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Capitolo 3 Le politiche industriali nei settori infrastrutturali di pubblica utilità

6.2. La liberalizzazione e l’efficienza economica

6.2.3 Efficienza dinamica

Vediamo ora le criticità di una liberalizzazione in relazione al criterio dell’efficienza dinamica, assai rilevante nel settore dei trasporti (elemento, come visto, enfatizzato in diverse analisi)75.

Un assetto competitivo, come sottolineato da diversi autori, può scoraggiare gli investimenti di lungo periodo per la certezza dell’emulazione da parte del concorrente di eventuali processi di innovazione molto costosi (Schumpeter); il problema non sarebbe del tutto risolto neanche tramite una concorrenza alla Demsetz poiché la previsione di scadenza di un contratto di affidamento, per quanto sufficientemente lunga, avrebbe comunque degli effetti sulla propensione ad investire delle imprese affidatarie. Non a caso, di norma, nelle gare per il trasporto pubblico locale (specie su ferro) viene fissata una scadenza lunga o lunghissima. Emblematici al riguardo i casi della metropolitana di Londra negli anni del consorzio pubblico-privato con la stipula di contratti di affidamento trentennali; così come la migliore prestazione potenziale in termini di capacità di investimento e costi unitari di Trenitalia nei contratti di servizio regionale di durata di dodici anni, rispetto al sessennio inizialmente previsto dal decreto del governo Monti sulle liberalizzazioni.

Scadenze lunghe, tuttavia, producono l’esistenza di monopoli di lungo periodo (anche se selezionati con gara competitiva) che non possono che moltiplicare tutti i problemi di cattura del regolatore cui le analisi tradizionali fanno riferimento (con le conseguenze ben note in termini di perdita di efficienza allocativa, produttiva e dinamica). Nei casi in cui tali monopoli sono società private orientate alla massimizzazione del profitto (come nell’esempio della metropolitana inglese nel periodo 2001-2010) il problema può assumere tinte ben più fosche, poiché il generico rischio di cattura del regolatore si lega al peculiare fine della società monopolista privata: ovvero la massimizzazione del profitto. Benché nel caso di una società pubblica si possa presumere la possibilità di un conflitto di interessi tra autorità regolatrice (pubblica) e impresa (pubblica), sembrerebbe pesare

maggiormente, tra i due rischi, quello legato ai fini propri dell’impresa privata. Nell’ipotesi di una gestione monopolistica privata, emerge, in ogni modo, un contrasto più gravido di conseguenze tra il perseguimento dell’efficienza dinamica (che indurrebbe alla stipula di contratti molto lunghi) e il perseguimento di una situazione di indipendenza tra società erogatrice dei servizi e autorità di controllo e regolazione (che indurrebbe invece la minimizzazione della durata dei contratti di affidamento).

Tornando comunque alla trattazione specifica dell’efficienza dinamica, vi è sostanziale unanimità in letteratura nel sostenere l’importanza dei costi fissi e dei costi di investimento in processi di innovazione tecnologica nel settore dei trasporti, elemento particolarmente rilevante nel trasporto ferroviario caratterizzato dalla centralità degli investimenti tecnologici, sia nell’infrastruttura intesa in senso ampio (in primo luogo la rete e i sistemi di segnalamento), sia per il materiale rotabile (i treni). Un esempio emblematico è costituito storicamente dagli investimenti per l’Alta velocità, avviata in molti paesi europei a partire dalla fine degli anni ‘70 con una forte accelerazione nell’ultimo ventennio. Si è, trattato, in tutti i paesi, di investimenti molto ingenti sopportati dallo Stato, che hanno permesso uno straordinario miglioramento dei tempi di percorrenza.

Del resto, tutta la storia delle ferrovie è una storia di graduale e continua (seppur con momenti di stasi ed altri di accelerazione) evoluzione tecnologica: dai treni a vapore alla trazione elettrica fino all’alta velocità, passando per innovazioni tecnologiche peculiari e per miglioramenti dei sistemi di sicurezza. Processo innovativo che, per la sua natura di lunga durata e per gli elevati costi, è stato sempre promosso da investimenti pubblici.

E’ chiaro che l’esistenza di un assetto monopolistico e pubblico, in un simile contesto, ha potuto garantire appieno i vantaggi della possibilità di recupero dei costi degli investimenti in innovazione nel lungo periodo grazie alla possibilità di sostegno di perdite anche per un tempo molto prolungato.

In relazione all’efficienza dinamica sono senza dubbio rilevanti tanto la struttura normativa del mercato quanto il profilo proprietario dell’operatore.

La vasta letteratura economica facente capo alla teoria della “scelta pubblica” ha enfatizzato, in opposizione al presupposto del principe benevolo del modello

classico di “scelta sociale”, l’esistenza di un conflitto in capo al decisore pubblico che sarebbe un soggetto portatore di interessi che entrano in contraddizione con l’efficienza di una gestione imprenditoriale. Il soggetto pubblico, privo di incentivi economici effettivi (l’operatore non mira alla massimizzazione del profitto) tenderebbe a non perseguire l’efficienza operativa e adotterebbe scelte puramente politiche volte a garantire la sua rielezione.

Ammettendo per pura ipotesi che tali conclusioni abbiano un fondamento, tuttavia, andrebbero comunque controbilanciate dagli indiscutibili vantaggi di una gestione pubblica in termini di possibilità di investimenti in perdita per un periodo sufficientemente lungo. Come visto, tale caratteristica, appare estremamente rilevante in tutti i settori di pubblica utilità dotati di un’infrastruttura e segnati da processi di innovazione rilevanti, e in particolare nel trasporto ferroviario.

Pertanto, una discussione seria sull’opportunità di una gestione pubblica o privata, in relazione al problema dell’efficienza dinamica, dovrebbe tenere in conto diversi aspetti della questione.

In merito alla presenza o meno di un assetto concorrenziale, in relazione all’efficienza dinamica, occorre ribadire quanto già accennato: se la concorrenza, da un lato, può essere vista come una forza incentivante gli investimenti in innovazione (al fine di aumentare le proprie quote di mercato), dall’altro può essere vista come una forza disincentivante a causa del rischio di emulazione (eventualmente scongiurabile tramite un sistema di brevetti) e per il più generico rischio di mercato (incertezza circa il volume delle vendite in un contesto competitivo). La concorrenza per il mercato, che con la creazione di monopoli temporanei riduce in parte questa possibile inefficienza dinamica non risolve completamente il problema per via della durata limitata dei contratti (necessaria, del resto, per non creare monopoli privati di lungo periodo).

Un interessante studio di Calderini e Garrone sugli effetti delle liberalizzazioni sugli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore delle telecomunicazioni76 mostra come la liberalizzazione abbia prodotto nel settore una ricomposizione interna agli investimenti in ricerca e sviluppo a favore degli investimenti di breve

76

Calderini M. e Garrone P., “Liberalisation, industry turmoil and the balance of R&D activities”, Politecnico di Torino – DSPEA, 2001

periodo (quelli cioè di tipo derivato da preesistenti scoperte tecnologiche e brevetti) e a sfavore degli investimenti di base (ovvero quelli di lungo periodo fondati sulla ricerca di nuove scoperte tecnologiche).

Se è vero che un’ampia letteratura teorica associa un maggiore livello assoluto di investimenti in Ricerca e Sviluppo ad un’industria oligopolistica rispetto ad un’industria monopolistica (Kamien et al., 199277), la corrispondente letteratura

empirica sul tema non offre invece risultati univoci (dando, ad esempio nel settore delle telecomunicazioni, risultati variabili da paese a paese). Lo studio sopra richiamato, tuttavia, non si limita, come visto, ad analizzare empiricamente il livello assoluto degli investimenti in ReS a seguito di un processo di apertura al mercato, ma guarda alla composizione degli investimenti, nel caso specifico del settore delle telecomunicazioni: “The industry has traditionally sustained its exceptional rate of technological advance thanks to long term investments in basic and scientific knowledge. The question is, therefore, whether the new competitive setting will turn up to be equally conducive to innovation and technical change. We argue that this might not be the case”78

Gli autori utilizzando come variabili di riferimento della ricerca di lungo e breve periodo l’attività di pubblicazione (ricerca base di lungo periodo) e l’attività di brevettamento (ricerca di secondo livello di breve periodo), rilevano come le prime, a cavallo del processo di liberalizzazione (specie nei due anni precedenti) si siano nettamente ridotte a favore delle seconde che hanno aumentato il loro livello assoluto e la loro quota relativa. Questa tendenza sarebbe ancora più marcata nelle industrie che hanno un buon livello di partenza di investimenti di base.

Il risultato è molto interessante perché evidenzia come la spinta concorrenziale indotta dall’annuncio e poi dall’effettività del processo di liberalizzazione, produca una forte propensione ad investimenti di breve periodo ad immediato effetto commerciale a scapito di investimenti di lungo periodo i cui risultati sono visibili solo dopo molti anni. In questo senso la pressione molto forte della

77 Kamien, M. I., Oren, S., Tauman, Y., Optimal licensing of cost–reducing innovation. Journal of Mathematical Economics 21, 1992, pp.483–508

concorrenza in una grande impresa costretta a dover reggere la sfida del mantenimento di quote di mercato nel breve e medio periodo, può rendere meno probabili i grandi salti tecnologici che richiedono investimenti di lungo o lunghissimo periodo, facendo perdere all’industria in questione e al sistema economico circostante nel suo complesso, una forte dose di efficienza dinamica di tipo innovativo.

Nel settore ferroviario si può ritenere che le condizioni siano molto simili a quelle di altri settori infrastrutturali di pubblica utilità. Le ferrovie, così come le telecomunicazioni, hanno un alto tasso di innovazione potenziale che si esprime in particolare sul potenziamento progressivo della velocità dei mezzi e l’aumento della loro sicurezza. Entrambi gli ambiti richiedono alti investimenti in ricerca e sviluppo di lungo periodo.

Un contesto concorrenziale potrebbe fornire un disincentivo in tal senso.

In conclusione, come avremo modo di vedere nell’analisi empirica, l’elemento che sembra più influente nel determinare l’efficienza dinamica di un sistema ferroviario (ovvero il suo grado di sviluppo evolutivo e innovativo), non è né la proprietà pubblica o privata dell’impresa, né la struttura di mercato in sé, quanto piuttosto il livello di investimenti pubblici complessivamente erogati per l’efficientamento del sistema (tanto a supporto di una gestione privata quanto come politica di investimento interna alla gestione dell’operatore pubblico).

6.3. La liberalizzazione e il problema dell’introduzione di un margine di