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III_ I NTRODUZIONE METODOLOGICA ALLA R ICERCA

CAPITOLO 1 IL TEATRO E LA SUA CULTURA MATERIALE

1.2 D AL T EATRO A RCAICO A V ITRUVIO , DA S ERLIO A P ALLADIO , DA G ROPIUS AL T EATRO

CONTEMPORANEO

É diffi cile stabilire quando abbia avuto origine il teatro. Il termine ‘teatro’ deriva dal verbo greco εαο α (théaomai) che si può tradurre con i verbi ‘vedere, osservare’, e da θέατρον (théatron), che signifi ca sia ‘spettacolo’, sia ‘luogo da cui vedere’1.

Queste rapide traduzioni forniscono subito l’idea di qualcosa che, da sempre, è stata legata al senso della vista, all’atto basico e innato della visione2. Vedere qualcosa che

accade, che avviene e che ci si dispiega dinanzi. Una visione legata a un atto rituale, propiziatorio, a tratti magico e impalpabile.

Il teatro si confi gura come una liberazione apotropaica dalla morsa delle visioni pre-costituite della realtà, in un continuo azzeramento del grado di visione dello sguardo.

Quello che oggi chiamiamo comunemente teatro, affonda le sue radici in un passato antico e nell’impulso dell’uomo ‘a incarnare mimeticamente le sue azioni, espressioni ed emozioni’3, e a proiettarle in un universo estraneo, che potremmo defi nire ‘altro’.

L’edifi cio teatrale, così come lo conosciamo oggi, nella sua concettualizzazione ed esteriorizzazione moderna, è il frutto di un continuum di prove, invenzioni e tentativi, fi nalizzati a mettere in forma, materiale e concreta, i pensieri dell’uomo. In questo clima culturale, rituale, mistico, religioso, etico, politico, ha iniziato a diffondersi e a costruirsi la prima rifl essione sul teatro. Tuttavia, la mancanza di prove documentarie e materiche, ci impedisce di determinare con precisione una data sicura in cui tutto

1 Cfr. Wilson, E., Goldfarb, A., (2010). Storia del teatro. Trad. italiana (a cura di) Pietrini, S., Londra:

McGraw-Hill Education, p. 18.

2 Il teatro è da sempre il luogo dove si può vedere un’azione. Gli antichi greci erano soliti unire la vista

all’esperienza dell’azione, con il fi ne di accoppiarla alla conoscenze delle cause e dei principi. Per suo tramite, il soggetto accede all’oggettività attraverso l’atto del vedere e il desiderio stesso di vedere è indice del vero. Per approfondire, cfr Debray, R., (2001). Vita e morte dell’immagine. Una storia dello

sguardo in Occidente. Tr. italiana (a cura di) di A. Pinotti. Milano: II Castoro, pp. 10-15.. 3 De Bray, R., Ibidem, p. 12

ebbe inizio, ovverosia quando il folklore, la pubblica partecipazione e lo svolgimento a manifestazioni religiose, smisero di essere tali, e iniziarono ad essere disciplinati e incanalati in eventi seriali e sistematici.

É impossibile poter pensare di affrontare un discorso meramente architettonico quando si parla del teatro, anche quando ci si riferisce semplicemente alla sola ‘scatola’ architettonica. La sua genesi e la sua evoluzione, si intrecciano, in maniera indissolubile, con tutto quello che avviene al suo interno: l’arte dello spettacolo e l’arte scenica rappresentano, infatti, il crocevia fra la cultura materiale, propria di tutto ciò di cui fi sicamente il teatro si compone, e una sua interpretazione invece più concettuale e astratta, incarnata dal contenuto che in esso viene rappresentato4.

Le prime testimonianze legate alla nascita del teatro risalgono all’età del Paleolitico. Nella grotta dei ‘Trois Frères’5 (fi g. 6 a-b), nel Sud della Francia, appaiono su

antichissime incisioni rupestri, personaggi travestiti di pelli animali. Si tratta di sciamani o di stregoni, immortalati, probabilmente, nell’atto della celebrazione di un rito propiziatorio.

Anche nell’antico Egitto, circa mille anni prima della nascita della tragedia in Grecia, già si praticavano cerimonie religiose e culti misterici in onore della dea Osiride5, riti

però riservati solo alla casta sacerdotale. Queste rappresentazioni, espresse in forma pseudo-teatrale, presentavano elementi caratteristici molto vicini a quelle che oggi noi siamo soliti associare alle moderne rappresentazioni sceniche.

Nel mondo Occidentale Mediterraneo, il primo ‘recinto scenico’ documentato della storia del teatro, è quello di Poliochni (fi g. 7), sull’isola di Lemno, risalente al 3.000 a.C.6. Questo proto-teatro aveva una forma rettangolare e allungata, delimitata da una

gradinata rettilinea su di un lato. Non c’era una scena e si recitava su un palchetto litico o forse direttamente sul rettangolo sacro, adiacente alle gradinate. Ma, è solo durante la civiltà minoica, intorno alla fi ne terzo millennio a.C., prima a Festo e poi presso il secondo palazzo di Cnosso (fi g. 8), che iniziò a diffondersi il primo vero e proprio prototipo di teatro all’aperto. Composto da un cortile centrale rettangolare e da gradinate che si sviluppavano su due ali rettilinee o che si congiungevano perpendicolarmente, il teatro minoico rappresenta il primo teatro all’aperto7 della

storia.

Nell’antica Grecia, il teatro, da semplice luogo destinato al pubblico, iniziò a

4 Per approfondire la questione della contrapposizione fra cultura materiale e immateriale del teatro, cfr.

De Simoni, L., De Simoni, P., (1976). Spazio Prospettico. Roma: Bonacci, p. 5.

5 Questo tipo di dramma-rituale prende il nome di Osidirizzazione. A differenza di quella che sarà poi la

cultura teatrale in Grecia, gli Egizi non hanno mai consentito che i singoli potessero gestire i riti misterici al di fuori della cerimonia religiosa, con il fi ne di trasformarli in drammi e tragedie. La valenza religiosa e politica del loro ‘teatro’, che si è conservata integralmente, è conseguenza di una società teocratica volta al cosiddetto immobilismo. Per approfondire, cfr. Ruggiero Perrino, V., (2010). Spettacolo e

drammaturgia nell’antico Egitto. Napoli: Senecio, pp. 1-7.

6 Altre sperimentazioni di carattere proto-teatrali sono da ritrovarsi presso l’area di Dreros e di Latò, entrambe a Creta, e appartenenti a un periodo relativamente più recente (I millennio a.C.). Per

approfondire, cfr. MacDonald, R., MacAlister, W. L., Holland, M., (1976). Princeton encyclopaedia of

classical sites. Princeton: Stillwell, p. 87.

7 Il teatro, costruito accanto al palazzo reale, era collegato a quest’ultimo attraverso un percorso

cerimoniale, che ne giustifi cava probabilmente l’uso e le fi nalità, connesse alle cerimonie religiose, ai riti propiziatori, alle tauromachie, e molto altro. Per approfondire cfr. Hutchinson, R. H., (1976). Storia

Fig. 6 a-b: lo stregone della

grotta dei ‘Trois Frères’, Lascaux, Francia. Foto (a) e riproduzione della pittura rupestre (b).

Fig. 7: rovine del Bouleuterion,

Poliochni, isola di Lemnos.

Fig. 8: pianta del palazzo di

Cnosso, in alto a sinistra l’area sacra del teatro.

Fig. 9: evoluzione del teatro

greco.

Fig. 10: schema del logheion

della skèné.

Fig. 6 a Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9 Fig. 10

evolversi e ad assumere caratteristiche sempre più specifi che e identitarie. Come in passato, esso preservava il suo carattere rituale e celebrativo, largamente legato ai culti misterici dionisiaci, ma aperto questa volta a tutta la popolazione, secondo un rito collettivo espresso attraverso le ben note forme della drammaturgia: la Tragedia, la Commedia e il Dramma Satiresco.

Dal VI-V a.C., i teatri da semplici spazi trapezoidali, di forma irregolare ellittica o semiellittica, iniziarono ad assumere ben presto delle forme più armoniche e precise (fi g. 9). Questo era fi nalizzato principalmente a garantire l’eccezionale qualità acustica e una migliore visibilità per gli spettatori, i quali si disponevano sulle gradinate emicicliche della cavea8.

Fra il 400 e il 150 a.C., durante l’età ellenistica, il teatro perse il suo legame con la ritualità sacrale. Le performance teatrali, che iniziarono a diffondersi in tutte le colonie della Grecia e della Magna Grecia, non furono limitate solo al culto di Dioniso, ma iniziarono a essere utilizzate, in particolar modo, come veicolo di propaganda politica. Pertanto, furono costruiti nuovi teatri in tutte le colonie ed evidenti furono le evoluzioni strutturali e architettoniche che si susseguirono. I tre elementi strutturali topici - cavea, orchestra e scena - furono profondamente modifi cati. L’orchestra perse la sua importanza a favore dell’edifi cio scenico, e fu introdotto un apposito palco per l’azione degli attori, il logheion (fi g. 10). A cambiare fu, inoltre, anche la distanza tra la cavea e gli elementi della scena.

Il modello più maturo del teatro greco fu, in seguito, trasportato di peso a Roma, seppur con modifi che rilevanti (fi gg. 11 a-b). A cambiare, infatti, non fu solo la forma architettonica dell’edifi cio ma anche, e soprattutto, i contenuti culturali9. Dal II sec.

a.C., cominciarono ad essere erette scene in muratura più elaborate, ma destinate ad essere distrutte dopo l’uso. Il teatro romano (fi g. 12), codifi cato con grande precisione da Vitruvio, nel V libro del De Architectura, iniziò a integrarsi nel tessuto urbano, e non più sui crinali delle colline. Questo fu possibile poiché la struttura, poggiando su una fi tta serie di archi concentrici radiali, era totalmente autonoma, chiusa e autoportante. Essa sorreggeva la cavea ed era direttamente collegata all’edifi cio scenico. L’orchestra, semicircolare, non ospitava più il coro, bensì sedili per gli spettatori illustri. La scena aveva un grande palcoscenico rialzato, chiamato pulpitum su cui si ergeva la frons scenae, l’elemento più importante di tutto l’edifi cio.

Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, le attività teatrali a Roma cessarono, determinando una spoliazione degli apparati scenici. Tuttavia, l’attività teatrale continuò spostandosi a Bisanzio, dove furono conservati i manoscritti delle più importanti opere drammaturgiche greco-romane. Durante l’età medievale, dopo l’avvento delle invasioni barbariche, con lo sviluppo dell’arte romanica e con l’aumentare del potere della Chiesa, si assistette progressivamente alla nascita di una nuova forma di spettacolo scenico che prese il nome di ‘teatro religioso medievale’. Le prime rappresentazioni di questa nuova forma di teatro, svolte appunto all’interno

8 La cavea, anche chiamata koilon, assieme all’orchestra (fulcro centrale dell’area scenica, destinato al

coro) e alla scena (skené), formava gli elementi basici dell’edifi cio teatrale greco.

9 Molto probabilmente, i primi spettacoli erano svolti su strutture rudimentali ed effi mere in legno, e

o dinanzi le chiese e i monasteri10, prevedevano la partecipazione collettiva del

pubblico, che diventava, per la prima volta, parte attiva e integrante del rito e della festa. Il teatro medievale poteva, inoltre, essere improvvisato su carrozze o carri mobili (fi g. 13), di solito allestiti nelle vie principali, nelle piazze, nei mercati. Col tempo iniziarono a sparire gli edifi ci scenici propriamente costruiti per tali scopi, e l’azione teatrale iniziò a confondersi e a mescolarsi, come detto, con i luoghi deputati alla celebrazione delle funzioni liturgiche e sacre. Questi ultimi, spazi teatrali per eccellenza, erano dotati di una forte carica scenografi ca, simbolica e rappresentativa. Accanto a questi luoghi, altri allestimenti chiamati ‘mansiones’11, (fi g.

14), permettevano di rappresentare scene multiple e in continuità di azione, per tempo e per luogo. Si trattava di spazi scenici fi ssi, decorati e indipendenti. Essi, allineati gli uni accanto agli altri, costituivano un grande stage rettilineo, e rappresentavano di volta in volta un luogo sacro, un palazzo oppure un giardino mitico. Era lo spettatore a muoversi dinanzi al grande palco, in base allo svolgimento dell’azione scenica. Con l’avvento dell’epoca Rinascimentale, si assistette a una radicale riscoperta delle arti sceniche. Tuttavia i teatri continuarono, ancora una volta, a essere ricavati all’interno di soluzioni provvisorie, come ad esempio nelle corti e nelle sale dei principi mecenate. Il recupero delle antiche forme teatrali greco-romane contribuì, inoltre, alla nascita di nuove tipologie di spettacolo, come, ad esempio, la commedia dell’arte e l’opera lirica.

Come molte altre arti, anche quella del teatro rinascimentale subì un profondo e completo restauro. La riscoperta di Vitruvio da parte del Serlio (fi g. 15), e l’introduzione della prospettiva (fi g. 16), contribuirono a una totale rigenerazione di tutto il mondo teatrale e scenografi co. Si iniziarono a sperimentare teatri con gradinate provvisorie, da smontare alla fi ne della ‘festa’ e nuovi palcoscenici per l’azione drammatica, con scene mobili e fi sse, in cui il punto di fuga prospettico, coincideva con il centro della sala, spazio riservato ai principi12 e alla corte.

Personalità illustri di questo periodo, come il Vasari, il Torelli, il Palladio, il Peruzzi, l’Aletti, contribuirono ad aumentare la carica di realismo antiquario e urbanistico del teatro, attraverso l’applicazione di tecniche sceniche innovative, rese possibili, come detto, grazie proprio alla prospettiva (fi g. 17). Si instaurò, in altre parole, un continuo confronto fra quello che era il linguaggio dell’architettura urbana e il linguaggio dell’architettura teatrale. In tal modo, il teatro divenne ben presto fi nzione, illusione ottica e prospettica per eccellenza, una magia, contemporaneamente, antropocentrica e urbano-centrica. In queste nuove soluzioni sceniche, le cornici fi siche del teatro trovarono corrispondenza nel ricorrente binomio città-teatro (fi g. 18). Lo studio

10 Durante il periodo medievale, la disapprovazione cristiana per gli spettacoli pagani (molte volte

licenziosi) contribuisce a emanare leggi contro ogni forma di spettacolo laico, provocando la progressiva dismissione degli spazi teatrali, con trasformazioni architettoniche e cambiamenti di destinazione spesso irreversibili. Queste rappresentazioni erano in particolare orientate e fi nalizzate alla spettacolarizzazione di scene bibliche o di altri temi a sfondo religioso. Per approfondire cfr. Wilson, E., Goldfarb, A., opera già citata, p. 66.

11

Il termine mansiones deriva dal volgare mansio, che signifi cava ‘piccola casa’.

12 Questo era il punto considerato più privilegiato da cui osservare lo spettacolo, destinato al principe o

Fig. 11 a

Fig. 12 Fig. 13

Fig. 14

della città, infatti, fu proiettato e adattato sul palcoscenico. Ben presto, esso divenne capace di sfondare prospetticamente i limiti materiali della scenografi a, aprendosi sulla città rinascimentale. L’evento della messa in scena non era, dunque, una mera rappresentazione artistica, bensì la ‘sintesi culturale che celebrava le conquiste intellettuali di un’intera epoca’13.

Parallelamente in Inghilterra, e in particolare a Londra, i primi edifi ci teatrali furono concepiti come delle grandi strutture all’aperto, spesso di forma circolare o poligonale, e realizzate in legno o in pietra. Esse avevano una grande corte interna14

chiusa, e la scenografi a era ridotta all’essenziale. In queste grandi corti interne, gli spettatori assistevano alle azioni sceniche da una platea centrale e dalle gallerie superiori15.

Gli edifi ci teatrali costruiti tra la fi ne del Cinquecento, l’inizio del Seicento, e per tutto il periodo Barocco, erano dei tipi teatrali cosiddetti cortigiani, o anche defi niti accademici. Nel 1637, a Venezia fu aperto il primo teatro al pubblico pagante. Iniziò a diffondersi il teatro inteso come impresa commerciale, che puntava alla massa, sulla massima quantità di pubblico pagante, e sulla sua continuità degli eventi. Il teatro divenne sinonimo di prestigio, di opulenza materiale, e di opportunità economica, mettendo in ombra la sua funzione prettamente culturale. La struttura cambiò nuovamente. Nacque la sala barocca (fi g. 20), dalla caratteristica pianta allungata a ferro di cavallo. Anche lo spazio interno fu completamente stravolto. La platea accoglieva spettatori in piedi ed era circondata da una serie di palchi e gallerie laterali su più livelli, occupati dal ceto aristocratico. A cambiare fu anche la scena, attrezzata con nuove soluzioni tecniche e materiali. Si affermò in maniera progressiva la prima idea di teatro all’italiana, che si diffuse a macchia d’olio in tutta Europa e che rimase inalterata fi no alla fi ne dell’800.

Durante la seconda metà del XIX secolo, la rivoluzione del teatro prese il nome di Richard Wagner. Il suo teatro di Bayreuth (fi g. 21) segnò una nuova pietra miliare nell’evoluzione dell’edifi cio teatrale. Non esisteva più la struttura ad alveare

all’italiana, con la canonica distinzione tra platea e palchi, bensì si pensò a una sorta di anfi teatro, un ventaglio semi-aperto e degradante verso la scena16. A Parigi, in

quegli stessi anni, fu fondato il Theatre d’Art e qualche anno più tardi il Theatre de

13 Come dichiara Carmela Pesca, nel Cinquecento l’idea di rappresentazione scenica, seppur restando

nel testo letterario, cambia profondamente nella dimensione fi sica e scenografi ca. Essa si materializza e prende vita su piani molteplici, aprendosi infi ne sulla città. La città, infatti, offriva un modello pratico di strutture e funzioni diverse, un teorico di regole e situazioni, a cui, i generi teatrali, in primis quello comico, si riferivano costantemente. ‘(…) È quasi come se la città indossasse una maschera, quella comica’. Per approfondire, cfr. Pesca, C., (2002). La città maschera. Geometria e dinamica della città

rinascimentale. Memorie del tempo. In ‘Collana di studi medievali e rinascimentali’. Ravenna: Longo, p.

34.

14 Doveva trattarsi probabilmente della corte di una locanda o di una grande casa privata.

15 Questo è il prototipo di quello che poi sarà conosciuto come teatro elisabettiano o shakespeariano,

una delle prime forme di teatro partecipato moderno. In questo tipo di teatro il pubblico diventava partecipe dell’atto scenico, perché doveva completare la parte assente dell’azione drammatica con l’ausilio dell’immaginazione.

16 È proprio in questo periodo che fu riscoperta la funzione celebrativa, rituale, pedagogica e

democratica rituale del grande teatro greco classico, frutto probabilmente delle idee rivoluzionarie successive alla Rivoluzione francese.

Alla pagina precedente:

Fig. 11 a-b: confronto fra il

teatro greco (a sinistra) e quello romano (a destra).

Fig. 12: ricostruzione digitale di

un teatro romano-tipo.

Fig. 13: esempio di teatri mobili

su carri di periodo medievale.

Fig. 14: esempio di mansiones

medievali, cosiddetti ‘a scena multipla’.

Fig. 15 Fig. 16

Fig. 17

Fig. 18

l’Oeuvre, entrambi antesignani del teatro simbolista francese17. Il teatro, in questa fase

rinunciò a ogni pretesa di realismo pedagogico, e di verosimiglianza introspettiva. La scena serviva per provocare gli spettatori e per percuoterli con sollecitazioni visive e sonore. Iniziò a farsi strada il meta-teatro, gettando le basi per gran parte delle avanguardie sceniche del primo Novecento.

La crescente necessità di ridurre o abolire del tutto la divisione tra attore e pubblico, determinò, qualche anno più tardi, la creazione di nuove soluzioni architettoniche e scenografi che. Il teatro novecentesco, ispirato e dominato dalle correnti pittoriche avanguardistiche del dadaismo, futurismo e surrealismo, decise di rimodellare da zero l’edifi cio teatrale, ripensandolo, innanzi tutto, come un grande luogo partecipativo. Questo fu possibile, soprattutto grazie alla soppressione dell’arco scenico, da sempre elemento di separazione tra la parte teatrale attiva, rappresentata da attori e regista, e quella passiva, rappresentata dal pubblico. Furono, inoltre, proposte delle soluzioni sceniche del tutto innovative, quasi tutte legate a nomi illustri dell’arte scenica di questo periodo.

Craig, Appia, Reinhardt, Mejerchol’d, Fortuny (fi g. 22), Gropius, sono soltanto alcune delle personalità che contribuirono a ribaltare la concezione canonica del teatro tradizionale di stampo realista. Tra di loro, in particolare Craig e Appia, alterarono il teatro al fi ne di confondere l’uniformità stilistica della messa in scena, lavorando sull’ideazione di nuove scenografi e tridimensionali metafi siche (fi g. 23) e dinamiche, capaci di rappresentare luoghi e spazi diversi con il semplice movimento e spostamento di alcuni elementi. Fu introdotta l’illuminotecnica teatrale, intesa come arte integrante della magia dello spettacolo, al fi ne di creare elementi visivi e funzioni espressive del tutto inedite18.

Anche il tema dell’utopia divenne ben presto un questione centrale per il nuovo teatro contemporaneo, mossa dalla necessità e dalla voglia di creare edifi ci multi-funzionali e dinamici, ai limiti dell’inverosimile e della realizzabilità, capaci di sorprendere e di avvolgere in maniera totale il pubblico. Durante la stagione del Movimento Moderno, W. Gropius progettò per Piscator un teatro ellittico, coperto da una calotta ovoidale, con gallerie e platee che si sovrapponevano su più livelli, ma in continuità spaziale. L’edifi cio scenico, chiamato per questa sua caratteristica ’Teatro totale’ (fi g. 24), era privo di boccascena, garantiva la possibilità di assistere ad una scena multipla e multi-focale, ed era capace di addentrarsi fi no a dentro lo spazio riservato alla platea: il pubblico poteva, in tal modo, diventare protagonista dell’azione scenica19. Questo

17 Secondo i Simbolisti, il teatro non doveva dare una rappresentazione oggettiva della realtà,

ma doveva trasmettere il senso profondo della parola poetica. Nel teatro simbolista, gli attori si dematerializzavano, recitando dietro ad un velo trasparente. Questo contribuiva a rendere la rappresentazione scenica più ovattata, mistica e irreale.

18 Mariano Fortuny fu uno dei principali artefi ci di queste sperimentazioni con la progettazione del

teatro utopico ‘di Feste’, sul modello del Teatro Olimpico del Palladio, a Vicenza. Per approfondire, cfr. Isgrò, G., (1986). Fortuny e il teatro. Roma: Novecento, p. 25.

19 Le rappresentazioni grandiose di Piscator stimolavano lo spettatore a una partecipazione emotiva,

provocata dalla spettacolarità stessa: l’introduzione di fi lmati, di video-proiezioni e apparati sonori, avrebbe creato una macchina scenica complessa, capace di mescolare la realtà con la fi nzione. Per approfondire cfr. Gropius, W., (1954). The Total Theater. Berlino: Reinhold Publishing Corporation, p. 30.

Alla pagina precedente:

Fig. 15: S. Serlio, ‘Scena

comica’. Secondo Libro di

Perspectiva.

Fig. 16: V. Scamozzi, schizzi

delle prospettive della scena del Teatro Olimpico.

Fig. 17: esempio di città ideale

Rinascimentale.

Fig. 18: ‘Città ideale’, Piero

della Francesca.

Fig. 19: ‘The Ideal City’, Fra’

Fig. 20: esempio di sala