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Relazioni di genere dalle comunità rurali alle unità domestiche

2. Acquisizioni di terra su larga scala: un quadro dal 2008 a oggi

3.6 Empowerment delle donne: l’analisi critica di Christine Okali

3.6.1 Relazioni di genere dalle comunità rurali alle unità domestiche

Come trattato nel primo capitolo, a seguito della pubblicazione del libro di Esther Boserup nel 1970, si accentra l'attenzione sui ruoli, gli interessi e le risorse di base delle donne e degli uomini in agricoltura collegati alle relazioni di genere. Vengono così create rappresentazioni, narrazioni e preconcetti che fanno confluire la categoria “donne” in quella di “genere” producendo idee e principi che plasmano le politiche e le pratiche di sviluppo e di ricerca. Questa visione vede le donne come coloro che svolgono la maggior parte delle attività sia agricole che domestiche oltre che di riproduzione, ma che hanno un controllo limitato sulla propria forza lavoro. Le donne sono come per natura altruiste, infatti mettono al primo posto i figli e la sicurezza alimentare della famiglia, lavorano nella produzione di colture alimentari per la sussistenza del nucleo familiare ricorrendo per lo più a tecnologie arretrate; il carico di

lavoro delle donne è aumentato in seguito all’emigrazione degli uomini che partono verso le città in cerca di altre opportunità di guadagno e a causa del limitato accesso alle risorse, come la terra, l'acqua e il combustibile, ridotte dal degrado ambientale e da fenomeni di acquisizione di terra; le donne sono meno disposte al rischio nelle loro imprese imprenditoriali; le donne sono ostacolate nella ricerca di nuove opportunità e nella apertura ai nuovi mercati nel settore agricolo a causa dello scarso livello di istruzione, della mancanza di collegamenti tra i luoghi di interesse e le restrizione della mobilità; le donne non hanno accesso sicuro alla terra e non sono in grado di offrire garanzie che permetterebbero loro l’accesso al credito per sviluppare le proprie attività agricole indipendenti. Non hanno voce e vengono anche ignorate dalle agenzie che forniscono servizi; le donne hanno un controllo limitato anche sui prodotti del loro lavoro in agricoltura e quindi non hanno alcun incentivo ad aumentare la produzione (Okali, 2011).

L'immagine della donna rurale che ne emerge è quella da un lato di una donna sovraccarica di compiti, vulnerabile, povera e senza voce e dall'altro di una figura chiave per la sicurezza alimentare dei paesi in via di sviluppo, idea che rimane cruciale nella discussione sulle donne in agricoltura (IFPRI, 2002). Con queste ragioni si giustificano gli interventi finalizzati per lo più all'empowerment economico delle donne.

Come afferma la Okali, il modello più convenzionale di unità domestica si basa sullo stereotipo che una unità familiare nucleare, composta da marito, moglie e figli.

Le donne in questa unità ricoprono il ruolo di mogli, e vengono rappresentate principalmente come lavoratrici domestiche i cui interessi economici concordano con quelli dei mariti nonché capofamiglia. In Africa Sub-Sahariana, in particolare, il modello presenta delle variabili rispetto al modello convenzionale poiché presenta una relazione coniugale debole, in cui la coppia ha interessi, attività diritti, responsabilità e poteri decisionali divisi oltre a gestioni separate dell'amministrazione familiare, talvolta con scarsa o nulla condivisione delle risorse. Queste rappresentazioni dominano le politiche e le pratiche di sviluppo agricolo e sono costruite come luoghi di conflitto e contestazione in cui le donne in qualità di mogli si trovano ad essere collocate in una posizione di grande svantaggio rispetto agli uomini per quanto riguarda le loro attività economiche (Jackson, 2000). Da questa immagine derivano altre affermazioni stereotipate che si radicano nel discorso sulle donne e le dinamiche di genere domestiche, continua la Okali: le donne sposate, quando rimangono vedove sono maggiormente esposte alla perdita di accesso alle risorse come anche in caso di

divorzio o separazione; i mariti tendono a ridimensionare il loro contributo alla gestione famigliare quando le donne hanno risultati positivi nelle loro attività commerciali; le norme locali, comunitarie e familiari limitano la capacità delle donne di avere voce e di operare nella sfera pubblica; quando i mariti e gli uomini in generale hanno accesso al mercato e alla commercializzazione dei prodotti agricoli oppure emigrano trascurano le proprie responsabilità di mantenimento del benessere della famiglia (Okali, 2011).

Questi ostacoli alla capacità delle donne di intensificare le proprie attività produttive o di impegnarsi in nuovi sistemi di produzione per raggiungere un empowerment economico mettono in risalto problemi chiari e ben precisi e per questo sono stati utilizzati come guide all'azione per la risoluzione dei problemi per esempio attraverso una legislazione che sostenga i diritti delle donne alle risorse o promuovendo l'erogazione delle risorse come attraverso il microcredito. Questi interventi precisi possono essere considerati innovativi come pratiche di sviluppo, ma non originano strategie di sviluppo chiare soprattutto visto che si tratta di risorse di valore il cui accesso è oggetto di contestazione (WB et al., 2009; Pellizzoli, 2013). E' vero che possono esistere conflitti di interessi tra i membri di una stessa unità domestica e tra questi e i membri di altre istituzioni collegate, ma esistono anche importanti livelli di cooperazione e interessi condivisi tra uomini e donne della stessa unità familiare, tra i membri di una unità domestica e altri gruppi più ampi di parentela. É dimostrato infatti, che in certi casi gli uomini danno sostegno alle donne nella loro richiesta di maggiori risorse. A questo proposito per esempio Rao (2008), studiando il caso delle donne Santal in relazione agli uomini nel distretto di Dumka, nel Jharkhand, (India), rileva che in alcuni casi gli uomini possono sostenere i diritti delle donne alla terra. Se è vero che generalmente questi uomini sono quelli più sicuri della propria posizione di autorità, Rao rileva che anche le istituzioni consuetudinarie, almeno nella zona studiata, nonostante siano completamente in mano agli uomini, hanno sostenuto di solito le richieste di terra delle donne (Rao, 2008).

“non è una buona idea (...) ritenere che le preferenze manifestate dagli uomini capifamiglia e i rischi che questi scelgono di assumere riflettano gli atteggiamenti di tutti i membri della unità domestica così come [non è una buona idea] separare le donne dal contesto delle relazioni famigliari e suggerire che esse siano contrarie al rischio e orientate alla sicurezza alimentare nel senso ristretto della produzione di cibo. Un marito può essere la personificazione della sicurezza alimentare” (Jackson 2007).

Questo a significare che non si può semplicemente presumere che il risultato di qualsiasi relazione percepita come conflitto tra interessi consista sempre nella sconfitta delle donne e andrebbero indagati in maniera più approfondita i fenomeni che vedono le donne assumere nuovi carichi di lavoro “al posto degli uomini”, o che le vedono rinunciare ai diritti acquisiti a favore di uomini che appaiono così incapacità di assumersi le proprie responsabilità o mariti o altri uomini non agire per proteggere e sostenere i bisogni e gli interessi delle loro mogli o di altre donne. Le testimonianze e le evidenze che abbiamo dall'Africa Sub-Sahariana, ma anche dalle altre regioni africane ci dicono che il matrimonio non è semplicemente una istituzione finalizzata allo sfruttamento delle donne e che

“trascurare gli interessi condivisi può indurre a sottovalutare la portata dell'adesione razionale delle donne al sistema di relazioni domestico anche nel caso in cui possa apparire iniquo dal punto di vista di genere” (Jackson, 2007: 467)

Okali dunque sostiene che quando si analizzano le relazioni e le negoziazioni tra i generi, per esempio nel contesto dello sviluppo agricolo, è importante che ci sia chiarezza sull'uso della terra e sui modi diversi in cui gli uomini e le donne sono impegnati nella produzione, nella trasformazione e nella commercializzazione dei prodotti della terra. Mentre la discussione sui ruoli delle donne in gran parte dei dati raccolti su genere e agricoltura sembra essere confinata per lo più al lavoro delle donne/mogli nei campi di proprietà degli uomini, inteso come lavoro non retribuito, in realtà sia gli uomini che le donne svolgono lavori diversi un po' come operatori indipendenti: produttori per autoconsumo o per la vendita, come lavoratori in imprese di terzi, come forza lavoro remunerata o in natura o in denaro oppure come forza lavoro non pagata (Whitehead, 1994). Ciò che accade all'interno delle unità familiari è stato studiato ampiamente in quanto considerato un tema centrale nella letteratura su donne e agricoltura, ma le scelte che vengono compiute da diversi membri che compongono l'unità familiare, di cambiare le attività economiche dipendono in parte anche da ciò che avviene all'esterno.

La legittimazione sociale è essenziale per la realizzazione di qualsiasi richiesta che riguardi i rapporti di genere, leggi e politiche non bastano. Infatti, quando le risorse diventano più scarse, per esempio se viene meno un più ampio sostengo sociale, economico e politico alle richieste delle donne da parte del contesto istituzionale queste non sono in grado di ottenere un vantaggio sostenibile dalla partecipazione a nuove

opportunità al di fuori della famiglia oppure per contro di guadagnare protezione (Kabeer, 2000).

Come superare e modificare il modo in cui si rappresentano le donne in agricoltura che deriva dal modello legato all' Harward Framework? Fare analisi di genere non significa solo fornire dati disaggregati per sesso. L' Harward Framework che sottende a questa modalità, rinforza la visione delle unità domestiche come unità omogenee e coese. Le comparazioni tra donne e uomini corrispondenti a queste immagini sono presentate come “analisi di genere”, ma forniscono una visione statica che mette in luce in particolare la condizione di svantaggio delle donne focalizzando l'attenzione sui tempi di lavoro, sulle risorse disponibili, sulla terra e il profitto che se ne può ricavare e il lavoro di cura.

È necessario un approccio alternativo alla ricerca che parta dall'analisi della natura delle unità domestiche in diversi contesti specifici, che indaghi come agiscono nella ricerca delle entrate, nell'assunzione di responsabilità e nelle implicazioni per le decisioni per la sussistenza dell'intera unità. Da qui possono derivare nuove domande e dati raccolti diversamente anche sugli uomini e le relazioni di genere. Il passaggio da una analisi di genere che isola le categorie “donne” e “uomini” dal loro contesto e ambiente sociale e considera i dati sui ruoli di genere come il fine ultimo della stessa analisi di genere, a una analisi che enfatizzi le relazioni tra i generi nei contesti specifici in cui si trovano, può portare a una strategia di sviluppo per il reale conseguimento di un più sostenibile empowerment, economico e non solo, delle donne. Sarebbe quindi importante negli studi che si conducono sul campo tenere in considerazione la natura dinamica delle relazioni: le lezioni che si desumono per orientare gli interventi e le politiche sono meno ovvie e lineari di quelle che emergono dagli approcci convenzionali (Okali, 2011a). Secondo Guyer i prodotti delle donne si devono vedere sia come fonte di accumulazione di una propria ricchezza che come riserva per sopperire alle fluttuazioni delle entrate degli uomini e hanno un ruolo centrale per la sopravvivenza della famiglia. Le responsabilità degli uomini e delle donne possono estendersi oltre la casa, verso gruppi più vasti legati da parentela. Assumersi responsabilità più ampie ha implicazioni importanti sia per lo status degli uomini, soprattutto nelle circostanze in cui questi sono capifamiglia e membri anziani delle comunità, che per l'unità domestica e le donne, in qualità di mogli, possono trarvi beneficio. Che la distribuzione del lavoro sia considerata più o meno equa dipende infine anche da come è inserita nell’insieme di attività e di responsabilità che contribuiscono alla sopravvivenza e alla sussistenza dell’unità domestica (Jackson

2000). Okali sostiene per considerare seriamente l’empowerment economico, è necessario rompere nelle rappresentazioni il nesso distorto tra le donne da una parte e, dall’altra, la figura del piccolo produttore, povero, vulnerabile e con poco interesse per l’agricoltura commerciale (Okali, 2011). C'è da chiedersi come contribuisce la costruzione sociale di gruppi differenti, quindi per esempio le donne viste come vulnerabili, responsabili della sicurezza alimentare della famiglia e prive di iniziativa e di potere, a plasmare le possibilità che queste hanno di contribuire e di beneficiare delle politiche agricole dominanti? (Okali, 2010). In un dibattito online del Future Agricultures Consortium vengono date alcune interessanti risposte a questo quesito che riporto a seguire69:

“La costruzione delle donne come vulnerabili è centrale nella lotta per identificarle in qualità di produttrici nelle politiche agricole dominanti, come nel caso dell’iniziativa Feed the Future di USAID. In generale è più facile vedere le donne collegate agli obiettivi di sicurezza alimentare e nutrizione che non a quelli del miglioramento della produttività. Le donne sono spesso etichettate come vulnerabili senza che si dimostri in che modo, in relazione a quali attività o esiti, in rapporto a che cosa, o anche anche in rapporto agli uomini. C'è bisogno di documentazione più specifica e contestualizzata per mostrare che cosa effettivamente facciano le donne e gli uomini in agricoltura e come le istituzioni sociali, compresa la famiglia, condizionino queste attività, per poter definire meglio aree di intervento che offrano qualcosa di più oltre al sostegno tecnico senza affrontare fattori strutturali più ampi che condizionano se e come le donne sono coinvolte e impegnate in ambito agricolo. Dati di questo tipo sono necessari anche per definire interventi di genere innovativi e per verificare sistematicamente diversi approcci che potrebbero migliorare la nostra capacità di ampliare la sfera di applicazione di pratiche di successo” (Kantor, International Centre for Research on Women, Washington).

“Credo che i contesti specifici sociali, culturali e politici in cui le donne sono immerse, contribuiscano in gran parte a limitare o a espandere lo spazio che hanno per contribuire alle politiche agricole o beneficiarne. C'è bisogno di vedere le due questioni (la costruzione delle donne come una categoria vulnerabile e i contesti in cui si trovano a vivere) come dinamicamente intrecciate e in modi che plasmano la loro esperienza in forme originali. Dobbiamo rilevare questi intrecci per poter acquisire una visione critica dell’esperienza delle donne e della loro capacità di contribuire alle politiche o di beneficiarne” (Margaret M. Kroma, Agra - Growing Africa’s Agriculture).

Le variazioni nelle strutture e nelle relazioni sociali così come I cambiamenti nel tempo non vanno tutti in un’unica direzione di sviluppo. Nonostante manchino esperienze 69 http://www.un.org/womenwatch/daw/csw/csw56/egm/Okali-EP-8-EGM-RW-Sep-2011.pdf UN Women, in cooperation with FAO, IFAD and WFP, Expert Group Meeting Enabling rural women’s economic empowerment: institutions, opportunities and participation, Accra, Ghana. 20-23 September 2011. Christine Okali paper: Achieving Transformative Change for Rural Women’s Empowerment, University of Sussex United Kingdom

documentate di studi con gli uomini sulle questioni di genere, le scarse informazioni disponibili dimostrano chiaramente che il ruolo e la situazione considerata di supposto privilegio maschile rimane poco discussa. Il lavoro di ricerca sugli uomini nello sviluppo, infatti, non si è misurato con le questioni dell’equità, come la disuguaglianza nei salari, la rappresentanza in politica e il lavoro domestico, e rimane dominante nella letteratura su donne e sviluppo il discorso che mostra gli uomini come problema e le donne come vittime (Esplen et al., 2008). Raramente le donne agiscono nelle loro vite quotidiane come individui autonomi nelle loro comunità e tantomeno all’interno di quei progetti di sviluppo disegnati per sole donne ed è anche possibile che gli uomini siano alleati delle donne nel sostenere le richieste di nuove risorse da loro avanzate (Okali, 2011).