CAP II. DISCIPLINA IN MATERIA DI CORRUZIONE
2. Tutela costituzionale dalla corruzione
Il radicamento della corruzione nel nostro ordinamento, per le sue caratteristiche qualitative e quantitative, evidenzia uno stato di sofferenza che coinvolge l’intero assetto istituzionale. È naturale, quindi, cercare nella Costituzione una guida capace di orientare le condotte pubbliche e private volte a contrastare efficacemente i processi corruttivi.
La Carta costituzionale, in particolare, non si sottrae al problema dell’etica pubblica, ma lo affronta in modo originale, nella prospettiva di una democrazia pluralista. La Costituzione, infatti, non assume l’etica pubblica in una prospettiva di stampo liberale, come una mera condizione di sistema presupposta o immanente, né la considera come il
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prodotto automatico dell’osservanza delle leggi. Parimenti estranea alla Carta costituzionale è ogni concezione autoritaria od organicistica di un’etica pubblica scaturente dall’abbattimento dei confini tra privato e pubblico. Nella prospettiva repubblicana, l’ordinamento democratico non può né disinteressarsi, né imporre una etica pubblica, ma deve tuttavia promuoverla, assumendola come un valore essenziale sociale e costituzionale di responsabilità personale, integrato nel sistema dei valori costituzionali, e conferendo ad essa la forma del dovere civico129.
Innanzitutto, nella Costituzione troviamo un generico diritto alla giustizia, previsto all’art. 2, il quale permette di distinguere lo Stato dalle organizzazioni criminali. Come affermato da Piercamillo Davigo in un suo intervento a Lendinara: “La giustizia è quello che differenzia lo Stato da
Cosa Nostra, e la giustizia nel nostro ordinamento viene garantita, in primis, dall’art. 2 della Costituzione”.
L’art. 2 Cost.130
, infatti, nel riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo, va a garantire indirettamente la giustizia per i cittadini. E così facendo, tale articolo finisce anche per affermare che i diritti degli uomini sono preesistenti allo Stato, e quindi non possono essere abrogati in quanto costituiscono un limite alla sovranità. Ed oggi è
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G. SIRIANNI, Profili costituzionali. Una nuova lettura degli articoli 54, 97 e 98
della costituzione, in F. MERLONI – L. VANDELLI (a cura di), La corruzione amministrativa: cause, prevenzione e rimedi, cit.
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Art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
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ancora più facile riconoscere i diritti inviolabili dei cittadini, dato che tali diritti sono stati codificati e messi per iscritto.
Dunque, uno dei principi base della nostra Repubblica è la garanzia della giustizia: controllo sul rispetto delle regole e punizione dei soggetti che violano tali regole131.
Il perno centrale del programma di promozione dell’etica pubblica nel nostro ordinamento, è rappresentato però dall’articolo 54 della Costituzione132.
L’art. 54 Cost., infatti, dopo aver prescritto ai cittadini il dovere di fedeltà alla Repubblica e l’obbligo di osservarne la Costituzione e le leggi, richiede a coloro cui sono affidate le funzioni pubbliche di adempierle con “disciplina” ed “onore” e di prestare giuramento, nei casi stabiliti dalla legge.
Tuttavia il dovere di disciplina ed onore, pur così solennemente affermato dalla Costituzione, non ha ricevuto una adeguata considerazione da parte della giurisprudenza e della dottrina133.
Al raggiungimento di questa situazione hanno contribuito varie circostanze. Innanzitutto, forti remore sono derivate dalla preoccupazione, di segno garantista, che una
131 Sull’art. 2 della Costituzione si senta l’intervento di Piercamillo Davigo a
Lendinara, La Costituzione contro la corruzione, in
http://www.giovannifalcone.it/3766/la_costituzione_contro_la_corruzione__interv ento_del_piercamillo_davigo.html, Lendinara, 10 febbraio 2012.
132 Art. 54: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di
osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
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G. SIRIANNI, Profili costituzionali. Una nuova lettura degli articoli 54, 97 e 98
della costituzione, in F. MERLONI – L. VANDELLI (a cura di), La corruzione amministrativa: cause, prevenzione e rimedi, cit.
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lettura espansiva del dovere di disciplina ed onore avrebbe potuto portare ad una limitazione del pieno godimento dei diritti riconosciuti ai pubblici dipendenti nella loro qualità di cittadini. Il concreto prevalere, nella vita politico- istituzionale, di un modello di democrazia che riservava ai partiti politici un forte ruolo di mediazione, ha poi alimentato un certo disinteresse per la prospettiva di una maggiore responsabilizzazione individuale degli agenti pubblici. Questi elementi hanno così spinto verso letture riduzioniste dell’art. 54, che hanno attenuato le potenzialità innovative dell’articolo stesso.
In particolare, la lettura riduzionista prevalente (Barile) sosteneva che il dovere previsto all’art. 54, anche quando si indirizza al personale politico, non aggiungerebbe nulla di nuovo rispetto a quanto già previsto per i cittadini in generale, ribadendo, per un verso, un generico quanto innocuo precetto di onore, e per l’altro, la soggezione alle blande prescrizioni disciplinari poste a presidio del buon funzionamento di collegi ed assemblee134.
Questa tesi, tuttavia, non è condivisibile. L’obbligo dei funzionari di adempiere le leggi con disciplina ed onore, previsto dall’articolo 54 comma secondo, non può limitarsi a ribadire il generico dovere di essere fedeli alla Repubblica ed alle sue leggi gravante su tutti i cittadini, come affermato nel primo comma dell’articolo 54 stesso, ma deve assumere
134 Ibidem.
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una valenza maggiore per i funzionari pubblici135. E questo a maggior ragione oggi, quando il dilagare dei fenomeni corruttivi e di malamministrazione hanno reso necessario una lettura più decisa dell’art. 54 affinché esso non sia limitato ad un generico e formalistico ossequio delle leggi, ma sia legato all’esigenza che la condotta di chi è chiamato a rivestire degli incarichi pubblici si ispiri a regole di decoro degne della fiducia che in essi viene riposta.
Da questo punto di vista il dovere di disciplina ed onore previsto dall’art. 54 rappresenterebbe un obbligo di fedeltà qualificata, specificativa, per i funzionari, del generale dovere di fedeltà alla Repubblica. Di conseguenza, la corruzione non rappresenterebbe altro che un delitto contro la fedeltà, poiché il pubblico funzionario corrotto va a tradire il suo dovere di fedeltà nei confronti dello Stato136.
L’art. 54 non rimane comunque isolato, poiché il quadro della tutela costituzionale dalla corruzione si completa con altri precetti costituzionali: la diretta responsabilità dei funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici (art. 28); il dovere dei pubblici impiegati di essere all’esclusivo servizio della nazione (art. 98); il precetto per cui i pubblici uffici vanno organizzati in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97).
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Per un approfondimento si senta l’intervento di Piercamillo Davigo a Lendinara,
La Costituzione contro la corruzione, cit.
79 Con l’art. 28 Cost.137
, i costituenti hanno voluto superare l’obsoleta concezione della supremazia dei pubblici poteri sui cittadini, caratterizzata dalle immunità e dai privilegi dello Stato e dei suoi rappresentati, a favore di quella più moderna ispirata al concetto di funzione, intesa come attività svolta nell’interesse del cittadino, nella quale viene affermata la diretta responsabilità dei funzionari dello Stato e degli altri enti pubblici per gli atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini138.
L’art. 98 Cost.139
, invece, nel sancire il dovere dei pubblici impiegati di agire nell’interesse esclusivo della Nazione, mira a far si che la condotta degli stessi sia ispirata alla tutela degli interesse generali e non alla tutela degli interesse di parte140
Infine, l’art. 97 Cost.141 stabilisce che i pubblici ufficiali devono essere organizzati in modo da garantire il buon andamento e l’imparzialità della amministrazione,
137 Art. 28 Cost.: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono
direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”.
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B. G. MATTARELLA, Le regole dell’onestà: etica, politica e amministrazione, cit.
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Art. 98 Cost.: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità. Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”.
140 Cfr. B. G. MATTARELLA, I doveri di comportamento, in F. MERLONI – L. VANDELLI
(a cura di), La corruzione amministrativa: cause, prevenzione e rimedi, cit.
141 Art. 97 Cost.: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in
modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.
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ricollegandosi così al principio di parità di trattamento dei cittadini sancito all’art. 3 della costituzione stessa.
In questo quadro delineato dalla Costituzione, l’etica pubblica viene dunque promossa sia sotto il profilo soggettivo (la condotta personale prescritta agli agenti) sia sotto quello organizzativo (l’organizzazione pubblica non deve fare velo alla responsabilità degli agenti, ma anzi deve fondarsi su tale responsabilità), nella prospettiva democratica di un ordinamento personalisticamente inteso nel quale sono i cittadini che governano ed amministrano la collettività142.
3. Disposizioni sulla corruzione contenute nel codice