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GROUND PENETRATING RADAR MULTICANALE (STREAM X) ED INDUZIONE ELETTROMAGNETICA (DUALEM): TRATTAMENTO DATI, INTERPRETAZIONE E CONFRONTO TRA I METODI APPLICATI AD UN CASO REALE (AREA ARCHEOLOGICA DI LUNI, LA SPEZIA)

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Magistrale in Geofisica di Esplorazione ed Applicata

Tesi di Laurea Magistrale

Ground Penetrating Radar multicanale (Stream X) ed Induzione

Elettromagnetica (Dualem): trattamento dati, interpretazione e confronto tra i

metodi applicati ad un caso reale (area archeologica di Luni, La Spezia)

Candidato

Milko Angelo Giuffrida

Relatore

Dott. Adriano Ribolini

Correlatore

Dott. Paolo Costantini

Dott. Gianfranco Morelli

Controrelatore

Prof. Luigi Zanzi

ANNO ACCADEMICO

2014/15

(2)
(3)

i

Indice

Riassunto ... 1

Capitolo 1 ... 5

Introduzione generale ed inquadramento geo-archeologico ... 5

1.1 Introduzione e obiettivi della tesi ... 5

1.2 Inquadramento geo-archeologico... 6 1.3 Presentazione dell’elaborato ... 10 Capitolo 2 ... 11 Il metodo GPR ... 11 2.1 Introduzione ... 11 2.2 Cenni storici ... 11 2.3 Applicazioni ... 12 2.4 Il Georadar ... 12 2.4.1 Principio di funzionamento ... 13

2.4.2 Acquisizione dati: settaggio preliminare ... 15

2.4.2-a Velocità di propagazione... 15

2.4.2-b Risoluzione ... 17

2.4.2-b.1 Risoluzione verticale ... 18

2.4.2-b.2 Risoluzione orizzontale ... 21

2.4.2-b.3 Risoluzione planare ... 23

2.4.2-c Larghezza di banda e frequenza centrale ... 23

2.4.2-c.1 Relazione tra larghezza di banda, frequenza centrale, risoluzione e profondità di indagine ... 25

2.4.2-d Transmitter blanking ... 26

2.4.2-e Finestra temporale ... 27

2.4.2-f Criteri di campionamento ... 27

2.4.3 Visualizzazione dei dati GPR... 30

2.4.3-a A-scan ... 33

2.4.3-a B-scan ... 34

2.4.3-c C-scan e timeslices ... 35

2.4.4 Ampiezza e forma delle riflessioni ... 36

2.4.5 Pattern iperbolici all’interno di un radargramma ... 37

2.4.5-a Target puntiforme ... 37

2.4.5-b Target non puntiforme ... 40

2.4.6 Rumore presente nei dati ... 41

2.4.7 Acquisizione dei dati ... 42

Capitolo 3 ... 45

Metodi di indagine ad induzione elettromagnetica ... 45

3.1 Introduzione ... 45

(4)

ii

3.3 Brevi cenni sulla teoria dell’induzione elettromagnetica ... 46

3.4 Skin effect e skin depth ... 47

3.5 Eddy current ... 49

3.6 Metodi FDEM e TDEM ... 50

3.7 Metodi FDEM (Frequency Domain Electromagnetic Induction) ... 51

3.7.1 Principio di funzionamento ... 51

3.7.2 Conversione dell’output dei sensori in misure di conducibilità e suscettività ... 53

3.7.3 Differenze di fase tra campo secondario e campo primario ... 58

3.7.4 Analogia con il circuito equivalente ... 58

3.7.5 Misure di suscettività magnetica ... 61

3.7.6 Configurazione dei sensori ... 62

3.7.7 Sensibilità spaziale ... 62

3.7.7-a Mezzo omogeneo ... 63

3.7.7-b Mezzo orizzontalmente stratificato ... 65

3.7.8 Metal detection ... 69

3.7.9 Profondità di esplorazione ... 70

3.7.10 Rumore nelle misure ... 71

3.8 Conclusioni metodi ad induzione elettromagnetica ... 73

Capitolo 4 ... 75

Descrizione strumento, acquisizione ed elaborazione dei dati GPR ... 75

4.1 Descrizione Stream X e acquisizione dei dati ... 75

4.1.1 Settaggio e stima dei parametri caratteristici ... 77

4.2 Elaborazione dati ... 79

4.2.1 Pre-processing ... 80

4.2.1-a Dewow wobble ... 80

4.2.1-b search and truncate (sincronizzazione ddei primi arrivi) ... 84

4.2.2 Processing base ... 86

4.2.2-a Gain ... 87

4.2.2-b Filtraggio passabanda ... 91

4.2.2-c Background removal ... 94

4.2.3 Processing avanzato ... 96

4.2.3-a Filtro Boxcar ... 96

4.2.3-b Deconvoluzione ... 97

4.2.3-b.1 Deconvoluzione spettrale ... 98

4.2.3-b.2 Deconvoluzione cepstrum ... 99

4.2.3-b.3 Applicazione della deconvoluzione al dato reale ... 101

4.2.3-c Analisi di velocità e migrazione ... 104

4.2.3-d Trasformata di Hilbert ... 105

4.3 Conclusioni ... 107

(5)

iii

Creazione ed interpretazione Timeslices ... 109

5.1 Introduzione ... 109

5.2 Ricampionamento ... 110

5.3 Scelta del numero di slices ... 113

5.4 Scelta dei parametri di ampiezza ... 114

5.5 Scelta del cut per mark ... 115

5.6 Gridding ... 116

5.6.1 Tecniche di interpolazione ... 118

5.6.1-a Inverse distance weight (IDW) ... 119

5.6.1-b Kriging ... 121

5.7 Confronto e discussione dei dati ottenuti attraverso l’uso di diversi parametri ... 125

5.7.1 Variazione cella elementare del grid e raggi di ricerca ... 125

5.7.1-a Considerazioni sui risultati ottenuti a seguito della variazione di cella elementare e raggio di ricerca... 128

5.7.2 Presentazione e confronto timeslice ottenute mediante processing base e processing avanzato ... 129

5.7.2-a Considerazioni sulle timeslices ottenute in uscita dai diversi tipi di elaborazione ... 131

5.8 Interpretazione dei risultati GPR ... 132

5.8.1 Considerazioni preliminari ... 132

5.8.2 Presentazione dei dati ... 132

5.8.2-a Riflessione A ... 133

5.8.2-b Riflessione B ... 136

5.8.2-c Riflessione C ... 137

5.8.2-d Riflessione D ... 138

5.8.2-e Riflessione E ... 139

5.8.2-f Interpretazione altre riflessioni ... 140

5.8.3 Conclusioni ed interpretazioni risultati timeslices ... 143

Capitolo 6 ... 151

Descrizione DUALEM-642s, acquisizione, trattamento e interpretazione dei dati ... 151

6.1 Il DUALEM-642s ... 151

6.1.1 Profondità di esplorazione DUALEM 642s ... 152

6.1.2 Applicazioni DUALEM 642-s ... 154

6.2 Acquisizione dei dati ... 155

6.3 Trattamento dei dati DUALEM mediante il software EM4Soil ... 157

6.3.1 Eliminazione valori negativi ... 158

6.3.2 Eliminazione degli outliers ... 159

6.3.3 Filtro passabanda ... 159

6.3.4 Eliminazione drift strumentali ... 161

6.3.5 Rotazione delle mappe di conducibilità ... 163

(6)

iv

6.3.6-a Gridding con cella elementare di 2.05 metri ... 165

6.3.6-b Gridding con cella elementare di 1 metro ... 166

6.3.7 Correzioni di elevazione sul dato “griddato” ... 167

6.3.8 Filtro passa-basso sul dato “griddato” ... 167

Capitolo 7 ... 169

Inversione ed interpretazione dei dati DUALEM ... 169

7.1 Introduzione ai metodi di inversione dei dati elettromagnetici ... 169

7.2 Inversione Quasi-3D (Q3D) ... 170

7.3 Inversione del dato mediante EM4Soil ... 171

7.3.1 Risposta cumulativa (CF) ... 173

7.3.2 Soluzione completa equazioni di Maxwell (FS) ... 174

7.3.3 Algoritmo S1 ... 175

7.3.4 Algoritmo S2 ... 177

7.4 Presentazione e discussione dei dati invertiti ... 177

7.4.1 Confronto mappe in uscita dagli algoritmi di inversione S1 e S2 incrociati con forward modeling CF e FS. ... 178

7.4.2 Confronto sezioni verticali del volume di dati in uscita dagli algoritmi di inversione S1 e S2 incrociati con forward modeling CF e FS. ... 184

7.4.3 Discussione ed interpretazione mappe di conducibilità ottenute ... 187

Capitolo 8 ... 191

Confronto conclusivo tra le metodologie GPR e EMI ... 191

8.1 Introduzione ... 191

8.2 Confronto tra i dati GPR e i dati DUALEM ... 192

8.3 Conclusioni ... 196

Appendice A ... 199

Onde elettromagnetiche ... 199

A.1 Principi base ... 199

A.2 Onde elettromagnetiche ... 199

A.3 Equazioni di Maxwell ... 200

A.4 Equazione delle onde elettromagnetiche ... 201

A.5 Proprietà delle onde elettromagnetiche ... 203

Appendice B ... 205

Proprietà dei materiali del sottosuolo ... 205

B.1 Introduzione ... 205

B.2 Permettività elettrica ... 205

B.3 Conducibilità elettrica ... 208

B.4 Suscettività magnetica e permeabilità magnetica ... 211

B.5 Propagazione delle onde elettromagnetiche nei materiali ... 212

B.5.1 Fenomeni di attenuazione dell’onda elettromagnetica ... 214

B.5.1-a Attenuazione per propagazione: spreading e scattering ... 216

(7)

v

B.5.1-c Perdite di natura strumentale ... 220

Appendice C ... 221

Antenne GPR... 221

C.1 Introduzione antenne ... 221

C.2 Caratteristiche tecniche delle antenne ... 222

C.2.1 Pattern di radiazione ... 222

C.2.2 Pattern di radiazione in mezzi dielettrici ... 224

C.2.3 Influenza dell’altezza dell’antenna sul pattern di radiazione ... 225

C.2.4 Polarizzazione del segnale e configurazioni delle antenne ... 226

C.2.5 Schermatura antenne ... 227

C.3 Array di antenne ... 228

C.4 Conclusioni antenne... 230

Appendice D ... 233

Inversione dei dati elettromagnetici ... 233

D.1 Problema diretto e problema inverso ... 233

D.2 Classificazione dei problemi inversi ... 233

D.3 Inversione dei dati elettromagnetici ... 234

D.3.1 Tecniche di inversione 1D ... 235

D.3.2 Problemi inversi lineari ... 237

D.3.3 Problemi inversi non lineari ... 238

D.3.4 Tecniche di Inversione 2D ... 241

D.3.4-a Mesh 2D ... 241

D.3.4-b Algoritmo di inversione 2D ... 242

Bibliografia ... 243

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1

Riassunto

Gli sforzi scientifici ed ingegneristici compiuti per la creazione di metodi innovativi atti ad esplorare il sottosuolo a bassa profondità, sono sempre frenati dai limiti dovuti alle condizioni ambientali nelle quali ci si trova ad operare e al grado di risoluzione richiesto dal problema. Per ridurre queste difficoltà, è pratica comune ricorrere all’utilizzo simultaneo di diversi metodi di indagine e quindi al confronto e all’integrazione dei risultati ottenuti. Questo non solo per una possibile conferma incrociata dei risultati, ma soprattutto per arricchire il quadro delle indagini con dati potenzialmente complementari. Tale pratica deve essere comunque effettuata con cautela in quanto i metodi impiegati spesso sfruttano diverse caratteristiche fisiche e chimiche dei materiali geologici o antropici, producendo immagini della sottosuperficie apparentemente poco sovrapponibili. In questo contesto la Tesi di Laurea analizza l’efficacia di due fra le diverse tecniche geofisiche frequentemente utilizzate nell’esplorazione della sottosuperficie a bassa profondità: il georadar (GPR) e l’induzione elettromagnetica (EMI). Per meglio comprendere l’efficacia delle scelte di prospezione, della strategia di processing dei dati e le potenzialità di lettura (singola e congiunta dei due metodi) della sottosuperficie, è stata eseguita un’indagine reale con l’utilizzo di due degli strumenti più avanzati che sfruttano queste tecniche.

Il primo strumento analizzato è lo Stream-X (Subsurface Tomography Radar Equipment Assets

Mapping), prodotto dalla IDS (Ingegneria Dei Sistemi S.p.A). Si tratta di un GPR multicanale

composto da un array di 16 antenne dipolari (due moduli da 8 antenne) parallele tra loro e rispetto alla direzione del survey. Per quanto riguarda i metodi EMI, le indagini sono state effettuate attraverso un dispositivo chiamato DUALEM 642 e prodotto dall’azienda canadese Dualem Inc. Lo strumento è di tipo FDEM (Frequency Domain Electromagnetic Induction), ovvero opera nel dominio della frequenza ed è composto da una bobina trasmittente e tre paia di bobine che fungono da ricevitori.

Entrambi i dispositivi utilizzano come mezzo di indagine onde elettromagnetiche, ma il parametro chiave che le contraddistingue è la frequenza di lavoro: 200 MHz per lo Stream X contro i 9 kHZ per il DUALEM. Quando si opera in regime ad alta frequenza, come nel caso del GPR, il meccanismo dominante di trasporto dell’energia è la propagazione ed il fenomeno fisico in gioco è la riflessione. Al contrario, nei dispositivi DUALEM (che utilizzano basse frequenze), il regime di propagazione è di tipo diffusivo ed il principio in gioco è la dissipazione volumetrica dell’energia mediante il meccanismo dell’induzione elettromagnetica. Ne consegue che, mentre il GPR fornisce dati che riflettono informazioni puntuali (misurate in corrispondenza delle interfacce tra due strati aventi proprietà fisiche diverse), il DUALEM fornisce informazioni relative ad un intero volume di suolo. Inoltre, la frequenza di funzionamento del DUALEM, molto più bassa rispetto alle frequenze GPR tipiche, consente di operare all’interno dell’approssimazione di low induction number (LIN). Sotto queste condizioni la componente immaginaria della trasformata di Fourier del segnale registrato (risposta in quadratura di fase) risulta essere direttamente proporzionale alla conducibilità del volume di suolo sottostante il sensore di trasmissione e quelli di ricezione, mentre la componente reale della trasformata di Fourier (risposta in fase) risulta proporzionale alla suscettività magnetica.

I dati in uscita dal GPR vengono generalmente restituiti sottoforma di radargrammi (o B-scan), ovvero una rappresentazione bidimensionale (del tipo spostamento lungo il tracciato vs tempo di ricezione dei segnali riflessi) dell’ampiezza degli impulsi riflessi dalle discontinuità elettromagnetiche del terreno lungo l’intero profilo percorso. Una volta indagate le principali cause implicate nella formazione dei radargrammi, si è dunque passati all’applicazione dei processi di elaborazione (base e avanzati) e all’analisi critica dei loro effetti sul dato. La fase successiva è consistita nella creazione di un’immagine 3D (chiamata C-Scan e rappresentante il volume dell’intero suolo investigato) a partire

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dai radargrammi elaborati e nell’analisi delle diverse tecniche di interpolazione statistica adatte a questa operazione. Il vantaggio della visualizzazione C-scan risiede nella possibilità di sezionare il volume di dati in diversi piani e a diversi tempi/profondità. Si costruiscono in questo modo delle mappe del sottosuolo a una determinata profondità (timeslices), nelle quali è rappresentata la distribuzione orizzontale dei valori di ampiezza delle riflessioni radar.

I metodi ad induzione elettromagnetica si basano invece sulla misura dei campi elettromagnetici prodotti dalle correnti elettriche indotte nel terreno indagato (e nelle strutture in esso eventualmente contenute) da un altro sistema di campi elettromagnetici generati artificialmente in superficie. Le misure vengono effettuate prelevando i valori di conducibilità in un numero finito di punti collocati su tutta l’area in esame. I dati in output vengono tuttavia restituiti sottoforma di mappe di conducibilità apparente. Per questo motivo è stato necessario sottoporli ad un processo di inversione atto a riportare le mappe ad avere una distribuzione di conducibilità i cui valori siano più vicini a quelli reali. L’inversione è stata effettuata attraverso l’uso di un software chiamato EM4Soil e sviluppato dalla EM-TOMO. Di questo se ne sono analizzate le principali funzionalità e studiati a fondo i due algoritmi di inversione che utilizza.

Oltre allo studio di tutti gli aspetti teorici legati al funzionamento dei due strumenti, l’obiettivo principale di questo lavoro di Tesi è stato dunque quello di capire tutti i meccanismi (anche quelli più inusuali) implicati nella acquisizione e nella elaborazione dei dati, in modo tale da avere le basi per poter scegliere in maniera critica sia i parametri da utilizzare nei processi di elaborazione, sia la sequenza di processing più adatta ad ottenere risultati in uscita di più facile lettura ed interpretazione.

Una volta analizzate le potenzialità teoriche e pratiche dei singoli strumenti e le loro differenze e analogie, un altro obiettivo che ci si è posti è stato quello di verificare se i risultati ottenuti dalle due tecniche siano in qualche modo compatibili. Nonostante i due dispositivi siano quasi del tutto differenti tra loro, sia da un punto di vista pratico, che dei principi fisici coinvolti, l’analisi è stata agevolata dal fatto, che per entrambi i metodi, le informazioni in uscita vengono generate dalla stessa sottosuperficie, le cui caratteristiche di conducibilità/resistività dipendono dai medesimi materiali geologici e dalla loro disposizione geometrica.

I principali vantaggi riscontrati nell’utilizzo di un GPR multicanale consistono in tempi di lavoro minori (un’area viene coperta con un numero di scansioni minori rispetto a quelle che occorrerebbero con un sistema monocanale), riduzione dei problemi causati da aliasing spaziale, alta risoluzione orizzontale e verticale, possibilità di fornire immagini 3D dettagliate dei target sepolti. Il vantaggio del DUALEM sta nel riuscire ad effettuare misure simultanee della conducibilità elettrica apparente e della suscettività magnetica apparente a sei differenti profondità di esplorazione. Ciò è possibile grazie alla particolare disposizione delle bobine nella struttura tubolare dello strumento e alla possibilità di aumentare la distanza bobina trasmittente e bobine riceventi.

Le indagini sono state eseguite all’interno dell'area archeologica della antica città romana di Luni, nel territorio di Ortonovo, in provincia di La Spezia e a pochi chilometri dal confine con la Toscana.

Dal momento che l’area oggetto di studio è densa di resti di natura antropica, come obiettivo finale si è infine pensato osservare se il DUALEM 642s possa ritenersi un valido strumento per prospezioni di tipo geoarcheologico, così come lo sono i già consolidati metodi GPR, Stream X compreso.

I risultati ottenuti mediante lo Stream X hanno mostrato la presenza nel sottosuolo di target con proprietà molto diverse rispetto alla matrice inglobante e aventi geometrie potenzialmente riconducibili a target archeologici. Tali informazioni risultano abbastanza intuitive e di facile lettura

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all’interno dei radargrammi e nelle timeslices GPR, mentre risultano meno immediate nelle mappe DUALEM invertite (Figura).

Dal confronto dei risultati è emersa dunque la notevole capacità delle tecniche GPR multicanale nell’individuare target sepolti di dimensioni ridotte e aventi particolari geometrie. Tuttavia i dati GPR forniscono solo l’ampiezza delle riflessioni, mentre non danno informazioni sulla natura del corpo che le ha generate. Tale informazione potrebbe essere ricavata dal DUALEM, il quale, grazie alla maggiore profondità di esplorazione (9 metri in configurazione completa contro i 3 metri delle Stream X) riesce anche a fornire dettagli più precisi riguardo al contesto stratigrafico in cui eventuali anomalie sono inserite.

Si è concluso che, considerati i differenti dati in uscita, un approccio integrato che usa i due strumenti nella stessa area, potrebbe potenzialmente offrire maggiori spunti interpretativi ed una migliore e più completa lettura dei risultati. In questo modo i limiti o le differenze tra i due strumenti possono essere superati.

Figura: a) Timeslice GPR corrispondete a 1.52 m di profondità. In essa è possibile notare delle riflessioni abbastanza in

risalto rispetto al contesto di sottofondo ed aventi particolare regolarità geometrica. b) Mappa di conducibilità DUALEM invertita corrispondente a 2 m di profondità. Nella zona resistiva (in blu) sono state individuate delle curve di livello che sembrano seguire l’andamento rettilineo delle riflessioni individuate sulle timeslices GPR. La banda conduttiva rappresenta probabilmente un paleo alveo, difficilmente visibile sulle timeslices.

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Capitolo 1

Introduzione generale ed inquadramento

geo-archeologico

1.1 Introduzione e obiettivi della tesi

L’oggetto di questo lavoro di tesi è la valutazione dell’applicabilità e dell’efficacia di due fra le diverse tecniche geofisiche utilizzate frequentemente per l’esplorazione indiretta della sottosuperficie a bassa profondità: i metodi georadar (GPR) ed i metodi ad induzione elettromagnetica (EMI). Per meglio comprendere l’efficacia delle scelte di prospezione, della strategia di processing dei dati e le potenzialità di lettura della sottosupericie è stata eseguita un’indagine reale attraverso due fra gli strumenti più avanzati che sfruttano queste tecniche (lo Stream X e il DUALEM 642s).

Per entrambi gli strumenti sono stati affrontati in maniera critica tutti gli aspetti teorici e procedurali legati ai principi di funzionamento, all’acquisizione dei dati ed alla loro successiva elaborazione. Una trattazione teorica profonda dei principali aspetti di un survey, dal prelievo dei dati fino alla forma finale, può senz’altro essere di aiuto per avere immagini finali di migliore leggibilità.

Il primo fattore su cui è necessario porre massima attenzione al fine di ottenere la migliore interpretabilità dei risultati è sicuramente la fase di acquisizione dei dati. Se i dati in possesso sono di scarsa qualità nessun processo di trattamento potrà essere in grado di renderli migliori.

Strumenti innovativi come quelli utilizzati in questo lavoro di Tesi consentono, grazie a tecnologie di ultima generazione, di facilitare ma nello stesso tempo rendere più precise le fasi di acquisizione. Il sistema di posizionamento GPS, integrato in entrambi gli strumenti, consente ad esempio di risolvere i problemi legati all’individuazione dell’esatta posizione dei target presenti nel sottosuolo.

Lavorare con uno strumento GPR come lo Stream X, composto da schiere di antenne operanti simultaneamente, consente di avere tutta una serie di vantaggi operativi fra i quali: tempi di lavoro minori (un’area viene coperta con un numero di scansioni minori rispetto a quelle che occorrerebbero con un sistema monocanale), riduzione dei problemi causati da aliasing spaziale (avendo la possibilità di scegliere la spaziature tra le antenne), alta risoluzione orizzontale e verticale, possibilità di fornire immagini 3D abbastanza dettagliate dei target sepolti. I vantaggi del DUALEM in termini di acquisizione sono invece legati al fatto che i sensori non necessitano di un contatto fisico con il terreno come avviene ad esempio nei metodi GPR o nei i metodi elettrici; in questo modo è possibile un'esplorazione veloce e nello stesso tempo dettagliata di vaste aree di territorio, anche in condizioni di terreni accidentati. Un altro notevole vantaggio è la possibilità di riuscire ad effettuare misure simultanee della conducibilità elettrica apparente e della suscettività magnetica apparente a sei differenti profondità di esplorazione. Questo grazie a due importanti caratteristiche: la disposizione delle bobine e la possibilità di aumentare la distanza tra la bobina trasmettitore e le bobine ricevitori con il trasmettitore in comune.

Il secondo fattore essenziale per ottenere buoni dati in uscita riguarda invece la conoscenza di tutti gli effetti che ogni operazione di elaborazione può apportare al dato. In generale, allo scopo di realizzare un processing efficiente, è opportuno utilizzare operazioni che siano le più semplici possibili fermandosi quando i risultati ottenuti non presentano migliorie. Informazioni più dettagliate possono essere comunque estratte attraverso operazioni più avanzate. Ciò non significa che è

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consentito applicare in maniera inconsapevole processi sofisticati di elaborazione fino a quando non si ottiene il risultato sperato.

Oltre allo studio di tutti gli aspetti teorici legati al funzionamento dei due strumenti, l’obiettivo principale di questo lavoro di tesi è dunque quello di capire a fondo tutti i meccanismi (anche quelli più inusuali) implicati nella acquisizione e nella elaborazione dei dati, in modo tale da avere le basi per poter scegliere in maniera critica sia i parametri da implicare nei processi di elaborazione, sia la sequenza di processing più adatta ad ottenere risultati in uscita di più facile lettura ed interpretazione.

Un’ampia trattazione teorica e critica riguardo gli effetti sui dati delle diverse modalità di acquisizione e dei vari processi di elaborazione, come quella presentata in questo lavoro di Tesi, è in genere inusuale in quanto lunga e dispendiosa. Tuttavia può consentire di comprendere ed applicare al meglio tecniche che normalmente sono poco utilizzate, evitando così i problemi causati da un loro abuso o da una cattiva gestione.

Nonostante tutte le attenzioni che si possono porre durante le fasi di acquisizione e trattamento dei dati, esistono tuttavia limiti casuali dettati dalle situazioni in cui ci si trova ad operare e al tipo di strumento utilizzato. Per questo motivo un utilizzo simultaneo di diversi metodi di indagine ed un confronto e integrazione dei risultati ottenuti risultano spesso necessari. Un altro obiettivo che ci si è posti è stato dunque verificare se i risultati ottenuti dalle due tecniche siano in qualche modo compatibili.

Nonostante i due dispositivi siano quasi del tutto differenti tra loro, sia da un punto di vista pratico, che dei principi fisici coinvolti, un’analisi di questo tipo può essere agevolata dal fatto, che per entrambi i metodi, le informazioni in uscita sono state generate dalla stessa sottosuperficie, le cui caratteristiche di conducibilità/resistività dipendono dai medesimi materiali geologici e dalla loro disposizione geometrica.

Le indagini sono state eseguite all’interno dell'area archeologica della antica città romana di Luni, nel territorio di Ortonovo, in provincia di La Spezia e a pochi chilometri dal confine con la Toscana.

Dal momento che l’area oggetto di studio è densa di resti di natura antropica, come obiettivo finale si è infine pensato osservare se il DUALEM 642s possa ritenersi un valido strumento per prospezioni di tipo geoarcheologico, così come lo sono i già consolidati metodi GPR, Stream X compreso.

Una breve descrizione riguardo le caratteristiche geo-archeologiche dell’area è affidata al paragrafo che segue.

1.2 Inquadramento geo-archeologico

L’area oggetto di studio è situata nella Liguria orientale, immediatamente a ridosso del confine con la Toscana, dalla quale è separata dal corso del torrente Parmignola. Essa è delimitata a nord-ovest dalle Alpi Apuane, ad ovest dal Fiume Magra ed a sud dal Mar Ligure, mentre si raccorda a sud-est con la pianura apuo-versiliese, della quale rappresenta l’estrema propaggine nord-occidentale (Figura 1.1).

Il paesaggio che si osserva attualmente nella piana lunense è il risultato del modellamento operato principalmente dai corsi d’acqua: il fiume Magra, che con i suoi apporti sedimentari ha portato alla progradazione della pianura costiera fino alla posizione dell’attuale linea di riva, e il torrente Parmignola che ha generato un’ampia conoide alluvionale sulla quale è fondata la parte alta della città di Luni (Figura 1.2) (Bini M. et al., 2012).

L’area lunense è tuttora caratterizzata, infatti, per larga parte dalle alluvioni recenti del fiume Magra, peraltro estesamente rielaborate dall’attività antropica come la maggior parte del territorio in esame. Su di esse sono individuabili una serie di paleoalvei di diverse dimensioni, in parte attribuibili allo stesso Magra ed in parte al Parmignola. Lo spessore dei sedimenti alluvionali deposti dal Magra varia da punto a punto.

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A titolo indicativo si riporta un carotaggio effettuato immediatamente a sud delle mura meridionali, dal quale si evince che lo spessore dei depositi alluvionali che si appoggiano su quelli di pertinenza dei conoidi alluvionali in quel punto misura circa 6,5 m. Inoltre lo studio stratigrafico ha messo in evidenza la presenza di due paleoalvei a quota differente (Figura 1.3).

La parte della pianura più prossima al mare (1 km dalla linea di riva), è invece caratterizzata dalla presenza di diversi cordoni litoranei intervallati da aree intercordoni.

Figura 1.1: Inquadramento geografico dell’area in esame.

La piana, già frequentata dall’uomo sin dalla Preistoria, venne stabilmente abitata nel 177 a.C., con la deduzione della colonia romana di Luni (Gervasini L. et al. 2007a, Gervasini L. et al., 2007b; Varaldo Grottin F., 1996). Le fonti letterarie riportano che la città era famosa per il suo porto, che rivestiva una notevole importanza nell’ambito dei traffici commerciali transmarini peninsulari ed internazionali. Da qui veniva infatti spedito il pregiato marmo di Carrara, ampiamente impiegato come materiale da costruzione nella maggior parte degli edifici classici di Roma (tuttavia fino ad oggi non sono ancora state trovate testimonianze archeologiche di antiche strutture portuali, ne’ quindi l’esatta localizzazione).

Alcuni secoli prima della fondazione della colonia, il territorio è stato caratterizzato da una complessa architettura composta da delta, paludi e acquitrini limitati da cordoni dunali e banchi di sabbia fluviali.

Diversi studi e diversi scenari paleogeografici riguardanti le caratteristiche del paesaggio vicino l’antica città di Luna sono stati forniti da diversi autori (Bernieri A. et al., 1983;. Raggi e Sansoni, 1993; Raffellini, 2000) in periodi diversi. Tutti si trovano d’accordo sul fatto che un ampio bacino di acqua occupava l'area tra l'attuale linea di costa e le colline e che era presente una vasta conca lagunare o continentale ad ovest della città (identificata sulle mappe moderne con il nome di "Seccagna"- Figura 2.1). Probabilmente uno dei due bacini poteva ospitare l’antico porto.

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Gli scavi archeologici, sistematicamente condotti a partire dagli anni ’70, hanno rivelato i resti di una città con un impianto urbanistico complesso, dotata di pregevoli edifici pubblici e privati, di efficienti infrastrutture e di un anfiteatro esterno al circuito murario (Durante A.M., 2001).

Date le caratteristiche ambientali e del popolamento di quest’area, la possibilità di individuare tracce sepolte mediante indagini georadar o EMI è principalmente legata all’eventuale presenza di alvei sepolti o di strutture antropiche. La comparazione tra l’andamento delle aree ad elevata riflettività e l’andamento delle tracce antiche di suddivisione agraria (come ad esempio quelle legate alla centuriazione), potrebbe consentire di ipotizzare la natura delle eterogeneità della sottosuperficie, distinguendo quelle più probabilmente riferibili a resti archeologici da quelli più probabilmente riferibili ad interventi moderni. Riguardo ai paleoalvei, la profondità d’indagine consentita dal GPR permette l’individuazione delle sole tracce più superficiali.

Figura 1.2: Inquadramento geologico e geomorfologico della piana Lunense (da Bini et al., 2012, modificato e semplificato).

1) Basamento roccioso; 2) Pianura alluvionale (sabbie, limi); 3) Conoidi alluvionali (sabbie, ghiaia); 4) Depositi palustri (argille, argilla limosa, torba); 5) Cordone di duna costiera (sabbia); 6) Spiaggia attuale (sabbia); 7) paleoalveo; 8) Canali artificiali.

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Figura 1.3: Descrizione stratigrafica di un carotaggio realizzato in prossimità delle mura sud della città di Luni. In nero

profondità dal piano di campagna, in blu rispetto a livello medio del mare.

La fase di acquisizione dati è stata svolta nei mesi di Gennaio-Febbraio 2012 nel caso delle indagini GPR, mentre nel mese di Agosto 2014 nel caso delle indagini DUALEM.

La superficie indagata, ricadente in un’area perfettamente pianeggiante dal punto di vista morfologico, si estende per circa ed è ubicata, dal punto di vista topografico, immediatamente ad est rispetto al teatro romano, appena fuori le antiche mura cittadine. L’esatta posizione e le caratteristiche geometriche sono mostrate in Figura 1.4.

Figura 1.4: La superficie oggetto di indagine (perimetro in giallo), di forma rettangolare, misura 50m nel suo lato corto e

93m nel suo lato lungo e ricopre un’area complessiva di . Immediatamente ad ovest è possibile notare i resti dell’antico edificio teatrale romano; poche centinaia di metri in direzione sud-est quelle dell’anfiteatro; infine ad ovest/sud-ovest giace l’area interessata dagli scavi archeologici. La linea tratteggiata indica la ricostruzione dell’antica cinta muraria.

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1.3 Presentazione dell’elaborato

Il corpo della tesi è suddiviso in 8 Capitoli più altre 4 parti collocate in appendice. Nei primi due capitoli e nelle appendici gli argomenti trattati costituiscono le basi e gli approfondimenti teorici dei metodi impiegati. Nei capitoli successivi saranno invece esposti, in maniera molto dettagliata, tutti gli aspetti e le problematiche relative all'acquisizione, all'elaborazione, interpretazione e confronto fra metodi.

Nel secondo e nel terzo capitolo verranno trattati i principi teorici che regolano il funzionamento rispettivamente dei dispositivi GPR e dei dispositivi ad induzione elettromagnetica, ponendo particolare attenzione soprattutto ai principali fattori (sia di carattere strumentale che pratico) da tenere in considerazione durante un’acquisizione e sul tipo di risposte che si possono ottenere da bersagli di diversa natura. Nel capitolo 3 in particolare verranno elencate le principali differenze tra i due metodi

Nei capitoli 4 e 6 verrà dapprima fatta una presentazione delle caratteristiche dei due strumenti utilizzati: StreamX e DUALEM 642s. Successivamente verranno riportate le modalità di acquisizione utilizzate durante le indagini. Infine verranno esposte in dettaglio tutte le tecniche di trattamento ed elaborazione dei dati e verranno valutati i relativi vantaggi e svantaggi derivanti dal loro utilizzo. Per ogni processo di elaborazione saranno inoltre presentati, commentati e confrontati i risultati ottenuti sui dati reali.

Alla prima parte del capitolo 5 è affidata la descrizione di tutti i processi ed i parametri determinanti nella creazione delle timeslices dai radargrammi. Anche in questo caso le parti teoriche saranno sempre accompagnate da esempi riferiti ai dati reali. Nella seconda parte del capitolo verranno invece mostrati e commentati gli effetti del’uso dei diversi parametri cardine e dei vari passaggi del processing sulle timeslices. La terza parte del capitolo ha infine come scopo la descrizione e l’interpretazione delle principali figure di interesse riscontrate all’interno delle timeslices. Durante le fasi di interpretazione verranno sfruttate al meglio tutte le corrispondenze esistenti tra i dati sottoforma di timeslices ed i radargrammi.

Il capitolo 7 contiene una parte teorica iniziale a cui è affidata la descrizione del funzionamento dei due algoritmi di inversione utilizzati dal software EM4Soil, e dei principali parametri ad essi associati. Nella parte successiva verranno invece presentati, valutati ed interpretati i dati DUALEM ottenuti a seguito di una serie di prove di inversione. Nello specifico verranno confrontate le mappe e le sezioni in uscita dai due diversi algoritmi ed al variare di alcuni parametri. Tutta la parte che descrive in maniera teorica le tecniche di inversione convenzionali ed in particolare quelle attinenti ai dati di tipo elettromagnetico è esposta nell’appendice D.

Nel capitolo conclusivo (Capitolo 8) verrà prima effettuato un breve confronto riepilogativo tra le due diverse strumentazioni soltanto in base agli aspetti teorici e funzionali. Successivamente si proverà ad intraprendere una fase di confronto visivo dei risultati in uscita dai due metodi in cui saranno evidenziati i punti di contatto e di divergenza riscontrabili. Infine si proverà a fornire dei giudizi conclusivi riguardo ai risultati ottenuti.

Alle appendici è affidata la descrizione di tutti quei concetti teorici necessari alla comprensione dei processi di funzionamento della strumentazione e delle fasi del processing descritte all’interno dei capitoli principali. In particolare l’appendice A tratterà brevemente i principi basilari delle onde elettromagnetiche e delle equazioni di Maxwell, l’appendice B descriverà in dettaglio tutte le proprietà elettromagnetiche dei materiali litologici che influenzano la propagazione di un’onda al loro interno e dunque le misure, mentre nell’appendice C si può trovare la descrizione dei principi di funzionamento base delle antenne e degli array.

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Capitolo 2

Il metodo GPR

2.1 Introduzione

La possibilità di rilevare oggetti sepolti ha affascinato l'umanità nel corso dei secoli. La ricerca di una singola tecnica che potrebbe rendere il sottosuolo ed il suo contenuto ben visibili è così attraente che notevoli sforzi scientifici e ingegneristici è sono stati fatti per la creazione di metodi adeguati di esplorazione (Daniels D.J., 2004).

Sebbene le tecniche di sismica a riflessione e rifrazione siano tra i metodi più largamente sviluppati e utilizzati per caratterizzare gli strati prossimi alla superficie, essi presentano tuttavia notevoli svantaggi applicativi. Il primo tra tutti è il mancato raggiungimento di valori abbastanza alti di risoluzione verticale, caratteristica necessaria per molte applicazioni. Le tecniche sismiche non riescono ad individuare ad esempio strutture sotterranee aventi ordini di grandezza di un metro o meno. Il Ground Penetrating Radar (GPR) può essere lo strumento geofisico più adatto in queste situazioni.

Tale tecnica utilizza la propagazione di onde elettromagnetiche nel terreno, per rilevare variazioni di impedenza elettromagnetica nel sottosuolo. Le onde sono generate da un trasmettitore collocato in superficie o, meno frequentemente, all'interno di un pozzo.

Le frequenze di funzionamento tipiche dei GPR vanno dai 10 MHz ai 2 GHz, di molto superiori alle frequenze usate nei metodi ad induzione elettromagnetica.

Il successo del metodo GPR come tecnica geofisica per la prospezione della superficie è da collocarsi parzialmente nella somiglianza tra le sezioni radar e le sezioni sismiche, familiari a molti geofisici. Sia le tecniche di sismica a riflessione che le tecniche GPR, salvo alcune differenza, sono molto spesso analoghe in termini di cinematica della propagazione delle onde elettromagnetiche e della risposta di riflessione e rifrazione da parte delle discontinuità della sottosuperficie (Everett M.E., 2013).

I lavori di Davis J.L. e Annan A.P. (1989), Knight R. (2001), Neal A. (2004), Annan A.P. (2009), e Conyers L.B. (2011) forniscono delle panoramiche sia teoriche che pratiche sulla tecnica GPR.

2.2 Cenni storici

Le prime applicazioni del GPR come tecnica di indagine geofisica si collocano nei primi anni del novecento da parte di alcuni scienziati tedeschi, con applicazioni finalizzate a captare oggetti metallici sepolti in profondità. Dopo questi primi sviluppi, l’uso più massiccio del GPR ha riguardato la glaciologia (1930), per poi essere ampiamente trascurato fino agli anni ‘50.

Negli anni successivi si è verificato un rapido ed intenso sviluppo delle tecniche GPR, soprattutto grazie all’impiego delle tecnologie di derivazione bellica quali metal detector, sistemi di rilevazione elettromagnetici e radar.

Le strumentazioni e le attrezzature utilizzate in questi anni erano tuttavia complesse ed ingombranti e richiedevano lunghi tempi per l’acquisizione dei dati.

Le apparecchiature moderne sono invece di dimensioni limitate, portatili e di facile impiego e sono dotate di sistemi di gestione e controllo automatico delle operazioni di acquisizione. Mediante semplici operazioni, i dati rilevati vengono trasferiti direttamente al computer per l’elaborazione automatica e successivamente restituiti sotto forma di carte o di grafici (radargrammi). L’andamento di

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questi fornisce sul momento le caratteristiche dei vari target sepolti. I dispositivi sono dotati inoltre di memorie elettroniche capaci di creare un database dei valori registrati.

Negli ultimi anni i notevoli progressi tecnologici dell’elettronica e dell’informatica hanno consentito alle tecniche GPR di essere sfruttate anche nel campo della geofisica applicata, soprattutto in ambito geologico, archeologico, edile e civile.

2.3 Applicazioni

Le principali applicazioni del Ground Penetrating Radar sono sintetizzate nella Tabella 2.1. Tabella 2.1: Principali applicazioni del GPR.

Geologia Archeologia Ambiente Geofisica forense Ingegneria civile Determinazione

della natura e della geometria del substrato. Determinazione dello spessore della coltre glaciale. Individuazione di discontinuità (faglie, fratture, limiti litologici, paleosuoli). Individuazione di strutture murarie, camere sepolcrali, reperti di varia natura. Perizie per il rilascio di concessioni e permessi di scavo in aree sotto vincolo archeologico . Assistenza scavi e sondaggi per la minimizzazione dei rischi di cantiere. Individuazione e limitazione spaziale di suoli inquinati. Verifica a tenuta su discariche controllate. Ricerca e localizzazione di discariche abusive, fusti sepolti Localizzazione di nascondigli, camere di detenzione, rifugi sotterranei, inumazioni Ricerca e localizzazione ordigni bellici. Ricerca e localizzazione di discariche abusive, fusti sepolti. Localizzazione di sottoservizi (tubi metallici o di plastica, cavi elettrici o a fibra ottica, cloache, cunicoli). Controlli strutturali su manufatti (fratture, superfici di distacco, zone di ammaloramento). Individuazione strutture sepolte per la pianificazione di opere di scavo di ricostruzione (fondamenta, cisterne, condotte).

2.4 Il Georadar

Il termine georadar o G.P.R. (Ground Penetrating Radar), identifica una apparecchiatura dedicata all’indagine delle strutture e dei manufatti in genere presenti nel sottosuolo. La parola radar deriva dalla denominazione inglese “radio detection and ranging” (radiorilevamento e misura della distanza), adoperata universalmente per indicare i dispositivi con i quali si effettuano, per mezzo di onde elettromagnetiche, rilevamenti della posizione di oggetti.

In particolare, il GPR utilizza come mezzo di indagine un fascio di onde elettromagnetiche (aventi frequenze che cadono nella regione delle microonde della banda delle onde elettromagnetica) e la loro risposta ai cambiamenti delle proprietà elettromagnetiche della sottosuperficie.

Le onde elettromagnetiche (di solito polarizzate) vengono irradiate all’interno del suolo o in altri materiali solidi e qui possono essere riflesse da oggetti sepolti o dalle interfacce tra strati aventi proprietà dielettriche differenti. Un ricevitore, collocato in prossimità del trasmettitore, raccoglie una piccola frazione dell’energia riflessa in superficie e fornisce le informazioni necessarie al rilevamento. La distanza dell’oggetto da rilevare è data dall’intervallo di tempo che separa l’istante di emissione di un impulso, dall’istante di ricezione dell’eco relativa. La posizione è calcolata invece dalla distanza dell’oggetto dal trasmettitore e dalla direzione del fascio che lo raggiunge.

Il principi coinvolti sono simili a quelli che si osservano nella sismologia a riflessione ad eccezione che nei metodi GPR viene utilizzata un’onda elettromagnetica al posto di un’onda acustica e che le riflessioni si verificano ai confini tra due materiali con differenti costanti dielettriche piuttosto che differenti impedenze acustiche.

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Le proprietà fisiche dei materiali che governano la propagazione delle onde elettromagnetiche sono la costante dielettrica e la costante di attenuazione.

Il GPR opera generalmente a distanze di pochi metri ed ha risoluzioni dell’ordine delle decine di centimetri.

In questi ultimi anni l’utilizzo delle tecniche GPR per le prospezioni geofisiche, ha assunto una sempre maggiore diffusione. Si è assistito infatti ad un notevole aumento di interesse nei confronti di questa tecnica dipendente in gran parte dall’economia dei costi e dei tempi di esecuzione, nonché dal carattere non distruttivo dell’indagine e dalla semplice interpretabilità dei risultati.

L’utilizzo di questa tecnologia consente infatti di rilevare in tempi rapidi numerose informazioni dal sottosuolo come ad esempio la presenza di oggetti, strutture, cavità o comunque di qualsiasi discontinuità presente.

Il georadar è dunque uno strumento versatile che fornisce con alta precisione un profilo continuo del mezzo investigato che sia terreno naturale, ghiaccio, muratura o pavimentazione stradale.

2.4.1 Principio di funzionamento

Il sistema GPR comprende una serie di componenti elettronici i quali si interfacciano e comunicano tra loro a seconda delle rispettive funzioni. La disposizione di tutti i componenti dipende dal tipo di sistema e dal tipo di indagine. In alcuni casi due o più componenti possono essere combinati nella stessa unità fisica. L’equipaggiamento base utilizzato è il seguente (Figura 2.1):

Unità di controllo

Transmitter

Antenna trasmittente (TX)

Antenna ricevente (RX)

Encoder (trasduttore di posizione)

A/D Converter

Monitor/PC

Figura 2.1: Schema dell’equipaggiamento base utilizzato nei sistemi GPR.

L’encoder rappresenta il punto di partenza di ogni ciclo di misura; esso misura l’intervallo spaziale entro cui inviare il segnale. Si tratta di un sistema di posizionamento composto in genere da un dispositivo meccanico usato per misurare le distanze lungo l’area di interesse. I sistemi più utilizzati sono gli odometri a filo e le ruote odometriche (Figura 2.2). In alcuni casi l’encoder viene collegato ad un GPS in modo tale da determinare con più precisione il luogo e la distanza in cui inviare gli impulsi.

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L’A/D converter è collegato all’encoder dal quale riceve le informazioni su quando (o ogni quanti metri) inviare (triggerare) un segnale. Una volta ricevuta la richiesta di attivazione, il convertitore A/D passa l’input all’unità di controllo. Quest’ultima attiva il transmitter il quale genera a sua volta un segnale radar digitale composto da brevi impulsi elettromagnetici ad alta frequenza ripetuti con continuità (trig). Il segnale radar viene fatto passare nuovamente al convertitore A/D per la conversione in analogico.

Il segnale radar analogico viene successivamente inviato all’antenna trasmittente. Qui ogni impulso trigger viene trasformato in un impulso bipolare e aumentato in ampiezza (il segnale elettrico diventa onda elettromagnetica). L’onda viene quindi trasmessa nel terreno. Contemporaneamente un segnale viene inviato all'antenna di ricezione Rx per informarla che un impulso è stato introdotto nel terreno e che presto giungeranno in essa le onde riflesse provenienti dalla sottosuperficie.

Quando l'impulso elettromagnetico nel propagarsi in profondità incontra una superficie che separa due mezzi aventi caratteristiche fisiche (proprietà dielettriche) diverse, una parte dell'energia incidente viene riflessa ed una parte prosegue nel secondo mezzo. Le onde riflesse dall’interfaccia ritornano in superficie e vengono rilevate dall'antenna ricevente, inviate al receiver ed inoltrate al convertitore A/D per la digitalizzazione. La parte di energia trasmessa che procede oltre la discontinuità è disponibile per altre riflessioni su eventuali discontinuità più profonde.

Ogni impulso radar è codificato digitalmente in modo che è possibile distinguere tra segnali trasmessi e segnali ricevuti.

L’informazione digitalizzata viene quindi inviata all’unità di controllo. Essa rappresenta il cervello del sistema in quanto coordina le operazioni di tutti i componenti elettronici. Il suo compito fondamentale è di registrare il tempo che impiega un’onda trasmessa dall’antenna trasmittente per raggiungere un’interfaccia e tornare in superficie sul ricevitore (tempo di ritardo). All’interno dell’unità il dato viene processato e successivamente inoltrato al monitor e/o al dispositivo di memorizzazione dati (solitamente un PC).

Figura 2.2: Tipologie di encoder (Ribolini A., 2012).

In una tipica scansione GPR la strumentazione viene fatta muovere progressivamente lungo un tracciato predeterminato in superficie ed il processo appena descritto viene ripetuto più volte secondo una cadenza prestabilita.

Tutti i dati raccolti vengono restituiti dal sistema sottoforma di radargramma, ovvero una rappresentazione bidimensionale del tipo spostamento (lungo il tracciato) vs tempo (di ricezione dei

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segnali riflessi). I radargrammi vengono visualizzati direttamente sul monitor dello strumento o di un computer portatile, attraverso il quale è possibile controllare in tempo reale la qualità delle registrazioni (ed eventualmente impostare i parametri iniziali di misura), e nel frattempo vengono salvati in formato digitale pronti per la successiva fase di elaborazione ed interpretazione attraverso l'ausilio di software specifici.

Per effettuare un profilo esistono due diverse tecniche operative: la metodologia nel dominio del

tempo e quella nel dominio dello spazio. Esse differiscono tra loro dalla modalità con cui viene

effettuata la ripetizione del ciclo trasmissione/ricezione dell’impulso radar.

Nei profili nel dominio del tempo gli impulsi radar vengono emessi ad intervalli di tempo costanti (da 1 a 100 ms). L’operatore deve in questo caso muovere l’antenna sulla superficie da investigare lungo una determinata direzione cercando di mantenere una velocità costante.

Nelle sezioni GPR nel dominio dello spazio l’intervallo tra gli impulsi è regolato in funzione della posizione. I georadar che operano nel dominio dello spazio si avvalgono del trasduttore di posizione (encoder), mediante il quale il sistema tiene conto dello spazio percorso dall’antenna. L’emissione degli impulsi radar viene effettuata ogni qualvolta il sistema rileva che l’antenna (spinta dall’operatore) ha percorso una determinata lunghezza (da 10 mm a 1 m). In questo modo l’operatore può spostare l’antenna più o meno velocemente, fermarsi e ripartire senza che ciò si ripercuota sull’accuratezza della sezione.

Le antenne di trasmissione e di ricezione in generale sono identiche e possono essere scelte in base al tipo di indagine e al tipo di segnale inviato al terreno. La composizione delle antenne è abbastanza complessa e per questo motivo verrà trattata separatamente nell’Appendice C.

2.4.2 Acquisizione dati: settaggio preliminare

La caratterizzazione di un sistema radar è un’operazione abbastanza complessa in quanto vi sono molti elementi che ne influenzano il funzionamento e l’utilizzo.

I principali fattori che governano un’indagine GPR possono essere sia di carattere strumentale che di carattere pratico. I più importanti sono schematizzati in Tabella 2.2.

Tabella 2.2: Fattori determinanti in un’indagine GPR.

Risulta dunque necessaria un’attenta analisi sia del target che delle condizioni del suolo su cui il GPR andrà ad indagare. Il successivo settaggio strumentale consentirà di ottimizzare l’indagine.

2.4.2-a Velocità di propagazione

Per prima cosa è possibile affermare che, se si conosce la velocità di propagazione dell’onda elettromagnetica all’interno del sottosuolo è possibile calcolare con facilità la profondità o lo spessore del target (Daniels D.J. 2004).

Fattori di carattere strumentale Fattori di carattere pratico

Velocità di propagazione Risoluzione Larghezza di banda Frequenza centrale Transmitter blanking Finestra temporale Campionamento Range resolution

Profondità del target Geometria del target

Contrasto tra le proprietà elettromagnetiche del

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La velocità di propagazione relativa è legata principalmente alle caratteristiche fisico-elettriche dei mezzi attraversati. In particolare, come visto nel Paragrafo A.4 (Appendice A), per materiali omogenei e isotropi si calcola come:

2.1 Una volta ricavata la velocità di propagazione, la profondità d può essere ricavata da:

2.2 In cui rappresenta la velocità della luce nel vuoto ( ), rappresenta la permettività

elettrica (o costante dielettrica) relativa del mezzo, mentre t identifica il tempo di ritardo.

Nella maggior parte delle situazioni pratiche, tuttavia la costante di permettività elettrica delle rocce che costituiscono il sottosuolo è completamente sconosciuta. In questi casi si è quindi costretti a stimare la velocità di propagazione direttamente in situ ad esempio praticando fori nel terreno1.

La velocità delle onde nell’aria è molto simile alla velocità della luce nel vuoto e quindi normalmente viene assunta essere uguale. Nei dispositivi GPR per indagini superficiali, il tempo trascorso tra la trasmissione e la ricezione di un impulso (tempo di ritardo) viene misurato in nanosecondi ( ), proporzionalmente alle brevi distanza percorse.

Come visto dall’equazione 2.1, la velocità di propagazione diminuisce con l'aumentare permettività relativa. La lunghezza d'onda di un segnale all'interno del materiale diminuisce invece al diminuire della velocità di propagazione in funzione della seguente relazione:

2.3 Le conseguenze degli effetti descritti sono mostrate in Tabella 2.3 ed in Figura 2.3.

Tabella 2.3: Caratteristiche di propagazione nei materiali in funzione della permettività elettrica relativa e frequenza (Daniels

D.J., 2004).

1

Particolare attenzione bisogna inoltre porre alla variazione della costante dielettrica con la frequenza all’interno materiali dielettrici. L'entità di questo effetto è comunque generalmente piccolo per la gamma di frequenze tipicamente impiegate per indagini GPR superficiali.

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Figura 2.3: Lunghezza d’onda normalizzata vs permettività elettrica relativa. La lunghezza d’onda (e dunque la velocità)

dell’onda elettromagnetica diminuiscono all’aumentare della permittività relativa (Daniels D.J., 2004).

2.4.2-b Risoluzione

La risoluzione è una proprietà fondamentale che contraddistingue la maggior parte delle metodologie che utilizzano fenomeni ondulatori. Essa rappresenta il limite d’incertezza nel determinare la posizione e gli attributi geometrici (dimensione, forma e spessore) di un determinato oggetto e dipende dalle caratteristiche impulsive dell’onda sorgente (Jol H.M., 2008).

Per capire meglio si consideri un sistema in grado di generare e ricevere un impulso. Nella maggior parte dei casi l’arrivo degli impulsi riflessi (echi) al ricevitore non avviene in modo univoco. Essi possono infatti arrivare simultaneamente, parzialmente sovrapposti o separati nel tempo.

Nel caso in cui in ricezione si presentino ad esempio due echi, risulta di fondamentale importanza stimare l’intervallo temporale minimo necessario affinché questi possano essere considerati come due eventi distinti e non come un unico evento.

La Figura 2.4 mostra due impulsi uguali caratterizzati da una larghezza a mezza altezza indicata con W. Secondo la fisica classica i due impulsi potranno essere considerati come due eventi distinti solo se separati da un tempo T maggiore o uguale a W/2 (Figura 2.4-a). In caso contrario, se i due impulsi saranno parzialmente sovrapposti, la loro risoluzione risulterà difficoltosa (Figura 2.4-b). Quando invece i due impulsi saranno coincidenti nel tempo daranno luogo ad un unico evento avente ampiezza pari alla somma delle ampiezze dei due impulsi (Figura 2.4-c).

Figura 2.4: Coppia di impulsi caratterizzati da larghezza a mezza altezza W. a) Impulsi chiaramente separati quando

. b) Impulsi parzialmente sovrapposti e non distinguibili per ; c) Impulsi sovrapposti ( ) (Jol H.M., 2008).

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Quanto visto finora riguardo alla separazione temporale degli impulsi, può essere approfondito introducendo alcuni concetti teorici della sismica a riflessione. Secondo questi ultimi, la risoluzione può essere definita in due modi validi anche per la teoria radar (Jol H.M., 2008):

1. Risoluzione verticale; 2. Risoluzione orizzontale.

2.4.2-b.1 Risoluzione verticale

La risoluzione verticale rappresenta la capacità di determinare la posizione di più oggetti riflettori lungo la verticale al piano di survey.

Si prenda in considerazione una situazione in cui all’interno di uno strato omogeneo siano sepolti due oggetti a profondità e rispettivamente (Figura 2.5).

Figura 2.5: Schema di due oggetti posti rispettivamente a profondità e rispetto alla superficie (Ribolini A., 2012).

È possibile calcolare i tempi di arrivo in superficie dei due raggi riflessi dai due oggetti alla stessa velocità V come:

2.4 La differenza dei tempi di arrivo dei due raggi in superficie è data da:

2.5 Considerando che (con periodo dell’onda), e sapendo che due eventi sinusoidali con la stessa frequenza risultano risoluti se la differenza tra i loro tempi di arrivo risulta essere maggiore rispetto alla metà del periodo allora:

2.6 Per cui, affinché i due oggetti possano essere registrati come eventi distinti la loro distanza Z deve essere maggiore di un quarto della lunghezza d’onda del segnale trasmesso:

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La risoluzione verticale risulta quindi proporzionale alla frequenza. Nello specifico a frequenze nominali (o centrali) maggiori corrisponderanno risoluzioni migliori. A conferma di quanto detto prenda in considerazione la Figura 2.6 rappresentante due A-scan ottenute nella medesima situazione ma con l’uso di frequenze diverse. Si può notare come il segnale a frequenza maggiore arrivi al ricevitore con risoluzione maggiore (i picchi in corrispondenza delle interfacce si presentano più marcati e dunque più facilmente distinguibili).

Figura 2.6: a) Simulazione di una A-scan post acquisizione ottenuta utilizzando una frequenza centrale di 100 MHz. b)

Simulazione di una A-scan post acquisizione ottenuta utilizzando una frequenza centrale di 750 MHz. Si nota anche come le ampiezze risultano maggiormente attenuate utilizzando sistemi con frequenze maggiori. (D.J. Daniel, 2004).

Un altro aspetto che è possibile notare in Figura 2.6 è come le ampiezze del segnale registrato risultino maggiormente attenuate in profondità utilizzando sistemi con frequenze maggiori.

Il mezzo indagato generalmente agisce come una sorta di filtro passa basso e modifica lo spettro del segnale sorgente trasmesso nel terreno, in accordo con le proprietà elettriche del mezzo indagato (Daniels D.J., 2004). Di conseguenza la frequenza centrale di ritorno recepita dall’antenna ricevente sarà sicuramente minore rispetto alla frequenza centrale dell’onda elettromagnetica trasmessa; ciò si traduce in un allargamento del segnale nel dominio temporale a scapito della risoluzione (Figura 2.7).

Analogamente, l’effetto di riduzione della banda per propagazione del segnale può essere visualizzato nel dominio dei tempi. Si prenda ad esempio in considerazione come input della sorgente un’ondina di Ricker e la si confronti con l’ondina in arrivo sul ricevitore. Il terreno, fungendo da filtro passa-basso, attenua le alte frequenza ovvero riduce la banda di frequenza del segnale originario, ciò comporta un allungamento temporale dell’ondina e dunque una minore risoluzione verticale in profondità. La situazione che si ottiene è quella mostrata in Figura 2.8 (Daniels D.J., 2004).

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Figura 2.7: Effetto del filtro terreno sulle frequenze di ritorno e relativi radargrammi per frequenze centrali di 50MHz (a),

100 MHz (b), 200 MHz (c) (Neal A., 2004).

Figura 2.8: Linea tratteggiata: segnale in input; Linea continua: segnale in output. È possibile notare come la perdita delle

alte frequenze provochi una riduzione della banda di frequenza e conseguentemente un allargamento del segnale nel tempo (Daniels D.J., 2004).

In particolare se si opera in un semispazio in cui le interfacce sono spaziate di una quantità minore di mezza lunghezza d’onda, il segnale riflesso da una singola interfaccia tenderà a combinarsi con quello riflesso dall’interfaccia vicina, come mostrato in Figura 2.9. In circostanze come questa potrebbero essere necessarie operazioni di deconvoluzione al fine di riconoscere e caratterizzare le

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risposte provenienti dalle singole interfacce. Tuttavia questo tipo di trattamento non viene normalmente effettuato durante le indagini standard (D.J. Daniels, 2004).

È dunque evidente che il potere risolutivo del segnale trasmesso decresce in qualità con l’evolversi della propagazione. Di conseguenza, stime di risoluzione verticale più realistiche sono ottenute utilizzando la frequenza centrale di ritorno.

Figura 2.9: Convoluzione tra l'ondina sorgente e le singole interfacce (Daniels D.J., 2004).

2.4.2-b.2 Risoluzione orizzontale

La capacità di distinguere due oggetti separati orizzontalmente e spazialmente vicini è definita

risoluzione orizzontale.

La risoluzione orizzontale dipende fortemente dalla lunghezza d’onda del segnale trasmesso ( , Equazione 2.3). Poiché con il propagarsi dell’onda le alte frequenze emesse dal trasmettitore sono attenuate maggiormente rispetto alle basse, la lunghezza d’onda del segnale ricevuto risulterà mediamente più grande.

Riprendendo ancora una volta le assunzioni derivanti dalla sismica a riflessione, si può affermare che la risoluzione orizzontale è dipendente dal raggio della prima zona di Fresnel. Questa costituisce la zona all’interno della quale due riflettori adiacenti risultano indistinguibili poiché le riflessioni interferiranno costruttivamente a formare una singola riflessione (Figura 2.10).

La zona di Fresnel è a sua volta funzione della lunghezza d’onda del segnale trasmesso e della profondità del riflettore; nello specifico, la profondità occupa un ruolo importante dal momento che l’energia irradiata si espande lateralmente man mano che l’onda si propaga verso il basso (con un consequenziale aumento della larghezza della zona di Fresnel), ne consegue che la risoluzione orizzontale decresce all’incrementare della profondità.

A conferma del fatto si consideri una situazione come quella mostrata in Figura 2.11. Il raggio della zona di Fresnel si può ricavare come:

Per cui:

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22

2.8 Si è così trovata la relazione esistente tra la zona di Fresnel, la velocità dell’onda V, la profondità z e la frequenza centrale .

Da quanto trovato si evince che a parità di profondità, maggiore sarà la frequenza (minore sarà ) migliore risulterà essere la risoluzione orizzontale.

Figura 2.10: a) Le onde elettromagnetiche si propagano attraverso il terreno descrivendo un cono divergente con la

propagazione. b) Ampiezza di interferenza costruttiva degli impulsi all’interno della zone di Fresnel. c) Relazione frequenza/raggio della prima zone di Fresnel (Emery e Myers, modificata, 1996).

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2.4.2-b.3 Risoluzione planare

L’energia irradiata dall’antenna di trasmissione all’interno del terreno illumina esclusivamente una determinata area stabilendo così una “impronta d’illuminazione” detta footprint. Per questo motivo si parla di risoluzione planare.

La risoluzione planare è definita dalle caratteristiche dell'antenna. In generale, per ottenere una risoluzione accettabile è necessaria un'antenna ad alto guadagno direttivo (Paragrafo C.3.1, Appendice C). Questo richiede che l’antenna abbia un'apertura significativa e frequenze di trasmissione più basse (minore lunghezze d’onda). Al contrario antenne di piccole dimensioni e alto guadagno utilizzano una frequenza, che non può penetrare il materiale a sufficiente profondità. Quando si sceglie l’attrezzatura per una particolare applicazione è dunque necessario trovare un compromesso tra risoluzione planare, dimensioni dell'antenna, e capacità di penetrare nel materiale (Daniels D.J., 2004).

L’effetto del footprint sulla risoluzione può essere visto in Figura 2.12, in cui è evidenziata la proiezione dell’energia nel terreno ad una determinata distanza. Si noti come la risoluzione planare diminuisce all’aumentare della profondità D (la larghezza dell’impronta aumenta considerevolmente quando la sorgente è sollevata da terra).

La risoluzione planare di un sistema radar è importante soprattutto quando si vogliono ricercare bersagli localizzati e in particolare quando vi è la necessità di distinguerli da altri che si trovano alla stessa profondità (Daniels D.J. 2004).

Figura 2.12: Dipendenza del footprint dalla frequenza centrale del segnale trasmesso, dalla profondità del riflettore e dalla

costante dielettrica del mezzo (Conyers, Goodmane Annan, 2002).

2.4.2-c Larghezza di banda e frequenza centrale

Si consideri un’ondina inviata nel sottosuolo dall’antenna di trasmissione. La larghezza di banda B di tale segnale può essere determinata considerando il suo spettro di ampiezza. Quest’ultimo si calcola mediante la trasformata di Fourier.

In particolare la larghezza di banda è riferita alla misura dell’intervallo di frequenze compreso tra la minima e la massima frequenza contenute nello spettro di ampiezza di un segnale (differenza tra frequenza massima e frequenza minima).

Si prendano in considerazione ad esempio un’ondina di Ricker ed il relativo spettro di ampiezza mostrati in Figura 2.13. In questo caso la frequenza minima risulta pari a 0 Hz mentre la massima a circa 63 Hz. La larghezza di banda è dunque pari a circa 63 Hz .

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Figura 2.13: a) Ondina di Ricker a 40 Hz. b) Spettro di ampiezza dell'ondina. La larghezza di banda B è di circa 63 Hz.

Dalla proprietà del cambiamento di scala della trasformata di Fourier è possibile affermare che una dilatazione nel dominio dei tempi comporta una compressione dello spettro nel dominio delle frequenze.

Una banda di frequenze stretta corrisponde dunque ad un impulso oscillatorio lungo caratterizzato da una frequenza dominante (Figura 2.14).

Figura 2.14: a) Impulso di durata W nel dominio dei tempi. L’inviluppo (envelope) dell’impulso (linea tratteggiata)

racchiude l’impulso radar oscillante a frequenza . b) Spettro di ampiezza del segnale.

Una banda di frequenza ampia corrisponde invece ad una più breve durata dell’impulso e ad un più ampio contenuto in frequenza. Lo spettro in questo caso sarà concentrato intorno ad una determinata frequenza definita frequenza centrale ed indicata con (Figura 2.15).

Figura 2.15: a) Inviluppo dell’impulso di durata W nel dominio dei tempi. b) Spettro di ampiezza del segnale.

La frequenza centrale è un parametro molto comune nei dispositivi GPR infatti la frequenza operativa di un georadar non è definita dalla larghezza di banda (B) bensì dalla frequenza centrale di quest’ultima (Jol H.M. 2008).

In particolare, un segnale (un impulso) GPR è caratterizzato dal rapporto ( ) fra la larghezza di banda e la frequenza centrale :

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