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Sezione II: Le peculiarità del settore pubblico : II.1 L’irrilevanza della professionalità negl

II. 3. L A SCELTA INNOVATRICE : L ’ INQUADRAMENTO UNICO

II.3.1. ED IL SUO GRADUALE, INESORABILE INSUCCESSO

Dotato di estrema plasticità, l’inquadramento unico viene ad essere adottato in settori merceologici e produttivi anche molto differenti, permettendone la genericità dei principi in esso contenuti l'adattamento a differenti contesti aziendali95. Tale caratteristica – unitamente alle buone intenzioni nutrite su una effettiva promozione della professionalità ed alle “precauzioni” pure utilizzate dal sindacato96 che ne è il principale artefice97 - non vale a far sì che il giudizio sull’esperienza concretamente vissuta possa essere positivo98.

Venuto in considerazione più che altro come strumento di gestione razionale delle relazioni industriali99, il nuovo sistema non solo non realizza una concreta parificazione tra impiegati ed operai, determinandosi i cd. intrecci soltanto in riferimento alle fasce più alte degli operai100, ma fallisce su quello che avrebbe dovuto costituirne il principale tratto qualificante: la valorizzazione della professionalità dei lavoratori. Al contrario, proprio in conseguenza della mancata realizzazione tanto di meccanismi che consentano l’arricchimento delle capacità professionali dei lavoratori, quanto di adeguati percorsi di carriera101, si determinano effetti paradossalmente inversi.

Se comprensibile può apparire la scelta di adottare meri automatismi promozionali per quei lavoratori dotati di una minore professionalità, essenzialmente al fine di farli partecipare ad incrementi retributivi - attesa la difficile configurabilità in relazione a questi di concrete dinamiche promozionali della loro professionalità102 - il demerito dei sistemi di inquadramento unico è stato quello di aver sostanzialmente smentito se stessi con l’accoglimento di

93

L. MARIUCCI, La contrattazione collettiva, op. cit., 250. 94

M. SALA CHIRI, Le categorie dei lavoratori, op. cit., 119. 95

D. SALERNI, Inquadramento professionale e consenso sociale nell’industria metalmeccanica, in Professionalità oltre le ideologie, op. cit., 106.

96

U. ROMAGNOLI, L’inquadramento professionale, op. cit., 9. 97

M. ZOCCATELLI, Tendenze ed evoluzione, op. cit., 142. 98

G. DELLA ROCCA, La contrattazione aziendale, op. cit., 182. 99

D. SALERNI, Inquadramento professionale e consenso sociale, op. cit., 111-112. 100

L. MARIUCCI, La contrattazione collettiva, op. cit., 248-249. 101

M. SALA CHIRI, Le categorie dei lavoratori, op. cit., 124, che riferisce tale deficienze anche alle successive tornate contrattuali del 1976 e del 1979.

102

Scettico è il giudizio espresso sul punto da G. Bechtle, Intervento in Professionalità oltre le ideologie, op. cit., 41.

69 indiscriminati percorsi ascensionali tradottisi in meri aumenti retributivi103. Il principale effetto determinatosi è quello di un indiscriminata quanto generalizzata ascesa nei livelli classificatori più alti da parte dei lavoratori che tenderanno ad assumere un atteggiamento di feroce difesa di nient’altro che “un mucchietto di cenere”, ossia un patrimonio professionale più immaginario che non reale104. Risultato sono un aumento della professionalità solo nominale, un appiattimento delle posizioni professionali e di quelle retributive105. Non vengono predisposti adeguati strumenti di valorizzazione della professionalità e la scommessa giocata sulla configurazione di sequenza dinamica della professionalità risulta ampiamente persa106.

Non solo: il fallimento dell’inquadramento unico si verifica anche in relazione all’adozione delle capacità professionali quali criteri classificatori, intervenendo spesso parametri che si riferiscono più a caratteristiche del lavoratore identificabili nel possesso di titoli di studio e/o qualifiche o, ancora, ad attività lavorative per la abilitazione alle quali è necessario un certo periodo di tempo, specie per le categorie più basse107. Una simile scelta di certo non si

103

C. ROMEO, La contrattazione collettiva dei metalmeccanici (1945-1987), in B. VENEZIANI (a cura di), Relazioni industriali e contrattazione collettiva in Italia, op. cit., 181.

104

U. ROMAGNOLI, L’inquadramento professionale, op. cit., 16. 105

A. MINERVINI, La professionalità del lavoratore, op. cit., 88-89. 106

F. CARINCI, Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro, op. cit., 31-32. 107

Si vedano, rispettivamente, all’art. 4, del CCNL metalmeccanici del 1990, la declaratoria della seconda categoria a mente della quale “Appartengono a questa categoria: i lavoratori che svolgono attività per abilitarsi alle quali occorrono un breve periodo di pratica e conoscenze professionali di tipo elementare; i lavoratori che, con specifica collaborazione, svolgono attività amministrative che non richiedono in modo particolare preparazione, esperienza e pratica di ufficio” e quella della 3ª categoria: “Appartengono a questa categoria: i lavoratori qualificati che svolgono attività richiedenti una specifica preparazione risultante da diploma di qualifica di istituti professionali o acquisita attraverso una corrispondente esperienza di lavoro; i lavoratori che, con specifica collaborazione, svolgono attività esecutive di natura tecnica o amministrativa che richiedono in modo particolare preparazione e pratica di ufficio o corrispondente esperienza di lavoro”. Diversamente la declaratoria della quinta categoria prevede che “Appartengono a questa categoria: i lavoratori che … compiono, con maggiore autonomia esecutiva e con l'apporto di particolare e personale competenza operazioni su apparati o attrezzature complessi, che presuppongono la conoscenza della tecnologia specifica del lavoro e del funzionamento degli apparati stessi; i lavoratori che senza possedere i requisiti di cui all'alinea seguente, guidano e controllano con apporto di adeguata competenza tecnico-pratica un gruppo di altri lavoratori, esercitando un certo potere di iniziativa per la condotta ed i risultati delle lavorazioni; i lavoratori che, con specifica collaborazione, svolgono attività amministrative o tecniche caratterizzate da adeguata autonomia operativa nei limiti dei principi, norme e procedure valevoli per il campo di attività in cui operano, e che richiedono un diploma di scuole medie superiori o corrispondente conoscenza ed esperienza”. Vi è un maggiore riferimento alle modalità di

70 colloca nel senso della “comprensione” del significato più profondo della professionalità.

L’inquadramento unico finisce così con lo scontentare un po' tutti108: i lavoratori, ed in particolare quelli collocati nelle fasce alte che contestano le indiscriminate dinamiche di elevazione non professionale, bensì meramente retributiva109; parte aziendale che lamenta l’atteggiamento assunto dai lavoratori stessi volto a congelare, una volta conseguite determinate posizioni lavorative, qualsiasi meccanismo di mobilità110.

Tali deficit vengono riproposti integralmente anche nei successivi rinnovi contrattuali, in cui non si coglie la necessità di valorizzare le capacità dei singoli, ampliando le conoscenze del ciclo produttivo e le capacità di intervento su quest’ultimo111. Tanto più che non si crea alcun circolo virtuoso tra professionalità e retribuzione: al contrario, le dinamiche egualitarie comportando una riduzione dei differenziali retributivi che incidono negativamente sul rendimento del lavoratore, fanno sì che le retribuzione non abbia funzione incentivante alcuna della professionalità112.

Ove non bastasse la crisi per così dire “strutturale” dell’inquadramento unico113, a rendere necessario un superamento di tale modello classificatorio intervengono la sempre minore capacità descrittiva delle declaratorie114 e lo scollamento rispetto agli assetti organizzativi115. Lungi dal rappresentare un esempio “di correlazione virtuosa tra interventi sulla professionalità e sull’organizzazione del lavoro”116, si rende necessario il superamento

esecuzione della prestazione lavorativa, ma i titoli di studio sono comunque ritenuti validi indici rivelatori di professionalità.

108

U. ROMAGNOLI, L’inquadramento professionale, op. cit., 9. 109

R. SEGATORI, D. TORRESINI, La professionalità difficile, op. cit., 19. 110

E. MASSACESI, C. CATTANEO, C. CONSOLINI, S. DEL LUNGO, S. ZUGARINI, Inquadramento unico e professionalità, op. cit., 70.

111

A. CESSARI, Due esperienze innovatrici, op. cit., 1678. 112

E. GHERA, Retribuzione, professionalità e costo del lavoro, in Giornale dir. lav. rel. ind., 1981, 403-404 e 409; M. BROLLO, Forme di retribuzione, in F. CARINCI (a cura di), Commentario del contratto collettivo, op. cit., 199.

113

T. TREU, Nuova professionalità e futuro modello del sistema di relazioni industriali, op. cit., 36.

114

F. CARINCI, Rivoluzione tecnologica e diritto, op. cit., 32. 115

R. SEGATORI, D. TORRESINI, La professionalità difficile, op. cit.,24; M. ZOCCATELLI Evoluzione e prospettive dell’inquadramento unico, op. cit., 137.

116

71 dell’inquadramento unico, il cui fallimento non è tuttavia secondo taluni esente da responsabilità “altrui”117.

II.4. VERSO CRITERI E SISTEMI CLASSIFICATORI NUOVI: LA TORNATA

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