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Capitolo 3 Le politiche industriali nei settori infrastrutturali di pubblica utilità

6.2. La liberalizzazione e l’efficienza economica

6.2.2 Efficienza tecnico-produttiva

Per quanto riguarda l’efficienza produttiva, intesa come minimizzazione dei costi unitari di produzione, il legame con un processo di liberalizzazione appare ancora più complesso e meno definibile.

La teoria dei mercati contendibili ha dimostrato, da un punto di vista astratto, che la minimizzazione dei costi si può ottenere anche in un mercato strutturalmente “non perfettamente concorrenziale” (poiché ad esempio condizionato dalla presenza di economie di scala) ma in cui esista perfetta libertà di entrata e di uscita dei capitali con assenza di costi irrecuperabili. Come detto si tratta di una condizione di difficilissima realizzabilità.

Ma in ogni caso, quand’anche tale condizione fosse raggiunta e la pressione concorrenziale si manifestasse nella sua piena potenzialità, occorrerebbe dimostrare, con argomenti validi e prove empiriche solide, che gli stessi effetti d’incentivo verso la minimizzazione dei costi unitari di produzione, non possono essere ottenuti da un monopolio pubblico. Come noto, la critica comune che nega a priori la possibilità che un monopolio pubblico possa raggiungere l’efficienza produttiva, risiede negli argomenti relativi alla mancanza di sufficienti incentivi. Questa critica assume come scontato che gli unici incentivi possibili per massimizzare l’efficienza nella gestione di un’impresa siano la massimizzazione del profitto e lo stimolo esterno della concorrenza. Un’ampia letteratura ha argomentato, tuttavia, che incentivi di altra natura, ma di pari forza, potrebbero essere ottenuti anche in un’impresa pubblica (forme di responsabilizzazione individuale del management, politiche di controllo, previsione di premi alla produttività e al risultato etc etc) (Stiglitz 199469, 200370)

Del resto numerosi studi empirici dimostrano che non necessariamente produttività ed efficienza tecnica sono più elevate in un’impresa privata rispetto ad un’impresa pubblica. Le analisi di Florio71 e Goldstein72 sulle privatizzazioni

69 Stiglitz, J.E., “Whither Socialism?”. The MIT Press, 1994 70 J. Stigltiz Economia del settore pubblico ed- Hoepli, 2003

71 Florio M., The Great Divestiture, Evaluating the Welfare Impact of the British Privatizations 1979-1997, The Mit Press, Cambridge-Massachusetts, London-England, 2004, pag. 114-136

italiane e britanniche mostrano che il passaggio dalla proprietà pubblica monopolistica a quella privata in regime concorrenziali (di fatto oligopolistico) non abbia prodotto un miglioramento dei principali indicatori di efficienza. Una vasta letteratura relativa agli ultimi trent’anni, ha prodotto sul tema risultati assai variabili riepilogati esaustivamente da Willner (2001)73. Se una parte di letteratura ha rilevato una maggiore efficienza delle imprese private rispetto a quelle pubbliche, altri numerosi studi hanno, invece, raggiunto opposte conclusioni oppure, più spesso, non hanno trovato alcuna correlazione significativa tra proprietà ed efficienza.

Willner e Parker (2007) 74, tramite l’uso di un modello che tiene conto tanto della forma proprietaria delle imprese, quanto della presenza o meno della concorrenza, concludono che in molti casi l’impresa pubblica può avere un grado di efficienza maggiore e che, inoltre, la concorrenza può apportare in molti casi più costi che benefici.

Si può quindi desumere che non esistono prove empiriche né validi e stringenti argomenti teorici per cui un assetto di concorrenza imperfetta tra imprese private (qual è quella che si può realizzare in settori caratterizzati da forti economie di scala e dalla presenza di alti costi fissi non sempre recuperabili) debba portare ad un’efficienza produttiva maggiore di quella conseguibile in un assetto monopolistico pubblico.

Nello specifico del trasporto ferroviario, come abbiamo visto, esistono tre possibili configurazione: monopolio pubblico; concorrenza per il mercato con formazione di monopolio privato temporaneo; concorrenza sul mercato, che per definizione dà adito alla presenza di un numero ristrettissimo di operatori (difficilmente superiore a 2 o 3 sulla stessa tratta).

Per quanto riguarda la concorrenza sul mercato, abbiamo visto che la quasi totalità della letteratura e degli studi empirici hanno certificato l’esistenza di economie di densità che renderebbero tale forma di concorrenza inefficiente dal punto di vista

72 Andrea Goldstein, Privatization in Italy 1993-2002: Goals, Institutions, Outcomes, And Outstanding Issues, Cesifo Working Paper N° 912, Category 1: Public Finance, April 2003 73 Willner, J. ‘‘Ownership, Efficiency, and Political Interference.’’ European

Journal of Political Economy 17: 723–748, 2001

74 Willner and Parker, The performance of Public and Private Enterprise under conditions of actrive and passive ownership and competition and monopoly”, Springer-Verlag, 2007

della minimizzazione dei costi (in senso tecnico-produttivo). Inoltre, ipotizzare una totale assenza di costi irrecuperabili tale da rendere possibile una perfetta contendibilità anche in condizione di monopolio naturale, sembra davvero molto difficile anche nel caso di affitto del materiale rotabile. Posta l’inefficienza di un assetto competitivo sul mercato, rimane la possibilità di un confronto tra un assetto monopolistico pubblico e un assetto monopolistico privato temporaneo concesso a seguito di gara (concorrenza sul mercato). Questo confronto che, a parità di efficienza tecnica, si basa sulle divergenze in termini di efficienza organizzativa (interna all’impresa), come dimostrato anche dall’insieme degli studi empirici in materia, difficilmente può portare a conclusioni aprioristiche circa la relativa efficienza di ciascun sistema. L’esistenza di variegate forme di incentivo (dalla massimizzazione del profitto, a fattori motivazionali di altro genere), e la comparabilità del rischio di abuso della posizione di monopolio temporaneo a causa dell’imperfetta informazione esistente tra regolatore ed impresa (nel caso di concorrenza per il mercato) con gli eventuali minori incentivi presenti nel monopolio pubblico, non permettono di formulare giudizi univoci circa la maggiore o minore efficienza delle due opzioni.

Inoltre, in entrambi i casi, il successo, in termini di efficienza produttiva, delle due configurazioni è strettamente correlato ad una forte volontà e capacità politica di monitoraggio e controllo (sia che si tratti di un controllo di un monopolio pubblico, sia che si tratti di un controllo di un monopolio temporaneo privato regolamentato). Sarebbe, infatti, un errore ritenere che la concorrenza per il mercato sia un sistema esente dall’esigenza di controllo pubblico e che non sia necessario un grado di affidabilità, trasparenza e capacità decisionale in capo al regolatore paragonabile a quello che dovrebbe sostenere il management di un’impresa pubblica.

In definitiva, possiamo dire che non sussistono motivazioni teoriche, né risultanze empiriche che, ai fini della massimizzazione dell’efficienza produttiva e organizzativa, inducano a prediligere l’apertura del mercato rispetto ad un monopolio pubblico nel settore del trasporto ferroviario.