Volendo deputare al pastafarianesimo quella stessa dignità che i fedeli pretendono vi sia attribuita, ho ritenuto opportuno accostarlo al concetto di online religion, ovvero a un modello religioso che ritengo possa fornire altri spunti di riflessione circa l’assetto raggiunto dal pastafarianesimo. I principali autori considerati parlando di online religion (Cambpell; Helland) operano un’analisi del concetto che è soprattutto teorica. Il lavoro di Helland offre uno spaccato circa il significato che il concetto ha assunto in ambito accademico, accompagnando ciascuna osservazione con degli esempi pratici riferiti soprattutto all’osservazione compiuta da altri autori; l’analisi di Campbell presenta cinque punti utili all’analisi di questo tipo di religioni – comunità interconnesse, costruzione identitaria, autorità rinegoziabile, pratiche convergenti, realtà multi-situata – operando tuttavia con le stesse modalità di Helland.
Nei precedenti capitoli ho applicato tre delle caratteristiche identificate da Campbell –
comunità interconnesse, autorità mobile, pratiche convergenti4 – al modello pastafariano
americano, escludendo tuttavia gli elementi della costruzione identitaria e della realtà multi- situata, la cui presenza non ho percepito con particolare forza. Ritengo che queste ultime caratteristiche possano emergere tenendo conto dei particolari contesti del pastafarianesimo italiano e padovano, accompagnando una metodologia di ricerca più tradizionale – e quindi osservazione sul campo e colloqui personali – all’osservazione digitale operata dagli altri autori
(così come suggerito da Larsson5). L’approccio etnografico mi ha permesso di godere di una
prospettiva differente da quella di Helland e Campbell, riuscendo a chiarire con i soggetti conosciuti sul campo la natura di certi elementi che caratterizzano l’assetto digitale della CPI, così come il percorso individuale intrapreso da ciascun fedele, e l’appropriazione e
4Campbell, op.cit., pp.5, 8, 11. 5Larsson, op.cit., p.2.
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rielaborazione dei caratteri dell’originario modello pastafariano americano. Ciò che una metodologia simile mi ha fornito, rispetto agli autori considerati, è la comprensione di molte dinamiche che nei loro saggi sono sì presenti, ma non evidenti, e che riguardano il modo in cui i fedeli interagiscono tra loro e vivono la fede nel dettaglio.
Nei precedenti capitoli ho applicato tre delle caratteristiche identificate da Campbell –
comunità interconnesse, autorità mobile, pratiche convergenti6 – al modello pastafariano
americano, escludendo tuttavia gli elementi della costruzione identitaria e della realtà multi- situata, la cui presenza non ho percepito con particolare forza. Ritengo che queste ultime caratteristiche possano emergere tenendo conto dei particolari contesti del pastafarianesimo italiano e padovano, accompagnando una metodologia di ricerca più tradizionale – e quindi osservazione sul campo e colloqui personali – all’osservazione digitale operata dagli altri autori
(così come suggerito da Larsson7).
Il concetto di realtà multi-situata, escluso dalla precedente analisi, è forse quello che contraddistingue maggiormente il pastafarianesimo italiano. Così come già esposto nei capitoli precedenti, la CPI possiede un dominio internet, una pagina Facebook pubblica, un gruppo privato dedicato ai soli soci tesserati. Oltre a disporre di questi portali, è presente su territorio nazionale con il sistema di pannocchie, le maggiori e più attive delle quali dotate di una pagina Facebook. Le modalità di creazione e condivisione dei contenuti favoriscono un transito di dati costante tra i gruppi locali e quelli nazionali, ad esempio nel portare all’attenzione dei fedeli certi eventi locali cui si invitano alla partecipazione più gruppi regionali, o nel dare risalto a eventi collocati in determinate province che si ritiene meritevoli di attenzione nazionale (si veda a tal proposito il cap. 4.9). Se questa è la tendenza generale rintracciabile nella CPI, ritengo che vi siano dei singoli episodi che possano mettere in luce in maniera evidente l’identità multi- situata della Chiesa. È il caso dell’Operazione Liscabisso (cap. 4.7), che ha visto la consacrazione di un luogo sacro pastafariano dotarsi di “tag” e di una geo-localizzazione proiettata su Facebook. Tutto questo favorisce un transito costante tra i diversi luoghi fisici nei quali il pastafarianesimo italiano opera (nell'accezione della CPI) e la definizione di quelli che si costituiscono come luoghi digitali, e non dei semplici canali di comunicazione.
Tornando a introdurre le altre caratteristiche identificate da Campbell nell’ordine presentato dall’autrice, si giunge a quella di comunità interconnessa: sottolineando il modo in cui ciascun
6Campbell, op.cit., pp.5, 8, 11. 7Larsson, op.cit., p.2.
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fedele contribuisce col proprio personale bagaglio di conoscenze alla costituzione del gruppo online, i pastafariani di Padova ne costituiscono un esempio eccellente. L’autrice ci avvisa che in una comunità interconnessa la separazione tra le diverse sfere sociali di cui fa parte un individuo tende a sfumare, in un transito di informazioni continuo tra individuo e comunità religiosa. Tenendo conto del solo esempio del quadrumvirato pastafariano di Padova, è già possibile notare come tracciare un solco che separi l'identità della CPPP da quella dei suoi componenti sia molto arduo. Il coinvolgimento all'interno di certe battaglie sociali, così come il tipo di mezzo utilizzato per manifestare questa adesione è certamente dovuto ai principi contenuti nello Statuto della CPI, ma il motore per cui questo avviene dipende dall'identità delle persone che compongono la pannocchia. Il fatto che Capitan Cous Cous, Capitan Capunsèl de la Sareça e Capitan Pastelli siano legati a realtà politiche e sociali attive sul territorio fa sì che tra queste e la CPPP vi sia quantomeno un dialogo; soprattutto, essendo tutti e tre approdati alla CPPP mentre già facevano parte di questi gruppi, il tipo di attivismo pastafariano che manifestano si pone in continuità con il precedente impegno, risultandone in qualche modo plasmato. Essere pastafariani quindi non fa sì che i tre cessino di essere coinvolti nell'ASU, essere presidente di Anteros o intrattenere legami con i gruppi scoutistici e i centri sociali di Padova. La difficoltà nel tracciare un confine dimostra di essere percepita dallo stesso Frescovo, che nel corso di un'intervista ha ammesso:
“essendo diventato rappresentante legale della Chiesa, dell'associazione Chiesa Pastafariana Italiana, sto molto attento a fare sì che si capisca quale delle mie personalità politiche sta operando sul territorio. Se lo sto facendo come scardinale e Frescovo, se lo sto facendo come capo scout, come cantante lirico, come militante di un centro sociale o come tutte le cose. Perché tutte le cose possono coesistere.”8
Il contributo di un approccio etnografico rispetto a un’analisi condotta con mezzi estensivi, o limitandosi al solo ambito digitale, emerge considerando il concetto di costruzione identitaria, ovvero il terzo elemento introdotto da Campbell. Muoversi in un gruppo di dimensioni ridotte come quello di Padova mi ha dato modo di conoscere la maggior parte dei suoi componenti, parlare con loro del ruolo che ricoprono all'interno dello stesso, e del modo in cui sono arrivati a definirlo. Un esempio tra i più emblematici è quello della sciamagna di Pastavium (presentata nel cap. 4.1). La fedele pastafariana ha operato una sorta di “collage” tra il proprio campo di studi e i propri interessi personali, facendolo convergere tanto nel ruolo (auto)attribuitosi nella CPPP che nella realizzazione del proprio costume, unico nel suo genere. La somma di questi aspetti converge quindi nel modo in cui la stessa sciamagna vive il suo essere pastafariana. Altri
esempi simili sono quelli di Capitan Cous Cous, che porta il titolo di Odalosco, e quello di Capitan
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Capunsèl de la Sareça, Granoterapeuta e Birremita del Tortello di Ciliegia (titoli attribuiti
secondo le modalità descritte in 4.3.), che permettono di comprendere come delle peculiarità individuali (e quindi la provenienza regionale, o l’abilità nel ballo) possono portare a una crasi tra aspetti differenti della persona nella definizione del suo ruolo entro la Chiesa.
Si giunge quindi al concetto di autorità rinegoziabile. Gli unici organi di controllo attualmente riconosciuti all'interno della CPI sono Concistoro (e quindi i membri che ricoprono la carica di scardinali) e Collegio dei Probiviri, così come definiti dallo statuto. A un livello più puramente spirituale che legale, vediamo invece come sia la qualifica di ministro di culto a definire una sorta di gerarchia tra fedeli: la qualifica, pur richiamando quella di “ministro di culto pastafariano” proposta da Henderson, vi si colloca però agli antipodi (così come già indicato nel cap.2.2). Se poi è vero che Scardinali e Probiviri posseggono l'autorità per richiamare all'ordine fedeli tesserati il cui comportamento risulti criticabile in base ai principi dello statuto, e che i frescovi sono i responsabili delle pannocchie che si estendono sull'area di loro competenza, esiste un bacino di fedeli difficile da quantificare. Si tratta di una grossa percentuale di presenti alle iniziative che coinvolgono la CPI, ma che non sono tesserati, risultando di fatto “immuni” all'autorità dell'associazione. Questa percentuale non quantificabile di fedeli è in ogni caso più presente a livello fisico che digitale nella CPI; in base all'osservazione che ho compiuto, la quasi totalità delle interazioni sui gruppi e le pagine Facebook delle pannocchie e della CPI provengono da frescovi, scardinali, probiviri, o ancora da altri soci tesserati. Bisogna in ogni caso affermare come uno sfoggio di autorità da parte di scardinali e probiviri sia sintomo di una situazione particolarmente grave, e raramente avvenga: le interazioni tra fedeli sono in primo luogo relazioni tra persone che hanno avuto modo di incontrarsi e conoscersi, e anche quando le due parti non intrattengano una relazione di questo tipo, lo scambio avviene con toni amichevoli. Avendo avuto modo di assistere anche a battibecchi digitali tra pastafariani, con fedeli contrapposti in merito a questioni politiche o ideologiche, qualora vi fossero coinvolti scardinali o probiviri questi non facevano in alcun modo pesare il loro grado, né l'altra parte dimostrava di darvi peso. La questione cambia ulteriormente tornando a considerare i soci non tesserati, la cui attività “come pastafariani” cala nettamente considerando la quantità di post su gruppi, pagine, eventi Facebook, e che ha come oggetto soprattutto questioni logistiche in merito alle quali intervengono gli organizzatori. I rapporti offline tra pastafariani sembrano seguire un percorso simile, senza alcuno sfoggio di autorità da parte dei membri di Concistoro e Consiglio dei Probiviri, e una generale tendenza a un dialogo orizzontale. In base a quanto osservato a Padova, il frescovo era ritenuto nella maggior parte delle occasioni un punto di riferimento territoriale, specie nei casi che vedevano i fedeli di altre pannocchie giungere fino a
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Pastavium e aver bisogno di indicazioni per spostarsi. Per quanto riguardava gli eventi cui si prendeva parte, Capitan Pastelli ha spesso ricoperto un ruolo nel confronto del quale gli altri fedeli dimostravano di scorgere una certa autorità, fosse pronunciando discorsi oppure officiando riti; tornando a spostarsi dall'offline all'online, questa autorità veniva in buona parte a decadere.
I rituali e le pratiche che hanno luogo nella CPI sono in minima parte influenzati da quanto riportato nelle fonti americane originali (come il Gospel); per la restante componente continuamente aggiornati ed elaborati dai fedeli delle singole pannocchie. Un buon esempio a riguardo è il caso delle Tagliatelle in Piedi, elaborate e messe in atto per la prima volta dal gruppo pastafariano di Torino alla fine del 2014, e quindi mantenute pressoché inalterate qualora altre pannocchie le replicassero: alcune variazioni nel tipo di pietanza servita, e nel contesto di svolgimento, non cambiano il fatto che si tratti di una manifestazione che ha importanza rituale per la stessa CPI, e comporti uno schieramento a quadrilatero di fedeli che consumano la pietanza in questione. Un altro esempio viene dalla testimonianza incrociata di Capitan Pastelli e Capitan Arcobaleno, e conferma come alcuni aspetti essenziali del rituale di pastesimo così come impartito oggi a livello nazionale siano stati elaborati casualmente per mano loro. Si tratta della domanda iniziale “chi cazzo sei?”, e dell'aspetto della lettura dei condimenti durante le fasi successive del rito, elaborate rispettivamente durante un incontro informale nel paese di residenza di Capitan Arcobaleno, e nel corso delle Tagliatelle in Piedi svoltesi a Milano a gennaio 2015. La trasmissione e codificazione di questi due riti tra le diverse pannocchie è stata resa possibile dalla copertura offerta dai canali della CPI. Nel caso delle TiP di Torino, l'evento è stato pubblicizzato nella pagina Facebook e nel dominio della CPI. Nel caso delle aggiunte al rito di pastezzo, il “chi cazzo sei?” originale è stato filmato e caricato sul canale Youtube della CPI e parallelamente su Facebook (come già riportato nel cap.4.2); alla lettura dei condimenti avvenuta per la prima volta a Milano era invece presente una buona quantità di soci
tesserati che ha pensato di replicarla nel corso dei successivi riti di pastezzo9. Un ulteriore
esempio viene quindi dai rituali di matrimonio pastafariano, la cui definizione più formale è frutto dell’elaborazione attiva di singoli fedeli (così come indicato nel cap.4.3).
Se i cinque punti descritti da Campbell sembrano aderire così bene al caso pastafariano, si potrebbe obiettare che questo dipenda più dal fatto che descrivono quanto si può notificare
9Jacopo Pesiri, Vigodarzere, 7/3/2016; Marco Miglianti, intervista condotta su Skype, 2/11/2016.
Qui il link Youtube al video menzionato:
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all’interno di una qualunque comunità interconnessa, più che di una realtà religiosa interconnessa. È in effetti la stessa autrice ad affermare come:
“many of these social and structural shifts observed are not unique to the practice of religion online, but are changes also observed and investigated within internet studies as markers of the impact of the internet on the social sphere. Thus online practices are often clearly embedded in the values or systems of offline culture”10
Si tratterebbe quindi di punti che, pur utilizzati per interpretare il fenomeno delle online religions, non sarebbero loro esclusivi, costituendo piuttosto uno strumento funzionale alla lettura dei diversi gruppi definiti dall'impatto di internet nella sfera della propria socialità. L'aderenza della CPI ai punti di Campbell potrebbe quindi essere letta come dipendente dal modello di comunicazione che utilizza, più che come espressione di un pensiero “religioso”.
Come riportato in apertura al capitolo, nell’ambito dell’interpretazione delle religioni parodistiche offerta da Laycock, la CPI si è schierata più volte all’interno di battaglie il cui interesse non esiterei a definire “sociale”, trovandosi non di rado accompagnata da gruppi laici o apertamente irreligiosi nel corso di manifestazioni o altri eventi simili. Ciò che trovo significativo è come per i pastafariani italiani la difesa di certe posizioni conservi invece un valore religioso, in base a quanto riportato nello statuto ufficiale dell’associazione. Anche alla luce di ciò, reputo naturale porre in relazione il modo in cui gli autori che parlano di online religion trattano i network che si instaurano tra le diverse comunità con l’analisi operata da Juris. Al mantenersi del mezzo tecnologico – in questo caso la tecnologia 2.0 e i social network – varierebbe il contesto sociale considerato – passando quindi da una sfera religiosa a uno scenario di attivismo sociale – che nel caso pastafariano si sovrappongono. Un ulteriore comun denominatore tra le due realtà è evidenziato da Campbell stessa, dal momento che i cinque punti da lei teorizzati tendono a sottolineare meccaniche comuni a diversi contesti sociali che facciano uso delle logiche di networking descritte da Juris.