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Capitolo 2: La guerra d’Algeria e l’Organisation de l’Armée Secrète

7. La fine della guerra (1962)

La fine del 1961 rappresentò per il governo francese un problema: per Charles de Gaulle, infatti, era di vitale importanza riuscire a uscire dall’impasse in cui erano finiti i negoziati, bloccati sulla questione del Sahara, e dalla grave scia di attentati perpetrata dai membri dell’Organisation de l’Armée Secrète i quali, da parte loro, tentavano di proporsi come una forza politica di cui tenere conto nella stipulazione di qualsivoglia accordo riguardante l’Algeria. Particolarmente grave era il fatto che l’OAS godesse di un certo supporto anche all’interno delle istituzioni statali, oltre che in quelle militari e di polizia, come dimostrato dalla proposta all’Assemblée Nationale di un cosiddetto «emendamento Salan»308 per rinforzare gli

effettivi presenti in Algeria che ottenne 80 voti, tra i quali quelli di Georges Bidault e Jean- Marie Le Pen.

307 Ivi, p. 121.

308 L’emendamento prese il nome del generale Salan perché, nonostante a proporlo all’Assemblée

Nationale fosse stato il deputato Jean Valentin, il primo a premere per un aumento degli effettivi fu il

92 Il governo, comunque, si impegnò nella lotta al terrorismo dell’OAS dedicandosi alla sua sempre più violenta repressione. Se infatti, almeno inizialmente, la reazione delle forze dell’ordine alla violenza dei militanti pro «Algeria francese» fu piuttosto blanda, le cose cambiarono con l’istituzione di una sorta di polizia parallela appartenente ai servizi segreti, i

barbouzes, che, giunti in Algeria già nell’ottobre, andarono così ad affiancarsi alla repressione

già messa in atto dai membri del Fronte di Liberazione Nazionale. I barbouzes furono uno dei corpi più violenti della polizia francese e si macchiarono di numerosi omicidi, spesso mirati, rispondendo all’Organisation con i suoi stessi espedienti: l’OAS, infatti, fece delle «opérations ponctuelles» condotte dai membri dei commandos Delta una delle sue armi più efficaci.

L’organizzazione terroristica fu costretta a combattere, quindi, su due fronti differenti che, qualora fosse necessario, finivano per convergere. La repressione dei nemici interni messa in atto dall’OAS non conobbe, comunque, tregua: il 13 gennaio 1962, per esempio, un commando irruppe all’interno del carcere di Orano dove si fece consegnare quattro militanti del Fronte algerino che giustiziò poco dopo. Accanto al ricorso alla violenza, continuavano le operazioni di propaganda, come dimostrò la stampa illegale in 20 mila copie di una falsa edizione de L’Echo d’Oran, in cui si denunciava e si condannava la «politica di abbandono di de Gaulle»309. Contemporaneamente, anche l’azione dell’OAS-

Métro continuava senza sosta, flagellando la capitale che, includendo gli attentati perpetrati

anche dal Fronte di Liberazione e dai barbouzes, registrò nel gennaio 1962 ben 801 attentati, molti dei quali al plastico, mentre nel febbraio ulteriori 507 attentati provocarono 256 morti e 490 feriti310.

L’opinione pubblica diventò definitivamente ostile all’Organisation de l’Armée Secrète, allineandosi alle direttivi del presidente de Gaulle (che considerava prioritario «sconfiggere e punire»311 l’OAS), in seguito all’attentato eseguito dai militanti metropolitani a danno del ministro della Cultura André Malraux che, seppur fallito, ferì gravemente una bambina di quattro anni, Delphine Renard.

L’esasperazione suscitata dalla lunga scia di attentati spinse i cittadini francesi, la sinistra, numerose associazioni sindacali e partitiche a organizzare, per l’8 febbraio, una grandiosa manifestazione che, conversa in prossimità di place de la Bastille, si scontrò con le

309 B. STORA, La guerra d’Algeria, cit., p. 92. 310

Ibidem.

93 imponenti forze di polizia mobilitate in mattinata dal prefetto Maurice Papon312, su ordine del ministro dell’Interno, che aveva vietato la protesta. La violenta reazione delle forze dell’ordine e il panico scatenatosi tra la folla, imprigionata tra i primi e i cancelli chiusi dell’entrata della fermata Charonne della metropolitana, provocarono la morte di 8 persone e il ferimento di diverse decine. Ai funerali, il 13 febbraio, la partecipazione fu enorme: circa 500 mila persone vi presero parte, mentre uno sciopero generale immobilizzò Parigi. La violenza non ebbe fine. Il marzo 1962, che vide la riapertura dei negoziati di Evian tra il governo francese e i rappresentanti algerini, conobbe un ulteriore acutizzarsi degli attentati da parte dell’OAS, i cui plasticages mieterono numerose vittime, soprattutto musulmane, mentre il 15 marzo sei educatori di un centro sociale furono assassinati a sangue freddo. Il cessate il fuoco in Algeria proclamato il 19 marzo dalla firma di Krim Belkacem, in rappresentanza del Governo Provvisorio della Repubblica Algerina, e Louis Joxe, Robert Buron e Jean de Broglie, designati da de Gaulle in rappresentanza della Repubblica francese, seguì una serie di concessioni relative ai diritti degli europei (temporanea doppia nazionalità e solo in seguito una scelta definitiva), allo status del Sahara (diritti preferenziali sul suo utilizzo per attività di ricerca e sfruttamento degli idrocarburi alla Francia, accompagnati dal pagamento in franchi francesi) e alle basi militari (temporanea concessione della base di Mers El Kebir e delle basi nel Sahara), in cambio del sostegno finanziario ed economico francese all’Algeria portando avanti il «piano di Costantina» (1958)313 e la cooperazione culturale. L’annuncio fu dato alla televisione dal presidente de Gaulle:

La conclusion du «cessez-le-feu», les dispositions adoptées pour que les populations y choisissent leur destin, la perspective qui s’ouvre sur l’avènement d’une Algérie indépendante coopérant étroitement avec nous, satisfont la raison de la France […]. La solution du bon sens, poursuivie ici sans relâche depuis tantôt quatre années, a fini par l’emporter sur la frénésie des uns, l’aveuglement des autres, les agitations de beaucoup […].

Cela est dû […] à notre armée qui, par son action courageuse, au prix de pertes glorieuses et de beaucoup de méritoires efforts, s’est assuré la maitrise du terrain [et] établi avec les populations des contacts humains et amicaux si longtemps et fâcheusement négligés, et qui,

312 Cfr. il cap. 2.3 di questa tesi, intitolato «L’insurrezione algerina (1954-1955)», p. 62. 313

Cfr. il cap. 2.5 di questa tesi, intitolato «Dalla IV alla V Repubblica: il ritorno di Charles de Gaulle (1958-1959)», p. 79.

94 malgré […] les tentatives de subversion perpétrées par quelques chefs dévoyés, et les sollicitations d’aventuriers criminels, est restée ferme dans le devoir…

Mais, surtout, ce qui va être mis en œuvre pour tirer d’une lutte déplorable les chances d’un avenir fécond est dû au peuple français. Car c’est lui qui, grâce à son bon sens, à sa solidité, à la confiance constamment témoignée envers qui porte la charge de conduire l’Etat et la nation, a permis que murisse, puis aboutisse, la solution… 314.

La reazione dell’Organisation de l’Armée Secrète non si fece attendere: il 21 marzo fu diffuso infatti un volantino che definiva le forze francesi delle «truppe di occupazione»315 da

combattere, mentre Algeri venne trasformata in un vero e proprio campo di battaglia e la «battaglia di Bab el Oued»316 provocò 35 morti e 150 feriti. Ad Algeri, il gruppo terroristico

organizzò inoltre, per il 26 marzo, uno sciopero generale cui chiese di aderire agli europei presenti nella città che confluirono verso il quartiere di Bab el Oued ma restarono bloccati dalle imponenti forze di polizia in rue d’Isly: una raffica di fucile mitragliatore spinse le forze dell’ordine e i manifestanti ad aprire entrambi il fuoco, lasciando sul terreno 46 morti e oltre 200 feriti, molti dei quali moriranno in seguito alle ferite riportate. La carneficina provocò lo sfaldamento del sostegno tributato fino a quel momento all’OAS da parte degli europei d’Algeria, che gli voltarono le spalle e iniziarono un vero e proprio esodo verso l’Esagono.

Mentre il 28 marzo il presidente del Governo Provvisorio della Repubblica Algerina, Abderrahmane Farès, si insediava ad Algeri, seguito l’8 aprile dal referendum che segnò la vittoria dei voti favorevoli all’indipendenza dell’Algeria (con il 90,7% dei suffragi), l’Organisation de l’Armée Secrète inaugurò la «politica della terra bruciata»: se l’Algeria non aveva bisogno della Francia, sostennero i terroristi, non aveva bisogno nemmeno delle infrastrutture e dei servizi che questa aveva importato nel territorio algerino, quindi l’obiettivo doveva essere riportare la neonata nazione a prima della colonizzazione francese. Il moltiplicarsi di plasticages, di sparatorie, di omicidi e attacchi mirati verso le forze dell’ordine, i militanti comunisti e i musulmani, spinsero il governo francese a mobilitare persino l’aviazione, mentre l’esodo dei pieds-noirs si fece sempre più massiccio e imponente, tanto da obbligare l’OAS a intervenire per bloccarlo, anche se senza successo. La politica della terra bruciata si espanse da Algeri a Orano, dove i terroristi continuarono a uccidere,

314 J. LACOUTURE, De Gaulle, Tome 3 : Le souverain, cit., pp. 239-240. 315

B. STORA, La guerra d’Algeria, cit., p. 96.

95 per tutto il mese di maggio, tra le 10 e le 15 persone al giorno, mentre l’uso delle autobomba si diffuse capillarmente.

Gli arresti dei generali Jouhaud (25 marzo) e Salan (20 aprile) e del tenente Degueldre (5 aprile) resero chiaro ai superstiti dell’Organisation de l’Armée Secrète che la loro battaglia, ormai, era destinata al fallimento. L’ultima azione terroristica, una delle più famose, fu l’incendio della biblioteca di Algeri, il 7 giugno, che perse così un patrimonio immane, stimato in oltre 60 mila volumi, mentre a Orano l’esplosivo fu impiegato contro numerosi edifici pubblici, tra i quali il municipio e le scuole.

La decisione di de Gaulle di lasciare rientrare in Algeria i miliziani dell’Armata di Liberazione Nazionale, fino a quel momento bloccati in Marocco, diede il colpo di grazia all’OAS che vide come unica soluzione la negoziazione di un accordo con Farès, tramite la mediazione dell’ex sindaco di Algeri Jacques Chevallier. L’accordo del 18 giugno firmato da Jean-Jacques Susini ad Algeri però non fu riconosciuto a Orano, dove si susseguirono azioni terroristiche fino al 25 giugno, quando il colonnello Dufour ripose finalmente le armi. La guerra, per l’Organisation de l’Armée Secrète, era persa, e non restava altro da fare, ai suoi militanti scampati alle maglie della giustizia, di scegliere l’esilio all’estero e la clandestinità.