. I motivi di questa scelta sono due:

 assenza nelle mappe orizzontali dell’effetto anomalo lineare ottenuto dalle combinazioni S1- CF e S2-CF;

 assenza dell’effetto dovuto all’algoritmo di inversione riscontrato nelle sezioni verticali relative ai dati invertiti con combinazione S2-FS.

Queste caratteristiche rendono i dati scelti leggermente più vantaggiosi da un punto di vista interpretativo rispetto agli altri.

Nonostante l’apparente successo del processo di inversione le immagini mostrano tuttavia dei modelli possibili di sottosuolo, a volte simili a volte diversi tra loro. Di questo non c’è però da stupirsi in quanto questa situazione costituisce la prerogativa di tutti i problemi malposti (allo stesso dato osservato possono corrispondere più modelli). Di conseguenza è impossibile sapere con precisione quale sia il modello più idoneo da considerare.

Prendendo in considerazione tutte premesse fatte nel Paragrafo 5.8.3 riguardanti l’area in esame ed i possibili target archeologici presenti, si vuole provare adesso a dare un senso da un punto di vista interpretativo ai dati DUALEM ottenuti.

Facendo fede ai risultati trovati mediante la strumentazione GPR si pone l’attenzione solo sulle mappe rappresentative delle profondità di interesse (da 1 a 3 metri). Le anomalie che si andranno a ricercare saranno quelle i cui valori di conducibilità variano in maniera irregolare. La non omogeneità delle features potrebbe essere infatti sintomo della presenza nel sottosuolo di materiale disaggregato come ad esempio resti antropici sepolti. Ricercare le geometrie trovate attraverso il GPR potrebbe risultare un azzardo, date le risoluzioni di molto più basse che caratterizzano il DUALEM 642-s (esso non è capace di risolvere strati o strutture molto sottili a causa della natura diffusiva della propagazione delle onde causata dalla bassa frequenza del segnale trasmesso, oppure la natura dell’algoritmo è tale da produrre una distribuzione di conducibilità abbastanza smooth da non riuscire a risolvere gli strati sottili (Monteiro Santos F.A., et al., 2010)).

Le mappe DUALEM di conducibilità che si avvicinano più ai risultati ottenuti mediante il metodo GPR, e che possono dunque racchiudere le informazioni sperate, sono come detto quelle ottenute dalla combinazione S1-FS ed in particolare quelle a profondità di 2 metri (profondità che, in base ai dati georadar, potrebbe racchiudere le anomalie di interesse) (Figura 7.5-b).

Quello che salta all’occhio dall’osservazione di tale mappa è una regione collocata in direzione NE avente valori di conducibilità più bassi rispetto al contesto di sottofondo. Tale anomalia è

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L’esatto delineamento dei confini tra gli strati e delle variazioni di conducibilità con la profondità richiederebbe un numero elevato di carotaggi. Osservazioni ridotte potrebbero infatti introdurre ulteriori fattori di incertezze nel confronto tra i dati reali con quelli invertiti.

testimoniata anche dalla presenza dell’orizzonte fortemente resistivo riscontrato nelle sezioni verticali a profondità e posizione corrispondenti. La caratteristica che rende interessante questa anomalia è proprio la sua eterogeneità, che, come detto, potrebbe fare pensare alla presenza di materiale disgregato nel sottosuolo come ad esempio resti di strutture murarie o resti antropici in genere (tale caratteristica non è presente ad esempio all’interno delle regioni più conduttive nelle quali la conducibilità sembra variare in maniera più graduale).

Quanto detto potrebbe far pensare che in corrispondenza di queste regioni, alle profondità sperate vi siano i target ipotizzati.

Per verificare la validità di queste ipotesi sono state selezionate le mappe più interessanti da un punto di vista del contenuto di informazioni, ottenute con i due metodi e confrontate tra loro. Questo confronto, che verrà illustrato nel capitolo successivo, si propone come molto valido solo per gli orizzonti stratigrafici superficiali, essendo la penetrazione delle onde elettromagnetiche limitata a circa 2-3 m di profondità.

Se si volesse fare invece un quadro generale riguardo ad esempio il contesto stratigrafico in cui le eventuali strutture sono inserite, il DUALEM potrebbe invece risultare più vantaggioso dei metodi GPR, dal momento che riesce ad indagare a profondità più elevate.

Un’analisi pratica che potrebbe esser condotta è quella del confronto diretto tra le sezioni verticali, ottenute a seguito dell’inversione, ed i risultatati ottenuti da carotaggi effettuati nell’area oggetto di indagine. Data la mancanza di indagini dirette nell’area si è pensato di ricostruire ugualmente la stratigrafia dell’area di interesse utilizzando le informazioni fornite da carote prelevate in zone limitrofe.

A tal proposito è stato preso in considerazione il risultato di un carotaggio effettuato all’interno dell’antica cinta muraria della città, precisamente ad est del grande tempio (Figura 7.11).

I risultati del carotaggio testimoniano la presenza di uno strato tra 0 a 0.3 di profondità composto da elementi aventi dimensioni di sabbie debolmente siltose ed in cui si possono ritrovare frammenti di mattoni da costruzione. Lo strato compreso tra i 0.3 m ed i 0.70 m è invece caratterizzato sempre da granulometria tipica di sabbie debolmente siltose; in esso sono presenti frammenti di marmo, arenarie, selci e malta cementizia. Tra i 0.70 ed gli 1.31 m si delinea uno strato di granulometria uguale ai precedenti e formato da arenarie (alterate), frammenti di marmo, malta cementizia e scisti. Lo strato inferiore, compreso tra 1.31 m e 1.60 m, è caratterizzato dalla presenza di sabbie fini composte in prevalenza da scisti. Lo strato tra 1.60 e 1.82 m ha la stessa composizione granulometrica dello strato sovrastante, ma è composto da arenarie alterate. Nello strato successivo (compreso tra 1.82 e 2.18 m) si torna nuovamente ad una granulometria di tipo sabbie debolmente siltose composte stavolta da frammenti di arenaria, marmo, quarzo. Non sono presenti invece materiali organici.

Data la presenza di elementi di origine antropica è possibile identificare lo strato tra la superficie e 2.18 m come un potenziale orizzonte archeologico.

Lo strato compreso tra 2.18 e 3.12 m di profondità cambia nuovamente granulometria (sabbia media debolmente siltosa) ed è composto in prevalenza da ciottoli, arenaria alterata, piccoli grani di marmo, mentre non sono riscontrabili elementi ceramici o organici. Tra 3.12 e 3.65 m si trova uno strato molto compatto composto da ossidi manganese, avente granulometria di tipo sabbia fine debolmente siltosa. In esso non si riscontano né resti antropici, né materiali organici. Le stesse caratteristiche si possono riscontare tra i 3.65 ed i 4.07 m. Più in basso tra 4.07 e 5.05 la granulometria è uguale a quella dello strato precedente, mentre la composizione cambia in ciottoli di arenaria rossa. Infine lo strato compreso tra 5.05 e 6.00 m presenta granulometria invariata rispetto al caso precedente ed è composto essenzialmente da ciottoli di arenaria.

Data la profondità di a cui arriva il carotiere, compatibile con quella del DUALEM è possibile fare un confronto diretto fra le sezioni verticali ottenute a seguito dell’inversione e le informazioni contenute nella carota (Figura 7.11). Il primo dettaglio che salta all’occhio è che la profondità dell’orizzonte archeologico individuato dai metodi diretti è perfettamente conforme con quella

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ipotizzata dalle sezioni (strato altamente resistivo a profondità tra 1 e 2 m circa). Inoltre, nonostante la carota non sia stata prelevata esattamente all’interno dell’area indagata, gli orizzonti conduttivi visualizzati nel profilo DUALEM sembrano essere conformi agli orizzonti stratigrafici individuati dal carotaggio. La linea 1 indica l’inizio dell’orizzonte archeologico (0.70 m circa), corrispondente ad un limite resistivo in cui la conducibilità inizia ad assumere valori più bassi rispetto allo strato superiore più conduttivo e corrispondente all’orizzonte agricolo. L’orizzonte 2 indica l’inizio di un orizzonte resistivo, corrispondente alla separazione granulometrica (tra materiali sabbiosi fini e sabbiosi debolmente siltosi) e litografica (da arenarie marmo e malta cementizia a scisti e arenarie) che si osserva a circa 1.30 m di profondità. Le linee 3 e 4 indicano i limiti di un orizzonte mediamente resistivo (in azzurro) corrispondente al sottile strato tra 2.05 e 2.20 m, composto da arenarie marmo e quarzo; a questa profondità termina l’orizzonte archeologico. La linea 5 corrisponde al limite litostratigrafico tra ciottoli di arenaria alterata con piccoli grani di marmo e ciottoli di manganese e arenaria rossa (3.10 m), congruente con l’inizio della zona resistiva alla stessa profondità presente nelle sezioni DUALEM. Infine anche l’orizzonte resistivo inclinato individuato nelle sezioni DUALEM a circa 5.5 m di profondità sembra avere riscontro nella litostratigrafia della carota alla profondità corrispondente. Data l’inclinazione e la bassa conducibilità, l’orizzonte può essere associato al top di un conoide di deiezione deposto dal Torrente Parmignola (elemento effettivamente riscontrato da precedenti carotaggi superficiali territorio nei settori limitrofi, Bini M. et al. 2012).

Purtroppo però non è possibile trovare una perfetta corrispondenza tra i valori di conducibilità misurati indirettamente e le conducibilità dei materiali riscontrati in quanto, come visto (Appendice B), molti sono i fattori che influiscono sulla conducibilità di una roccia come ad esempio presenza e salinità dei fluidi, porosità, presenza di elementi metallici ecc.., oltre all’ulteriore perturbazione dovuta al carotiere.

Figura 7.11: Confronto tra sezione verticale invertita DUALEM e carotaggio. Le linee uniscono gli orizzonti conduttivi con

gli orizzonti litostratigragici (i due sembrano coincidere). In basso a destra è visualizzata l’ubicazione del punto in cui è stato prelevata la carota (punto in rosso), in giallo è rappresentata la ricostruzione dell’antica cinta muraria, in azzurro l’area oggetto di studio.

Capitolo 8

Confronto conclusivo tra le metodologie GPR e EMI

8.1 Introduzione

In questo capitolo verranno presentate e discusse in maniera dettagliata le differenze e le analogie riscontrate tra le metodologie di indagine GPR e quelle di tipo EMI, attraverso un confronto visivo dei dati ottenuti.

Per prima cosa è bene ribadire che il parametro chiave che distingue le due tecniche è la frequenza di lavoro: 200 mHz per lo StreamX contro i 9 KHZ per il DUALEM.

Da quanto visto nel Paragrafo B.4.1 (Appendice B), quando si opera in regime ad alta frequenza, come nel caso del GPR, vale la condizione generale , per cui le correnti di spostamento prevalgono sulle correnti di conduzione dunque il meccanismo di trasporto di energia dominante è la propagazione. La proprietà fisica principale che causa le riflessioni delle onde alle interfacce è la permettività elettrica , mentre la conduzione ne controlla l’assorbimento (per materiali altamente conduttivi l’assorbimento potrebbe essere così alto da causare un’assenza del segnale radar di ritorno). La permettività inoltre si rivela un parametro critico in quanto determina la velocità di propagazione del segnale elettromagnetico. Infine, poiché, in questo regime, (componente reale della permettività elettrica) è normalmente molto più grande di (componente immaginaria della permettività elettrica), la propagazione delle onde elettromagnetiche avviene senza apprezzabili effetti di attenuazione o dispersione (circostanza favorevole in quanto i segnali che interessano sono infatti quelli riflessi dalle interfacce tra i mezzi che compongono la sottosuperficie).

Nel caso dei dispositivi ad induzione elettromagnetica si opera invece a bassa frequenza, per cui vale la condizione . Essa è valida per i valori più usuali della conducibilità elettrica delle rocce che compongono la crosta superiore ( e ) e per frequenze minori di (159.15kHz). In questo caso le correnti di conduzione prevalgono sulle correnti di spostamento e dunque . Ciò significa che il regime di propagazione è di tipo diffusivo1

. In tale situazione la permettività dielettrica non ha alcun ruolo fisico e le misure rispondono quasi interamente alla conducibilità elettrica del volume di sottosuolo e, in particolare, alla distribuzione spaziale delle zone altamente conduttive (Everett M.E., 2005). Conduttori con alti valori di conducibilità garantiscono infatti una maggiore ampiezza delle correnti indotte nel terreno e di conseguenza una maggiore intensità del campo magnetico indotto sul ricevitore.

In entrambi i casi il coefficiente di assorbimento (equazioni B.26 e B.27, Appendice B) delle onde dipende prevalentemente dalla conducibilità del terreno e dalla frequenza. In particolare le alte frequenze sono più assorbite rispetto alle basse. Per questo motivo i dispositivi ad induzione elettromagnetica, lavorando a basse frequenze riescono ad indagare profondità più elevate rispetto ai dispositivi GPR.

Entrambi sono metodi attivi, ma mentre il GPR fornisce dati che riflettono informazioni puntuali misurate in corrispondenza delle interfacce tra due strati aventi proprietà fisiche diverse, il DUALEM compie invece misure volumetriche tali che una determinata proprietà fisica (ad esempio la conducibilità) venga misurata su un intero volume di suolo (dissipazione volumetrica dell’energia).

1 La bassa frequenza è la causa del regime diffusivo in cui operano gli strumenti EMI in quanto i target sono molto più

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Da quanto descritto sembra quindi che le informazioni in uscita dai due metodi, provenendo da principi fisici completamente differenti, siano totalmente distanti tra loro. Tuttavia si vuole ugualmente cercare, un qualche punto di contatto, considerando il fatto che comunque le informazioni in uscita sono state generate dalla stessa sottosuperficie, le cui caratteristiche di conducibilità/resistività dipendono dai medesimi materiali geologici e dalla loro disposizione geometrica. E’ quindi ragionevole pensare che, sebbene non ci possa essere una precisa corrispondenza geometrica fra i risultati, le soluzioni dei due metodi convergano verso un’interpretazione coerente, laddove possibile. Le analisi effettuate sono descritte nel paragrafo successivo.