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«Alcuni porcospini per proteggersi dal freddo intenso si strinsero vicini in modo da scaldarsi. Ben presto, però, a cause delle spine il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’ altro… e così di seguito finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione». (A. Schopenhauer)

Immaginiamo che i nostri due ricci rappresentino uno, coloro che amministrano una comunità, e l’altro gli amministrati, i cittadini. Immaginiamo inoltre che le numerose spine siano gli ostacoli ad una relazione positiva (che crea quindi un miglioramento nella vita quotidiana dei due ricci) affinché non si facciano più del male, ma che permetta loro di interagire, senza ferirsi troppo, e, allo stesso tempo, senza morire di freddo. Io ipotizzo che quella distanza che aiuti i due ricci a trovare la migliore posizione per stare meglio entrambi, senza che il benessere di uno non sia il malessere dell’altro, possa essere rappresentata dal principio di sussidiarietà. Ciò che noi andremo ad analizzare e osservare sarà l’emergere di elementi di morfogenesi (se presenti) generativi di sussidiarietà (ossia della capacità in cui «ognuno si comporti conformemente al grado che è il suo»102). Elementi innovativi che potrebbero essere capace di diventare la

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componente fondamentale della produzione, co-produzione e fruizione di un servizio103. Come abbiamo visto nella parte teorica, oggi il termine sussidiarietà sembra più che mai un termine equivoco ed è proprio per questo che ha senso ri- leggere il principio mostrando quei casi dove può possiamo rilevare il ri- conoscimento, il ri-spetto e il ri-fiorire di quei munus, officia, di quelle capacità e competenze diverse nella società, e già stabiliti culturalmente, che le organizzazioni- politiche o meno- devono valorizzare, partendo proprio dall’attuazione del principio di sussidiarietà104. Il principio, quindi, va oltre, è relazionale perché regola i rapporti fra governo e società civile e perché si basa sull’etero-capacitazione dell’Altro nella valorizzazione reciproca della relazione stessa. La forza innovatrice del principio sta proprio in questo: nel sostegno alle capacità dei soggetti in gioco, capacità che vanno sostenute e mai sostituite105, pena ritornare in un paradigma di welfare, basato su una logica assistenzialistica e incapace di leggere il linguaggio relazionale con cui guardare alla società. Può diventare allora un criterio fondamentale per la qualità del benessere e per la ricerca della propria felicità perché «implica la reciproca valorizzazione dei soggetti compresenti in una data situazione come realizzazione di diritti a relazioni sussidiarie con gli altri, nel lavoro, come in famiglia e nelle reti di vita quotidiana»106. Proprio in questo è un principio antropologico (realizzazione della dignità della persona umana) e un principio architettonico di governance, che va dal livello micro (relazioni interpersonali) al livello meso (associazioni) al livello

103 Qui utilizzeremo il concetto di servizio di Jean Gadrey, sociologo francese, che definisce un

servizio come « un’operazione finalizzata a una trasformazione di stato di una realtà “C”, posseduta o utilizzata da un consumatore cliente o utente “B” e realizzata da un prestatore “A”, su domanda di B e spesso in relazione con quest’ultimo, che tuttavia non porta alla produzione di un bene in senso economico indipendentemente dal supporto C» in Martinelli, F. e Gadrey, J.,

L’economia dei servizi, Bologna, Il mulino, 2000.

104 Hittinger R, in Pursuing the Commod Good: how Solidarity and Subsidiarity can work

together, edited by Archer M., Donati P., Vatican City, 2008.

105Francois-Xavier Kauffman ci ricorda,nell’interessante saggio Il principio di sussdiarietà: punto di vista di un sociologo delle organizzazioni, in Natura e futuro delle conferenze episcopali. Atti del colloquio internazionale di Salamanca (3-8 gennaio 1988), Edizione Dehoniane, 1988,

Bologna. pp.297-314 , che il focus centrale (e più problematico del principio stesso, data la difficile applicabilità ) è capire: 1. quale determinata unità sociale sia più capace o sia in grado di risolvere meglio un problema specifico; 2. e che le capacità degli individui sono molto diverse secondo il tipo di problema che si affronta.

106 Donati P. io La qualità sociale del welfare: un nuovo modo di osservare, valutare e realizzare le buoni prassi, in Lavoro sociale, volume 6, numero 3, dicembre 2006, Ed.Erickson, Trento,

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macro ( rapporti macrostrutturali) (Donati e Colozzi, 2005). Ma noi siamo nell’ambito delle politiche locali, fermeremo quindi il nostro sguardo sui livelli micro e meso, dai quali proveremo a tracciare prospettive future per una maggiore qualità del welfare. Proveremo ad analizzare la qualità del welfare locale lì dove il principio di sussidiarietà opera e aiuta l’emergere di processi morfogenetici in cui il contributo specifico di ogni attore, il suo particolare “valore”, viene reso esplicito nell’apertura alla relazione con gli altri attori compresenti. Osserveremo se emergerà « l’orientamento reciproco tra di essi, il loro saper fare (o meno)

relazione “hic et nunc”, la capacità di co-legarsi, responsabilizzarsi l’uno con

l’altro, valorizzando le capacità diverse di ognuno»107 che può“capacitare” l’intero sistema di welfare locale. Naturalmente, nello stesso tempo, andremo a vedere come il modo di orientarsi agli altri impedisce o agevola tale creazione di valore.

E qui, diventa centrale il concetto di riflessività, perché la circolarità messa in moto dalla logica sussidiaria implica forme di riflessività particolariperché « per generare sussidiarietà occorre riflettere costantemente: 1) sui vecchi habitus operativi, cioè i vecchi schemi di lavoro, per sostituirli con nuovi; 2) sul senso e sul significato del proprio compito; 3) sul proprio modo di operare in relazione/alleanza con gli altri (modi di operare) controllando questa riflessività in

itinere insieme agli altri attori. Stante l’idea alla base che «la proprietà emergente

della sussidiarietà è possibile solo entro un servizio relazionale, cioè un servizio che opera a partire “da”, “con”, “per” e “a favore” delle relazioni».108 Per potersi aprire reciprocamente e fiduciosamente agli altri, ogni soggetto della rete deve riuscire a stare in contatto con se stesso per poter riconoscere nell’Altro la soggettività di cui fanno parte e insieme contribuire al miglioramento del proprio benessere.

107Prandini R. in “Servizi relazionali sussidiari e (meta)riflessività. il caso del “Giocoamico” di

Parma”, in Sociologia e politiche sociali,vol. 3, 2007 , p.146

108Prandini R. in “Servizi relazionali sussidiari e (meta)riflessività. il caso del “Giocoamico” di Parma”, in Sociologia e politiche sociali,vol. , p.146

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3.2. La Regione Veneto, "dove la famiglia è di casa": il contesto di