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2. Acquisizioni di terra su larga scala: un quadro dal 2008 a oggi

3.5 Donne e sicurezza alimentare

L'espressione sicurezza alimentare non è da intendersi in senso tecnico come è stato utilizzato dalla FAO nel 1996 durante il World Food Summit, ma piuttosto in riferimento ai modi in cui i paesi hanno cercato di garantire la terra alle proprie nazioni. Sotto l'eccesso di discorsi positivi sul feed the planet, “nutrire il mondo”, il land grab avviene sotto l'auspicio di assicurare il cibo per le popolazioni future, previste dai modelli di crescita. Nell'affrontare sia la questione della crescita della popolazione che della sicurezza alimentare c'è stata poca discussione sul ruolo delle donne, del loro duplice ruolo, produttivo e riproduttivo. Questo non tanto per un problema di mancanza di informazioni sul problema quanto piuttosto per la natura già difettosa delle questioni di genere nello sviluppo (Harcourt, 2009).

Negli ultimi venti anni, i dati sulle tendenze della produzione di cibo indicano che la produzione di mais, coltura principale in Zambia, è stata quasi sempre al di sotto dei requisiti nazionali. Recentemente, la produzione di mais ha risentito della mancanza di supporto ai piccoli agricoltori, dei sussidi alle produzioni agricole e delle ricorrenti condizioni climatiche sfavorevoli. Come risultato, hanno dovuto importare grandi quantità di mais per colmare questo deficit. Come conseguenza, per esempio in Mozambico, sono in aumento le famiglie che finiscono per sostituire il mais con la manioca, più economica e meno nutriente. Questa è responsabile dell'aumento del numero di bambini malati di Kwashiorkor, malattia molto diffusa in tutti paesi in via di sviluppo, ed è un tipo di malnutrizione che si ritiene comunemente come causata dall'insufficiente apporto di proteine e altri nutrienti. Anche la diffusione dell'

HIV/AIDS nelle aree rurali, che colpisce le capacità di lavoro delle persone di età maggiormente produttiva, mette a rischio la produzione di cibo per il mantenimento a livello familiare.66

L'Africa è un continente che produce alimenti e materie prime, ma nonostante questo la sua produzione arriva a coprire solo un quarto della media globale. Si tratta di una conseguenza sulla produttività della terra e sul legame sottile dell’accesso alla terra e della sicurezza della proprietà fondiaria. Le ricerche in Ghana dimostrano che la produttività della terra delle donne è inferiore a quella degli uomini a causa dell'alto livello di insicurezza, che le rende meno in grado di investire nel terreno per migliorarne la qualità. Alcuni studi hanno anche dimostrato che dove gli agricoltori erano i proprietari degli alberi che piantano e su cui lavoravano, erano più propensi ad assumersi un interesse più a lungo termine nel piantare più alberi. In altre parole, deve esserci una qualche garanzia che il lavoro investito nella terra assicuri un ritorno su più raccolti.

Le linee guida internazionali e regionali sugli investimenti sostenibili sulla terra tendono a essere generiche e rischiano di non considerare la complessità che deriva dai contesti locali, dalle dinamiche di cambiamenti in corso in essi e gli interessi tra i diversi attori che li abitano, dalle aspettative e dai bisogni delle donne, le logiche di potere nelle comunità e negli aggregati familiari e come queste si riflettono sulle relazioni di genere, i modelli di sviluppo rurale e agricolo implementati e i processi migratori.

Nell'ambito degli investimenti sulla terra le aspettative e i bisogni delle donne nei contesti rurali dovrebbero essere necessariamente approfonditi sul campo, ma come si diceva le analisi di genere approfondite attualmente sono scarse.

Verma afferma che ampliando la nostra analisi temporale al secolo scorso, possiamo comprendere come le acquisizioni di terra siano in realtà un continuum con la storia coloniale dei Paesi dell'Africa Sub-Sahariana, quando le “grandi imprese multinazionali erano alla ricerca di risorse per alimentare la domanda di materie prime e beni di lusso nelle più potenti nazioni del Nord del mondo” (Verma, 2014: 56).

Come dettaglierò nel capitolo successivo, nel caso del Mozambico per esempio, Verma prende a modello le persistenti continuità storiche dell'accaparramento di terre a discapito dei piccoli contadini, riflessione che si applica anche al periodo post – coloniale (Pellizzoli, 2014). Gli studiosi, in generale concordano sul fatto che “ci sono segnali preoccupanti sul probabile impatto sociale delle concessioni di terra su larga 66 http://www.rtfnwatch.org/fileadmin/media/rtfnwatch.org/ENGLISH/pdf/Watch_2010/watch_engl_in

scala” (Waterhouse et al., 2010: 16) e dell'espansione delle monoculture, che può ridurre le strategie di sostentamento delle popolazioni locali senza fornire un impiego alternativo e sostenibile (O' Laughlin, 2013). Anche i progetti falliti creano delle tensioni particolari, perché la terra abbandonata dagli investitori, non viene necessariamente ridata alle comunità, ma passa sotto il controllo dello stato, che si impegna a identificare un altro possibile investitore per quell'area (Pellizzoli, 2014). Risulta fondamentale per evitare questi rischi che vengano effettuate approfondite valutazioni della sostenibilità sociale economica e finanziaria dei progetti di investimento, migliorati e rafforzati gli strumenti delle consultazioni comunitarie, riviste le legislazioni di riferimento per garantire risultati dei quali possano beneficiare sia gli investitori sia la popolazione locale (Aabø, Kring, 2012: 45).

Gli studi confermano la posizione di Daley e Pallas (2014) sulla carenza di analisi approfondite sulle implicazioni di genere degli investimenti sulla terra.

Visionando la letteratura sulle questioni di genere legate alle acquisizioni di terra su larga scala ho rilevato alcune caratteristiche comuni ai diversi paesi africani di disparità di genere:

 Costi aggiuntivi che gravano sull'equilibrio familiare. Quando il lavoro maschile è concentrato su attività come per esempio il lavoro in miniera o nelle piantagioni, la capacità delle donne di sostenere la produzione alimentare è fortemente limitata sia dal tempo a disposizione che dalle forze ed energie disponibili, così come dai contatti meno frequenti con altri lavoratori agricoli, dall'inevitabile focalizzarsi del loro lavoro sulle colture per il mercato o altre attività produttrici di reddito senza togliere le numerose responsabilità domestiche che ricadono su di loro in qualità di genitori. La percentuale di donne che sostengono la produzione alimentare locale in questa regione è destinata ad aumentare, man mano che le piantagioni aumentano. La resa dei raccolti viene ulteriormente compromessa se le donne aumentano nelle zone più marginali, e devono camminare più al lungo per reperire l'acqua o il carburante e intraprendono tutti i tipi di attività per integrare il reddito.

 Le donne sopportano un carico più pesante a livello di rischio personale. Le donne che si occupano dell'agricoltura di sussistenza sono in particolare lasciate fuori dalle decisioni più ampie riguardanti la gestione delle risorse e le scelte sulle colture. Allo stesso tempo, non hanno nessuna garanzia e assicurazione contro le conseguenze dirette proprie delle macro politiche che vengono adottate e scelte da altri, tra cui per esempio gli alti costi del cibo in un periodo

in cui il carburante è molto costoso e la gestione dei rischi a fronte di cambiamenti climatici e catastrofi ambientali. Il più delle volte le donne non hanno accesso a tutte le informazioni sulle implicazioni o conseguenze delle loro scelte o azioni, anche se solo loro in prima linea a compierle. Per decenni, le donne hanno portato il peso di sperimentazioni agricole, tra cui le ricadute degli esperimenti con gli OGM e l'uso di pesticidi tossici, fino ad arrivare agli alti tassi di suicidio in India a causa di indebitamento e dal debito finanziario che è tipico della agricoltura intensiva. Le donne continuano a fungere come da ammortizzatori per gli esperimenti andati male, ed è decisamente discutibile che veramente raccolgano i benefici di quei esperimenti che vengono considerati di successo.

 I nuclei familiari con a capo le donne risultano essere a più alto rischio. Ci sono evidenze che dimostrano che le famiglie con donne capofamiglia sono maggiormente colpite in tempi di crisi economica rispetto ai nuclei familiari con uomini capofamiglia. In ogni paese, le percentuali nelle categorie di poveri e poverissimi sono più alte nei nuclei familiari con donne capofamiglia rispetto ai nuclei con un capofamiglia maschi. Per esempio la media del divario esistente di cereali disponibili per famiglie di cui le donne sono capofamiglia è maggiore rispetto a quello di famiglie in cui i capofamiglia sono uomini.67 C'è stato un aumento significativo della percentuale di donne capofamiglia negli ultimi anni in molti paesi africani. I nuclei di donne capofamiglia hanno un numero maggiore di figli e anziani a carico rispetto agli adulti produttivi in confronto alle altre famiglie; hanno meno patrimoni e inferiore accesso alle risorse, e tendono ad avere una maggiore storia di disgregazione. Le donne in particolare, di cui i diritti formali alla terra sono di solito provvisori o inesistenti, senza meccanismi legali e procedurali per proteggere i loro interessi o per fornire loro risorse e compensazione, sono destinate a perdere completamente quando aumenta la concorrenza e la competizione per la terra. Queste differenze di genere diventano si acuiscono quando le risorse produttive sono erose, rendendo i nuclei con donne capofamiglia i più vulnerabili dei poveri delle aree rurali.

Le donne devono attivare strategie di coping e resilienza maggiori rispetto agli uomini: quando i prezzi del cibo aumentano, le famiglie più povere sono costrette a intensificare le strategie di coping ossia modalità di adattamento con 67 http://www.sadc.int/fanr/aims/rvaa/Documents/VAA_Dissemination/2002/2002%20July%20-

le quali si fronteggiano situazioni stressanti. Queste includono strategie per l’aumento del reddito, strategie per la riduzione delle spese, di riduzione del consumo alimentare e strategie di migrazione. In tutta la regione, la maggioranza delle persone vulnerabili è già impegnata in strategie di coping viste le difficoltà spesso strutturali che devono affrontare - comportamenti in risposta alle crisi che possono soddisfare le esigenze immediate, ma possono avere effetti devastanti sulla sopravvivenza a lungo termine; per esempio, in ogni paese i bambini vengono tolti da scuola a causa della mancanza di soldi per le tasse o per farli lavorare nelle case. La strategia di coping più frequentemente utilizzata è un cambiamento nelle abitudini nel consumo. In tutta la regione, circa l'80% delle famiglie dichiara di mangiare porzioni più piccole, saltare i pasti nel corso della giornata, o addirittura non mangiare per intere giornate. Le donne hanno più probabilità di imbattersi in questi rischi. I cambiamenti dei modelli di consumo, in termini di frequenza dei pasti, sono generalmente seguiti dalla riduzione delle spese per esempio per l'assistenza sanitaria e le tasse scolastiche, poi la vendita dei beni di capitale, come le attrezzature agricole e il bestiame, e poi strategie di migrazione. Altre strategie di coping comunemente citate includono la prostituzione (mettendo le donne e le ragazze ad alto rischio di HIV/AIDS), nutrirsi di cibi selvatici (il rischio è che alcune persone finiscano per nutrirsi di cibi selvatici velenosi se non adeguatamente preparati), e la migrazione rurale-urbana (tipicamente da uomini, lasciando donne e bambini a casa nel villaggio). Gli impatti diretti e indiretti di queste e di altre strategie di coping in situazione di emergenza potrebbero portare le famiglie vulnerabili a entrare in una spirale che potrebbe indebolire i loro mezzi di sussistenza per anni a seguire.

 La voce inascoltata delle donne: gli studi sulle comunità rurali rilevano la quasi totale assenza di voce femminile nelle decisioni che hanno un impatto diretto sui loro mezzi di sussistenza. Le decisioni per risolvere le esigenze economiche sono per lo più guidate dagli uomini capofamiglia, per soddisfare gli interessi in primis degli uomini. Le donne in genere si sentono incapaci di sfidare politiche o decisioni prese per i nuclei familiari. Infatti, negli studi in Ghana e Kenia, i ricercatori hanno scoperto che le donne erano meno propense degli uomini a dire che erano le uniche ad avere potere decisionale su alcune questioni domestiche, tra le quali: risparmio di denaro o prestiti, vaccinazioni, spese per la casa, trasferimenti di denaro a parenti o altri, andare in ospedale o da un

medico, gestire il controllo delle nascite (in Ghana, mentre in le donne erano leggermente più propense ad avere l'ultima parola), salute personale o familiare. Quando le donne avevano accesso alle informazioni queste venivano in particolare da quotidiani, radio e passaparola. A questo proposito, come suggerisce acutamente la Okali, è fondamentale stare attenti nelle ricerche a non generalizzare senza avere argomentazioni puntuali che sostengano le affermazioni, poiché ogni contesto andrebbe studiato con attenzione alla complessità delle dinamiche di genere senza giungere a conclusioni stereotipate (Okali, 2011). Rimane importante aumentare la partecipazione delle donne nei processi decisionali, attraverso l’ appartenenza ai gruppi, la facilitazione del dialogo comunitario e la condivisione di informazioni in modo di inserire i loro problemi nelle misure nazionali (Social Watch, 2010). Il divario di informazioni contribuisce a sostenere la struttura familiare decisionale dominata dall'uomo.68  Dipendenza e corsa per il reddito. Le donne, giovani o anziane, sono spinte

verso situazioni compromettenti e rischiose, comprese le attività illegali e matrimoni precoci. Spinte al limite, le donne si impegnano in attività sempre più rischiose, come testimoniano i numeri più alti di donne nelle carceri, per esempio in Zimbabwe. Mentre il numero bisogni di base (compreso il cibo) che possono essere soddisfatti solo con il denaro è in aumento, le attività per le donne che generano flusso monetario sono poche. Questo è ulteriormente aggravato da un sistema bancario non adatto a questo gruppo specifico di clientela, il che significa anche che le donne non possono generare risparmi o richiedere crediti visto il poco che guadagnano, ma piuttosto sono in balia di usurai. Specie arboree e vegetali richiedono acqua possono diminuire l'acqua potabile, e le donne che dipendono dalla raccolta dell'acqua dalle fonti nelle vicinanze (fiumi e torrenti per esempio) possono dover viaggiare di più per soddisfare le loro esigenze o dover acquistare acqua. E’ difficile garantire la sicurezza per le donne nei contratti di lavoro o di lavoro stagionale.