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Divergenze tra i regolamenti e la loro applicazione all’interno della CPI

Come specificato nel precedente capitolo, la presenza territoriale della CPI e la sua struttura sono definite con precisione da due regolamenti che tuttavia, in base a quanto ho potuto osservare sul campo, non sono stati costantemente applicati.

L’esempio che considero più evidente riguarda la definizione delle competenze che spettano a ciascun ministro di culto. Avendo avuto modo di conoscere diversi pastafariani che hanno ottenuto una carica di questo tipo tra 2014 e 2015, posso riportare come la quasi totalità tra di loro non abbia seguito i corsi di cotechismo previsti per la loro assegnazione, e Il caso dei frescovi costituisce un esempio di primo piano all’interno di questo caso.

L’articolo 4 del regolamento sancisce che la carica possa essere ottenuta promuovendo dei ministri di grado inferiore che se ne siano dimostrati meritevoli, mentre all’atto pratico questo passaggio non si è verificato per molti dei frescovi esistenti. La ragione per la quale il regolamento è stato ignorato dipende tuttavia da esigenza pratiche, piuttosto che dalla volontà

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di scavalcare quanto va definendo. Il documento che regola l’elezione dei ministri di culto è stato portato a compimento nel 2016, quando la CPI si era costituita oramai da due anni. Diversi ministri di culto sono stati eletti direttamente da pappa Al Zarkawi o nominati in altro modo, a seguito della Fonduzione ma prima della stesura del regolamento. Questo non ha pertanto assunto un valore retroattivo, per il quale tutti i ministri già nominati hanno dovuto sottoporsi ai corsi previsti, ma ha iniziato ad essere applicato dal momento della sua definizione in poi.

Quanto ho potuto osservare parlando con fedeli che abbiano ottenuto queste cariche nel biennio 2016/17 è invece un’osservanza più stringente dell’iter definito dal regolamento. La pannocchia di Treviso è stata fondata nei primi mesi del 2017, e non possiede ancora un frescovo. Chiedendo ai componenti con cui ho avuto modo di parlare l’assenza di questa figura, mi è stato risposto come in tre stessero seguendo i corsi di cotechismo, e non tutti li avessero ancora superati. La pannocchia per il momento comprende dunque due ministri di primo grado (beremiti o beverendi) e un ministro di secondo grado (parocchetto o parrocchietto); il superamento di un ulteriore ciclo di cotechismo avrebbe probabilmente portato alla definizione di una carica frescovile. Ritengo che questa più ferrea applicazione del regolamento sia da imputare all’ulteriore crescita che ha interessato la CPI nell’ultimo anno, e alla conseguente diffusione della religione in aree geografiche dove in precedenza i fedeli non avevano reputato opportuno riunirsi in pannocchie. Il fatto che il regolamento sia oramai stato definito, favorisce l’applicazione di quanto previsto al suo interno nell’ambito della formazione dei nuovi ministri.

Anche le competenze che spettano ai diversi ministri di culto possono arrivare a differire rispetto a quanto i regolamenti indichino. È sempre l’articolo 4 a riportare come ciascun frescovo sia responsabile di un’intera diocesi pastafariana; il fatto che il numero di fedeli presenti sul territorio italiano sia ancora relativamente esiguo fa sì che, pur mantenendo questa autorità, ciascun frescovo raramente si spinga oltre l’amministrazione della propria pannocchia – compito che spetterebbe invece ai parrocchetti, come specificato nell’articolo 3 – assumendo quindi una connotazione urbana più che geografica. L’elenco delle circoscrizioni pastafariane già riportate nel precedente capitolo vede ciascuna di queste aree figurare come “congregazione” della città e della provincia, piuttosto che come “pannocchia” o “diocesi”. Questo indicherebbe come ogni circoscrizione sia stata pensata avendo in mente un coordinamento che si estenderebbe oltre l'ambito urbano cui sono al momento limitate118.

Il solo caso in cui ho visto verificarsi una situazione più in linea con quanto espresso teoricamente è quello romano. Vista l’estensione della città, Roma è suddivisa all’interno di due

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pannocchie, al capo delle quali si trova il frescovo romano119. Anche il fatto che vi sia necessariamente un frescovo per diocesi è un fatto che, tenendo conto delle nomine assegnate negli scorsi anni, potrebbe non trovare una necessaria conferma: la pannocchia di Pastavium è mossa da un quadrumvirato nel quale il frescovo è primus inter pares; la pannocchia del Baccaliscafisso di Vicenza è in mano a due frescovi anziché ad uno solo. Le esigenze individuali e la natura del contributo che ciascun pastafariano offre alla propria circoscrizione territoriale sembrano dunque avere un peso maggiore rispetto a quanto definito nei regolamenti.

Per quanto poi i regolamenti giungano a definire determinati gradi nella struttura dell’associazione, su base regionale accade spesso che gli esponenti delle diverse pannocchie si attribuiscano o si vedano attribuiti dei nominativi di altro, in base al contesto e alle personali inclinazioni dei singoli. Questi casi esulano dal tipo di cariche (ufficiali e ufficiose) finora trattate, non godono di alcun tipo di rappresentanza nello Statuto o nei diversi regolamenti, ma sono una costante in ciascuna delle pannocchie pastafariane. Esempi relativi all'area padovana sono ad esempio i titoli di Odalosco e Sciamagna, attribuiti a due fedeli della pannocchia. Tenterò di offrire una breve spiegazione dei primi due casi trattati, allo scopo di chiarire meglio i procedimenti che portano all'attribuzione di questi titoli.

Il grado di Odalosco è stato attribuito a Luca Mistrello, che già possedeva ben due nomi pirata, regolarmente attribuitigli nel corso del suo pastesimo. Il grado, così come è stato descritto, avrebbe antichissime origini ed è da sempre presente nella territorialità della pannocchia di Pastavium, e viene attribuito di volta in volta a chi ne risulti meritevole120. Il termine richiama con una certa evidenza quello di “odalisca”, coniugato al maschile e sottoposto a una singola sostituzione vocalica. In questo caso particolare Luca è stato investito del grado in virtù delle abilità nella danza in lui riscontrate dagli altri fedeli padovani121.

Per la Sciamagna di Pastavium l'(auto)attribuzione del proprio appellativo si muove di pari passo con la costruzione dei suoi abiti talari. Studiando discipline artistiche a Verona, ha sviluppato un particolare fascino per le culture nelle quali gli sciamani sono presenti come intermediari spirituali (la cui conoscenza ha approfondito nella preparazione di un corso di antropologia dell'arte). Questo in primo luogo l'ha spinta a realizzare i propri abiti talari divergendo dal consueto modello “piratesco”, in favore di una variante “sciamanica”; in secondo luogo, essendo già presente un frescovo nella pannocchia da lei frequentata, ma desiderosa di

119Ibid.

120Note di campo del 9/12/2016. 121Luca Mistrello, Padova, 20/5/2016.

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poter partecipare al pastafarianesimo locale con un proprio attributo, ha propeso per quello di Sciamagna122.

Il pastafarianesimo invita i propri fedeli a rifuggire i dogmi e le imposizioni, pertanto sarebbe assurdo affermare come possa esistere un modo corretto di pensare in quanto fedele pastafariano. Si può notare in ogni caso una divergenza tra il modo in cui la religione dovrebbe essere inteso per il suo profeta, e quello in cui è inteso da una percentuale significativa dei fedeli, già notificata da autori come Joseph Laycock e Jessie Dammes (si veda cap. 3.1). Henderson afferma come il pastafarianesimo non coincida con un punto di vista ateo, o si opponga alle diverse forme di religione e spiritualità; i due autori sottolineano invece come i fedeli pastafariani tenderebbero a interpretare il pastafarianesimo proprio in questo modo.

Nelle interviste e nei colloqui condotti con diversi pastafariani, posso riportare di aver notificato questa stessa discrepanza. Figure come Capitan Pastelli e Capitan Capunsel de la Sareça hanno confermato come da parte loro il pastafarianesimo non abbia antipatie nei confronti delle diverse confessioni religiose o altre forme di spiritualità, coniugando questa visione con l’ideale di una in cui ambito civile e spirituale siano separati123. Oltre a questo, il frescovo di Pastavium ha affermato addirittura che secondo lui la fede pastafariana possiede una vera e propria doppia accezione:

“Il pastafarianesimo ha un doppio punto di vista. Ha un punto di vista ateo e un punto di vista religioso, secondo me; secondo l'analisi che ne ho fatto io. […] Visto che è teologicamente possibile essere pastafariani atei, un ateo pastafariano è una persona che non crede nell'esistenza di Dio e utilizza il pastafarianesimo come grimaldello per tentare di scardinare i privilegi di una Chiesa nei confronti dello Stato italiano, e che usa come lente d'ingrandimento per evidenziare i paradossi di una società che dovrebbe appartenere a uno stato laico e invece appartiene a uno stato che de facto è all'ombra della Chiesa romana. Dal punto di vista del fedele, invece, il pastafarianesimo è semplicemente una religione […]. Per cui il pastafarianesimo è una medaglia con due facce che però non sono una il contrario dell'altra, ma che si integrano”124.

Nel corso del Raduno pastafariano di Salerno ho avuto modo di far circolare dei questionari ai fedeli riuniti (per maggiori dettagli si veda cap.4.9), e dei circa settanta presenti all'evento, 57 hanno deciso di prestarsi a rispondere. Una delle domande che avevo inserito nel questionario riguardava il modo in cui ciascun pastafariano si definisse religiosamente e spiritualmente, inserendo tra le opzioni possibili anche “ateo” e “agnostico” (sapendo come il PSV sia descritto come un'entità non gelosa, che consente quindi ai fedeli di poter credere contemporaneamente in lui e in altre divinità, così come di reputarsi atei o agnostici).

122Matilde Amatucci, chat su Facebook, 18/12/2016.

123Jacopo Pesiri, Vigodarzere, 7/3/2016; Mauro Zavattini, Padova, 8/8/2016. 124Jacopo Pesiri, Vigodarzere, 7/3/2016.

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All’interno del campione intervistato, ben 25 fedeli si sono definiti atei, e altri 15 agnostici; un 70% dei presenti ricadrebbe quindi entro il confine dell'irreligiosità così come descritta da Dammes.

Tuttavia è una discussione che ho avuto con due pastafariani il 21 maggio 2017 ad avermi colpito in particolar modo e a farmi comprendere meglio il punto di vista dei due autori. Mi trovavo a Verona assieme alle pannocchie di Padova, Vicenza, Treviso, Brescia, Como e Bressanone, i diversi gruppi riuniti in un ristorante. Al termine del pasto ho avuto modo di scambiare qualche parola con i pastafariani bresciani, impegnati dal settembre precedente nell'organizzazione del pride che si sarebbe svolto il 17 giugno in città. Parlandomi del fatto che il totale dei gruppi che avevano aderito al pride sfiorava i novanta, il fedele pastafariano con cui stavo conversando aveva detto di avere apprezzato in particolare la presenza di un paio di gruppi cristiani, uno dei quali composto da fedeli cattolici omosessuali. Questa dichiarazione ha riscosso l'interesse di un altro pastafariano seduto al nostro stesso tavolo, che ha esternato al frittello bresciano la propria perplessità riguardo quanto aveva appena sentito, reputando contraddittorio il modo in cui un omosessuale potesse dirsi cattolico, dal momento che la religione, dal suo punto di vista, era fortemente discriminatoria nei confronti delle forme di affettività non eterosessuale. La discussione che ne è seguita ha visto me e il fedele bresciano prendere le distanze da questa lettura del cristianesimo, da noi visto come una fede nella quale un'eventuale omosessualità dei credenti non si ponesse in necessario attrito con i suoi precetti religiosi. Contrapposti al nostro punto di vista, il secondo pastafariano, e un terzo giunto nel frattempo a supportarlo nella discussione, si erano esplicitamente definiti atei. Il baricentro del dibattito si è velocemente spostato dall'omosessualità dei credenti verso l'opinione che ciascuno dei quattro elementi coinvolti aveva della fede cristiana. La percezione che i due pastafariani che si trovavano nella parte “opposta” avevano del cristianesimo era quella di una religione immutabile nei suoi precetti e nei suoi dogmi, che richiedesse ai fedeli di adattarsi alla sua struttura piuttosto che venire loro incontro. Tentativi di interpretare diversamente la fede da parte dei credenti erano quindi visti come contraddittori: molto più semplice sarebbe stato rendersi conto che il modello cristiano non funzionava, era anacronistico e andasse abbandonato. Al termine della discussione – nel corso della quale mi ero accalorato – un quarto pastafariano che si era fino ad allora limitato ad ascoltarci mi ha preso in disparte chiedendomi di non arrabbiarmi, poiché “[il secondo e terzo pastafariano] devono ancora finire i corsi di cotechismo. [Quella che avevano espresso nella discussione] Non è la posizione ufficiale”.

L'utilizzo del termine “ufficiale” per descrivere la diversa posizione della CPI, e l'implicita richiesta di scusare i due fedeli poiché relativamente da poco entro l'associazione e, soprattutto,

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perché non avevano ancora completato il cotechismo, credo siano elementi efficaci nel far comprendere come l’assegnazione di responsabilità territoriali, e quindi di un posto nella struttura della Chiesa, corrispondano anche alla comprensione di un certo punto di vista. Questo non significherebbe che i pastafariani non possano dirsi atei o agnostici, in alcun modo: la legittimità di questa posizione emerge dalle affermazioni di Henderson, dalle parole del Gospel, ed è affermata dai fedeli con cui ho avuto modo di dialogare, oltre che dai risultati del questionario. È piuttosto la scarsa tolleranza nei confronti di altre religioni a costituire un atteggiamento che la Chiesa non promuove.