3. I CARATTERI DELLE PRIME SCRITTURE AUTOBIOGRAFICHE
3.2 PROSPETTIVE D’INDAGINE: DAL PIANO TEORICO‐FORMALE
3.2.1.3 GLI SCRITTI AUTOBIOGRAFICI DEGLI IMMIGRATI E I DETTAMI DI LEJEUNE
Riprendiamo ora la definizione di autobiografia così come viene formalizzata da Lejeune nel suo trattato Le pact autobiographique del 1975 (che qui riproponiamo nella versione italiana del 198683): «Racconto retrospettivo in prosa che una persona
reale fa della propria esistenza, quando mette l’accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla storia della sua personalità»84. Lontano da Mogadiscio e Aulò,
canto‐poesia dall’Eritrea si confermano così autobiografie a tutti gli effetti per
l’identità fra autore, narratore e personaggio principale e per il fatto di essere racconti retrospettivi: lo testimoniano in maniera implicita, ovvero dai titoli di
copertina o dalla sezione iniziale del testo, o anche più manifesta, cioè dal nome che il personaggio narratore si dà nel testo. Non raccontano in modo sistematico tutte le tappe della loro esistenza, su molti punti si tace, ma questo non è pregiudicante:
«Oggetto dell’autobiografia non è dunque necessariamente una vita intera»85 osserva D’Intino riflettendo sulle autobiografie degli ultimi secoli. Sempre D’Intino, inoltre, sembra avvallare, con tutte le problematicità che si porta dietro e su cui abbiamo già riflettuto, la pratica della collaborazione nelle sue diverse forme anche
per l’autobiografia.
Se noi dunque portiamo alla mano queste premesse, e consultiamo l’apparato paratestuale e le pagine stesse di Volevo diventare bianca di Chora, Con il vento tra i
capelli di Salem e Princesa di Farias de Albuquerque, verifichiamo facilmente la
sovrapponibilità di autore, narratore e personaggio principale e la prospettiva di retrospezione. Chiamatemi Alì di Bouchane è un testo in collaborazione in cui il narratore (assistito), l’autore e il personaggio principale che agisce sono gli stessi; tuttavia il testo è registro diaristico di eventi, è una collezione di registrazioni
83 LEJEUNE, Philip, Il patto autobiografico, Bologna, Il Mulino, 1986
84 Ivi, p.12
85
106
quotidiane di vicende vissute, non è rielaborazione del passato da una prospettiva presente (visione retrospettiva). Quanto a questo aspetto, Lejeune chiarisce:
E’ evidente che le diverse categorie sono rigide in maniera ineguale: certe condizioni possono essere soddisfatte senza esserlo totalmente. Il testo deve essere principalmente un racconto, ma si conosce lo spazio occupato dal discorso nella narrazione autobiografica; la visione, principalmente retrospettiva: questo non esclude delle sezioni di autoritratto, un diario dell’opera, e strutture temporali molto complesse; il soggetto deve essere principalmente la vita individuale, la genesi della personalità: ma anche la cronaca e la storia sociale o politica possono avervi spazio. E’ un problema di proporzione o piuttosto di gerarchia: si stabiliscono naturalmente transizioni con gli altri generi della
letteratura intima (memorie, diario, saggio), e una certa libertà è lasciata,
nell’esame dei casi particolari, a colui che classifica.86
Non mi sembra che il testo di Bouchane possa essere un’autobiografia con inserti diaristici: è semmai un diario cronaca con spunti spiccatamente autobiografici, poiché egli non fa altro che raccontare la propria vita individuale (dal suo arrivo in Italia). Ripetiamo dunque un altro aspetto fondamentale con altre parole di Lejeune:
In compenso due condizioni sono imprescindibili e radicalmente definite, e non sono sicuramente le condizioni che oppongono l’autobiografia (ma anche le altre forme di letteratura intima) alla biografia e al romanzo personale: sono le condizioni 3 e 4a [ovvero: Situazione dell’ autore: identità dell’autore (il cui nome si riferisce a una persona reale) e del narratore. Posizione del narratore: a) identità fra il narratore e il personaggi principale]. Qui non c’è né interscambio né libertà. Una identità è o non è. Non ci sono gradi possibili, e ogni dubbio porta a una
conclusione negativa. Perché ci sia un’autobiografia ( e più generalmente letteratura intima), bisogna che sia identità fra l’autore, il narratore e il
personaggio87.
86 Ivi, p.13
87
Alla luce di questo, i testi Pantanella: Canto lungo la strada di Moshen Melliti e La
promessa di Hamadi di Saidou Moussa Ba e Alessandro Micheletti non sono
autobiografie. Essi sono dichiaratamente romanzi, che d’altronde, come la maggior parte del genere romanzesco, si rifanno ad esperienze di vita vissuta realmente. I libri lo dichiarano apertamente nel paratesto e gli stessi protagonisti sono personaggi che
non hanno lo stesso nome degli autori. Il giovane Ahmad è il protagonista di
Pantanella. Quello de La promessa di Hamadi è Moshen, e si distingue fra l’altro dal
narratore che è Hamadi ‘da morto’ e che di conseguenza si differenzia pure dall’autore. E’ questa differenza di identità che fa del lavoro di Moussa Ba un romanzo, non è la terza persona in quanto tale. Ci possono essere infatti anche autobiografie in
terza persona:
[…] facendo intervenire il problema dell’autore, l’autobiografia mette in luce fenomeni che la finzione lascia nell’indecisione: in particolare, il fatto che può esservi identità fra il narratore e il personaggio principale nel caso del racconto in ‘terza persona’88.
Se noi ora consideriamo i testi di Pap Khouma e Methnani ci rendiamo conto di un’anomalia:
nonostante il paratesto espliciti la natura fittizia del racconto, esso a sua volta identifica il narratore‐personaggio principale con il nome dell’autore! In ogni caso non siamo di fronte a
delle autobiografie, bensì a dei romanzi imbastiti con l’aiuto dei collaboratori su un vivido materiale autobiografico.
88 Ivi, p. 15
108
3.2.2 I TEMI
Il macro‐tema in assoluto per cui questi testi «si sono fatti conoscere a noi o grazie al quale li abbiamo potuti classificare e rendere commestibili alla nostra lettura»89 è quello dell’ emigrazione e del viaggio in Italia.
Ripercorrendo i racconti analizzati ricorrono i topoi del conflitto sociale tra noi
indigeni e loro immigrati nuovi arrivati, la perigliosità del viaggio migratorio, l’accasamento difficile o impossibile nella nuova terra, l’esclusione dovuta alla propria diversità e le diverse forme conseguenti di elaborazione e negoziazione della nostalgia del paese d’origine. Questi temi secondo Gnisci riflettono quelli della cultura
migratoria mondiale:
in primo luogo, l’avventura e l’esperienza della venuta, del pellegrinaggio e
dell’impatto con il nuovo paese. In secondo luogo il richiamo, più o meno
nostalgico, dei caratteri e dei valori della culture di provenienza, visti e raccontati, ora, dall’esilio che può essere anche cuna della rinascita […].Infine il giudizio, in corso d’opera, sull’incontro delle culture90
Secondo Pezzarossa l’insistenza su queste tematiche nelle forme autobiografiche è stata tesa a dimostrare l’eccezionalità di ogni percorso individuale91.
Riferendosi agli autori di origine africana, la Parati osserva che alcuni di essi hanno
evitato di scrivere sul passato vissuto nelle proprie terre d’origine. La storia di
Mohamed Bouchane comincia dal suo arrivo in Italia. Anche quando gli fu chiesto in
89
SINOPOLI, Franca, Poetiche della migrazione nella letteratura italiana contemporanea: il discorso autobiografico, cit., p. 193
90
GNISCI, Armando, La letteratura italiana della migrazione, cit., p. 116
91 PEZZAROSSA, Fulvio, Forme e tipologie delle scritture migranti, in "Eks&Tra Forum Online", Bologna, Provincia di Bologna, 2003, p. 6, note: http://www.eksetra.net/forummigra/relPezzarossa03.shtml