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Il Marketing Culturale in ambito Museale

2.1 Nascita ed Evoluzione della disciplina

La storia del Marketing consente una lettura dell’evoluzione della disciplina che procede parallelamente e in stretta correlazione con quella dell’economia, del mercato, del sistema dei consumi e della società nel suo complesso.

La storia del Marketing Culturale consente di arricchire questo parallelismo, aggiungendo un ulteriore elemento di interpretazione sui fenomeni che hanno caratterizzato i diversi sistemi culturali dell’ultimo secolo.

Per Marketing Culturale si intende: «il marketing applicato ai processi di produzione, organizzazione e messa in offerta di prodotti ed esperienze artistico-culturali»59.

La disciplina si sviluppa nella decade che va dagli anni Settanta agli Ottanta, a seguito della riaffermazione dei valori conservatori e del pensiero neoliberista che trovò la sua massima espressione nei governi di Reagan negli Stati Uniti e della Thatcher in Gran Bretagna.

I cambiamenti furono profondi, sia per l’economia sia nei rapporti tra le parti: la logica keynesiana venne sostituita da un forte processo di privatizzazione e di deregolamentazione del mercato. Ed il sistema culturale ne fu pienamente coinvolto, in quanto la revisione del welfare, da un lato registrò una drastica riduzione del supporto pubblico al patrimonio culturale e alle sue attività, dall’altro i privati, mediante un approccio più manageriale e meno burocratico, resero il sistema più efficiente nel suo complesso.

Per la prima volta nella storia, irruppero nel mondo delle organizzazioni culturali alcuni concetti tipicamente economici come: marketing, management, sponsorship, competition, che avvicinarono l’ambito culturale a quello economico.

Quel contesto costringeva il settore culturale a trovare nuovi modelli di sostenibilità principalmente mediante: l’autofinanziamento, la ricerca di fondi privati, l’ampliamento della domanda e di un nuovo pubblico. Difatti, già alla fine degli anni Settanta, diversi accademici consigliarono alle diverse strutture operanti in quest’ambito (musei, teatri e altre organizzazioni culturali) di riporre la loro attenzione ai bisogni e ai desideri del

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pubblico. E proprio in questa fase, grazie al contributo di Philip Kotler, il marketing assunse un’importanza centrale60. Durante la fine degli anni Sessanta, infatti, con l’ulteriore sviluppo del processo di industrializzazione, le esigenze dei consumatori risultavano essere meno legate ai bisogni primari e articolate attorno a gusti e bisogni personali.

Le imprese, rispetto gli anni precedenti, si trovarono a svolgere dei ruoli più complessi, dovendo attenzionare non solo la produzione ma anche considerare tutti quei fattori che determinavano la domanda.

La prima edizione del manuale di “Marketing Management” di Philip Kotler uscì nel 1967 e grazie ai suoi studi, per la prima volta, i principi e i processi del “marketing moderno” furono applicati ad un insieme di organizzazioni no profit.

Egli sosteneva che le organizzazioni culturali, al pari delle imprese, risultavano in competizione tra loro, sia per il mercato che per l'assegnazione dei fondi statali61. Sino ad allora il marketing culturale veniva considerato unicamente come uno strumento di supporto a tecniche pubblicitarie, di promozione, e di audience. Da questo si può evincere come il rapporto tra cultura e marketing non sia mai stato idilliaco, in quanto per quest’ultimo la cultura e la sua logica non erano assuefatte dalla logica della competizione62. Successivamente alle teorie elaborate da Kotler, diversi studiosi appartenenti alla scuola anglosassone e nordamericana cercarono di descrivere e realizzare nuovi modelli per il marketing culturale.

Il focus verteva su due dimensioni interconnesse tra loro: la descrizione del rapporto con l’invenzione artistica e il modus operandi assunto dalle organizzazioni orientate al marketing63.

2.1.1 Il modello Colbert

François Colbert cercò di far convivere le due dimensioni (rapporto con l’invenzione artistica e modus operandi) attraverso una sola definizione: «il marketing è l’arte di raggiungere quei segmenti di mercato che possono potenzialmente essere interessati al prodotto, adattando le variabili commerciali (prezzo, distribuzione e promozione) al

60 Ibidem

61 Colbert F., Marketing delle arti e della cultura, Etas, Milano, 2009.

62 Cherubini S., Marketing culturale - prodotti servizi eventi, Franco Angeli, Milano, 2013. 63 Bollo A., Il marketing della cultura, cit.

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prodotto, per mettere il prodotto in contatto con un sufficiente numero di consumatori e per raggiungere gli obiettivi coerenti con la missione dell’impresa culturale»64.

Si tratta di un modello circolare che, attraverso un sistema di feedback, si modula e si perfeziona con lo svilupparsi delle relazioni tra i diversi soggetti coinvolti.

Secondo Colbert è il prodotto che conduce al pubblico ed è il marketing a doversi adattare alla visione dell’impresa culturale, non viceversa. Inoltre, egli afferma che, per il raggiungimento degli obiettivi generali, gli strumenti operativi privilegiati dal marketing devono riguardare: il prezzo, la distribuzione, la promozione e le azioni sul prodotto culturale65.

Figura 8: Il modello di Colbert.

Fonte: Bollo A., 2017, p38.

2.1.2 Il modello Diggle

Un diverso modello di marketing è stato elaborato da Keith Diggle. Tale modello, di stampo olistico, è noto col nome di ADAM (Audience Development Arts Marketing) che coniuga e rende inscindibili l’azione di marketing e lo sviluppo del pubblico.

Come si può evincere dalla figura il pubblico viene suddiviso in due grandi categorie: 1) il “pubblico disponibile”, composto dai soggetti disponibili, cioè coloro che hanno

sviluppato un atteggiamento positivo e sono predisposti alla fruizione delle differenti proposte culturali;

2) il “pubblico indisponibile”, composto dai soggetti indisponibili, cioè coloro che hanno sviluppato un atteggiamento negativo e risultano ostili o indifferenti nei

64 Ciappei C., Surchi M., Cultura. Economia e Marketing, Firenze University Press, Firenze, 2010. 65 Colbert F., Marketing delle arti e della cultura, cit.

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confronti di tutti quei prodotti artistico-culturali con i quali non sono mai entrati in contatto.

Figura 9: Modello ADAM.

Fonte: Bollo A., Il marketing della cultura, 2017, p.39.

È proprio grazie a quest'ultimo aspetto che le attività di marketing dirette ad entrambe le categorie di pubblico risultano differenziate. Inoltre la necessità di coordinare le risorse, non solo economiche, funzionalmente dirette all'attuazione dei processi di Audience Development, estende ulteriormente l'interdisciplinarietà di tale concetto, coinvolgendo anche le sfere del project management culturale e dello stakeholder management66. Secondo Diggle: «Lo scopo del marketing dell’arte è di portare un numero adeguato di persone, rappresentanti la più ampia e differenziata casistica di persone in termini di background sociale, condizioni economiche, età in contatto appropriato con l’artista e, in questo modo, ottenere il miglior risultato finanziario compatibile con il raggiungimento di quell’obiettivo»67. Infatti, organizzazioni, prodotti, processi e fattori produttivi racchiudono dei significati funzionali, storici, etici ed estetici, che al tempo stesso riflettono e determinano un sistema di valori socialmente condiviso68. Nel corso degli

66 Bollo A., Il marketing della cultura, cit.

67 Diggle K., Guide to Arts Marketing: The Principles and Pratctile of Marketing as They Apply to the

Arts., Rhinegold, London, 1986.

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ultimi anni, il settore culturale è stato attenzionato maggiormente sia dalla comunità scientifica che dal mondo industriale.

Con riferimento al contesto italiano è possibile osservare il continuo aumento di studi, pubblicazioni e analisi aventi ad oggetto i luoghi della cultura, ritenuti come dei fattori di sviluppo economico69. Le organizzazioni culturali, aumentando il loro grado di apertura verso l’esterno, hanno elaborato forme di management che mirano a coinvolgere gli utenti sin dalle prime fasi70.

Con l’evoluzione di questo contesto l’impresa non viene più vista solamente come un soggetto economico ma come attore di rilievo culturale, artefice dello sviluppo sociale in tutte le sue componenti71. Affinché possa esserci una crescita culturale della collettività è necessario però che ciascun’impresa disponga di un’adeguata dotazione di risorse, materiali e immateriali funzionali allo svolgimento delle attività istituzionali tipiche di ogni ambito culturale.

2.1.3 Il sistema degli Stakeholders

Indipendentemente dall’attività svolta gli operatori del settore culturale intrattengono rapporti con una pluralità di stakeholders72 diversi.

È possibile distinguere due tipologie di stakeholders, primari e secondari.

La differenza tra i due è data dal grado d’influenza esercitato sulle imprese culturali e dall’arco temporale in cui tale influenza produce i suoi effetti.

Nel primo caso l’impatto è maggiore ed immediato, nel secondo, invece, l’influenza è più contenuta e ha più importanza nel lungo periodo73.

Dal punto di vista strategico e direzionale la gestione di questi rapporti genera specifici bisogni. In riferimento agli stakeholders primari si pensi la dicotomia che si viene a formare tra proprietà e controllo, dove coloro che esercitano il controllo il più delle volte, avendo un ridotto potere strategico, devono dare la priorità ad obiettivi politico - istituzionali. I dipendenti, ad esempio, sono portatori d’interesse individuali, i quali non coincidono necessariamente con gli obiettivi dell’istituzione per cui lavorano, e proprio

69 Solima L., Management per l’impresa culturale, Carrocci editore, Roma, 2018. 70 Ibidem

71 Montella M.M., I musei d’impresa – Heritage e total relationship marketing, cit. 72 http://www.treccani.it/enciclopedia/stakeholder/

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per questo motivo occorre armonizzare le funzioni lavorative. Un'altra relazione molto delicata è data dai rapporti coi fornitori di beni e servizi.

Essi, regolati e formalizzati mediante formula contrattuale, sono fondamentali per il normale svolgimento dell’attività. Fondamentali risultano essere anche i destinatari dei servizi erogati dalle imprese culturali, cioè i clienti, i quali rivestono un’importanza primaria nella definizione delle strategie di queste imprese.

Altrettanto importanti sono gli stakeholders secondari, costituiti da un maggior numero di soggetti con finalità diverse, come ad esempio i finanziatori, gli sponsor, i mecenati, e i donatori. Tutti questi svolgono un ruolo decisivo nel fundraising, cioè tutte quelle attività finalizzate alla ricerca di risorse finanziarie. La gestione di un’impresa culturale necessita dunque di un approccio multidisciplinare in cui il processo amministrativo e quello decisionale occupano un ruolo fondamentale74.

Figura 10: Il sistema di Stakeholders.

Fonte: Solima L., Management per l’impresa culturale, 2018, p.99.