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Capitolo 1: La destra italiana (1945-1969)

7. Il Piano Solo

Il varo del primo governo di centro-sinistra114 spinse certi ambienti istituzionali a cercare di

porre un freno a quella che poteva essere la premessa all’entrata dei comunisti nel governo. Tentativo che, comunque, si rivelò prematuro, essendo sfociato nella crisi di governo del giugno 1964.

Il presidente della Repubblica Antonio Segni115, tuttavia, preoccupato per un possibile rafforzamento dei socialisti in vista della formazione di un nuovo governo, si rivolse al comandante dell’Arma dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo116, pregandolo di predisporre

un piano che scongiurasse il pericolo o, almeno, entrasse in azione per impedire alle forze di sinistra di prendere il potere.

La Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1961 (istituita con la Legge 31 marzo 1969, n. 93), presieduta dal deputato Giuseppe Alessi, ha accertato che:

nella primavera-estate 1964, il generale de Lorenzo, quale comandante generale dell’arma dei carabinieri, al di fuori di ordini o direttive o di semplici sollecitazioni provenienti dall’autorità politica (specificatamente il ministro dell’interno o il ministro della difesa o il Presidente del Consiglio dei ministri) e senza nemmeno darne loro notizia, ideò e promosse l’elaborazione di piani straordinari da parte delle tre divisioni dell’Arma operanti nel territorio nazionale.

114 Il primo governo di centro-sinistra, che vide la presenza dei socialisti per la prima volta dal 1947,

venne varato nel dicembre 1963 e vide Aldo Moro, democristiano, diventare presidente del Consiglio.

115

Antonio Segni (Sassari 1891 – Roma 1972), democristiano eletto alla Costituente, fu ministro dell’Agricoltura (1946-1951), della Pubblica Istruzione (1951-1954), della Difesa (1958-1959) e degli Esteri (1960-1962), oltre che più volte presidente del Consiglio. Fu eletto presidente della Repubblica nel maggio 1962 e si dimise due anni dopo, a causa di un ictus cerebrale, venendo sostituito provvisoriamente, nelle sue funzioni, dal presidente del Senato Cesare Merzagora. Per ulteriori approfondimenti biografici, si veda: http://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-segni e M. FRANZINELLI, Il piano Solo. I servizi segreti, il centro-sinistra e il «golpe» del 1964, Milano, A. Mondadori, 2010, pp. 270-271.

116 Giovanni De Lorenzo (Vizzini, 1907 – Roma, 1973) fu capo ufficio operazioni del comando del XV

Corpo d’armata e capo ufficio del IV reparto dello Stato maggiore durante il secondo conflitto mondiale, divenendo dal settembre 1943 comandante partigiano in Romagna, prima di divenire vicecapo del Centro militare informativo del fronte clandestino di resistenza di Roma e ufficiale di collegamento con la 92a divisione statunitense. Nel dopoguerra continuò a far carriera, divenendo comandante della «Folgore» e sottocapo di Stato maggiore del Comando delle Forze Terrestri Alleate del Sudeuropa (FTASE). Il 27 dicembre 1955 fu nominato capo del Servizio Informazioni Forze Armate (SIFAR) e il 15 ottobre 1962 divenne comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Per ulteriori approfondimenti biografici, si veda: http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-de-lorenzo_(Dizionario-Biografico)/ e M. FRANZINELLI, Il piano Solo, cit., pp.260-261.

34 Tutto ciò nella previsione che l’impossibilità di ricostituire un Governo di centro-sinistra avrebbe portato a un brusco mutamento dell’indirizzo politico tale da creare gravi tensioni e contrasti determinando una situazione di emergenza speciale117.

Sempre secondo la relazione, i propositi di De Lorenzo furono effettivamente comunicati ai comandanti delle tre divisioni. Ciò è dimostrato non solo dal rinvenimento delle note in oggetto118, ma anche da una serie di rapporti del Dipartimento di Stato americano. Uno, in

particolare, è addirittura risalente al giugno 1963 ed è indicativo dell’importanza data all’azione di De Lorenzo da parte dell’amministrazione Kennedy:

1. To meet the possibility of mass public actions conducted by the leftist forces in Italy, lt. gen. Giovanni de Lorenzo, commandant of the carabinieri, has organized a brigade composed of three regiments who are trained to go into action to meet such emergencies. One of the regiments is stationed in Rome and the other two in the critical northern area.

2. As another preventive measure, de Lorenzo has met with Italian socialist party (PSI) directorate member Giovanni Pieraccini, as PSI secretary Pietro Nenni’s representative, to caution him that he, de Lorenzo, wished to avoid the use of force, but that if leftist elements go out of hand de Lorenzo would take restrictive control action.

3. [omissis] Comment: de Lorenzo does not anticipate any aggressive mass left action but has nevertheless alerted his units during this period of political unrest. De Lorenzo’s actions apparently have the backing of president Segni119.

Il piano Solo, quindi, predisposto con largo anticipo rispetto alla crisi del 1964, stabiliva l’intervento della sola Arma dei Carabinieri (da qui il nome di Piano Solo) che, in caso di emergenza, avrebbe dovuto occupare preventivamente una serie di luoghi strategici (ad esempio, la sede della Rai-Tv, le centrali telefoniche e telegrafiche, le sedi di partiti e giornali), assicurandosi il possesso di cosiddette «aree vitali», ossia «ripartizioni territoriali

117

Commissione parlamentare d’inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, Relazione. Relatore Alessi, Roma, Camera dei deputati, Doc. XXIII, n.1, 1971, pp.1289-1290. La relazione è interamente consultabile all’indirizzo: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/906934.pdf.

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Alcune relazioni sono pubblicate in appendice a M. FRANZINELLI, Il piano Solo, cit., pp.297-313: «Note per la redazione dei piani Solo in unità d’indirizzo» (fine aprile 1964), «Piano Solo elaborato dalla 1° divisione carabinieri “Pastrengo”» (maggio 1964) e «Il piano Solo: disposizioni per il controllo di Milano» (fine giugno 1964).

35 omogenee e di importanza strategica, da controllare mediante forme di decentramento dell’organizzazione militare»120.

Degno di nota è il riferimento al Partito Socialista e a Pietro Nenni, che a sua volta confermò il rischio di una deriva golpista, scrivendo sull’Avanti!:

La sola alternativa che si è delineata nei confronti del vuoto di potere conseguente a una rinuncia del centro-sinistra è stata quella di un governo di emergenza, affidato a personalità cosiddette eminenti, a tecnici, a servitori disinteressati dello stato che, nella realtà del paese qual è, sarebbe stato il governo delle destre, con un contenuto fascistico-agrario- confindustriale nei cui confronti il ricordo del luglio 1960 sarebbe impallidito121.

La dichiarazione è importante, oltre che per la conferma del pericolo golpista, per il riferimento alla destra conservatrice (rappresentata dal Movimento Sociale Italiano) e perché spiegherebbe la decisione del PSI di rinviare le sue riforme, invise alla destra istituzionale e, in particolar modo, al presidente Segni122.

Tornando alla questione dell’interessamento americano, che nel documento riportato riflette anche su quanto il coinvolgimento di Segni sia effettivo, un telegramma successivo stilato a Verona il 26 giugno 1964 e inviato dal Comando generale delle Forze armate USA in Europa dichiara:

If demonstration should be opposed by counterdemonstration of extreme leftists, carabinieri would immediately called to action in’orted [sic] by armed forces. Armed forces would then assume law and order maintenance Italy. Local police cannot be counted on beacuase politically controlled. President Segni aware this plan123.

Il documento conferma quindi la conoscenza del piano da parte del presidente della Repubblica e conferma che, nel caso fosse scoppiata l’emergenza, questa sarebbe stata gestita solo ed esclusivamente dai carabinieri. A questo proposito, è importante segnalare che, oltre ad occuparsi della salvaguardia dei punti strategici, i carabinieri avrebbero dovuto prendersi in carico l’enucleazione di determinati esponenti della sinistra istituzionale, sindacale e culturale, schedati a loro insaputa dal SIFAR. La lista, di cui si è molto parlato

120 Ivi, p.297.

121 A. GIANNULI, Il Noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro, cit., p. 126. 122

Ibidem.

36 nel corso degli anni anche perché, a un certo punto, se ne persero le tracce, è stata in parte ricostruita da Mimmo Franzinelli sulla base degli stralci della rubrica «E»124 acquisiti dalla

Commissione Stragi e con gli elenchi scoperti dal giornalista de L’Espresso Lino Jannuzzi e dal deputato Anderlini nel corso del 1967. Dei 731 nomi originariamente presenti, la lista ricostruita ne indica circa trecento125, suddivisi per regione. Giovanni Pellegrino, in merito,

ha dichiarato:

Gli «enucleandi» erano quegli esponenti della sinistra che, nel caso in cui fosse stato dichiarato lo stato di emergenza, in violazione di ogni regola democratica sarebbero stati prelevati dai carabinieri e trasportati con mezzi della Marina in Sardegna, probabilmente a Capo Marrargiu126.

Capo Marrargiu, all’epoca, era la sede della più importante base di Gladio. «Sulla base del materiale che abbiamo acquisito, è possibile affermare che la lista esisteva»127, ha aggiunto

Pellegrino, il quale ha precisato anche che la sua sparizione era probabilmente avvenuta «durante il passaggio dagli apparati militari alla presidenza del Consiglio»128.

Il doppio scandalo della schedatura degli esponenti della sinistra italiana ad opera del Servizio Informazioni Forze Armate e del piano Solo scoppiò solo nel 1967, grazie all’inchiesta giornalistica condotta dal già citato giornalista de L’Espresso Lino Jannuzzi. Il periodico, uscito nel maggio con l’articolo «Complotto al Quirinale»129, provocò l’istituzione di una lunga scia di procedimenti giudiziari, culminati nella creazione della relativa Commissione parlamentare d’inchiesta. Ricorda Lino Jannuzzi:

Il governo e lo stesso presidente della Repubblica smentirono le nostre rivelazioni. Il generale De Lorenzo ci querelò e il tribunale, a cui il governo aveva rifiutato i documenti con la scusa del segreto militare, ci condannò. Ma intanto il Parlamento aveva deciso di fare su tutta la questione un’inchiesta parlamentare. Per la prima volta nella storia d’Italia il

124 Cfr. p. 20.

125 La lista può essere letta in M. FRANZINELLI, Il piano Solo, pp. 287-297. 126

G. FASANELLA, C. SESTIERI, G. PELLEGRINO, Segreto di Stato, cit., p.53.

127 Ibidem. 128 Ivi, p. 54. 129

L. JANNUZZI, Complotto al Quirinale, «L’Espresso», 14/05/1967. L’articolo è disponibile online sul sito del periodico: http://temi.repubblica.it/espresso-il68/1967/05/14/complotto-al-quirinale/?h=0.

37 Parlamento poté mettere il naso nelle cose segrete del mondo militare. Questa commissione, sia pure sfumando o censurando alcune cose, accertò che i fatti erano veri130.

Quel che interessa segnalare, comunque, è che il Piano non fu mai effettivamente attuato e, con il superamento della crisi nell’estate del 1964, fu archiviato. Nel corso del 1965 il SIFAR fu sciolto e De Lorenzo fu nominato capo di Stato maggiore dell’esercito, ruolo nel quale si scontrò con l’allora capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Giuseppe Aloia. Fu probabilmente a causa delle divergenze tra i due generali in materia militare e di ordine pubblico che lo scandalo delle schedature illegali messe in atto dal SIFAR e del Piano Solo venne alla luce131, provocando le dimissioni di De Lorenzo (15 aprile 1967), poi riciclatosi come politico nelle liste del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale (ed eletto poi nelle politiche del 7 maggio 1972).

Come sostenuto da Giovanni Pellegrino, l’elezione del generale tra le file della destra missina è sintomatico per dimostrare che «ciò che alla fine univa gli uomini degli apparati di forza era la naturale ostilità nei confronti della sinistra, perché il nemico era il comunismo»132. Dai risultati delle indagini seguite allo scoppio dello scandalo, a ogni modo,

parve lecito supporre un ruolo attivo anche da parte della destra missina, nel nome di una collaborazione tra civili e militari che si sarebbe dovuta realizzare in occasione di una manifestazione, cui avrebbero partecipato, oltre ai membri del Movimento Sociale, liberali e monarchici che, affiancati da reduci ed ex-prigionieri del secondo conflitto mondiale, sarebbe dovuta sfociare proprio nella realizzazione del golpe, coordinato, in particolare da Randolfo Pacciardi133. A finanziare l’impresa sarebbero state alcune «confederazioni

130 S. ZAVOLI, La notte della Repubblica, Milano, A. Mondadori, 1995, p.22. 131 M. DONDI, L’eco del boato, cit., pp. 97-99.

132 G. FASANELLA, C. SESTIERI, G. PELLEGRINO, Segreto di Stato, cit., p. 50.

133 Randolfo Pacciardi (Giuncarico, 1899 – Roma, 1991) aderì da giovanissimo al Partito Repubblicano

Italiano, del quale fu nominato varie volte segretario. Antifascista, prese parte a numerose iniziative resistenziali, sia in Italia che all’estero, collaborando con i comunisti che, in seguito all’inizio della Guerra Fredda, avverserà tenacemente. Ministro della Difesa nel 1948, fu tra i primi a dirsi favorevoli all’entrata dell’Italia nell’Alleanza Atlantica e cercò in ogni modo di rafforzare l’esercito. Con l’avanzata delle sinistre in Italia, il suo anticomunismo si fece sempre più feroce, radicalizzandosi, fino a fondare l’Unione Democratica per la Nuova Repubblica (UDNR, 1 marzo 1964), che attirò a sé numerosi esponenti neofascisti, tra i quali Giano Accame. Per questi contatti e per le sue posizioni politiche, fu indagato nel corso degli anni Settanta dal giudice istruttore Luciano Violante per cospirazione e tentativo di colpo di Stato insieme a Edgardo Sogno, Luigi Cavallo, alcuni funzionari statali e neofascisti appartenenti ad Ordine Nuovo e al Fronte Nazionale. Nel 1978, sarà assolto insieme agli altri imputati, e la vicenda del «golpe Bianco» sarà chiusa, non senza polemiche. Per ulteriori riferimenti biografici, si veda: http://www.treccani.it/enciclopedia/randolfo-pacciardi_%28Dizionario-Biografico%29/.

38 agricole ed industriali»134, interessate a loro volta ad impedire lo scivolamento dell’Italia verso sinistra.

Gli eventi dell’estate 1964 spinsero il Movimento Sociale Italiano a riprendersi dallo stato di immobilismo seguito ai moti antifascisti del 1960 e a rimettersi in gioco, aggregando intorno a sé quanti ancora si impegnavano nella lotta anticomunista: esponenti degli ambienti economici, militari, politici, religiosi e burocratici, infatti, erano favorevoli ad una aggregazione conservatrice che ponesse fine all’avanzata delle sinistre e disposta ad accogliere, per questo scopo, anche i segmenti più reazionari. Per riuscirci, il partito missino tentò di promuovere una revisione dell’eredità fascista che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto portare a una rilettura del MSI come partito apertamente atlantico ed anticomunista.

La nuova prospettiva fu immediatamente fatta propria da Junio Valerio Borghese, iscrittosi al Movimento Sociale Italiano, che ne trasse ispirazione per collaborare con le forze militari alla creazione di una Milizia Civile da utilizzare in chiave anticomunista135.