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Capitolo 2 Strutture di mercato, concorrenza, efficienza

2.5. Le economie di gamma, di integrazione e di coordinamento

Nel dibattito di politica industriale, sia a livello teorico che a livello di azione istituzionale delle autorità comunitarie e nazionali, si è posta da anni, in conseguenza delle scelte in direzione di una crescente liberalizzazione, una forte enfasi sull’opportunità di procedere ad una separazione tra gestore della rete ed operatore dei servizi, al fine di favorire, grazie ad una maggiore neutralità del gestore dell’infrastruttura, una più efficace concorrenza sul servizio.

La totalità dei paesi europei ha sperimentato storicamente la presenza di un operatore monopolista verticalmente integrato in cui rete e servizio venivano gestiti all’interno di una sola società.

Allo stato attuale soltanto in Europa alcuni paesi, Svezia, Regno Unito, Olanda, Danimarca e Spagna nel proprio percorso di liberalizzazione del trasporto ferroviario (ancora prima di avviare tale discorso), hanno optato per la totale separazione tra rete e servizio.

Esistono, sul piano sostanziale, tre gradi diversi di separazione: separazione contabile, separazione societaria e separazione proprietaria.

La prima è una forma di semplice divisione della contabilità all’interno della stessa società. Si tratta della logica conseguenza del divieto di sussidi incrociati tra diverse unità gestionali di una medesima impresa. I conti economici della divisione incaricata della gestione della rete e della divisione incaricata della gestione del servizio devono essere rigorosamente separati al fine di consentirne una lettura e una gestione trasparente ed evitare che l’impresa possa operare tramite sussidi occulti tra un ramo e l’altro dell’attività.

La separazione societaria consiste nella formazione di una nuova società, dotata di propria personalità giuridica e autonomia patrimoniale che è tuttavia parte integrante della proprietà di una capogruppo di cui fa parte anche l’impresa da cui la nuova società si è separata. In sostanza la capogruppo (holding) include le

controllate potendone evidentemente condizionare le scelte tramite una politica di coordinamento. La differenza fondamentale con la separazione contabile sta chiaramente nel maggior grado di autonomia finanziaria delle due società separate.

La separazione proprietaria, infine, consiste nella creazione di una nuova società che è completamente separata dalla società d’origine, andando a costituire un nuovo soggetto proprietario che non ha più alcun legame formale con la società di provenienza.

Come vedremo meglio in seguito, l’Unione europea, nella direttiva 440/1991 ha optato per rendere obbligatoria la sola separazione contabile lasciando alla discrezionalità di ciascuno Stato membro la possibilità di spingersi oltre nel percorso di disintegrazione verticale degli operatori ex-monopolisti.

Il dibattito sui vantaggi e gli svantaggi economici della separazione fa riferimento alla separazione proprietaria, poiché è in tale fattispecie che si consuma la vera e propria rottura di interessi e di coordinamento tra gestione della rete e gestione del servizio con tutte le conseguenze a ciò connesse.

Il modello della separazione verticale è un modello teorico riferito a tutti quei settori infrastrutturali fino a poco più di due decenni fa gestiti tramite monopoli pubblici verticalmente integrati. I fautori di tale modello ritengono che, nell’ottica di favorire un processo di liberalizzazione di un settore a rete, esso comporti un netto vantaggio (che supererebbe gli eventuali svantaggi connessi): permetterebbe, infatti, di realizzare una piena concorrenza nel servizio senza bisogno di alcuna forma di regolazione antitrust dell’ex-impresa monopolista eliminando a priori il rischio di comportamenti di discriminazione dei nuovi concorrenti.

Una cospicua parte della letteratura (anche di quella interna al paradigma teorico egemone) riconosce che la distanza tra il modello teorico astratto e la realtà, specie nel caso del trasporto ferroviario, è molto forte.

Prima di analizzare nel dettaglio singoli studi, vediamo quali sono le principali criticità che emergono dall’insieme della letteratura sul tema.

Da un punto di vista teorico, ma con ampi supporti di carattere empirico si sostiene che i costi più evidenti di un processo di separazione verticale consistono

nella perdita di economie di integrazione, in particolare economie di coordinamento dovute a ragioni tecnologiche e alla presenza di costi di transazione (legati ai contratti). Come molti autori suggeriscono (Pittman 2005, Nash 2011,Wetzel e Growitsch 2009, Gomez e Ibanez 2003) nel trasporto ferroviario il coordinamento tra implementazione del servizio e rete è estremamente delicato e richiede un continuo scambio di informazioni e una coerenza dei processi di innovazione. Peraltro non si tratta soltanto di un problema di efficienza, ma anche di sicurezza. Nel trasporto pubblico, infatti, difetti di coordinamento tra infrastruttura e servizio possono tradursi in un aumento di rischio degli incidenti con gravissime conseguenze sul livello di sicurezza.

Si sommano, quindi, ragioni legate alla minimizzazione dei costi e ragioni legate alla massimizzazione della sicurezza.

Inoltre, la separazione verticale produrrebbe anche il rischio di disincentivi all’investimento in manutenzione e innovazione della rete (a causa della divergenza di interessi tra gestore della rete e gestore del servizio).

Gomez e Ibanez (2003)29, mettono a confronto gli effetti di una separazione verticale tra rete e servizio nei diversi settori di pubblica utilità. Secondo i due autori gli elementi fondamentali per valutare la convenienza o meno della disintegrazione verticale di un’impresa ferroviaria sarebbero: 1. la quantità relativa dei costi assorbiti dall’infrastruttura, ovvero da quella parte di industria che configura un indubbio monopolio naturale (più è alta tale quota, più svantaggiosa risulterebbe la separazione); 2. il grado di eterogeneità dei prodotti e dei servizi nell’industria (più è elevata l’eterogeneità più vi sarebbero svantaggi nella disintegrazione verticale); 3. il grado di interdipendenza dei flussi sulla rete; 4. il grado di importanza delle funzioni e le attività comuni di pertinenza dei due segmenti separati.

Sulla base di questi elementi, gli autori giungono a concludere che, tra tutte le industrie a rete di pubblica utilità, il settore ferroviario è quello in cui sarebbero più numerosi gli svantaggi della separazione. La tabella che qui riportiamo illustra

29 Gómez-Ibáñez, J.A., Regulating Infrastructure: Monopoly, Contracts, and Discretion, Harvard University Press, 2003

per i tradizionali settori di pubblica utilità l’importanza relativa dei potenziali benefici derivanti da un’apertura competitiva e i fattori che influenzerebbero i costi in relazione ad’eventuale politica di separazione verticale.

Importanza relativa dei fattori determinanti vantaggi e svantaggi delle politiche di liberalizzazione e separazione

Fonte: Gómez-Ibáñez, J.A., Regulating Infrastructure: Monopoly, Contracts, and Discretion, Harvard University Press, 2003

Come mostrato, il trasporto ferroviario è complessivamente il settore in cui è più bassa l’aspettativa di effetti positivi di un’apertura alla concorrenza ed è più alto il livello di economie di integrazione (per la possibilità di minimizzare i costi grazie ad una virtuosa interazione tra rete e servizio). Le potenzialità positive di una politica di separazione verticale vengono quindi considerate molto esigue.

Anche Pittman, analizzando le specificità del trasporto ferroviario, giunge a conclusioni di forte scetticismo nei confronti dei provvedimenti di separazione verticale per le ferrovie. L’autore imposta il ragionamento ammettendo che:

Unfortunately, the model has not always worked out as well in practice as it has on the blackboard. In recent years it has become apparent that the model is more likely to be successful in some sectors than in others, and in some countries at some times than in other countries at other times”30. Il modello astratto, quindi, deve comunque essere confrontato con la realtà applicata. In relazione al trasporto ferroviario (in particolare al caso delle merci) aggiunge: “I would argue that one of the specific lessons of the experience to date is that the freight railways sector may not be a very promising sector for vertical separation”31

Pittman spiega poi le ragioni per cui la separazione nel settore delle ferrovie non sarebbe economicamente conveniente. In primo luogo l’incidenza dei costi fissi nel trasporto ferroviario (legati alla rete, ma in parte anche al servizio) è decisamente più elevata rispetto agli altri settori a rete tradizionali. Thompson32 calcola che i costi fissi della rete nelle ferrovie incidono mediamente per il 25% del totale dei costi complessivi del settore, mentre l’ufficio di regolazione dei servizi idrici (e di altri servizi pubblici) del Regno Unito ha stimato un’incidenza media dei costi di rete pari al 5% per il settore elettrico e al 2,5% per quello del gas naturale (settori in cui la parte più cospicua dei costi concerne è concentrata sulla produzione e l’estrazione). Secondo Pittman, la maggiore incidenza percentuale dei costi associati all’infrastruttura renderebbe già solo per questo meno “interessante” una strategia di separazione. Essendo la componente di monopolio naturale più rilevante in termini percentuali, il segmento del settore rimanente che potrebbe ricevere miglioramenti di efficienza a seguito di una crescente apertura alle forze della concorrenza resa possibile dalla separazione, sarebbe più esiguo di quello presente ad esempio nel settore elettrico e del gas naturale. Il raffronto tra vantaggi e svantaggi economici della separazione dovrebbe quindi tenere conto della percentuale competitiva del settore (laddove tale percentuale è più ampia i vantaggi avrebbero un’incidenza più forte).

30 Russell Pittman, Structural Separation to Create Competition? The Case of Freight Railways, in

Review of Network Economics Vol.4, Issue 3 – September 2005, pag.181

31 Ivi, pag 182

32 Thompson, L., “The Regulatory Challenge in Russian Railways,” Presentation at OECD Seminar on Railways Reform, Moscow, May 2003

In secondo luogo quanto più è alta l’incidenza relativa dei costi infrastrutturali sui costi totali, tanto più si amplifica il problema degli incentivi per gli investimenti nella manutenzione e nel potenziamento della rete, incentivi che la separazione verticale potrebbe ridurre fortemente (tale problema è stato, come vedremo, empiricamente riscontrato in Gran Bretagna a seguito della liberalizzazione attuata con separazione verticale).33

In terzo luogo il gestore della rete separata sarebbe spinto ad adottare strategie di discriminazione di prezzo aumentando le tariffe di accesso alla rete per le tracce orarie più richieste.

Infine, più alto è il livello dei costi fissi, più intensa è la contraddizione, tipica del monopolio naturale, che si instaura tra necessità di coprire i costi fissi da parte del monopolista e allocazione efficiente delle risorse: “The usual and traditional way of pricing the services of a regulated monopoly to allow for the recovery of costs, including a return on capital, is “fully allocated cost”, or “average cost”, pricing. The addition, or “allocation”, of a share of fixed costs to marginal costs allows full cost recovery by the providing firm but results in a price that will exclude from service those potential users whose valuation of the service is higher than marginal cost but less than marginal cost plus allocated cost, and this exclusion is allocatively inefficient”.34

In un contesto di elevata importanza relativa dei costi fissi, l’inefficienza allocativa avrebbe senza dubbio un forte impatto.

Le due possibili soluzione efficienti per la formazione del prezzo sarebbero: un sussidio pubblico a copertura dei costi fissi e la fissazione del prezzo al livello dei soli costi unitari variabili; oppure una strategia di discriminazione di prezzo. Nel secondo caso si cadrebbe in inevitabili inefficienze allocative; nel primo caso varrebbero le critiche sui fallimenti dello Stato (tassazione distorsiva per la copertura del sussidio; imperfetta informazione con rischio di un sussidio sovrastimato etc etc).

33 Gomez-Ibanez, J. “Regulating Coordination: The Promise and Problems of Vertically Unbundling Private Infrastructure,” Discussion Paper, Taubman Center for State and Local Government, Harvard University, 1999

34 Russell Pittman, “Structural Separation to Create Competition? The Case of Freight Railways”, in Review of Network Economics Vol.4, Issue 3 – September 2005, pag.182

La separazione verticale, nel particolare contesto del trasporto ferroviario, potrebbe produrre vantaggi molto limitati a fronte di costi e svantaggi rilevanti. Nell’esperienza concreta la separazione ha dato origine a configurazioni di mercato di monopolio bilaterale in cui un monopolista (gestore della rete) vende delle tracce orarie sotto pagamento del pedaggio ad un altro quasi-monopolista o ad un numero molto limitato di oligopolisti.

Una tale configurazione di mercato, secondo Pittman, non potrebbe portare ad aumenti di efficienza tali da compensare i costi inevitabili sottesi al processo di separazione proprietaria di rete e servizio.

Tali costi avrebbero a che fare proprio con la presenza di economie di coordinamento presenti in una struttura integrata, elemento riconosciuto da tutta la letteratura specialistica in materia.

Rothengatter afferma che nel settore ferroviario: “the technological interdependence between vehicle technology and infrastructure technology is a crucial point in decision making.” 35

Secondo Pittman è il segmento materiale al cui livello si verifica l’integrazione o la separazione a determinare l’impatto del processo. In settori quali l’elettricità o le telecomunicazioni il punto di separazione e la qualità dell’accesso alla rete sono senza dubbio questioni rilevantissime, ma nel trasporto ferroviario il raccordo tra l’acciaio delle ruote dei treni e l’acciaio dei binari della rete assume una rilevanza vitale in termini di sicurezza ed efficienza del servizio.

La letteratura tecnica, nel merito, ha mostrato l’esistenza di problemi sia in ordine alla manutenzione che in ordine all’innovazione coordinata di infrastruttura e mezzo di trazione. Per ciò che riguarda la manutenzione, oltre ad un problema di semplice coordinamento delle scelte, vi è un problema di asimmetria negli effetti e nelle conseguenze di comportamenti realizzati da ciascun attore del sistema. Come sottolineato, ad esempio, in un parere dell’autorità di regolazione britannica, un problema tecnico legato alla struttura delle ruote dei treni non ha ripercussioni sui treni stessi, ma produce un’eccessiva usura dei binari: “While wheel irregularities are known to lead to track damage … there is less evidence

35 Rothengatter, W., “How Good Is First Best? Marginal Cost and Other Pricing Principles for User Charging in Transport,” Working Paper, University of Karlsruhe, October 2002

that they adversely affect the vehicle structure…. Thus in a railway system where vehicle owners and maintainers are insulated from direct track damage costs (such as the situation that now exists in Britain), there is less pressure on the mechanical side to maintain wheels in good condition.”36

Tale asimmetria può portare ad una drastica diminuzione della sicurezza, che alla lunga può tradursi in maggiore probabilità di gravi incidenti. L’incidente ferroviario di Hatfield, ad esempio, è stato da molti attribuito all’usura causata sui binari dalle ruote dei treni scarsamente manutenute: “some observers suspected that the track was being damaged by train wheels with flat spots in them, and that flat wheels had increased because of poor train maintenance by the ROSCOs [rolling stock leasing companies]”37

Alla luce dei rilevanti costi prevedibili in un processo di separazione verticale, diversi autori si sono interrogati sulla validità delle alternative per raggiungere o incrementare il grado di concorrenza del mercato ferroviario. Posto che la separazione avrebbe come obiettivo proprio l’aumento della concorrenza, è lecito chiedersi tramite quali altri mezzi si possa conseguire questo scopo.

Pittman prende in considerazione i diversi modelli di realizzazione della concorrenza, iniziando dalla potenziale forza della concorrenza intermodale fino alla concorrenza per il mercato con integrazione della rete, arrivando infine ai modelli di concorrenza sul mercato tra diversi operatori in cui un’operatore (l’ex- monopolista) mantiene una struttura integrata. Pur con tutti i limiti di incisività di tali opzioni e i costi ad esse associati (ad esempio i costi di regolazione derivanti dall’esistenza di potere di mercato di un operatore dominante portatore di un conflitto di interessi) rimarrebbero i vantaggi dati dalle rilevanti economie di integrazione e di densità. In definitiva, secondo l’autore occorre valutare con attenzione vantaggi e svantaggi di ciascuna opzione evitando di aderire acriticamente al paradigma deterministico che vorrebbe associare la separazione ad un maggiore grado di concorrenza e la concorrenza ad un maggiore grado di efficienza.

36 Bureau of Transport and Regional Economics (BTRE), Rail Infrastructure Pricing: Principles and Practice, Report 09, Canberra, Australia, 2003

37 Gomez-Ibanez, J. Regulating Infrastructure: Monopoly, Contracts, and Discretion. Harvard University Press: Cambridge, MA., 2003

Come visto diversi autori, pur aderendo in linea di massima al paradigma liberista tradizionale favorevole alla liberalizzazione dei settori a rete (liberalizzazione + separazione verticale), mettono in guardia dal trarre conclusioni genericamente valide per tutti i settori ed enfatizzano la scarsa adeguatezza del trasporto ferroviario per la realizzazione di tale paradigma.

Ivaldi e McCullough (2004)38 analizzando i dati dei costi per 22 grandi compagnie ferroviarie statunitensi di traffico merci per la serie storica 1978-2001, con l’utilizzo di una funzione di costo McFadden (adatta all’analisi di un’industria multiprodotto) studiano i costi legati alla perdita di economie di gamma sia verticali, (cioè economie di integrazione) sia orizzontali (gestione di diverse tipologie di traffico merci) a seguito di una possibile disintegrazione.

Lo studio stima un aggravio di costi oscillante tra il 20% e il 40% per la separazione verticale e un aggravio ancora maggiore per la separazione orizzontale (ad esempio tra carichi pesanti e carichi leggeri). L’analisi, tuttavia, è basata su fattori puramente tecnologici e, come criticato da Wetzel e Growitsch (2006) 39 non prende in considerazione i costi di transazione (di tipo informativo) e gli effetti della concorrenza.

Il citato studio di Wetzel e Growitsch del 2006, analizza la presenza o meno di economie di integrazione verticale rete-servizio nei diversi paesi europei, adottando una metodologia cross-country e prendendo in considerazione anche i costi di transazione e gli effetti di una possibile maggiore concorrenza nel caso di separazione.

Le economie di integrazione (viste come fattispecie particolare delle economie di gamma) nel trasporto ferroviario hanno infatti una natura tecnologica e una natura transattiva. Sono cioè legate a fattori tecnici di interconnessione tra le diverse attività (tra le rete e il servizio), ma anche alla presenza di costi di transazione dovuti alla necessità di stipulare contratti e accordi che per forza di cose presentano propri costi specifici.

38 Ivaldi, M. and McCullough, G. J., Subadditivity tests for network separation with an application to U.S. railroads, CEPR Discussion Paper No. 4392, Centre for Economic Policy Research, 2004 39 Growitsch C.and Wetzwl H., Economies of scope in European railways: an efficiency analysis, University of Luneburg working paper series in economics, No. 29 Provided in cooperation with:Leuphana Universitat Luneburg, July 2006

L’analisi di Wetzel e Growitsch è condotta su un campione di 54 imprese ferroviarie di 27 diversi paesi europei, alcune integrate verticalmente, altre suddivise in imprese di gestione della rete e del servizio. Vengono costruiti due modelli basati su delle funzioni-distanza in cui gli input vengono rispettivamente misurati: sulla base di grandezze fisiche (primo modello) e sulla base di grandezze (variabili) monetarie (secondo modello). Lo svantaggio del modello per grandezze fisiche è di non poter tenere in conto i diversi costi relativi dei fattori; del resto lo svantaggio del modello basato sulle grandezze monetarie è la più difficile comparabilità di tali variabili (che richiede l’omogeneizzazione su un’unica valuta, che nel modello viene realizzata con l’uso dell’Euro e il metodo della parità di potere d’acquisto).

Lo studio mostra che, sulla base della misurazione degli input in grandezze fisiche il 56% delle industrie analizzate presenta economie di gamma (ovvero di integrazione tra rete e servizio). Il risultato diventa più evidente se si misurano gli input in termini monetari: in questo caso il 70% dei casi studiati mostra economie di gamma. Se ne conclude che le economie di integrazione esistono per la maggior parte delle imprese ferroviarie europee integrate.

Gli autori, alla luce di questo risultato (che andrebbe a confermare gli studi della letteratura nord-americana, in particolare di Bitzan e Ivaldi-McCullough) sottolineano l’importanza in sede di politica industriale di tener conto degli eventuali vantaggi (in termini di necessità di una minore regolazione), ma anche dei dimostrati svantaggi (in termini di aumento dei costi di transazione e dei costi tecnologici) di processi di separazione verticale.

Lo studio di Wetzel e Growitsch, pur avendo il pregio di prendere in considerazione tutte le tipologie di costo legate alla separazione verticale (superando così il limite dell’analisi di Ivaldi e McCullough), tuttavia, come sottolineato da Nash (2011) ha il problema di non considerare elementi specifici di ogni specifico mercato ferroviario nazionale (geografia, densità, politiche pubbliche).

Due studi piuttosto recenti, Cantos e altri (2010)40e Mituzani e Uranishi (2010)41 prendono in considerazione, in un secondo stadio della regressione, variabili come la densità del traffico passeggeri e il carico medio dei treni merci. Cantos giuge ad una conclusione ambivalente: per il traffico merci la separazione porterebbe ad un aumento di efficienza laddove accompagnata da un aumento della concorrenza; per il traffico passeggeri, invece, non viene trovata alcuna correlazione

Mituzani e Uranishi, tramite un’analisi estesa ai sistemi ferroviari dei paesi dell’OCSE, concludono che per i sistemi con treni a bassa densità vi sarebbe una