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Oltre ogni ragionevole dubbio come standard probatorio

Nel documento Al di là di ogni ragionevole dubbio (pagine 55-59)

10.Il giudice e la decisione

18. Oltre ogni ragionevole dubbio come standard probatorio

Guardando tutte queste linee di tendenza all’interno della giurisprudenza italiana, va oramai riconosciuto, come nel bagaglio culturale dei giudici, l’ “oltre ogni ragionevole dubbio” costituisce lo

standard probatorio del processo penale.

Non teniamo più conto delle sentenze sia di merito che di legittimità, le quali hanno fatto proprio il principio, per cui la responsabilità va provata, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Facendo un ulteriore passo indietro, una serie di sentenze ha accolto la critica mossa da Stella, nei confronti “dei tentativi di flessibilizzazione del diritto penale d’evento” 70 e hanno riconosciuto la vigenza della regola del “ragionevole dubbio”, ancor prima del riconoscimento normativo, nel campo del nesso causale71.

70F. Stella, op. cit , pag. 221 ss. 71

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Le Sezioni Unite successivamente, con le sentenze Franzese, Andreotti e Mannino72, hanno apposto il loro sigillo a questa interpretazione delle norme della causalità, generalizzandone la portata anche sugli altri elementi costitutivi del reato.

Infine le singole Sezioni, con sentenze che abbiamo già visto, insieme ai giudici di merito, hanno sviluppato in dettaglio quei principi che erano stati affrontati dalle Sezioni Unite.

Un esempio è la sentenza con cui la Sezione I penale della Suprema Corte ha chiarito i requisiti del giudizio di revisione; sul campo della valutazione della prova per indizi, ha trovato riconoscimento l’oltre ogni ragionevole dubbio, come nel caso della strage di Piazza Fontana, o ancora un caso di omicidio volontario commesso in Sicilia 73, a conferma di un principio che pervade l’intero sistema processuale e trova conferma nelle garanzie fondamentali del processo stesso. Anche i giudici di merito hanno applicato l’“oltre ogni ragionevole dubbio” in tante situazioni, colmando un grave errore derivante dalla tradizione fascista, ossia la sostituzione del principio “in dubio pro

reo” col principio “in dubio pro re publica”. Significative sono state le

sentenze della Corte d’Assise di Milano, in tema di omicidio volontario o in materie di attualità, come l’associazione per delinquere con finalità di terrorismo 74.

In questo approfondimento, le sentenze che si prendono in esame vengono considerate un ulteriore passo in avanti, poiché ribadiscono il valore delle conclusioni raggiunte sul tema della causalità penalmente rilevante (sentenza della Corte di Cassazione e del

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Cass. Sez. un. 11 settembre 2002 V. Cass. Sez. Un. 25 settembre 2001., n. 1652 Riv. It. Dir. e Proc. Pen. 2002 pag. 737 ss.

73 Cass., 26 luglio 2004 Grasso, pag.759 ss. 74

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Tribunale di Teramo) ed estendono l’applicazione della regola dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio” ad altre problematiche, come l’accertamento della responsabilità penale, la prova della colpa e del nesso causale tra colpa ed evento (due sentenze del tribunale di Mondovì). Più in generale queste sentenze danno la dimostrazione dell’esistenza di un percorso di “civiltà giuridica”, che vede protagonista l’intero sistema giudiziario italiano, a partire dalla Suprema Corte di legittimità fino a tutti i giudici di merito del Bel Paese. “È un movimento quello che si sta verificando in Italia proprio in questi anni: una tendenza giurisprudenziale che si sta irrobustendo giorno dopo giorno e che sta letteralmente cambiando alle radici il modo di amministrare la giustizia penale italiana”75, scrive il già citato Stella.

Per rendersi conto di questa svolta continua, bisogna ricordare che l’equilibrio, delineato dai giudici di legittimità e di merito nelle sentenze che hanno fatto proprio il principio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”, si basa su principi basilari del nostro ordinamento: la presunzione d’innocenza dell’imputato, l’onere della prova a carico dell’accusa, l’enunciazione del principio, visto prima, in

dubio pro reo, recepito dall’articolo 530 comma 2 e 3 c.p.p. i quali,

derivano dai “valori potenti messi irrimediabilmente in gioco dal processo penale” 76. Si tratta del diritto al buon nome, del diritto alla reputazione, della libertà di prendere decisioni basilari circa il futuro, di partecipare agli affari della comunità, di trarre vantaggio dalle opportunità di lavoro, di accudire la famiglia, di curare le relazioni sociali, di spostarsi da un luogo a un altro: stiamo parlando di tutti i diritti fondamentali che troviamo garantiti dalle Corti Costituzionali dei moderni Stati democratici occidentali.

75 F. Stella, op. cit. Giuffrè editore, 2003, pag. 204. 76

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Questi valori, pur non essendo esplicitamente richiamati, sono alle fondamenta delle conclusioni raggiunte dal Tribunale di Mondovì, quando si afferma “che non può essere avallata la tendenza ad abbassare la soglia probatoria richiesta nel processo penale, al diverso livello proprio di quello civile”77. Un leitmotiv è sempre costante, cioè non si può fare questa operazione a favore della vittima, anche per scopi umanitari, poiché bisogna sempre tener conto delle garanzie dell’imputato (meglio un colpevole libero, che un innocente in carcere).

Queste sentenze, accogliendo il pensiero della dottrina, hanno chiarito che solo l’impiego dell’“oltre ogni ragionevole dubbio” consente la salvaguardia di questi fondamentali valori all’interno di un processo penale.

Non è un pensiero nuovo che riscontriamo nell’esperienza giuridica italiana, ma solo negli ultimi anni gli studiosi hanno compreso le differenze di standard probatorio richieste nel processo civile e nel processo penale.

Nel processo civile non vi è una “preferenza politica” e sappiamo che la regola vigente è “il più probabile che no”. Inoltre, come si è visto, la diversità di valori posti in gioco, porta ovviamente a una differenza nello standard probatorio 78.

La giurisprudenza si è messa sulla stessa lunghezza d’onda con il richiamo esplicito al “ragionevole dubbio”, ancor prima del riconoscimento normativo. Questa presa di posizione fa da spartiacque, nella storia giurisprudenziale, rispetto a un passato non molto lontano, dove i diritti dell’imputato non venivano presi molto in

77 Trib. Mondovì 21 ottobre 2005, n. 512, Simonato, pag. 25. 78

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considerazione, ma venivano sacrificati per esigenze di prevenzione generale e di tutela delle vittime.

19. Il nesso di causalità e l’oltre ogni ragionevole

Nel documento Al di là di ogni ragionevole dubbio (pagine 55-59)