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Capitolo 2: La guerra d’Algeria e l’Organisation de l’Armée Secrète

8. Dopo la guerra d’Algeria (1962-1968)

Paradossalmente, rispetto al successo ottenuto, l’indipendenza algerina si scontrò da subito con le rivalità interne alle correnti politiche della neonata Repubblica e con l’incapacità di controllo e gestione della nuova realtà politica. Lo scontro si aprì in occasione del congresso di Tripoli, tenutosi dal 25 maggio al 7 giugno 1962, nel corso del quale, nonostante la votazione all’unanimità di un effettivo programma, il Fronte di Liberazione Nazionale contestò apertamente la leadership del Governo Provvisorio della Repubblica Algerina, accusato di essere complice di un nuovo colonialismo francese per aver firmato gli accordi di Evian: «Gli accordi di Evian rappresentano una piattaforma neocoloniale che la Francia si appresta a utilizzare per definire e imporre la sua nuova forma di dominio»317.

La diversità di vedute portò l’ala creatasi intorno a Ben Bella e al leader dell’Armata di Liberazione Nazionale Houari Boumedienne a opporsi fermamente all’ala dirigente del Governo Provvisorio, che suggeriva di trasformare il Fronte di Liberazione in un partito vero e proprio. Ben Khedda, però, auspicando la sopravvivenza del Governo Provvisorio

96 almeno fino alla sua effettiva installazione ad Algeri, lasciò improvvisamente il Consiglio Nazionale della Rivoluzione Algerina (CNRA), nella notte tra il 6 e il 7 giugno, lasciando gli altri esponenti politici allo sbaraglio. La situazione sembrò risolversi il 30 giugno, con il referendum alle porte, quando il Governo Provvisorio, riunitosi a Tunisi ma in assenza di Ben Bella, decise lo scioglimento dello Stato maggiore dell’Armata di Liberazione Nazionale e la destituzione del colonello Boumedienne, così come quella dei suoi due assistenti, Ali Mendjili e Kaid Ahmed. L’opposizione risoluta dei leader dell’Armata, che minacciarono di invadere l’Algeria con le proprie truppe, stanziate in Algeria, fecero naufragare il progetto del Governo Provvisorio, e portarono al potere Houari Boumedienne, destinato a diventare il leader incontrastato del neonato Stato nel 1965, quando con un colpo di stato militare allontanerà Ben Bella dal gruppo dirigente nazionale, nonostante questi fosse il fautore del successo della sua scalata al potere.

Il primo luglio 1962 si svolse, in Algeria, il referendum sull’indipendenza: il 91,23% degli aventi diritto votò a favore, e i «sì» toccarono complessivamente il 99,72% dei suffragi. Il 3 luglio, Christian Fouchet, alto commissario del governo francese in Algeria, consegnò al presidente dell’«esecutivo provvisorio» nato dagli accordi di Evian Abderrahmane Farès la lettera del presidente de Gaulle che prendeva, così, atto dell’indipendenza dell’ex territorio francese:

La Francia ha preso atto dei risultati del voto di autodeterminazione del 1° luglio 1962 e di attuazione delle dichiarazioni del 19 marzo 1962. Essa ha riconosciuto l’indipendenza dell’Algeria. Di conseguenza, e in conformità con il capitolo V della dichiarazione generale del 19 marzo 1962, le competenze relative alla sovranità sui territori degli ex dipartimenti francesi d’Algeria sono, a partire da oggi, trasferite all’esecutivo provvisorio dello stato algerino. In questo momento solenne, desidero esprimerle, signor Presidente, i più sinceri auguri che a nome della Francia intera rivolgo all’Algeria318.

Sancita l’indipendenza dell’Algeria, a de Gaulle e alla Francia restò il doppio problema rappresentato dai generali golpisti arrestati, alcuni dei quali in attesa di essere processati, e dei membri dell’Organisation de l’Armée Secrète ancora in libertà.

Nel corso del 1962, infatti, mentre Georges Bidault si dedicava alla direzione del Conseil

National de la Résistence (CNR-OAS), creato a Milano il 20 maggio partendo dalle ceneri

97 dell’OAS, la Repubblica francese diede inizio ai processi a carico dei dirigenti dell’Organisation e ai generali autori del putsch dell’aprile 1961. Tra gli arrestati e processati, ricordo André Canal (arrestato il 4 marzo, condannato a morte il 17 settembre ma graziato nel novembre), Philippe Castille (arrestato il 29 gennaio), il tenente Roger Degueldre (arrestato il 5 aprile, condannato a morte), il capitano Jean Ferrandi (condannato a quindici anni il 3 dicembre), il tenente Daniel Godot (arrestato nell’aprile), il colonnello Raymond Gorel (arrestato il 9 ottobre), il generale Edmond Jouhaud (arrestato il 25 marzo e condannato a morte il 13 aprile, la sua pena fu commutata in ergastolo il 28 novembre) e il generale Raoul Salan (arrestato il 20 aprile).

Contemporaneamente ai processi, i militanti dell’Organisation riunitisi attorno a Georges Bidault, diventato praticamente nuovo capo incontrastato dei terroristi, decisero di vendicarsi del presidente de Gaulle, che divenne così l’obiettivo da eliminare perché considerato traditore per eccellenza dei pieds-noirs. L’ipotesi di un attentato ai danni di de Gaulle, comunque, fu ventilata già nel dicembre 1960, come ricordò Jean-Jacques Susini, che ne discusse con il generale Salan a Madrid:

J’arrive à Madrid en décembre 1960 pour me mettre à la disposition du général dont je deviens avec le commandant Jean Ferrandi (alors capitaine) l’un des principaux collaborateurs. J’assiste, à ce titre, aux entretiens que Salan poursuit avec des officiers venus l’assurer de leur dévouement. Il est déjà question de préparer un attentat contre de Gaulle et, bientôt, une première a lieu au Pays Basque, où des obus piégés doivent exploser au passage de la voiture présidentielle. L’affaire échouera et Salan s’exclamera comme il le fera plusieurs fois par la suite : «Et ce canard est toujours vivant !». Plus tard, lors de la constitution de l’état-major de l’OAS à Alger, c’est sur ordre du général que sera impartie au colonel Godard la responsabilité d’une opération que ce dernier baptisait dans ses messages au codage discutable : «Opération Grande Zohra»319.

Fu in particolare la branca metropolitana dell’organizzazione, l’OAS-Métro, a dedicarsi alla preparazione di attentati a danno del presidente ma destinati, tutti, a fallire. Il tentativo più famoso fu quello del 22 agosto 1962, organizzato da Jean-Marie Bastien-Thiry con l’aiuto di Alain de la Tocnaye, ad alcuni pieds-noirs e a tre militanti anticomunisti provenienti dall’Ungheria (Lajos Marton, Gyula Sari e Laslo Varga). L’attentato del Petit-Clamart

319

A. RUSCIO, Nostalgérie. L’interminable histoire de l’OAS, Parigi, Editions La Decouverte, 2015, p. 170- 171.

98 avrebbe dovuto uccidere de Gaulle quando la sua auto fosse passata davanti ai militanti armati di mitragliatore, appostati sulla strada che dall’Eliseo portava all’aeroporto di Villacoublay e solo per la destrezza dell’autista del presidente non si ebbero vittime. L’episodio, comunque, fu decisivo perché diede il colpo di grazia ai sostenitori dei terroristi e scatenò una vera e propria caccia all’uomo sul territorio dell’Esagono, che diede i suoi frutti. Furono infatti catturati numerosi esponenti dell’organizzazione ancora in libertà, come il colonnello Antoine Argoud (che, anche se non direttamente coinvolto nell’organizzazione dell’attentato, fu rapito a Monaco nel febbraio 1963 dai servizi francesi e portato a Parigi, dove fu arrestato), il tenente-colonnello Bastien-Thiry (condannato a morte e fucilato l’11 marzo 1963), il militante Gilles Buscia (arrestato nel febbraio, ma evaso a settembre, per essere arrestato nuovamente solo due anni dopo) e il capitano Jean- Marie Curutchet (arrestato a Dakar il 30 novembre 1963). Gli arresti, che decapitarono l’organizzazione, non furono tuttavia sufficienti a fermare i tentativi di attentato ai danni del presidente, che si ripeterono, infruttuosi, anche nel 1964 (l’ultimo fu a Tolone, in Provenza, al memoriale di Mont-Faron).

All’approvazione della prima legge di amnistia per i fatti relativi alla guerra d’Algeria, nel 1964, su 44 condanne a morte solo 4 furono effettivamente eseguite: Jean-Marie Bastien- Thiry (fucilato l’11 marzo 1963), il tenente Roger Degueldre (fucilato il 6 luglio 1962), Albert Dovecar e Claude Piegst (fucilati entrambi il 7 giugno 1962). Il 17 dicembre, data dell’approvazione dell’amnistia, fu seguito dalla grazia presidenziale concessa a 173 ex membri dell’Organisation de l’Armée Secrète, che fu estesa a tutti i rimanenti il 7 giugno 1968. La decisione di concedere la grazia fu probabilmente una strategia politica provocata dall’esplosione del «maggio francese»: la necessità di garantire la fedeltà, messa in dubbio, dell’esercito per affrontare l’insurrezione studentesca, interpretata come un attacco comunista al cuore dello Stato, e mettere fine all’impasse che immobilizzava l’Esagono si tradusse nella concessione del perdono agli ultimi generali incarcerati, Raoul Salan compreso320.

In seguito all’amnistia del 1968 tornarono in Francia anche i membri dell’OAS sfuggiti alla giustizia ritirandosi nella clandestinità o risiedendo all’estero. Per quanto i percorsi siano

320 Per approfondire la questione, si rimanda all’opera di Kauffer, che per primo segnalò la coincidenza

dei due avvenimenti: risalgono infatti al 22 marzo 1968 sia l’insurrezione studentesca presso l’università di Nanterre che la firma da parte del guardasigilli francese dei documenti per il rilascio immediato di 32 ex membri dell’Organisation de l’Armée Secrète; si veda: R. KAUFFER, OAS. Histoire d’une guerre franco-

française, Parigi, Editions du Seuil, 2002, pp. 401-403 ; ma anche O. DARD, Voyage au cœur de l’OAS,

99 stati vari e quasi mai assimilabili, si può notare come mete privilegiate da gran parte degli «esiliati» dell’Organisation de l’Armée Secrète siano state la Spagna franchista e il Portogallo salazarista, considerate ultime roccaforti fasciste contro l’avanzata comunista. Le utilizzarono come sicure vie di transito o di residenza, tra gli altri, il colonnello Antoine Argoud (prima di essere arrestato), Georges Bidault, Jean Brune, il colonnello Jean Gardes, il generale Paul Gardy, il capitano Jacques Godard, Pierre Lagaillarde, Yves Guillou, Joseph Ortiz, Jean-Claude Pérez e Marcel Ronda. Anche l’Italia, da parte sua, accolse alcuni di questi transfughi: Jean-Jacques Susini, per esempio, vi risiedette per tutta la durata del suo esilio e, a Roma, incontrò André Rossfelder, mentre molti altri vi risiedettero per periodi più o meno brevi, utilizzando la penisola più che altro come tappa di un percorso più vasto, come fu il caso di Jacques Soustelle, di Jacques Achard, del tenente colonnello Joseph Broizat, di Claude Dumont e dei già citati Bidault e Brune.

L’amnistia, da parte sua, fu inoltre l’occasione per il reinserimento di molti ex membri dell’Organisation de l’Armée Secrète nella realtà politica francese, in primis nel Front National di Jean-Marie Le Pen, mentre altrettanto numerosi furono quelli che tentarono di creare una sorta di «internazionale nera» raggruppandosi in formazioni dell’ultradestra a livello europeo.

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