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2.2. Goffman e ‘ il servizio tecnico’: riflessioni emergenti in Asylum

2.2.1. Il servizio tecnico

L’incipit del saggio goffmaniano porta subito l’attenzione del lettore sul fatto che in una società ci sono delle ‘modalità preferite’ secondo cui due individui possono avvicinarsi ed avere rapporti reciproci, schemi di rapporto che presuppongono elementi interdipendenti e che possono essere, allo stesso tempo, « una fonte di identità, una guida per una condotta ideale e la base per il formarsi di una solidarietà o una frattura» (p. 339). Secondo Goffman una delle modalità più significative in cui due individui possono incontrarsi e interagire è lo schema di rapporto servitore-servito (server-served). Questo specifico rapporto di lavoro diventa la chiave di lettura attraverso cui l’autore vuole comprendere alcuni

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problemi relativi al ricovero psichiatrico, non trascurando metodologicamente che proprio «uno studioso di rapporti sociali può quindi usare, per i suoi scopi, gli stessi modelli che i membri della società usano per i loro» (Ibidem). Goffman definisce il servizio personale come un’assistenza desiderata da chi la riceve e in particolare (p.340):

«la “prestazione di un servizio personale” può essere definita, teoricamente, come l’attività di chi presta personalmente un servizio specializzato, per un insieme di individui con i quali il servizio stesso comporta di impegnarsi in un rapporto personale diretto, senza esservi costretti da altri tipi di legami»

Così per l’autore, il fatto di essere citato a giudizio, ad esempio, non è un servizio personale per chi riceve la citazione, ma se uno psicologo si fa pagare per un test professionale a persone che lo desiderano, questo è un tipo di servizio personale. Capiamo allora che se lo stesso psicologo compie lo stesso test, ma per committenza dell’ufficio di collocamento di un’organizzazione, non è un servizio personale perchè − secondo l’autore − si tratta di oggetti del suo lavoro e non di

clienti. Già in queste prime pagine cogliamo un primo elemento di quello che

porterà l’autore a concludere che il servizio tecnico applicato alla psichiatria (nello specifico al servizio medico psichiatrico) ha effetti devastanti nel sè del paziente. La reificazione di chi riceve il servizio è un primo criterio che distingue quindi i servizi personali dai servizi non personali. Il secondo elemento che l’autore coglie, quale specifico del servizio tecnico è :

«Io ritengo che l’ideologia che sottende il servizio prestato da un tecnico, nella nostra società, sia radicata nel fatto che colui che la presta abbia un complesso sistema fisico da riparare, costruire o adattare - dove il sistema sia un oggetto o una proprietà del cliente.Quando quindi userò qui il termine «rapporto di servizio» (o di lavoro), mi riferirò soltanto a questo caso, se il contesto non richiederà un riferimento più preciso».

Al tecnico, sembra appartenere allora, diremmo oggi, il bene, che deve essere prodotto da quel determinato servizio. Secondo l’autore colui che presta un servizio ha la capacità di trasformare quel sistema che gli viene ‘affidato’ dal proprietario del sistema stesso affinché il rapporto di servizio si realizzi tramite la trasformazione dell’oggetto del servizio nel servizio realizzato vero e proprio.

Goffman procede descrivendo poi quello che definiremo “il triangolo dei servizi”, guida della nostra analisi (p. 342):

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«Noi lavoriamo su un triangolo, che ha avuto un ruolo storico determinante nella società occidentale - colui che presta un servizio, l’oggetto e il proprietario dell’oggetto. Ogni grande società dispone di tecnici come prestatori di servizi, ma nessuna società ha dato più peso di quanto abbia dato la nostra, a questo tipo di attività. La nostra è una società di servizi, tanto che anche organizzazioni come i grandi magazzini seguono - a parole, se non di fatto - questo modello, rispondendo al bisogno, sia dei commessi che dei clienti, di sentire che viene loro prestato un servizio tecnico personale, nonostante non sperino di ottenerlo».

Secondo l’autore quindi il triangolo dei servizi, è storicamente costituito da un rapporto fra persone (i clienti) che si pongono nelle mani di altre persone (coloro che prestano il servizio), che implicitamente tiene conto del rispetto del cliente per la competenza tecnica di chi lo serve e della fiducia che fra essi scorrerà attraverso il senso di gratitudine reciproco e il compenso finale convenuto. Allo stesso tempo, colui che presta il servizio offre la competenza specifica che gli è propria a disposizione del cliente, discrezione professionale che lo porta a non interferire nelle altre sfere del cliente o:

«addirittura (in casi estremi), con la ragione per la quale il cliente gli richiede il servizio; e, per ultimo, una educazione non servile. In questo consiste il servizio di "riparazione"».

In questo punto Goffman ammette in una nota a piè di pagina, che tale descrizione del rapporto di servizio è stato profondamente influenzato dallo studio di Talcott Parsons del 1939, The Professions and the Social Structure, che considera il principale lavoro sull’argomento, su cui apriremo una finestra in seguito. Così tornando a Goffman, egli vede il rapporto di servizio come un triangolo ( figura 1, di seguito):

Fig.1 - Il triangolo dei servizi secondo Erving Goffman

IL PROPRIETARIO

COLUI CHE PRESTA IL SERVIZIO

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L’interazione fra cliente e colui che presta il servizio ha così una forma relativamente strutturata in cui chi presta il servizio si dedica a operazioni meccaniche o manuali sull’oggetto di proprietà del cliente (in specifico per le attività di tipo diagnostico) e/o può avere scambi verbali con lo stesso cliente (p. 344). La comunicazione fra cliente (service user) e prestatore del servizio (supplier) è per Goffman costituita di tre elementi: i) l’elemento tecnico, in cui vengono prese o date le informazioni relative alla costruzione o alla riparazione dell’oggetto stesso; l’elemento contrattuale, che consiste in un accordo sul costo/ tempo − sulle risorse impiegate diremmo oggi − richiesti dal lavoro; iii)

l’elemento comunicativo che consiste in forme di cortesia, affabilità e segni di

deferenza70. Ma come possiamo iniziare a comprendere questo rapporto di servizio? Goffman utilizza il concetto di pagamento, che non è definibile solamente come un prezzo per un duplice significato: i) tradizionalmente il pagamento è quello che vale il servizio in se stesso, così se il servizio, agli occhi del cliente, è di grande valore, vi sarà già un prezzo stabilito dalla consuetudine della sua professione, ii) ma se il servizio avrà valore minore, sempre di fronte agli occhi del cliente, il prestatore del servizio potrebbe sentirsi in obbligo di rinunciare a farsi pagare o di chiedere un compenso più basso, «evitando, in tal modo, di sprecare tempo, o che il suo lavoro (in definitiva, lui stesso) sia misurato con una valutazione che può arrivare fino a zero» (p. 343).

Ambiguità del pagamento che consente al tecnico di preservare la sua partecipazione disinteressata al proprio lavoro che non riguardi il lavoro stesso e, infine, una implicita responsabililità sociale, sottolineata dallo stesso Goffman

70 Essenzialmente per Goffmann la vita sociale può essere interpretata come una rappresentazione

teatrale e muove dal presupposto che quando un individuo è in presenza di altri abbia molte ragioni per cercare di controllare le impressioni che essi ricevono dalla situazione. L’attore agisce come su un vero e proprio palcoscenico dove si distingue una “ribalta” (che è il luogo dove l’attore mette in atto la propria rappresentazione) ed un “retroscena” (che è il luogo dove l’attore dismette i suoi panni di teatrante e mette in mostra se stesso). Quando gli attori sono sulla ribalta trattano il pubblico seguendo il rituale della cortesia, si comportano seguendo le norme di decoro adeguate al contesto come ad esempio può essere un luogo sacro, il posto in cui si lavora e così via e possono esprimersi anche attraverso rituali di deferenza. La deferenza in particolare è uno strumento di “devozione” attraverso cui un individuo manifesta apprezzamento verso un destinatario come ad esempio il salutarsi, fare complimenti, scusarsi, ringraziare. È un atto di “devozione” individuale in cui un soggetto manifesta e riconosce la sacralità del destinatario (Goffman E., Interaction Ritual, GardenCity, Doubleday, 1967 trad. it. Il rituale dell’interazione, il Mulino, Bologna, 1988).

64 (corsivo mio, p.343):

«E poiché il suo lavoro è un lavoro di riparazione (che ha a che fare con sistemi fisici chiusi e reali) si tratta di un’attività nella quale può dimostrare una partecipazione disinteressata: un lavoro valido dì riparazione o di costruzione, è anche tale da potervisi identificare, aggiungendo una fonte di interesse autonomo al lavoro stesso. Inoltre si presume che una delle motivazioni di chi presta un servizio sia anche il fatto di aiutare l’umanità come tale».

Inoltre il successo di questa prestazione sta, per l’autore, nel fatto che il tecnico tiene separati il cliente e ciò che non funziona nel cliente « dando a ciascuna ciò che le è dovuta» (p.345) perché per essei vigono regole diverse, fanno parte di due mondi diversi, in cui il cliente è generalmente una persona autonoma, «entità del mondo sociale» che deve essere trattato con riguardo e secondo regole proprie; mentre l’oggetto, che il supplier deve riparare o costruire è «un sistema fisico» che ha regole proprie che devono essere seguite per arrivare alla riparazione dell’oggetto stesso. Secondo Goffman queste regole di riparazione sono quelle che vengono definite come «fasi del ciclo di riparazione» (p. 346), che hanno inizio dopo una a fase iniziale in cui il cliente si rende conto che l’oggetto da lui posseduto ha subito un danno, e che quindi non funziona più come prima e probabilmente comincerà a chiedersi quale sia la soluzione migliore per risolvere questo problema fino ad arrivare alla consulenza di un tecnico vero e proprio, e che sono: i) l’osservazione, attraverso cui il tecnico, tenendo in considerazione le informazioni date dal cliente, «rivive il fatto» (p. 347) e osserva il cattivo funzionamento dell’oggetto in questione che lo porterà alla fase successiva; ii) attraverso la diagnosi, il tecnico dichiara le cause del malfunzionamento dell’oggetto programmandone rimedi e soluzioni (fase iii) la prescrizione e iv) il

trattamento) attraverso cui l’oggetto verrà riparato e riportato ad una buona

prestazione, stando attenti a eventuali ricadute e/o mal funzionamenti improvvisi attraverso delle revisioni costanti fino alla consegna definitiva dell’oggetto, che ora ri-funzionerà bene. In questo schema di interazione Goffman sottolinea l’importanza del laboratorio71, che negli ultimi cento anni ha preso piede

71 Posto che i nostri social workers, che in seguito analizzeremo, assomiglino a degli ‘artigiani del

sociale’, quegli stessi artigiani che Richard Sennett ne L’uomo artigiano (2008, trad. it, 2009) ci descrive come nuove professionalità da cui imparare per rilanciare, ad esempio, la crisi odierna, qui lo richiamiamo perché riprende la fondamentale importanza del laboratorio (pp.58- 84) per il lavoratore tecnico. Il celebre sociologo, attraverso vari esempi, che vanno dall’orafo medievale,

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sostituendo compleamente i venditori ambulanti o i venditori di casa in casa. Ne consegue che la rappresentazione del laboratorio, che l’autore, traduce in quello che è la teatralità della vita quotidiana fra ribalta e retroscena, attraverso la gestualità, il tipo di vestiti, di aiutanti associati al lavoro manuale, la facciata personale utilizzata per la gestione degli aspetti verbali del rapporto tecnico sono fondamentali per il funzionamento, anche se il laboratorio può rappresentare allo stesso tempo un elemento di indebolimento del servizio perché (p. 349):

« Dopotutto il cliente deve ora rinunciare al suo oggetto per alcuni giorni, senza contare il controllo che deriva dall’assistere al lavoro del tecnico. Ma forse, il fatto di dover riporre maggior fiducia, ha portato anche ad essere più degni di fiducia. Ad ogni modo quando, in una comunità, un posto di lavoro è fisso, colui che presta un servizio si trova soggetto alle persone che serve. Si sa dove lo si può trovare, i clienti noiosi possono chiamarlo; egli è quindi in balia della attitudine generale della comunità nei suoi confronti. In queste circostanze, si sentirà obbligato ad offrire il tipo di servizio di cui la clientela non abbia a lamentarsi».

Secondo Goffman ci sono altri due elementi di difficoltà di applicazione del modello di servizio da lui proposto: il primo è l’amore per la fiducia disinteressata esercitato da colui che presta il servizio. Per l’autore la crescente attenzione tecnica del prestatore di servizio, il nostro supplier, può portarlo a constrastare o a non tenere in considerazione il reale interesse del cliente se colui che presta il servizio formula un concetto ideale di adeguamento allo standard del cliente, per forza, in questo caso, immaginario. In concreto, per Goffman, più un tecnico è preoccupato di offrire un buon servizio, più il ruolo della sua professione avrà il compito di controllarlo attraverso il mantenimento dei modelli della comunità, che lo porteranno a non soddisfare più l’interesse specifico di un cliente particolare.

Capiamo subito come la realizzazione del modello di servizio abbia immediatamente a che fare con le conseguenze sociali della diffusione dei ruoli professionali. Così ad esempio l’autore ci ricorda che il codice di lavoro di un costruttore (edile, ad esempio) lo costringe a tener conto dell’interesse non solo del suo cliente, ma anche dell’interesse dei vicini, che il cliente lo accetti o meno. Per cui per Goffman, il modello di servizio, di fronte a una triade di attori - quali

alla bottega di Stradivari, descrive il laboratorio come un’istituzione sociale capace di creare forti vincoli fra coloro che ci lavorano capace di dare credibilità, tutela e legittimità agli artigiani, nonostante sia il luogo per eccellenza in cui si esprime il moderno conflitto fra autonomia e autorità.

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il cliente, colui che presta il servizio e la comunità- può essere messo in discussione perché quando «colui che presta un servizio entra in un’istituzione di qualche tipo e divide la sua lealtà fra i clienti e l’organizzazione da cui dipende» (p. 355) fino a essere messo a rischio nella sua realizzazione venendone colpito al cuore. Nelle pagine successive l’autore applica il modello del servizio tecnico alla psichiatria istituzionale, che come già anticipato, porterà l’autore ad affermare che il servizio tecnico applicato al servizio medico psichiatrico ha effetti devastanti nel sé del paziente fino a poter essere annientato dall’istituzione totale.