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I divieti per i condannati Incompatibilità riguardanti le commission

CAP II. DISCIPLINA IN MATERIA DI CORRUZIONE

4. I divieti per i condannati Incompatibilità riguardanti le commission

Sempre nell’ottica di rinnovamento della disciplina sulle cause di incompatibilità nel pubblico impiego, l’art. 1, comma 46, l. n. 190 del 2012 ha introdotto nel d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 il nuovo art. 35-bis.

In particolare, l’art. 1, comma 46, l. n. 190 del 2012 prevede che “Dopo l'articolo 35 del decreto legislativo 30

marzo 2001, n. 165, e' inserito il seguente: «Art. 35-bis. - (Prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici) - 1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro II del codice penale: a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi; b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di

284 Ibidem.

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lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere. 2. La disposizione prevista al comma I integra le leggi e regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi segretari”.

Analizzando l’art. 1, comma 46, l. n. 190 del 2012 si può subito vedere che esso ha una finalità e un ambito d’azione più limitato rispetto a quanto viene affermato nella sua rubrica (“Prevenzione del fenomeno della corruzione

nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici”): il comma in commento, infatti, pone il divieto per i

condannati, anche in via non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione di ricoprire alcuni uffici pubblici o di svolgere alcune attività ed incarichi particolarmente esposti al rischio di corruzione, quali il settore della gestione delle risorse finanziarie e quello della partecipazione a commissioni di concorso o a commissioni di gara, ma non prende in considerazione gli incarichi elettivi, i quali sono disciplinati dall’art. 1, commi 63-65, l. n 190 del 2012285

. I reati elencati dall’art. 35-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 sono, dunque, quelli disciplinati nel capo I titolo II del libro II del codice penale, compresi, ovviamente, i nuovi reati introdotti dalla l. n. 190 del 2012286. La scelta del legislatore,

285 Per approfondire questo tema si rinvia al capitolo precedente.

286 I reati cui fa riferimento l’art 35-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 sono: peculato (art.

314 c.p.); malversazione a danno di privati (art. 315 c.p.); peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316 c.p.); malversazione a danno dello Stato (art. 316-

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tuttavia, non è coerente, visto che il legislatore non ha richiamato i reati di falso, anche se commessi da pubblici ufficiali, disciplinati nel titolo VII del codice penale. Da questo punto di vista sarebbe stato più opportuno, probabilmente, richiamare tutti i reati propri dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio287.

Condivisibile è, invece, la scelta del legislatore di imporre il divieto di ricoprire incarichi sensibili per i condannati in via non definitiva ed indipendentemente dalla gravità della condanna288. L’anticipazione degli effetti, infatti, appare giustificata alla luce del bilanciamento tra le esigenze di immediata tutela della funzione amministrativa ed il limitato sacrificio imposto agli interessati289.

concussione (art. 317 c.p.); corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.); corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.); corruzione in atti giudiziari (art. 19-ter c.p.); induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-

quater c.p.); corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.);

istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.); peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e degli Stati esteri (art. 322-bis c.p.); abuso d’ufficio (art. 323 c.p.); interesse privato in atti d’ufficio (art. 324 c.p.); utilizzazioni d’invenzioni e scoperte conosciute per ragioni d’ufficio (art. 325 c.p.); rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.); rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 c.p.); rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica (art. 329 c.p.); interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità (art. 331 c.p.); sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 334 c.p.); violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 335 c.p.).

287 B. CIMINO, I divieti per i condannati, in B. G. MATTARELLA – M. PELISSERO (a cura

di), La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, cit.

288 Alla sentenza di condanna deve essere equiparata anche la sentenza di

applicazione della pena su richiesta (c.d. patteggiamento) ai sensi degli artt. 445 e 653 c.p.p.

289

B. CIMINO, I divieti per i condannati, in B. G. MATTARELLA – M. PELISSERO (a cura di), La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, cit.

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Ovviamente, i divieti ex art. 35-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 sono destinati a stabilizzarsi o a decadere col passaggio in giudicato della sentenza penale che accerta o esclude la responsabilità del dipendente interessato. Questo lascia, tuttavia, dei dubbi per i casi di assoluzione nei successivi gradi di giudizio in seguito a prescrizione, dato che l’Amministrazione non potrà avviare un autonomo procedimento per accertare la responsabilità ex art. 53-bis del d.lgs. n. 165 del 2001290.

In particolare, l’art. 53-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, come riformulato dalla l. n. 190 del 2012, ha previsto tre categorie di incarichi vietati ai condannati per i reati contro la pubblica amministrazione disciplinati nel capo I titolo II del libro II del codice penale.

Innanzitutto, i condannati per i reati contro la pubblica amministrazione non possono partecipare, nemmeno con compiti di segreteria, a commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi291. La norma è, quindi, applicabile a tutti i componenti e al personale di supporto a qualunque titolo assegnati agli uffici straordinari istituiti per lo svolgimento delle procedure concorsuali finalizzate al reclutamento dall’esterno, e presumibilmente, per l’avanzamento in carriera. Il legislatore si è, dunque, dimenticato di fare riferimento ai componenti degli uffici che gestiscono il personale, non considerando che anche

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Ibidem.

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quest’ultimi possono adottare atti prodromici o consequenziali alla procedura concorsuale attraverso scelte caratterizzate da un alto tasso di discrezionalità. Da questo punto di vista sarebbe opportuno estendere il divieto a tutti gli incarichi che possono condizionare lo svolgimento delle procedure concorsuali, indipendentemente dalla natura dell’ufficio ricoperto292

.

Un secondo ambito dell’art. 35-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 concerne l’assegnazione, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contribuiti, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici o privati293. L’attuazione della norma è però alquanto difficile, visto che i modelli prevalenti di organizzazione pubblica non prevedono una netta distinzione tra funzioni strumentali e funzioni finali; tutti gli uffici dirigenziali, infatti, esercitano poteri di spesa e possono provvedere all’acquisizione di beni e servizi in relazione alle loro attribuzioni294.

Infine, è vietato ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione di partecipare a commissioni di gara per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi; o ad altre commissioni istituite ad hoc per

292 B. CIMINO, I divieti per i condannati, in B. G. MATTARELLA – M. PELISSERO (a cura

di), La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, cit.

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Art. 53-bis, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 165 del 2001.

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B. CIMINO, I divieti per i condannati, in B. G. MATTARELLA – M. PELISSERO (a cura di), La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, cit.

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la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere295. I divieti finali sono stati introdotti a completamento di quelli previsti alla lett. b) dell’articolo in commento, in modo da ricomprendere sia gli uffici competenti in via ordinaria, sia gli uffici straordinari, temporanei o ad hoc.

Questi divieti, tuttavia, non hanno natura disciplinare o sanzionatoria. Per un verso, essi non conseguono ad un accertamento definitivo della responsabilità; per altro verso, essi non presentano una effettiva portata afflittiva per il condannato, visto che resta comunque vietata ogni

reformatio in pejus del trattamento retributivo e normativo

anche nel caso in cui si renda necessaria l’assegnazione a diverso ufficio o a nuovo incarico; infine non possono essere considerate nemmeno delle misure cautelari, poiché possono diventare permanenti. Di conseguenza, si può ritenere che il nuovo art. 35-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, come riformato dall’art. 1, comma 46, l. n. 190 del 2012, introduca una speciale causa di incompatibilità od incapacità a ricoprire determinati incarichi della pubblica amministrazione da parte di quei soggetti che sono stati condannati, anche in via non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione, allo scopo di prevenire il discredito che deriverebbe alla Pubblica Amministrazione dall’affidamento di funzioni

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sensibili ai dipendenti che, in passato, abbiamo commesso dei reati di infedeltà nei confronti dello Stato296.

A sostegno di questa interpretazione viene il comma 2 dell’art. 35-bis stesso, il quale stabilisce che i divieti sanciti dal comma 1 integrano leggi e regolamenti concernenti la formazione delle commissioni e degli organi collegiali297.

In conclusione, la l. n. 190 del 2012 ha introdotto nel d.lgs. n. 165 del 2001 una disposizione, l’art. 35-bis, molto utile sotto il punto di vista della prevenzione della corruzione e della moralizzazione delle condotte nella pubblica amministrazione, ma lo ha fatto evidenziando alcune criticità. La disposizione in esame, infatti, da un lato è incompleta sotto il profilo dei reati rilevanti ai fini dell’applicazione del divieto di ricoprire alcuni uffici o svolgere alcune attività ed incarichi particolarmente esposti al rischio di corruzione e sotto quello delle funzioni vietate ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione, dall’altro è difficilmente applicabile in concreto visto che i divieti ex art. 53-bis potranno essere richiamati solo laddove non operino già l’interdizione dai pubblici uffici o l’estinzione dal rapporto di impiego come sanzioni accessorie, la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio come misura cautelare interdittiva penale, la sospensione del rapporto di lavoro o il licenziamento come misure disciplinari, il trasferimento d’ufficio o ad altra

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Cfr. B. CIMINO, I divieti per i condannati, in B. G. MATTARELLA – M. PELISSERO (a cura di), La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, cit.

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sede a seguito di rinvio a giudizio del dipendente per reati contro la pubblica amministrazione298.

Ne consegue che i divieti previsti all’art. 53-bis troveranno applicazione solo in tre fattispecie: per i reati di minore gravità tra quelli contemplati al capo I, titolo II, libro II del codice penale (essenzialmente per l’abuso d’ufficio e l’omissione di atti d’ufficio); in assenza di altre misure cautelari penali o disciplinari, prima che producano effetto le sanzioni interdittive; fuori dai casi di licenziamento, dopo che siano cessate le pene accessorie interdittive temporanee o le misure (penali e disciplinari) cautelari.