4. IMMIGRATO E IO, VENDITORE DI ELEFANTI
4.4 DUE ROMANZI AUTOBIOGRAFICI DI FORTE VALORE DOCUMENTARIO
4.4.1 IMMIGRATO
A giudicare dalla prima edizione Theoria 1990, il testo risulta un’autobiografia, sebbene scritta in collaborazione: il risvolto di copertina parla del «lungo viaggio di un giovane nordafricano in un’Italia dai tanti volti» ovvero (specificato dopo) «Salah Methnani», l’autore è riportato sulla copertina ed è Salah Methnani, il narratore coincide con il personaggio e si identifica semplicemente con il pronome personale ‘io’. L’unico ostacolo eventualmente alla veridicità di ciò che viene narrato è la nota
«raccolto e trascritto con stile limpido e diretto da Mario Fortunato».
Arriviamo all’edizione Bompiani 1996: il paratesto della quarta di copertina non si limita a «raccolto e trascritto», bensì a «racconto imbastito sull’esperienza di Salah»! Tutto il resto, compresa la descrizione del rapporto di collaborazione che abbiamo già analizzato, lascia intendere che si tratterebbe di una storia vera.
Attingiamo ora dagli interventi diretti degli autori disponibili per cercare eventuali
conferme. Nel’intervista effettuata da Taddeo a Fortunato nel 1996 (così si evince dalla conversazione, sebbene la pubblicazione sul sito di El Ghibli appare nel 2006) arriva una ferma convalida dallo scrittore italiano: «Per me la letteratura è in fondo
buona o cattiva: la particolarità di Immigrato consiste solo nel fatto che racconta una storia vera»36. Più avanti contrappone la produzione degli immigrati in Italia a quella
dei migrant writers di espressione inglese con le parole: «lì ci sono scrittori di seconda, terza, e quarta generazione che usano la lingua dell’ex‐Impero per scriver storie che
36 TADDEO, Raffaele, A colloquio con Mario Fortunato, in "El Ghibli: rivista online di letteratura della migrazione", Bologna, Provincia di Bologna, anno III, n.14, dicembre 2006, p. 1
160 non necessariamente sono vere, e che anzi sono per lo più romanzi, insomma opere di invenzione»37. Ecco però la dichiarazione che smantella l’ipotesi autobiografica: in La letteratura dell’immigrazione la Valgimigli riporta un intervento di Methnani apparso su Il Caffè nel 1995:
si era cercato di dare quest’aspetto romanzesco, però lo spunto era partito da
una ricerca vera e propria, a cui io ho poi aggiunto storie passate, mi sono attribuito altre storie di terzi, ho attribuito ad altri storie mie e via dicendo (…)
Ho raccontato alcune esperienze mie in alcuni sogni. La forma finale è la forma di un diario di viaggio38
E’ per questa consapevolezza, forse, e per lo stile del testo a volte romanzesco che vedremo con più attenzione fra poco, che Cacciatori parla di «narrazione
autobiografica a cavallo tra documentazione e finzione» nel suo saggio già preso in
esame39. Allo stesso modo la Parati in Strangers in Paradise 40 afferma che Methnani, Moussa Ba, Khouma, Bouchane, e Melliti hanno creato delle proprie storie pubbliche e private appropriandosi e riscrivendo i resoconti che i giornali italiani hanno costruito
sugli immigrati. La Ghezzi su Some remarks On African Immigrant Literature in Italian
si esprime così: «Infine Salah Methnani, autore di Immigrato, il primo romanzo (?) o
autobiografia (?) sull’immigrazione scritta in italiano […]». Alfredo Luzi infine su
Migrazione e identità: Immigrato di Salah Methnani riporta «lo scrittore decise di dare
alla documentazione esistenziale e giornalistica uno spessore di fiction letteraria, di
genere misto (diario di viaggio, autobiografia, romanzo) attribuendo all’io narrante le 37 Ibidem 38 METHNANI, Salah, Una frase gonfiata, in "Il Caffè", Roma, Sensibili alla Foglie, n.4, ottobre 1995 39 CACCIATORI, Remo, Il libro in nero. Storie di immigrati, cit., p.164 40
PARATI, Graziella, Strangers in Paradise: Foreigners and Shadows in Italian Literature, in ALLEN, Beverly, RUSSO, Mary (a cura di), Revisioning Italy National Identity and Global Culture, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1997, p. 171
vicende raccontate in realtà dagli altri e affidando agli altri protagonisti le storie vissute dall’autore stesso»41.
In base a queste testimonianze, concludendo, il testo di Methnani e Fortunato non è altro che una rielaborazione romanzesca di vicende personali, operata non solo dal
soggetto stesso di quelle vicende ma pure dal suo collaboratore. Se non ci è dato
sapere o capire quanto abbia rielaborato l’uno e quanto l’altro, di certo, ad ogni modo, il testo è elaborazione fantastica della vita della vicenda di Methnani.
In questi casi, sostiene D’Intino nel suo libro L’autobiografia moderna, «le falsificazioni, le omissioni, le falsità ecc. hanno un’importanza relativa: molto più
importanti sono i valori artistici e il senso generale dell’opera, nei quali il lettore riconosce, in senso lato, la personalità dell’autore, senza andare poi a sottilizzare su questa o su quella imprecisione […]»42. Nondimeno, di fronte al testo e al paratesto
delle edizioni di Immigrato, in base ai dati che ho riportato non sembra del tutto chiaro che si tratta di un romanzo autobiografico e non di autobiografia. Si accenna o
si riporta solamente l’intervento di «trascrizione» della mano di Fortunato, e nulla ci viene acclarato sulla veridicità dei fatti narrati, lasciando intendere, in tal modo, che di autobiografia si tratta.
4.4.2 IO, VENDITORE DI ELEFANTI
Pure in Io, venditore di elefanti l’ edizione Garzanti 1996 non lascia troppo trasparire il genere –reale o inventato‐ che il lettore incontrerà. A giudicare dal nome
dell’autore, e dal fatto che il narratore coincide con il personaggio principale e si esprime con il pronome personale ‘io’, il testo sembrerebbe racconto autobiografico.
Nondimeno il paratesto sembra chiarire che è avvenuto un intervento di
41
LUZI, Alfredo, Migrazione e identità: Immigrato di Salah Methnani, in "Kuma, creolizzare l’Europa", Roma, Università di Roma ‘La Sapienza’, n.15, giugno 2008, p.2
42
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rielaborazione per mano di Pivetta, tale da pregiudicare la veridicità storica dei fatti: «il racconto che Oreste Pivetta ricrea e riscrive a partire dalla fonte ‘orale’ del protagonista»43. Nell’introduzione, eppure, parla di «semplice trascrizione»44 della vicenda narrata dal senegalese. Come intendere dunque il genere? Autobiografia o romanzo autobiografico? Ci potrebbero aiutare gli interventi già citati di Cacciatori e della Parati. Nell’intervista a Khouma fatta dalla Parati e riportata su Italian Studies in
Southern Africa Khouma dichiara «lo scopo del libro era di raccontare agli Italiani delle
cose vissute da Immigrati»45, «il racconto parte della mia vita e racconto anche la vita
di altre persone e degli episodi che non appartengono soltanto a me»46. Da queste
dichiarazioni dirette dell’autore intervistato dalla Parati, da quelle di Cacciatori e dal paratesto dell’edizione Garzanti 1996, si può dire, a mio avviso, che anche in questo
caso sia l’autore che il collaboratore hanno rielaborato insieme un’esperienza personale e che il risultato finale, per questo, va letto come romanzo autobiografico, fiction sulla realtà.
Anche in questo caso, perciò, il lettore e il critico apprezzeranno quanto di artistico viene apportato al materiale di base, ma anche in questo caso, sottolineiamo, sarà chiaro che le vicende narrate hanno pure un forte valore documentario e testimoniale della vicenda degli immigrati: se non sono vicende vissute in prima persona dall’autore, sono vicende accadute ad altri compagni oppure vicende del tutto verosimili.
43 KHOUMA, Pap, PIVETTA, Oreste (a cura di), Io, venditore di elefanti. Una vita per forza fra Dakar, Parigi, Milano, Milano, Garzanti, 1996, vedi retro di copertina
44Ivi, p. 9
45
PARATI, Graziella, Intervista a Pap Khouma, in "Italian Studies in Southern Africa", Johannesburg, Unisa Press, vol.VIII, n.2, 1995, p.115
46