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Il Marketing Culturale in ambito Museale

4. processo di interiorizzazione: veicolare attraverso supporti informativi di varia

2.2.2 Domanda e offerta

La domanda di un museo risulta essere molto variegata. Essa è costituita da diversi individui, tra i quali, oltre ai visitatori si possono trovare i membri del museo, le comunità territoriali, i soci e i finanziatori i quali esercitano la loro influenza, sia sulle strategie che sugli obiettivi del museo. Secondo Moretti «la domanda di un prodotto museale non dev’essere intesa come frutto di un bisogno generico di cultura, ma come il risultato di

89 http://www.treccani.it/enciclopedia/prosumer

90 Severino F., Comunicare la cultura, Franco Angeli, Milano, 2007, pp. 97-106. 91 Moretti A., La produzione museale, Giappichelli, Torino 1999.

92 Ibidem

93 Cerquetti M., Marketing museale e creazione di valore: strategie per l'innovazione dei musei italiani,

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un processo di scelta del prodotto museale tra altri che soddisfi il bisogno culturale specifico del soggetto della domanda»94. Lo strumento primario che mette in contatto la domanda e l’offerta è indubbiamente la comunicazione: solo attraverso la diffusione delle informazioni attraverso i canali di comunicazione, sia tradizionali che digitali, un museo può far conoscere le opere che vuole presentare.

Il fattore da tenere maggiormente in considerazione è l’ordine gerarchico di preferenza dei consumatori, vale a dire l’elemento core indispensabile per il visitatore e gli elementi accessori. Questi, essendo frutto di una valutazione puramente soggettiva, non sarà semplice per l’organizzazione stabilire apriori l’importanza dei singoli elementi.

Solo mediante l’interazione tra fruitori e fattori attrattivi sarà possibile costruire una gerarchia.

Il processo d’acquisto per una visita culturale è fondamentalmente simile a quello del marketing tradizionale ovvero95:

a) percezione del bisogno: momento in cui l’individuo percepisce uno stato d’angoscia e ha la necessità di visitare un museo o di vedere un’opera;

b) ricerca delle informazioni: il visitatore ricerca informazioni su un museo, una mostra o un oggetto culturale;

c) valutazione delle alternative: è il momento in cui, prima di prendere una decisone, si valutano le alternative;

d) acquisto: l’atto mediante cui l’individuo acquista un qualcosa che potrà consentirgli di usufruire di un’esperienza o di un servizio;

e) visita: riguarda l’esperienza complessiva del visitatore compresa di tutti gli elementi con cui entra in contatto;

f) post visita: fase valutativa del visitatore, egli andrà a paragonare le aspettative con realtà.

La segmentazione più semplice che si può fare sul pubblico di un museo è: 1) fra quella che abitualmente o occasionalmente lo frequenta; 2) quello potenziale, che di solito non visita i musei ma potrebbe essere interessato a farlo; 3) quello di prossimità, che frequenta eventi collaterali al museo, ma poco interessato alla collezione permanente; 4) e infine il

94 Moretti A., La produzione museale, cit.

95 Granelli A., Traclò F., Innovazione e cultura. Come le tecnologie digitali potenzieranno la rendita del

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cd. non pubblico, cioè tutti coloro che non hanno interesse nei musei96. Un'altra distinzione può essere quella tra visitatori esperti e non esperti:

i primi svolgono le proprie visite per motivi di studio, sanno come muoversi all’interno del museo per poter trarre da esso il maggiore beneficio, sanno utilizzare abilmente le tecnologie messe a disposizione e hanno una chiave interpretativa diversa;

i secondi invece hanno esigenze più modeste, necessitano di una comprensione semplice e diretta delle opere che visitano, di contro però potrebbero trovarsi in difficoltà all’interno di un museo per la poca dimestichezza con l’ambiente.

Per entrambi però esiste la richiesta di una visita che non sia solo cognitiva ma che possa offrire un’esperienza emotiva piacevole e coinvolgente.

La domanda di beni culturali varia molto a seconda delle fasce d’età, cioè persone appartenenti a generazioni differenti, e in base al titolo di studio dei visitatori.

Secondo gli ultimi dati ISTAT: «le differenze di genere sono maggiori tra i giovani di 18- 24 anni, tra i quali le donne sono più propense degli uomini a visitare musei o mostre (il 48,4% contro il 34,3% degli uomini) e siti archeologici (36,6% contro il 26,4% degli uomini) nel tempo libero; oltre i 60 anni il rapporto si rovescia: tra i 65-74enni, ad esempio, gli uomini che fruiscono di tali attività culturali sono il 24,7% (musei e mostre) e 21,5 (monumenti) contro, rispettivamente, il 22,0 e il 17,7% delle donne»97.

Per quanto riguarda il possesso del titolo di studio, la categoria maggiormente presente nei musei è quella dei possessori di un diploma di scuola media superiore. Per ciò che concerne l’offerta, invece, ogni organizzazione culturale deve definire in modo chiaro la propria value proposition.

Mediante i procedimenti di segmentazione, targeting e posizionamento l’organizzazione deve creare un’immagine chiara di sé, di ciò che offre e come lo offre. Così facendo l’organizzazione si può differenziare dalle altre organizzazioni che operano nello stesso campo. I servizi museali devono rispondere direttamente ai bisogni che potrebbero avere i visitatori durante la loro fruizione.

Il marketing museale, rientrando nella categoria del marketing dei servizi, segmenta il pubblico in base ai livelli di aspettativa del cliente possono essere due98:

a) servizio desiderato: è il livello di servizio che il cliente spera di ricevere;

96 Bollo A., Il marketing della cultura, cit. 97 https://www.istat.it/it/archivio/225274

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b) servizio adeguato: livello minimo del servizio che il cliente è disposto ad accettare e che l’azienda deve raggiungere per non creare insoddisfazione e passaparola negativo.

Secondo alcuni studiosi di Marketing, tra queste due dimensioni è possibile trovare la cd. “zona di tolleranza”, ovvero un livello in cui i clienti accettano un servizio.

Quando i limiti della predetta zona vengono oltrepassati, il cliente valuta il servizio in modo positivo o negativo.

Ovviamente non esistono zone di tolleranza standard perché: 1) la zona di tolleranza varia secondo le dimensioni del servizio: più importante è il servizio, più ristretta sarà la zona di tolleranza; 2) la zona di tolleranza è diversa per ogni cliente: varia in base a fattori controllati dall’azienda (es: prezzo), o altri controllati dal cliente; 3) le aspettative del cliente sono elevate: sia in merito al risultato del servizio, sia in merito alle modalità di erogazione dello stesso.

Esistono molteplici fattori che influenzano il servizio desiderato: