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III_ I NTRODUZIONE METODOLOGICA ALLA R ICERCA

M ATERIALE DEL T EATRO

1.5 I L GIOCO DEI D OPPI : LA M ASCHERA COME FONDAMENTO DELLA C ULTURA M ATERIALE DEL T EATRO

Il linguaggio teatrale si basa, come abbiamo visto, su una quantità enorme di segni, dispositivi materiali, apparati e oggetti diversi, in costante contatto e contrasto tra loro. La rappresentazione scenica è, spesso, andata alla ricerca di questo equilibrio instabile, e ha codifi cato di volta in volta la scena mediante l’utilizzo, come

abbondantemente detto, di alcune appendici o estensioni materiali e simboliche. Da sempre, infatti, il teatro si è fondato sulla necessità di creare delle icone, utili a rendere meno evidente il confi ne tra fi nzione scenica e realtà evocata.

Come si è ampiamente discusso nei primi due paragrafi , la disposizione tangibile e materiale di oggetti, all’interno della scenografi a teatrale, crea e articola un disegno continuo che si dispiega sulla scena stimolando continue suggestioni nel pubblico che osserva dall’esterno. La scenografi a, in questo modo, entra in rapporto dialettico con l’immaterialità manifesta dello spettacolo in sé, e con il fruitore primo e ultimo della magia del teatro: lo spettatore. Una scenografi a, dotandosi di attributi materici, non si riduce mai a mero scheletro architettonico, ma è parte decisiva in questo diffi cile processo di illusione. Grazie alle ‘appendici’, essa acquista quella cosiddetta ‘disponibilità di senso’, fornita appunto da tutti gli attributi formali estratti dalla

72 ‘La cultura materiale e tecnica non rappresenta un fatto estrinseco, non è la maschera esterna di un

fatto spirituale interno, ma è viceversa la sintesi concreta della natura e dell’arte, il realizzarsi delle forme suggerite dalla natura attraverso mezzi tecnico-naturali’, cit. cfr. Paci, E., (1957). L’architettura e il

mondo della vita. In ‘Casabella-Continuità’, n. 217, p. 53.

73 Nel caso del teatro, spesso, si parla di una vera e propria rifondazione materiale degli studi classici,

rivisti proprioattraverso e in funzione del teatro. Rifondazione nel senso che si vuole mettere a confronto le ricerche dell’archeologia classica con i risultati delle altre scienze umane (l’antropologia, l’etnologia, l’artigianato, l’architettura, il design, l’acustica), cercando di cogliere e sviluppare quegli aspetti della disciplina che meglio sembrano rispondere alle necessità scientifi che e pratiche.

frammentazione della scatola scenica. Questi attributi, una volta scomposti e isolati, continuano a produrre altre illusioni e suggestioni, in una forma del tutto nuova. Essi riescono a ricaricare la scena di nuovi signifi cati iconici.

Il teatro, inteso come luogo dell’icona, si basa dunque sulla necessità di costruire la scatola magica dell’illusione scenica, a partire proprio da alcune protesi materiali (fi g. 52), sonore, visive, ma anche attraverso protesi immateriali o concettuali. Ogni elemento scenico, portatore di signifi cato semantico (diretto, tangente o allusivo) si intreccia e rimanda a sua volta ad un altro elemento, ad un altro signifi cato, ad un’altra connessione. In questo modo, si viene a creare, una fi tta rete di legami e relazioni fra le protesi. Queste ultime sono delle vere e proprie estensioni organiche degli attori e, in senso più ampio, del teatro stesso. Il teatro si disgrega e si frammenta nel dispiegamento disordinato di tali elementi, in un continuo disfarsi e ricostruirsi. Non è un caso che Carmelo Bene parlava proprio della necessità di ‘disfare’ e non di ‘fare teatro’, atto fondamentale per la descrizione di questo non-luogo, forse uno dei meno percepiti tra tutti i non-luoghi.

Più che due facce della stessa medaglia, si tratta di un’estesa gradazione di infi niti doppi, che destrutturano il teatro e lo rimescolano in forme sempre nuove74.

Ma come si articola lo spazio teatrale, diviso tra attori, spettatori ed elementi materiali e immateriali della rappresentazione? Secondo Schechner75, esistono vari modi in

cui esso può articolarsi e dispiegarsi. Innanzi tutto, le qualità strutturali e materiche devono essere messe in evidenza e non mascherate: ogni elemento materiale della rappresentazione, infatti, ha lo stesso peso degli altri e parla un proprio linguaggio specifi co. Esiste quella che si defi nisce ‘un’equi-potenzialità artistica’, di tutto ciò che avviene sulla scena e, cosa fondamentale, di tutto quello che fi sicamente è presente all’interno dell’intero fl usso artistico76.

74 Elaborare schemi (o schermi) mobilitanti, attraverso la connessione materiale di questi elementi,

permette di aprire nuove vedute sulla fi nzione della scena teatrale. Questo amplifi ca e rende evidenti le connessioni che altrimenti resterebbero invisibili o, peggio ancora, occultate. La fi nzione della scena si potenzia di immagini concrete e di simboli, che spesso mostrano se stessi, o rimandano ad altro. Il teatro è, da sempre, il luogo del simbolo, delle connessioni simboliche che vanno verso quello che potremmo defi nire ‘strutturalismo’. Tuttavia, queste connessioni, non avvengono mai secondo criteri gestaltici. ‘Il tutto è più della somma delle singole parti’, è un ragionamento che non regge in ambito teatrale56: la psicologia della forma rappresentativa del teatro da sempre è stata basata sulla disposizione

e ‘percezione esponenziale’ dei singoli elementi materiali sulla scena (tavole dipinte, costumi, maschere, colori, luci, suoni ecc.). Non esiste niente di oggettivamente stabile nel teatro, ogni interpretazione ha una forza che dipende da quell’oggetto e dal suo assemblaggio in rapporto con gli altri57. Rousseau

affermava che la rappresentazione teatrale più riuscita è ‘quella che porta all’illusione perfetta, quella che paradossalmente si annulla nello spettatore, nella cognizione di trovarsi davanti ad un scena (intesa come disposizione materiale o immateriale di immagini), convincendolo della realtà di ciò che sta vedendo’. Per approfondire questo argomento, cfr. Schechner, R., (1968). Sei assiomi per l’Environmental Theatre. Traduz. italiana a cura di Piva, A. N.s.: De Donato, p. 48.

75 Schechner, elenca i rapporti primari (attori – attori; spettatori – spettatori; attori – spettatori) e i

rapporti secondari (tra gli elementi della rappresentazione; tra gli elementi della rappresentazione e gli attori; tra gli elementi della rappresentazione e il pubblico) dell’azione teatrale, per poi dedicarsi all’approfondimento di uno dei rapporti secondari, vale a dire quello tra la rappresentazione nel suo insieme e lo spazio in cui quest’ultima viene realizzata. Il fatto teatrale è, dunque, un insieme di rapporti interagenti, descrittivi e relazionali. Per approfondire, cfr. Schechner, R ibidem, p. 52.

76 Per via di questa democratizzazione dell’importanza materica, secondo Schechner, lo spazio scenico

può essere ulteriormente classifi cato in: spazio trovato, spazio adattato, spazio cercato e spazio preparato. Lo ‘spazio trovato’ e quello ‘cercato’ sono i due luoghi su cui si basa la frammentazione dello spazio scenico attraverso i suoi elementi materiali. Il primo integra tutti i suoi dispositivi di origine senza

Un raggruppamento di linee, di rapporti precisi, ma anche, e soprattutto, di oggetti materiali e immateriali. Questo crea quell’invisibile fi l rouge che unisce la piéce allo spettatore77.

Lo stretto rapporto esistente fra la cultura materiale78 del teatro e la sua cultura

fi gurativa legata al valore dell’immagine ha prodotto, e continua a produrre ancora oggi, un’idea di teatro molto più ampia rispetto a quello a cui siamo abituati, data propria dal dispiegamento materiale, o astratto, dei suoi elementi primari, che non si esaurisce al mero atto scenico o al contenitore costituito dall’edifi cio.

Il luogo della rappresentazione è di per sé una grande immagine che può rimandare a contenuti diversi da quelli che si vedono. Secondo questa idea, la dimensione iconica della scena viene sempre elaborata attraverso una serie di ‘appendici di evocazione’, che rendono più dolce il contatto fra lo spazio fi sico e le illusioni in esso create (fi g. 53).

Tra le tante appendici del mondo scenico, la maschera teatrale è senza dubbio l’elemento dotato di una maggiore carica evocativa e simbolica. Essa, infatti, è da sempre l’elemento di diaframma che regola il rapporto fra l’arte e la scena. La ‘maschera’ è una categoria dello spirito, rivelazione dell’infi nito che sottostà al mondo delle apparenze. Essa è creatrice di paesaggi mitici. L’uomo in maschera non si dà mai completamente al rapporto con il mondo: ‘(…) Il teatro si costruisce attraverso di essa come un organismo vivente, sdoppiandosi, moltiplicandosi, germogliando in maniera perversa e incessante’79. Essa, parimenti, qualifi ca lo spazio scenico, e lo

schematizza in molteplici visioni labirintiche, ponendosi come uno spazio intermedio, interstiziale, e rappresentando una sorta di linea di confi ne tra codici linguistici e culturali diversi (fi gg. 54 a-b).

Nella sua esegesi evolutiva, la maschera non si è ‘esibita’ solo sui palcoscenici di teatro: la sua infl uenza è stata determinante, in alcuni momenti topici delle arti fi gurative. Tra arte e scena, infatti, c’è sempre stato un continuo e profi cuo scambio di esperienze, prestiti e citazioni. Uno sconfi namento fra generi che ha trovato, nella maschera, l’elemento di cerniera (fi g. 55) più rappresentativo.

Decaduta in epoca contemporanea a banale accessorio di travestimento carnevalesco, la maschera ha ritrovato slancio, per tutto il Novecento, all’interno delle arti

fi gurative, in particolare nella pittura. Essa appare come una sorta di grande specchio, strumento di mediazione, rivelatrice di deformità e di vizi segreti. La maschera acquista quell’irresistibile potere di seduzione per intere generazioni di artisti, diventando lo strumento privilegiato attraverso cui raccontare, spesso per via

introdurne dei nuovi. Il secondo, invece, individua un luogo fi sico dove allestire lo spettacolo, attraverso la disposizione degli elementi fi gurali dotati di maggiore carica espressiva.

77 Protesi sceniche, costumi, maschere, spazio e tempo scenico, atto e azione, chrònos e aìòn, sono tutti

elementi materiali che, contemporaneamente e con continuità, si de-frammentano e si ricostruiscono sulla scena. Per approfondire, cfr. Mello, B., opera già citata, p. 12.

78 Come già spiegato, quando si parla di cultura materiale il discorso non deve essere mai ridotto ad un

semplice e banale e volgare materialismo.

metaforica, la propria arte.

Dall’Espressionismo al Dada, dal Cubismo al Surrealismo, la maschera diventa ben presto l’elemento centrale di quasi tutte le avanguardie, che la usano come supporto materiale su cui avviare continue fasi di sperimentazione e di rifl essioni. È usata, ad esempio, da Ensor, in un famoso autoritratto (fi g. 56), come metafora ossessiva di morte, in cui poter condensare la visione tragica del mondo80. Diventa l’espressione

del volto privo di umanità e veicolo per neutralizzare ogni canone interpretativo ed espressivo delle fi gure ritratte81, in quel ritrovato interesse per l’arte primitiva

africana iniziato da Picasso82 (fi g. 57). De Chirico adotta il tema della maschera

per rappresentare quelle misteriose fi gure stereometriche prive della faccia (fi g. 58). In Grosz, essa celebra il volto umano come mero guscio vuoto, un simulacro rappresentante la carenza della vita interiore. Ancora, è fonte di ispirazione per Magritte quando decontestualizza e occulta le teste, sottraendo la fi gura umana alla sua riconoscibilità immediata, in una continua lotta tra il visibile nascosto e il visibile apparente.

Nelle arti fi gurative, la maschera assume, spesso, la funzione di una ‘trasformazione unifi catrice’ dell’immagine, in quanto stabilisce, come già detto, la netta relazione fra ciò che si nasconde e ciò che si rappresenta, in un continuo gioco dei doppi, degli specchi, una continua tensione tra l’apparenza e l’apparire83. Essa esprime, in questi

termini, la parte più alta dello straniamento umano, proprio perché rappresenta una porta sbarrata che impedisce il passaggio di senso dall’oggetto al soggetto. Nell’arte delle avanguardie, come in una continua metamorfosi, la maschera annulla dunque il volto dell’uomo e fi nisce per esistere come ‘entità senza tempo e senza memoria’84.

80 Ensor utilizza la metafora della maschera per indicare la condizione degradata dell’uomo e alla sua

retrocessione a mero ‘fantoccio o spoglia vuota’.

81 Nel cosiddetto ‘periodo africano’, 1907-1909, la produzione artistica di Picasso fu estremamente

infl uenzata dalle maschere dell’artigianato africano. L’arte negra, per Picasso, voleva anzitutto dire spontaneità, fedeltà agli istinti e alle passioni, ma anche superamento delle tradizionali leggi prospettiche. Questi caratteri sono evidenti in molte produzioni scultoree e pittoriche dell’artista spagnolo, tra le più importanti si citano Les Demoisselles d’Avignon e ‘Testa femminile’. Per approfondire. cfr. http://www. homolaicus.com/arte/picasso/maschera.htm, http://tefi sav.weebly.com/picasso-e-larte-africana.html, consultati nel maggio 2017.

82 Oltre a Picasso, anche Cézanne, Braque, Nolde, Modigliani, Klee, Ernst, Carrà, e molti altri, sono

stati infl uenzati da questo tipo di espressione artistica. Tra gli esempi più noti si citano: ‘Composizione con fi gura femminile’ di Carrà, ‘Senecio’ di Klee, ‘Natura morta con maschere I’, di Nolde, le ‘Teste di donna’ di Modigliani, ma anche le sculture spaziali di Brancusi, ecc.

83 Per una trattazione più approfondita sul concetto di ‘trasformazione unifi catrice’, cfr. Kerényi, W.,

(1979). Miti e misteri. Torino: Boringhieri, pp. 144 e segg. Cfr. anche di Travagliati, G., Magritte,

l’apparire e l’apparenza, contenuto in http://www.fucinemute.it/2008/12/magritte-lapparire-e-

lapparenza/, consultato nel Maggio 2017.

84 La maschera vive una dualità continua di esposizione e occulatamento del volto. Francesco Marsciani

asserisce che quest’operazione di mascheramento del volto, inteso come lo ‘spazio neutro’ in cui si esprimono le istanze del soggetto e dell’oggetto, da una parte impedisce la presa oggettiva sull’identità soggettiva, dall’altra invece diventa lo strumento per esprimere emozioni, per la canonizzazione del soggetto ad atto interpretabile e visibile. La maschera, quindi, agisce sul volto e attraverso essa, il volto si eleva qualitativamente divenendo un artefatto, un prodotto, un enunciato, dotato di signifi cato semantico. La maschera condensa in una sola immagine quel continuo ‘gioco di frammenti’ dei tratti del volto, consentendone la sintesi unitaria. Cfr. Marsciani, F., (1996). Il volto neutralizzato. In (a cura di) Fabbri P. ‘La maschera, Catalogo del XVII Festival internazionale del giallo e del mistero’. Milano: Mondadori, p. 52.

Nelle due pagine successive:

Fig. 52: Carmelo Bene, utilizzo

di una protesi (o appendice) scenica, dall’Hamlet.

Fig. 53: J. Vaquero, La

mascara y el Vesuvio, ‘El paesaje recreado’.

Figg. 54 a-b: divinità

femminile tipo Kòre di Eleusi con maschera tragica, Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Fig. 55: Musici ambulanti, scena di Commedia romana. Pompei, Villa cosiddetta di Cicerone, ora Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Fig. 56: J. Ensor, Autoritratto con maschere.

Fig. 57: P. Picasso, Les

demoiselles d’Avignon. Fig. 58: G. De Chirico, Le due

Fig. 52

Fig. 54 a

Fig. 54 b Fig. 53

Fig. 55 Fig. 56

Com’è stato detto, questo dispositivo materiale ritrova slancio e conforto in epoca contemporanea, oltre che nel mondo delle arti fi gurative, anche nel mondo delle arti sceniche. Estromessa dalla scena occidentale durante l’epoca illuminista e relegata a elemento di puro folklore cavernalesco, è soltanto con il teatro simbolista che la maschera recupera quella vitalità espressiva e compositiva che la caratterizzava agli albori della sua comparsa. Essa viene richiamata per rivelare quella realtà ‘altra’, ormai estromessa dall’esperienza teatrale moderna. Da simulacro simbolico, usato da Maeterlinck per attenuare la presenza imponente dell’attore85, essa diventa, con

Craig, coscienza di un’oramai decaduta ‘condizione edenica dell’uomo’86, attraverso

cui provare a sostituire l’azione umana con degli ‘artifi ci’, dotati ognuno di una particolare carica signifi cativa87. Nella poetica teatrale di Jerry essa assume, ancora, il

ruolo di elogio dello sdoppiamento delle parti, sinonimo di ambiguità e ‘doppiezza’88.

La distanza tra la purezza del simbolo e l’impurità della rappresentazione umana si traduce in tensione tra il concetto di ‘maschera vera’, già immanente al defi nirsi del simbolo stesso, e la realtà di quelle ‘maschere approssimative’ che il tempo proprio dello spettacolo concede di realizzare.

Nella scuola del Bauhaus, è Schellemer (fi g. 59) a riprendere, con il suo Triadisches

Ballett (fi g. 60), il tema della maschera e del costume teatrale. La simbiosi tra

elemento organico ed elemento artifi ciale è totale, nella poetica schellemeriana: la fi gura umana viene a cadere, e si astrae proprio perché subordinata all’impersonalità del mascheramento. Schellemer, dal canto suo, prova a compiere un lavoro

di astrazione dell’attore dalla natura e dalla vita, fornendogli larghi costumi imbottiti e posticce maschere in latta o cartapesta. Queste ultime, modellate su forme geometriche primarie, dotate di vivaci colori monocromatici89, camuffano

i personaggi che riempiono lo spazio, di volta in volta, con movenze plastiche e metafi siche (fi g. 61). Il mascheramento diventa l’occasione per trasformare la struttura fi sica dell’uomo: i tratti fi sionomici sono tramutati in elementi stereometrici,

85 Secondo Maeterlinck, lo spettacolo drammatico non avrebbe altra chance se non quella di

adottare tecniche materiali, come ad esempio, l’uso della maschera, al fi ne di ‘schedare’, più o meno effi cacemente, la forza di polarizzazione negativa presente nell’immediatezza del corpo attoriale. Per approfondire, cfr. Maeterlinck, M., (1972). Teorie della scena dal Naturalismo al Surrealismo. In ‘La Revue Belgique’. Firenze: Sansoni, p. 163.

86 Cfr. Craig, E. G., (1971). Gli artisti del teatro dell’avvenire. In (a cura di) Marotti F., Il mio teatro.

Milano: Feltrinelli, p. 29.

87

E. G. Craig vede nella maschera o nella marionetta, quegli elementi capaci risarcire artifi cialmente l’assenza di anima nel mondo moderno. Essi devono essere interpretati come elementi autonomi, bensì come parti di un tutto, parti materiali fondamentali per articolare tridimensionalmente la scena stabilendo un raccordo tra il corpo dell’attore e lo spazio in cui egli si muove e agisce. Per approfondire cfr. Marotti, F., (1971). Edward Gordon Craig. Il mio teatro: L’arte del teatro. Per un nuovo teatro. Traduz. italiana (a cura di) Marotti F., Milano: Feltrinelli, p. 38.

88 A proposito della cultura materiale degli allestimenti scenici A. Jarry pensava che: ‘(…) Alcuni

attori hanno accettato (…) di rendersi impersonali e di recitare chiusi dentro delle maschere, in modo da formare esattamente l’uomo interiore (…) delle grandi marionette che si agitano sulla scena’, cit. Lenzi, M., Tessari, R., opera già citata, p. 18.

89 Anche nel teatro futurista, le operazioni di Balla, Depero e Prampolini, adottano le maschere e

soluzioni geometriche per ‘disumanizzare le sembianze degli attori’ durante i ‘Complessi plastici’ del teatro astratto, cfr. Prampolini, E., (1915). Scenografi a e coreografi a futurista. N.s.: La Balza, pp. 26-27.

meccanici, artifi ciali, spesso decontestualizzati e ‘sottoposti a un totale processo di de-funzionalizzazione’90. Le alterazioni di scala, le asimmetrie di colore, l’aggiunta

di accessori, creano nuovi equilibri anatomici, fra il bionico e l’umano, e permettono agli attori di esprimere, con gestualità geometriche e doppie appendici super-umane, le leggi prismatiche dello spazio e le direttrici architettoniche del movimento. Anche Man Ray, uno degli artisti più interessati alla cosiddetta fenomenologia del doppio, fa della maschera il fulcro privilegiato attraverso cui ordinare l’universo teatrale fatto di giochi di apparenza, casualità e fi nzione. La maschera diventa libera reinvenzione formale, strumento di metamorfosi artifi ciale, elemento capace di ridurre il ruolo dell’attore fi no quasi ad abolirlo91.

Moltissimi altri ancora possono essere i riferimenti che l’arte fi gurativa e la cultura materiale del teatro hanno dedicato al tema della maschera. Essa appare, come già detto, come una complessa cerniera fra quella dualità esistente tra la realtà materiale e la sua espressione più illusoria e eterea. In essa, trova fi nalmente compimento la costruzione dello spazio fi sico dell’òpsìs92, nonché la sua relazione con lo spazio

concettuale, costituito immaterialmente dalla théòria. La maschera restituisce,

attraverso la propria funzione, quella dualità ormai perduta, che fa la spola tra la realtà fi sica e la realtà fenomenica, tra gli aspetti più materiali e carnali del teatro e quelli invece più magici e intangibili della piéce inscenata. Con essa tornano a danzare, incessantemente, fi ssità e fl uidità, poesia e immagine, umano e divino.

90 Cfr. Schlemmer, O., (1982). Scritti sul teatro. Traduz. italiana (a cura di) Bistolfi , M., Milano:

Feltrinelli, p. 55.

91 A questo proposito non si può non citare il lavoro di Malevic, che usa la maschera come lo strumento

capace di neutralizzare la centralità della presenza umana sulla scena, rifi utandone tutte le sue capacità interpretative ed espressive.

92

Per approfondire i concetti di spazio fi sico dell’òpsìs e spazio concettuale della thèòria, cfr. Wiles, D., (2007). Mask and Performance in Greek Tragedy: from Ancient Festival to Modern Experimentation. London: Cambridge University Press, pp. 33-35.

Fig. 59 Fig. 60

Alla pagina precedente:

Fig. 59: O. Schlemmer e una

maschera del Triadische Ballett.

Fig. 60: il ‘Balletto Triadico’, esempio di maschere in azione.

Fig. 61: il teatro del Bahuaus e il suo Triadische Ballett.

2.1 INTRODUZIONE

Il capitolo, nella veste stilistica di saggio, è strutturato in due ampi paragrafi : il primo, di natura più storica e fi losofi ca, è volto a sottolineare il grande ruolo che la maschera ha avuto nel corso della storia dell’architettura e del teatro. Il secondo invece, si propone di defi nire un completo stato dell’arte sulle terracotte teatrale liparote, gettando, così, le basi essenziali per tutti le analisi, le rifl essioni e gli approfondimenti che saranno sviluppati nel corso dei capitoli successivi.