10.Il giudice e la decisione
24. I dubbi “interni” ed “esterni” nel 533 c.p.p Nel 2011 la Cassazione 107 dà ancora una definizione dell’ “oltre ogn
ragionevole dubbio”. Ritiene infatti che si raggiunga lo standard del 533 c.p.p., quando si ha l’assenza di dubbi esterni e interni per quanto riguarda la ricostruzione dell’accusa.
Con il 533 c.p.p. si dà ai giudici un metodo dialettico per la verifica dell’ipotesi dell’accusa, seguendo il criterio del “dubbio”. Così si cerca di evitare che nella ricostruzione accusatoria sussistano dubbi interni ed esterni.
Ma cosa vuol dire la Corte quando declina dubbi interni e dubbi esterni108? Cerchiamo di darne una definizione.
Il “dubbio interno” ci mostra l’auto-contraddittorietà della tesi del pubblico ministero oppure il fatto che la stessa tesi non sia in grado di spiegare tutti i fatti necessari per un giudizio di colpevolezza.
Il dubbio esterno agisce, come si evince dall’aggettivo, dal lato opposto; pone in contrasto un’ulteriore tesi con la tesi dell’accusa. Quest’ulteriore tesi non ha però il carattere della possibilità logica, ma è dotata di razionalità pratica, cioè dà la possibilità che gli eventi siano andati in questo modo.
Solo superando entrambi i “dubbi” avremo una sentenza di condanna. Possiamo dare ulteriori precisazioni: il “dubbio ragionevole” può derivare dall’insufficienza o dalla contraddittorietà probatoria, dato che sono irragionevoli quei dubbi che derivano da ipotesi di spiegazioni alternative, non fondate sulle prove acquisite.
107 Cass. Sez. IV, 17 giugno 2011, Giulianelli , in Ced Cass, n. 250903. 108
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Il giudice deve anche riflettere sulla possibilità di una ricostruzione alternativa anche se la difesa non la fa, cioè non solleva dubbi esterni. Infatti un giudice ha anche come potere d’ufficio la logica, in modo tale da riscontrare se i dubbi esterni risultino dall’evidenza probatoria.
25. Il giudizio d’appello e il giusto processo
La giurisprudenza continua il suo lavoro di analisi del 533 c.p.p., soprattutto per quanto riguarda gli effetti che ha sui vari istituti del processo penale.
La Corte esamina spesso il caso in cui una sentenza di primo grado di assoluzione, sia ribaltata tenendo conto del criterio dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”. Anche la dottrina è dell’avviso che “una pronuncia in appello per la prima volta di una sentenza di condanna, nei confronti di un imputato, presuppone due valutazioni giurisdizionali difformi del medesimo materiale probatorio e ciò, già legittima il sospetto di una contraddittorietà con l’oltre ogni ragionevole dubbio”109.
Nel 2011 i giudici110 ritengono come il criterio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio” presupponga, quando mancano elementi probatori sopravvenuti, che quell’interpretazione dello stesso quadro probatorio acquisito in primo grado, in peius fatta in appello, (non idoneo a una condanna in primo grado) sia basato su motivi e argomenti tali da far riscontrare le carenze della sentenza di assoluzione, senza lasciare alcun ragionevole dubbio sulla colpevolezza.
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Così Comi, Riforma in appello di una sentenza assolutoria e obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in Dir. Pen. Proc., 2014, pag. 194.
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Quindi, secondo la Corte, nel caso in cui si deve riformare una sentenza di assoluzione in appello, ci vuole uno sforzo maggiore nella valutazione dello stesso quadro probatorio del primo grado.
Il giudizio del giudice d’appello deve essere in grado di scardinare ogni ragionevole dubbio che era presente nel giudizio di primo grado. La Corte in seguito ha dovuto fare i conti con alcune sentenze della Corte Edu111, per quanto riguarda l’obbligo di rinnovare le assunzioni di prove orali112, per riformare in appello una sentenza assolutoria. Tenendo conto delle garanzie presenti nell’art. 6 Cedu, si ritiene incompatibile riformare una sentenza assolutoria, facendo una rivalutazione cartolare delle prove dichiarative assunte in primo grado, senza che si sia proceduto a riassumerle in secondo grado. La Cassazione113 ha seguito quindi l’orientamento delle pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo, fondendo le argomentazioni con quelle precedenti legate al “ragionevole dubbio”, per la necessaria motivazione “rafforzata” di una sentenza d’appello che ribalta l’assoluzione di primo grado.
Varie sentenze si susseguono a riguardo. Nel 2013, riprendendo vecchie sentenze sulla riforma in peius del giudizio di appello, si rifanno agli orientamenti della Corte Edu che vedono la prima condanna in appello con materiale probatorio invariato, come una soluzione di rigore e attenzione nell’adempimento degli obblighi e delle regole del processo. Il principio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio” serve assolutamente per un confronto al giudice d’appello
111 V., ex multis Corte Edu 4 giugno 2013, Hanu c. Romania. 112
Si ricordi che già le Cass. Sez. Unite, 30 ottobre 2003, Andreotti, cit, pag.45 avevano sostenuto che principi costituzionali suggerissero di riformare l’appello in modo da precludere l’assoluzione , “all’esito di una mera rilettura delle carte”.
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con la sentenza di primo grado. Deve dare una ricostruzione che tenga conto dei vizi logici o delle inadeguatezze del primo giudizio. Nel 2014 la Cassazione114 afferma, è vero, che la riforma di una sentenza assolutoria impone al giudice, tenendo conto del confronto della motivazione della prima sentenza, di dare una configurabilità della diversa interpretazione come l’unica ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio; non è detto, però, che sia dotata di una forza persuasiva superiore, essendo necessario che il giudice in appello assuma direttamente la testimonianza, che sia stata ritenuta inattendibile dal giudice di primo grado, per valutare la credibilità secondo i principi del giusto processo all’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
Quindi per ribaltare la sentenza assolutoria non basta lo sforzo argomentativo imposto dal ragionevole dubbio, ma è necessario riassumere la prova dichiarativa da parte del giudice d’appello. Infatti raggiungere il livello richiesto dal 533 c.p.p. è difficile in un giudizio senza alcun contatto diretto con l’evidenza probatoria, in contrasto con l’oralità e l’immediatezza.