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LE RAGIONI DELLA RILEVANZA DELLA POTESTÀ NORMATIVA COLLETTIVA IN MATERIA DI PROFESSIONALITÀ

Sezione II: Le peculiarità del settore pubblico : II.1 L’irrilevanza della professionalità negl

II.1. LE RAGIONI DELLA RILEVANZA DELLA POTESTÀ NORMATIVA COLLETTIVA IN MATERIA DI PROFESSIONALITÀ

Nella congerie di fonti che interviene a disciplinare il rapporto di lavoro, un ruolo primario è stato svolto dall’autonomia collettiva: quest’ultima – assurta a fonte di legittimazione extrastatuale del diritto statuale1 – ha posto i primi minimi di tutela a favore del lavoratore, svolgendo una funzione suppletiva rispetto

1

M. D’ANTONA, Il diritto sindacale in trasformazione, in ID. (a cura di), Letture di diritto sindacale. Le basi teoriche del diritto sindacale, Napoli, 1990, pag. XXVI.

52 all’iniziale inerzia del legislatore statuale2, in particolare mediante il contratto collettivo3.

Il relativo ambito di intervento, limitato dapprima ai soli aspetti relativi all’orario di lavoro ed al salario – da cui la denominazione del contratto collettivo in termini di concordato di tariffa – è venuto progressivamente ampliandosi. Dalla funzione minimale sopra ricordata, attualmente il contratto collettivo di lavoro interviene “procedimentalizzando” i poteri datoriali e gestendo momenti di crisi delle aziende; pone obblighi reciproci tra le parti stipulanti; indirizza e governa i mutamenti indotti sugli assetti organizzativi dall’introduzione delle innovazioni tecnologiche; in particolare, ed ai fini che qui rilevano, dispone in materia di classificazione dei lavoratori.

Proprio i sistemi di inquadramento assolvono molteplici funzioni: costituiscono strumento di misurazione del valore della prestazione, prevedendo il trattamento economico alla stessa corrispondente4; determinano del pari quello normativo applicabile al lavoratore; concorrono alla delimitazione della prestazione lavorativa stessa5. Più in generale, sono, dunque, strumento di gestione e di organizzazione razionale, se vogliamo, di quel rilevante fattore della produzione da identificarsi con la “forza lavoro”.

Al contempo e soprattutto per i fini che qui rilevano, i sistemi classificatori intervengono quali fondamentali strumenti per l’elaborazione ed attuazione di effettive politiche promozionali della professionalità. Innanzitutto, mediante l’appropriazione della materia “organizzazione del lavoro” da parte del soggetto

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Proprio l’Autore sopra citato definisce il diritto sindacale come emblema della maggiore complessità del diritto contemporaneo, “il diritto dello Stato sociale e pluriclasse, tanto più differenziato al suo interno quanto più la società tende a differenziarsi; che non è solo forma e sovrastruttura della società, ma fattore costitutivo e produttivo di rapporti economio-sociali; nella cui organizzazione, la produzione normativa assume caratteri negoziali e tende a decentrarsi, in modo tale che i confini tra diritto e società si fanno discontinui e porosi e un gran numero di soggetti risulta coinvolto nella produzione e concretizzazione del diritto”.

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V. SIMI, Legge e contrattazione collettiva in tema di mansioni, professionalità e carriera, in AA. VV., Professionalità e carriera nel rapporto di lavoro subordinato, Milano, 1978, 59, afferma che la relazione intercorrente tra queste due fonti debba essere interpretata nel senso di “una stretta collaborazione per il raggiungimento di una continua elevazione e di una crescente tutela del prestatore di lavoro”.

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F. LISO, La mobilità legale, op. cit., 241. 5

In termini U. GARGIULO, L’equivalenza delle mansioni, op. cit., 51, sulla scorta delle innovazioni intervenute proprio in materia di sistemi contrattuali di inquadramento del personale che assumono come criteri le posizioni lavorative sulla base di aree di inquadramento.

53 negoziale, consentono una migliore gestione6 di un bene giuridico che, pur costituendo diritto del singolo, meglio si presta ad essere “governato” in un’ottica collettiva7. In secondo luogo, è tramite le scelte della contrattazione collettiva che possibile comprendere se ed in che termini trovino un riscontro fattuale le opzioni dottrinali e giurisprudenziali esposte nel corso del primo capitolo in punto di “fisionomia” della professionalità e del suo evolversi in relazione alle sottese esigenze proprie di entrambi i protagonisti del contratto di lavoro.

Proprio tale ultimo aspetto vale a dotare tale profilo della tematica in oggetto di una particolare “vitalità” prima di esaminare il quale appare però necessario dar conto del motivo per cui si è finora trascurata la disposizione codicistica pure prevista in materia di classificazione dei lavoratori.

Il riferimento è all’art. 2095 c.c. che deve essere menzionato più che altro per spiegarne i motivi dell’irrilevanza: come icasticamente sottolineato, in pochi casi come in quello in esame una disposizione destinata ad avere, nelle intenzioni del legislatore, un ruolo imprescindibile è stata destinata ad una quanto mai rapida obsolescenza8, pur avendo dimostrato in talune occasioni una certa capacità di resistenza9.

La disposizione, come noto, prevede al primo comma la partizione dei lavoratori in dirigenti, quadri, impiegati ed operai10, assumendo come parametro le diverse funzioni che verrebbero in rilievo nel processo produttivo ed organizzativo11; prosegue, poi, nel rimettere alle leggi speciali e alle norme corporative la determinazione dei requisiti per l'appartenenza all’una piuttosto che

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L. MENGONI, La cornice legale, in AA.VV., L’inquadramento dei lavoratori, Quad. dir. lav. rel. ind., 1987, n. 1, Milano, 1987, 41, che sottolinea come tale caratteristica sia particolarmente congeniale anche agli interessi di parte datoriale per cui costituisce strumento assolutamente imprescindibile per l’ordine e la regolarità aziendali.

7

Nel senso di una “crescente socializzazione” si esprime F. CARINCI, Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro, op. cit., 21. In termini anche M. ZOCCATELLI, Evoluzione e prospettive dell’inquadramento unico, op. cit., 145 e F. LISO, Modifiche dell’organizzazione e contratto di lavoro, in Giornale dir. lav. rel. ind., 1981, 561.

8

G. F. MANCINI, Le categorie dei prestatori di lavoro, op. cit., 933. 9

Ci si riferisce, ovviamente, alla legge 190 del 1985 che ha introdotto nella disposizione la categoria dei quadri a seguito delle rivendicazioni culminate nella c.d. “marcia dei quarantamila”, episodio che rende attuale l’affermazione per cui “… nel mondo impiegatizio italiano coesistono … un’aurorale coscienza sociale e d una residua coscienza di ceto: la prima lo induce a far propria una visione dicotomica della realtà e, di qui, ad accettare la esperienza del sindacalismo “industriale”; la seconda lo trattiene dal portare tale adesione alle logiche conseguenze e, in particolare, funge da remora a una sua completa identificazione coi gruppi operai”. Ibidem, 915.

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Ovviamente a seguito della citata riforma. 11

A. GARILLI, Le categorie legali nell’interpretazione giurisprudenziale, in AA. VV., L’inquadramento dei lavoratori, op. cit., 75.

54 all’altra categoria. In questa operazione di “precisazione” del disposto legislativo, dovrà tenersi conto delle peculiarità del settore produttivo, nonché della particolare struttura dell'impresa.

Ebbene, in riferimento all’art. 2095 diverse sono le teorie dottrinali elaborate, alcune radicalmente opposte tra di loro quanto all’opzione di fondo sottesavi, ma in conclusione concordanti quanto alla sua (in)efficacia prescrittiva. La prima induce ad un giudizio non troppo severo proprio sulla scorta della formulazione letterale della disposizione: questa, infatti, non pone direttamente i requisiti di appartenenza alle categorie12, rimettendone la concreta individuazione a fonti esterne – ivi comprese le disposizioni contrattualcollettive – e fa salve le peculiarità proprie dello specifico contesto organizzativo-produttivo che, ovviamente non tipizzate nella disposizione, dovranno essere tenute in considerazione nel momento in cui le fonti altre – legali o contrattuali – pongano i requisiti di appartenenza alle categorie stesse. Senza l’intervento di un’azione integrativa – che da parte sindacale, venuto meno l’ordinamento corporativo, dovrà identificarsi con la contrattazione collettiva di diritto comune – la disposizione deve ritenersi improduttiva di effetto alcuno13, tanto più che, pur non potendone essere contestata la perdurante vigenza, la successiva contrattazione collettiva ne ha determinato, come si vedrà nelle prossime pagine, un vero e proprio superamento14.

Radicalmente opposta la tesi sostenuta, al contrario, da chi15 ha sottolineato come la disposizione abbia una posizione del tutto antinomica rispetto al “nuovo” sistema sindacale. In particolare, la disposizione, nonostante il riferimento a fonti esterne per la determinazione dei requisiti di appartenenza, attribuirebbe alla categoria valenza ontologica e prescrittiva, insuscettibile di intervento “derogatorio” da parte della contrattazione collettiva: quest’ultima, infatti, sarebbe soltanto legittimata a porre i requisiti di appartenenza alle stesse, senza, però, poterle modificare16. A sopperire alle storture della disposizione, sarebbe perciò intervenuta la giurisprudenza che operando un’interpretazione correttiva,

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S. CIUCCIOVINO, Categoria legale, qualifica, mansioni, compiti e inquadramento: definizioni e distinzioni, in G. SANTORO-PASSARELLI, Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale. Il lavoro privato e pubblico, Milano, 2006, 321.

13

M. V. BALLESTRERO, Operaio (voce), in Enc. dir., vol. XXX, 1980, Milano, 18. 14

M. SALA CHIRI, Le categorie dei lavoratori. Dalla tripartizione tradizionale al riconoscimento legislativo dei quadri intermedi, Milano, 1986, 231.

15

A. GARILLI, Le categorie legali, op. cit., 79 16

55 progressivamente, avrebbe riconosciuto spazi sempre maggiori di azione al contratto collettivo di diritto comune.

In posizione intermedia si colloca, infine, l’opzione sostenuta da quella parte della dottrina cheravvisa nell’art. 2095 c.c. un ulteriore tassello della fattispecie lavoro subordinato17, volta non a frammentare i lavoratori, quanto piuttosto a fotografare una suddivisione metagiuridica e diffusa nel corpo sociale18, senza che alla stessa disposizione possa essere attribuito il carattere dell’inderogabilità. Tanto varrebbe a escluderne una radicale incompatibilità rispetto al nuovo sistema sindacale non determinandosi la preclusione in sede di autonomia collettiva di creare nuove categorie – secondo l’esperienza propria dei funzionari nel settore bancario19 - o di definire in termini differenti i confini di quelle già presenti.

Ad avviso di chi scrive, proprio questa pare l’opzione interpretativa maggiormente preferibile. Pur dovendosi tenere in debito conto le originarie motivazione del legislatore storico20, la disposizione codicistica non pare atteggiarsi in maniera radicalmente incompatibile con la disciplina lavoristica e l’ordinamento intersindacale affermatisi all’indomani della Costituzione repubblicana, offrendo sufficienti margini di operatività all’autonomia collettiva. Come precisato dalla giurisprudenza, la ripartizione in essa contenuta manca di prescrittività21, ben potendo adottare le parti sociali i sistemi e criteri classificatori che ritengano più opportuni22; tanto vero che la contrattazione collettiva ha potuto individuare quelle che sono state definite aree contrattuali proprio per sottolinearne la differenza rispetto alle categorie legali23.La disposizione, dunque,

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Sostenuta da P. ICHINO, Il lavoro subordinato: definizione e inquadramento. Artt. 2094 - 2095, in P. SCHLESINGER (diretto da), Il codice civile. Commentario, Milano, 1992, 248-249.

18

Si tratta di un giudizio, peraltro, diffuso in dottrina. Così anche M. SALA CHIRI, Le categorie, op. cit., 18.

19

Su cui cfr. R. SCOGNAMIGLIO, A proposito dei presupposti di attribuzione della qualifica di funzionario alla stregua della contrattazione collettiva per il settore del credito, in ID., Diritto del lavoro, Padova, 1996, 1246 e ss.

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E così più che condivisibilmente F. CARINCI, L’evoluzione storica, in AA. VV., L’inquadramento dei lavoratori, op. cit., 13, ricorda come l’art. 2095, al pari di quello precedente, sia “… più ricco di significato ideologico-politico che tecnico-normativo sì da riuscire adattabile ad un radicale cambio di sistema, nonché a tutto un susseguente processo evolutivo, legislativo e contrattuale”.

21

In termini già Cass. civ., sez. lav., 27 giugno 1998, n. 6393; Cass. civ., sez. lav., 25 giugno 1988, n. 4314; Cass. civ., sez. lav., 12 marzo 1986, n. 1667.

22

G. PELLACANI, I riflessi della qualità sui sistemi di inquadramento, sulle categorie legali e sulla mobilità interna, in GALANTINO L. (a cura di), Qualità e rapporto di lavoro, op. cit., 124 (in particolare nota 43).

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56 ha una funzione residua che è quella di consentire l’applicazione di trattamenti normativi di origine legislativa differenziati in ragione della quadripartizione codicistica24 - come avviene anche per il lavoro pubblico “privatizzato” – senza che possa ritenersi una sua diretta e pervasiva efficacia in materia classificatoria.

Tanto spiega la ragione della necessità di guardare alla contrattazione quale vera “cartina tornasole” alla cui luce valutare se e come la professionalità venga avvertita dalla sensibilità delle parti sociali, chiamate a porre almeno parte della disciplina del rapporto di lavoro. E tanto come si diceva, sia con riferimento alla delineazione di percorsi di crescita professionale, quanto dei sistemi stessi di classificazione professionale25.

Si è definito quest’ultimo come “profilo statico” proprio in contrapposizione ai meccanismi di “carriera”, sottolineandosi al tempo stesso come si tratti di una contraddizione solo apparente: è, infatti, proprio sulla scorta dei criteri classificatori26 che potrà successivamente attuarsi una politica realmente promozionale delle capacità professionali dei lavoratori.

Sul punto è peraltro necessario sottolineare come, nonostante la varietà dei criteri e di conseguenza dei sistemi classificatori, sia possibile operarne un raggruppamento27 sulla scorta del “censimento” che ha ormai assunto i crismi della consolidata tradizione28: operazione questa utile per comprendere se ed in che misura, nell’attività di classificazione dei lavoratori, i criteri successivamente adottati dalla contrattazione abbiano avuto ed abbiano attinenza con le capacità professionali dei lavoratori.

Quattro, essenzialmente, le classi: nella prima confluiscono i criteri che si riferiscono al contenuto della prestazione; nella seconda quelli che fanno viceversa riferimento a capacità proprie del lavoratore a prescindere dalla loro attinenza con la prestazione e dalla loro utilizzazione in concreto; nella terza i criteri che non sono ricomprendibili né nella prima né nella seconda categoria;

24

P. ICHINO, Il lavoro subordinato: definizione e inquadramento, op. cit., 253. 25

In termini analoghi si pone l’ordinamento spagnolo nel quale tuttavia la competenza della contrattazione collettiva in materia di classificazione dei lavoratori è espressamente sancita dall’art. 22, ET. Cfr. funditus, ALMENDROS GONZÁLEZ M. A., La clasificación profesional del trabajador, Sevilla, 2002.

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Dovendosi intendere per tali, secondo le indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, 1 luglio 1986 nella causa 237/85, le singole regole – legali, contrattuale, regolamentari - che sovrintendono alla suddivisione dei lavoratori in categorie, sottocategorie, gruppi o livelli; laddove, viceversa, per sistema di inquadramento l’interazione sistemica ed armonica, per così dire, di almeno due criteri, di almeno due singole regole.

27

U. GARGIULO, L’equivalenza delle mansioni, op. cit., 52. 28

57 l’ultima classe è infine integrata dai criteri che fungono da strumenti di pre- selezione, per così dire, e che non avendo alcuna funzione di sistematizzazione in particolare, in realtà consentono una organizzazione gerarchica del personale29. Ognuna di queste classi di criteri è poi suscettibile di articolazioni interne ulteriori, nonché, profilo questo particolarmente rilevante, di una sorta di componibilità dei criteri appartenenti ora all’una ora all’altra classe.

Sulla scorta di tanto, si rende necessario precisare la portata della prima e della seconda classe relative, rispettivamente, al contenuto della prestazione professionale ed alle capacità professionali del lavoratore. In particolare, ed ad onta della definizione assunta, è la prima che appare maggiormente idonea a riconoscere quelle istanze effettivamente promozionali della professionalità di cui si è detto. Il riferimento privilegiato è, infatti, alle mansioni, svolte in passato; attualmente; suscettibili di essere svolte in futuro: proprio l’ultima classe di criteri appare idonea a rivelare, in filigrana, il rilievo di un certo dinamismo nell’esecuzione della prestazione lavorativa che comporta, in forza di quanto si è detto in tema di rapporto tra oggetto del contratto e professionalità del lavoratore, la spendita di capacità professionali differenti e suscettibili di necessaria evoluzione secondo una prospettiva estranea a logiche di specializzazione del lavoratore30.

Ad attribuire a tale percezione una maggiore cogenza, interviene peraltro la contestuale rilevanza delle capacità professionali concretamente o potenzialmente utilizzate dal lavoratore stesso. Differente ed ingannevole, nell’ottica di un riferimento alle concrete capacità professionali, si dimostra la seconda classe che fa riferimento alla capacità professionale del lavoratore senza, però, che si abbia legame alcuno con la concreta prestazione dedotta ad oggetto del contratto di lavoro: si tratta cioè di criteri classificatori in cui ciò che viene in rilievo è la qualifica soggettiva qui da intendersi non come variante semantica della professionalità, ma come status professionale conseguito da lavoratore nella fase precedente alla stipulazione del contratto e svolgimento del rapporto, indipendentemente dal ruolo assunto e dall'attività esercitata in quello in corso.

Analizzando i criteri ed i sistemi affermatisi nel corso del tempo si avrà modo di comprendere in che senso si sia indirizzata la scelta dell’autonomia

29

In questo senso la distinzione adottata per il personale scolastico tra personale docente e non docente che vale, IBIDEM, 231, a porre dei “giudizi” non superabili di “incomparabilità” tra le prestazioni attinenti all’una piuttosto che all’altra classe.

30

Su cui G. LOY, Professionalità e rapporto di lavoro, in M. NAPOLI (a cura di), La professionalità, op. cit., 3-4.

58 collettiva, la quale ha avuto la meritoria funzione di aver contribuito, a cavallo degli anni ’60-’70, all’emersione della professionalità nel senso oggi attribuito a tale bene giuridico31.

II.2. LA PROFESSIONALITÀ NEI SISTEMI CLASSIFICATORI DELL’IMMEDIATO

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